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    Edward Bunker: "Cane mangia cane" - Einaudi
    Recensione di Gabriella Bona
     
    Ci sono persone a cui la vita sembra aver dichiarato una guerra personale, a cui sembra aver destinato soltanto il peggio: Edward Bunker nasce in California nel 1933, il padre è un direttore di scena alcolizzato, la madre una ballerina incapace di allevarlo. Dopo cinque anni di litigi e violenze, i coniugi abbandonano Edward in una casa di accoglienza, a sette anni il bambino è in collegio e a undici anni finisce in riformatorio per aver tentato varie volte la fuga dal collegio, Tra ragazzi delinquenti cresce e si forma e tra anni di carcere e brevi periodi di libertà arriva il 1975, l’anno della svolta. 
    La sua salvezza, la possibilità di entrare finalmente e definitivamente nel mondo delle persone libere, dove si è sposato ed ha avuto un figlio, sono stati i libri: lettore vorace, disordinato dapprima, sistematico e preciso man mano che passano gli anni ed aumenta il suo bagaglio culturale, Bunker legge tutto quello che riesce a procurarsi nelle biblioteche delle carceri, che talvolta sono ben fornite, con molti volumi di notevole qualità. Ed è in carcere che Bunker comincia a scrivere, attività che lo ha reso famoso, autore di romanzi e sceneggiature. Dustin Hoffman è stato protagonista del film tratto dal suo libro “No Beast” e Quentin Tarantino lo ha inserito nel cast del film “Le iene”. 
    In “Cane mangia cane” pubblicato da Einaudi, Edward Bunker narra la storia di tre criminali, Diesel Carson, Mad Dog McCain e Troy Cameron e la racconta con lo stile forte e preciso che può usare soltanto chi tra simili vicende ha trascorso gran parte della sua vita. Tre personaggi difficili, che talvolta possono far inorridire il lettore, tra rapine, pestaggi, sparatorie, omicidi, tradimenti ma il libro è anche un atto di accusa ad una società che spesso non offre nessuna possibilità ai bambini cresciuti in ambienti come quello di Bunker o alle persone che sono uscite dal carcere e alle quali non viene offerta nessuna opportunità per reinserirsi. Il carcere, che dovrebbe servire a recuperare le persone che hanno compiuto un reato, restituisce spesso persone peggiori di quelle che ha rinchiuso, lascia sugli individui un marchio che gli vieta ogni accesso legale al proprio sostentamento e alla libertà, perché “la vera libertà si accompagna alla possibilità di fare delle scelte, e senza denaro le scelte non si danno”. 
    Attraverso il libro scopriamo una società che chiede sempre più carceri, l’allontanamento di quelle persone che, almeno in parte, ha aiutato a creare, senza pensare alle conseguenze: “non voglio proprio crederci, voglio dire al modo che hanno scelto per costruire le prigioni. Poi le riempiono di fottuti coglioni che scontano pene per storie di droga da quattro soldi. Li trasformano in pazzi criminali, e poi li rimettono fuori tra la gente normale. E come se allevassero criminali in serra”. 
    La durezza della vita in carcere, i rischi sociali, le leggi assurde, la corruzione delle forze dell’ordine, i gesti, i linguaggi, gli odi e la solidarietà tra detenuti ed ex detenuti: è tutto in questo romanzo bellissimo che ci aiuta a capire il mondo del carcere , della criminalità, della giustizia e dell’ingiustizia molto meglio di molti saggi e convegni e che dimostra come i libri siano un bene prezioso che può aprire incredibili possibilità.   

    gabriella bona

 
 
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