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    Carlo Maria Martini "Sulla giustizia" - Mondadori
    Recensione di Gabriella Bona
    Di fronte alla parola “giustizia” è più facile che ci vengano in mente tribunali, processi o carceri che virtù morali o atteggiamenti etici. Giustizia diventa così quasi sinonimo di ingiustizia , reato, pena e ci dimentichiamo facilmente che “giustizia è la virtù che si esprime nell’impegno di riconoscere e rispettare il diritto di ognuno dandogli ciò che gli spetta secondo la ragione e la legge”. Ce lo ricorda l’Arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini, nel suo ultimo libro: “Sulla giustizia” edito da Mondadori.  
    Martini sottolinea come la giustizia sia “l’esperienza di un ideale che si impone assolutamente all’individuo, alla quale non può rinunciare se non a prezzo della propria dignità”. Usa parole e concetti forti, da contrapporre ad una società sempre più egoista e individualista, ad un’economia che crea disuguaglianze sempre più profonde, ad un mondo dove la pace, l’accoglienza, la solidarietà rimangono schiacciate dalla logica della ricchezza e del potere fine a se stesso, dove si fa sempre più chiara la tendenza a chiudersi in se stessi, ad ancorarsi al proprio benessere, ad isolarsi da tutto ciò che può disturbare la propria sicurezza e tranquillità, dove si sta perdendo la tensione a migliorarsi, rendendolo più giusto, il mondo in cui viviamo.  
    Ma Martini non dimentica la giustizia penale, alla quale dedica un capitolo molto interessante e importante: pur scrivendo che “l’amministrazione della giustizia penale è una delle strutture essenziali della convivenza sociale”, sottolinea come “la realtà carceraria in Italia (e anche altrove!) spesso non contribuisce al recupero della persona”, che anche di fronte ai peggiori reati, il colpevole rimane una persona nel senso più totale e che “la sua dignità non può essere svalorizzata, snaturata o alienata” perché “non esistono persone [...] identificabili nel reato; in ognuna c’è del frumento buono mescolato alla zizzania; le capacità del bene e del male nella persona umana convivono”. Per questo motivo ”la carcerazione deve essere un intervento funzionale e di emergenza” ed è necessario “ripensare la stessa situazione carceraria nei suoi fondamenti e nelle sue finalità, proprio a partire dalle attuali contraddizioni” e che “venga superata la cieca fiducia nella pena retributiva, meccanica, quale unica forma capace di migliorare i comportamenti del colpevole”.  
    Di fronte a tutti questi problemi, la proposta del Cardinale è quella dell’impegno: “ciascuno di noi può gradualmente sciogliere la durezza della nostra società, rendendola più giusta e attenta all’uomo” e della solidarietà dove “le categorie più fortunate [siano disposte] a rinunciare in parte ai vantaggi di cui possono godere in favore delle categorie gravemente colpite dalla mancanza di lavoro [...] dai problemi della povertà, della fame, del sottosviluppo”.  
    Le parole del Vangelo, citate nel libro, offrono modelli di comportamento giusto e solidale, troppo spesso dimenticati in una società che spesso si dichiara cristiana e si comporta in modo totalmente opposto.    

    gabriella bona

 
 
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