| Art 1 | Art 2 | Art 3 | Art 4 | Art 5 | Art 6 | Art 7 |
 
   
     
      
    DALLA RIEVOCAZIONE DEGLI EVENTI L’IMPEGNO A FAR SI’ CHE QUEGLI IDEALI CONTINUINO A VIVERE
    QUEI GIORNI DI APRILE E MAGGIO DEL 1945
    A IVREA, DURANTE LA LIBERAZIONE. NEL RICORDO DI UN RAGAZZINO
     
    A proposito di “storia e verità’’, l’inviato Gabriele Romagnoli scriveva, a pagina 7 della Stampa del 6 febbraio dello scorso anno, che “C’è la storia e c’è la memoria. Esiste un modo in cui le cose sono andate e un altro in cui le ricordiamo. La verità’’ - continuava l’inviato della Stampa - “spesso, ha la doppia residenza, ma noi abitiamo in una sola’’. Così noi ragazzi del “Trenta e dintorni’’ pur sapendo delle attività partigiane non avevamo, in quei giorni, la sensazione della fine.
       Come potevamo averla se in quella metà di aprile le uccisioni continuavano sin sulla soglia di casa? Non continuava la guerra ad avere, anche con Truman, lo stesso carattere che aveva avuto con il suo predecessore Roosvelt? Come in un film, l’epilogo della guerra, quello segnato dai fatti più che dai desideri, l’avremmo saputo poi - a cose fatte. Anche se in quel fine aprile del ‘45 le giornate erano quasi estive, la sensazione che noi ragazzi avevamo nei confronti degli aspetti bellici che riguardavano l’eporediese, era molto simile a quella che si ha in corpo prima che si scateni la tempesta.
       Una paura istintiva ed animalesca insieme, ben diversa da quella angosciosa e consapevole che provavano gli adulti. Poi, in quel venerdì 27 dello stesso mese di aprile, per un attimo che durò poco più di un sogno, la sensazione della fine del conflitto parve fosse dietro l’uscio. Verso le undici - in quel tratto di Via Arduino compreso tra Piazza di Città e quella che allora era Via Palma - da un gruppetto di persone si alzò un gridare gioioso e liberatorio che parve segnare la fine di un incubo: “E’ finita, la guerra è finita’’.
       M’incamminai su per Via Palma (l’attuale Via 4 Martiri). Proprio in cima alla via, quattro o cinque giovanotti dal piglio risoluto ed allegro stavano intanto scendendo; giunti a mezza via intonarono, con quanto fiato avevano in gola, “Bandiera rossa la trionferà...’’. Incuriosite da cotanto canto, alcune signore si affacciarono dai balconcini dei loro appartamenti per unire le loro voci a quelle dei baldi giovanotti.
       Quelle parole che avrebbero dovuto seguire le prime, non seguirono; un’improvvisa sparatoria proveniente da chissà dove, gliele soffocarono in gola. Una delle signore del terzo piano venne ferita ad una gamba. Mentre i negozi abbassavano le serrande, quell’altro gruppetto, quello degl’inneggianti “E’ finita, la guerra è finita’’, imboccò l’allora sottopassaggio di quell’unica traversa di Via Palma e si disperse in Via Peana.
       Poco dopo, la zona divenne deserta e tale rimase per il resto del giorno. Nel frattempo - si seppe poi - mentre le brigate partigiane occupavano i dintorni, le truppe tedesche - ancora armate di tutto punto - continuavano ad affluire in città; i giardini pubblici ne erano zeppi. I rischi di uno scontro con i partigiani appariva pressoché inevitabile. Ma una volta tanto la ragione prevalse. Con la mediazione di S.E. Mons. Vescovo (Paolo Rostagno), tra il Comandante dei partigiani Alimiro (Mario Pelizzari) e il Generale tedesco Picker, fu concordata una tregua.
       Il 2 maggio furono definite le modalità di resa delle truppe tedesche e così - miracolosamente - per la città e per tutti, venne evitata l’ultima follia. In Municipio si insediò il Comitato di Liberazione Nazionale. Il giorno dopo, giovedì 3 maggio, le truppe tedesche si arrendevano ai partigiani ed agli alleati. Al canto di: “Fischia il vento / soffia la bufera / scarpe rotte pur bisogna andar’’, le formazioni partigiane conclusero ciò che per la storia di casa nostra sarebbe poi stata ricordata, come la fine della “Seconda Guerra Mondiale’’.
       Poi, come sempre, al termine di ogni conflitto - e ciò da che mondo è mondo - nel segno del “vae victis’’, se ne iniziò un altro: quella della resa dei conti. I vinti con tutte le loro demoniache nefandezze da un lato, i vincitori con le loro virtù dall’altro. Il 25 Aprile prossimo si commemora il 55° Anniversario della Liberazione; quale miglior occasione per esprimere ancora una volta la nostra riconoscenza e gratitudine, non solo a quei Banditem dalle scarpe rotte’’ che operarono in zona, ma anche a quegli uomini delle Forze Militari Alleate che furono determinanti per questo nostro “Freedom-Day’’.
       Infine, perché non fare di questo significativo giorno, il giorno della riconciliazione con tutti quelli che, in buona fede, combatterono per la Patria? Il buonsenso e soprattutto la ragione lo vogliono. Per quegli uomini che non sono più tra noi, una preghiera ed una promessa che il loro ideale di giustizia e di libertà vivrà per sempre nei nostri cuori.
     
    alessandro crotta
     

 | Art 1 | Art 2 | Art 3 | Art 4 | Art 5 | Art 6 | Art 7 |