Antologia “Rumba
senza palme né carezze”, edita da Feltrinelli
Recensione di Gabriella
Bona
Cuba: paradiso o inferno? L’isola caraibica
è ormai da decenni al centro dell’attenzione mondiale e i pareri
sul governo di Fidel Castro, sulla situazione politica del paese, sulla
popolazione cubana, il loro carattere, i loro desideri e la loro vita,
si incrociano in migliaia di informazioni che si scontrano e si contraddicono,
cercando di far apparire Cuba come un posto meraviglioso o l’immagine dell’orrore.
I racconti che troviamo nell’antologia
“Rumba senza palme né carezze”, edita da Feltrinelli, ci raccontano
la Cuba di chi ci vive, di chi la ama ma non chiude gli occhi di fronte
alle mille difficoltà quotidiane, di chi sa di vivere in uno dei
paesi più belli del mondo ma si rifiuta di offrire al mondo l’immagine
che, in positivo o in negativo, i turisti pretendono da essa.
Marylin Bobes, giornalista e laureata
in storia, ci racconta la storia di una donna cubana che sposa un francese
ed emigra nel paese del marito dove non riesce a soffocare la nostalgia
per la propria patria, così calda e diversa dalla nuova terra che
non riesce ad accettare né ad accettarla.
Due donne, una mamma e una donna in
carriera, si incontrano nella storia di Mylene Fernández, laureata
in giurisprudenza e consulente legale: una storia normale, che potrebbe
succedere in qualunque paese, con le tensioni che nascono vedendo una vita
diversa dalla propria, che fa nascere mille insoddisfazioni e desideri
irrealizzabili.
Le vicende dei balseros, i cubani che
si buttano in mare su imbarcazioni di fortuna sfidando acque pericolosissime
per raggiungere un paese libero, e spesso raggiungono soltanto il campo
americano di Guantánamo, è raccontata da Nancy Alonso, docente
di fisiologia.
Una moneta da cinque centesimi sulla
quale è rappresentato un bufalo diventa il simbolo dei sogni di
una ragazzina e di due sorelle che soltanto con la fantasia riescono ad
allontanarsi dal loro paese e dalla loro storia è il racconto della
narratrice, poetessa, saggista e docente universitaria Mirta Yáñez.
Le capacità e le conquiste del
popolo cubano e l’arretratezza sociale, il desiderio di emancipazione e
la paura di allontanarsi dai ruoli tradizionali, emergono nel racconto
dell’ingegnera informatica e narratrice Karla Suárez Rodríguez.
La protagonista del racconto di Adelaida
Fernández de Juan, medica presso un ospedale dell’Avana dopo aver
lavorato due anni in Zambia, è una madre di tre figli, soffocata
dai doveri e dai lavori famigliari, che si rifugia nei sogni e nella tranquillità
della notte immagina una vita diversa ma rimane legata alla realtà,
che ama profondamente.
Conclude il libro una serie di brevi
ritratti di donne cubane scritti dal curatore dell’antologia, Danilo Manera,
insegnante di letteratura spagnola all’Università di Milano, autore
di volumi e raccolte di racconti di autori cubani: con gentilezza, affetto
e ironia, Manera ci offre, come le autrici dei racconti, un’immagine di
donne forti e coscienti della realtà in cui vivono, degli aspetti
positivi e negativi della società che tentano di cambiare ma che
certamente non rifiutano.
“Perché - scrive Manera - questo
paese machista e barbuto sono state le donne a tenerlo in piedi, da sempre,
con il loro corpo e la loro fantasia, con la loro tenacia e la loro ingenuità,
con la loro convulsa allegria e la loro tranquilla disperazione”. Donne
che denunciano le difficoltà e la piaga del turismo malintenzionato
e sfruttatore ma che sanno di avere bisogno di questi introiti per sopravvivere.
Donne che credono in se stesse e nelle potenzialità del loro paese,
che sognano e lavorano per ridarsi e ridargli piena dignità.
gabriella bona
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