IL DIRETTORE: “QUESTO E’ IL GIORNO
CHE CI DICE CHE LA SPERANZA NON E’ UN’UTOPIA, MA IL VERO REALISMO...”
UN NATALE CON
MOLTE “SOGLIE DA VARCARE”
L’AUGURIO E L’ESORTAZIONE
DEL VESCOVO ARRIGO: “L’ANNO DEL GIUBILEO, UN ANNO PER CRESCERE”
Siamo giunti all'inizio dell'anno giubilare:
il Papa varca la "Porta Santa" portando il Vangelo, ogni vescovo con la
sua chiesa è chiamato a compiere lo stesso gesto profondamente simbolico
intronizzando solennemente il Vangelo nella cattedrale, precedendo così
di pochi giorni l'umanità intera che si accinge a varcare la soglia
del Duemila. La soglia della speranza, come disse qualche anno fa Giovanni
Paolo II. La chiesa dunque è chiamata ad aprire la strada, come
Giovanni il Battezzatore, tenendo alto il Vangelo come segno e fonte di
speranza.
E' l'inizio di un percorso,
che dovrà continuare in crescendo anche e specialmente quando saranno
passati i primi giorni giubilari e si attenueranno le luci dei riflettori,
che realisticamente non potranno restare accesi con la medesima intensità
per tutto l'anno giubilare, ma punteranno la loro attenzione specialmente
sugli eventi di maggiore visibilità. Questi primi giorni del grande
Giubileo devono perciò aiutarci ad individuare meglio il percorso
che vogliamo attuare lungo tutto il Duemila. Il rischio, infatti, esiste
che, passate le prime grandi celebrazioni, passate le feste, si rientri
nella routine ed anche l'occasione del Giubileo sia consumata velocemente,
tipo usa e getta.
E' un invito che vorrei
rivolgere soprattutto alle comunità della diocesi cui è stata
assegnata una delle chiese giubilari. Tutti sentiamo di essere giunti non
abbastanza preparati a quest'inizio, ma la durata dell'anno giubilare ci
offre la possibilità di crescere, seguendo in modo particolare le
indicazioni del programma diocesano e del decreto che determina le indicazioni
relative alle nostre chiese.
In questo primo periodo
del Giubileo siamo chiamati ad accogliere alcuni segni particolari. Anzitutto
la giornata mondiale per la pace. Il messaggio del Santo Padre c'interpella
tutti, uno per uno, nell'impegno a dare concreta accoglienza alle parole
dell'annuncio natalizio "pace in terra agli uomini che Dio ama". La marcia
ormai tradizionale della notte di Capodanno resta un appuntamento importante
e prezioso, con cui possono collegarsi tutti coloro che non vi potranno
prendere parte ma che pure non si accontentano di entrare nel Duemila in
modo distratto o banale. Un certo numero di parrocchie ha già previsto
momenti particolari di preghiera e di festa fraterna: invito tutti a valorizzare
quest'appuntamento con il tempo e con la storia, perché siano sempre
più tempo di Dio e storia di salvezza.
Un altro segno di questi
giorni sono i giovani. Molti saranno a Roma per vivere il passaggio del
nuovo anno col Papa, molti altri saranno in Polonia per l'incontro internazionale,
anche questo ormai tradizionale, organizzato dalla comunità di Taizè;
altri saliranno al monastero di Bose, per vegliare con i monaci. Ai giovani
vorrei rivolgere un augurio particolare, in quanto protagonisti del nuovo
secolo, ma soprattutto interpreti della speranza necessaria alle nuove
generazioni e chiamati a ricevere nelle loro mani quel Vangelo che il Papa
ed i Vescovi terranno alto nella celebrazione natalizia d'inizio Giubileo.
Per loro avrò un ricordo particolare la notte di Capodanno, a Nazaret,
città dell'Incarnazione del Figlio di Dio, dove mi troverò
con il primo pellegrinaggio giubilare diocesano in Terrasanta. Mi sarebbe
piaciuto essere alla marcia, a Roma, in Polonia, in cattedrale, ma da Nazaret
sarà un po' com'essere in tutti questi altri luoghi, perché
lì il Verbo si è fatto Carne, Verbum caro factum est.
Infine un augurio tutto
particolare alla città d'Ivrea, che inizia col Duemila il suo XXI
secolo di vita, dalla fondazione della romana Eporedia. Un bel giubileo
anche questo. Divenuta città sede del vescovo del Canavese a partire
dal V secolo, è stata sempre per i cristiani della nostra terra
il punto di partenza dell'evangelizzazione ed il punto di riferimento per
l'unità ecclesiale delle comunità sparse nel territorio.
Sedici secoli di storia della città s'intrecciano con la storia
della diocesi: sarebbe difficile immaginare Ivrea senza la diocesi, ma
anche immaginare la diocesi senza Ivrea. Un progetto ed una storia che
da XXI secoli sono in cammino. Auguri perciò ad Ivrea del Duemila,
perché sappia progettare, guardare avanti, perché riusciamo
a progettare insieme, la Ivrea laica e quella cattolica, nel dialogo e
nel rispetto, ma con l'unico obiettivo comune di cercare il bene dell'uomo,
a cominciare dai più piccoli e dai più poveri.
+arrigo miglio
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