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    IVREA – LA BOZZA DI LAVORO HA PRESO SPUNTO DALL’EPISODIO DELLA MOLTIPLICAZIONE DI PANI E PESCI
    La diocesi avvia un anno di intenso lavoro
    La Tre giorni è iniziata con l’appassionato intervento  di Fratel Arturo Paoli 

      IVREA - Tracciare una sintesi dell’intervento di Arturo Paoli a Ivrea, la sera di venerdì 9, al “Giacosa”, è un compito ben grave. Come rendere il fuoco di quelle parole, l’energia di quella voce quasi novant’enne, più giovane di tutti i giovani, il coraggio di quelle affermazioni?
       Scriverle così sembra sminuirle, anche perché la loro forza sta nell’esempio di chi le pronuncia e le sostiene da sempre con la sua vita, rimanendo nello stesso tempo saldamente fedele alla Chiesa. Giustamente il  nostro Vescovo ha accomunato Arturo Paoli a d. Milani e a d. Mazzolari. “Debito estero dei paesi poveri” era il tema della serata, introdotta da una breve comunicazione di d. Giachino sulla raccolta in Diocesi di contributi per l’estinzione del debito. Ma quale è la responsabilità dei cristiani in questa terribile situazione? Ha chiesto Paoli. I mali del mondo hanno centro nell’Occidente e l’Occidente è cristiano. Giovanni Paolo II ha compiuto un gesto profetico, discusso e mal compreso da molti, quando ha chiesto solennemente perdono per la Chiesa. I profeti si capiscono meglio col tempo. L’Occidente vive nella contraddizione: contesta, giustamente, la pena di morte, ma nulla fa per i 30 mila bambini che muoiono di fame ogni giorno nel mondo, per colpa di un sistema economico perverso, che oggi con la globalizzazione ha raggiunto il suo culmine, sostenendosi anche con il mercato di armi e droga. L’Occidente Cristiano, che dovrebbe dare la vita, oggi dà la morte. Come è stato possibile arrivare a tanto? Perché il Cristianesimo è stato interpretato in chiave quasi soltanto spirituale; ciò è avvenuto a contatto col pensiero greco, che tendeva all’astrazione e alla spiritualizzazione. Così si sono trascurate la concretezza dell’economia e della giustizia. La Verità si è frantumata in atti di devozione (che non interessavano Gesù). Anche il Giubileo si è trasformato troppo spesso in uno spettacolo di solennità. Le parole del Vangelo sono semplici e ci debbono bastare; non c’è bisogno di apparizioni e di miracoli. Dobbiamo mettere al centro della nostra vita l’uomo. Nella parabola del Buon Samaritano, è il ferito quello che ci trasforma e ci salva. Non le teorie, ma l’altro ci porta a Dio. Oggi questo è compreso anche dai filosofi: dice Léminas che è necessario partire dalla sofferenza dell’altro, l’altro “asimmetrico”, cioè diverso da noi. Ma scegliere i poveri vuol dire difenderli, stare dalla loro parte, guardare il mondo dalla loro prospettiva, fare qualcosa per cambiare il mondo, collaborando così al Regno di Dio.
       Fare dunque cose concrete, studiare l’economia di oggi, cercare i modi per renderla più giusta (p. es. con la Banca Etica), usare responsabilità nell’uso dei nostri beni.
       E dopo queste parole di fratel Arturo come non farsi un esame di coscienza?
     
    liliana curzio

     
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