“Proibizionismo
e antiproibizionismo” di Angelo Averni - ed. Castelvecchi
Recensione di Gabriella
Bona
Non era impazzito John Torrio, il famoso
gangster che, durante il periodo del proibizionismo sugli alcolici
che fu in vigore negli Stati uniti dal 1920 al 1933, finanziava le campagne
che proibivano la produzione e l’uso delle sostanze che lo rendevano ricco,
né i capomafia che si opposero fino alla fine alle tesi e alle lotte
antiproibizionistiche. Avevano semplicemente capito che la proibizione
era la fonte dei loro guadagni: la clandestinità e il contrabbando
porta mo e antiproibizionismo” di Angelo Averni, pubblicato da Castelvecchi,
troviamo una precisa, attenta e documentata analisi dei proibizionismi
che si sono susseguiti nei secoli e dei loro disastrosi risultati. Il tabacco
è stato a lungo proibito e coloro che erano scoperti a fumare, a
produrre o a vendere tabacco subirono condanne che andavano dalla berlina
al taglio delle labbra alla pena di morte. Come per l’alcool, il proibizionismo
cadde e la maggior parte degli stati lo sottopone a regime di monopolio,
incrementando in questo modo i propri guadagni: ciò che fino al
giorno prima era considerato reato diventa, all’improvviso, un’impresa
gestita dallo stato.
Oggi il proibizionismo è concentrato
sulla droga e sta producendo gli stessi danni umani e sociali che produssero
gli altri regimi di divieto, compreso quello sul caffè nel sedicesimo
secolo.
Il consumo di droga continua ad aumentare,
i costi sociali e sanitari stanno diventando insostenibili, la microcriminalità
legata non agli effetti della droga ma al suo costo eccessivo tengono occupate
le forze di polizia in una battaglia che non dà frutti, i tribunali
sono sommersi da procedimenti, la popolazione è impaurita. Averni
propone le teorie di giuristi, medici, ricercatori, tutti concordi nell’affermare
che il proibizionismo deve essere abolito, che soltanto un controllo sulle
sostanze può evitare malattie e morti (sono molto più pericolose
per le sostanze usate per il taglio che la droga stessa), far calare i
guadagni illegali (per eroina e cocaina il prezzo, dal produttore al consumatore
aumenta di 2500 volte, in gran parte per coprire il rischio di chi spaccia
ai vari livelli), per far diminuire la criminalità legata alla droga
e il bilancio illegale che ha ormai raggiunto livelli insostenibili e mette
seriamente a rischio il bilancio legale degli stati. Se una battaglia deve
essere fatta, è quella della “riduzione del problema droga” e non
può essere fatta con una legge che condanna produzione, commercio
e consumo alla clandestinità. Se l’obiettivo è “il miglioramento
della pace sociale”, non si può continuare a confondere la morale
con il diritto: molti possono non essere d’accordo con il fatto che alcuni
assumano droghe (ma è dimostrato che l’alcool è una tra le
droghe più dannose, l’unica che genera per se stessa criminalità
sviluppando atteggiamenti violenti che né coca né eroina
né marijuana provocano eppure non ricade sotto la condanna collettiva)
ma tutti dobbiamo affrontare con realismo un problema che sta diventando
enorme e che il proibizionismo serve soltanto ad aumentare.
Molte possono essere le vie per uscire
da questa situazione, compresa una attenta lettura, come quella che ci
offre il libro, dell’attuale legge in vigore, e l’autore ci propone le
opinioni proprie e quelle di autorevoli studiosi. E’ però necessaria
una forte coscienza collettiva e una precisa informazione e il libro di
Averni ci offre ottimi spunti di riflessione e moltissime informazioni
utili per capire e affrontare il problema.
gabriella bona
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