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    Francesca Viscone: "Le porte del silenzio" - Edizione 
    La Mongolfiera
    Recensione di Gabriella Bona
        
    Badolato: un piccolo comune della provincia di Catanzaro, costruito sulle montagne che si affacciano sul Mar Yonio: anni di storia e di storie, chiese antiche, palazzi, il castello, artigiani, commercianti, allevatori e contadini, feste, processioni, riti antichi che uniscono e rendono viva una comunità. Finché, nel primo dopoguerra, comincia l’emigrazione, verso il  nord, verso l’Europa e gli altri continenti, fino al terremoto del 1947 e all’alluvione del 1951 che spopola definitivamente il paese. 
    Francesca Viscone, nata a Catanzaro nel 1961, laureata all’Istituto Universitario Orientale, per diversi anni insegnante e docente universitaria in Germania, con “Le porte del silenzio” edito da La Mongolfiera, ci offre una serie di racconti pieni di ricordi, di nostalgia, di magia e di nostalgia su Badolato, il paese delle vacanze. La seguiamo attraverso il paese dei giochi e delle merende, delle case, della chiesa, della Madonna degli emigranti, dei fasti e delle feste e, oggi, dell’orrendo parcheggio inutile, delle gradinate che sono diventate strade asfaltate, del semaforo che non è mai servito a nessuno e continua ad arrugginire, simbolo di una modernizzazione assurda. 
    “La piazza vuota le case chiuse i portoni eternamente muti i cortili rattrappiti e rugosi i balconi arrugginiti sotto il sole ringhiante […] gli uomini partiti per il vasto mondo, le donne andate in sposa chissà a chi chissà dove, avete lasciato i vicoli vuoti e il semaforo accecato”. 
    Sembra la storia di tanti paesi abbandonati, al sud come al nord, per fuggire in città o all’estero, verso l’illusione di una vita meno faticosa e più sicura. Ma Badolato, il 27 dicembre 1997, scopre di avere ancora, tra le sue case vuote e le strade abbandonate, “una speranza nell’accoglienza e nel confronto con un’altra cultura, con un esilio e un’emigrazione che fanno da specchio alla sua stessa storia”. In quel giorno giungono, sulla nave Ararat che si è incagliata sulla costa sottostante, 800 profughi curdi, “uomini, donne e bambini stremati e in fuga da un genocidio che non si dice”. 
    Venti famiglie vengono accolte dal Comune, viene ideato un progetto pilota presentato all’ Unione europea dal CRIC, una ONG calabrese e il Consiglio Italiano per i Rifugiati apre una sede a Badolato. Iniziano così ad avviarsi imprese artigianali, un ristorante curdo, progetti di turismo e culturali, oltre alla ristrutturazione del paese. 
    Il libro ci offre un esempio importante di integrazione, di incontro tra le realtà dell’emigrazione e dell’immigrazione, un modello coraggioso, oltre a belle fotografie e a pagine di piacevole lettura.
        
    gabriella bona

 
 
 
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