Charles Baudelaire nasce a Parigi il 7 aprile
1821 nel Quartiere Latino da un padre vecchio risposatosi con una donna
molto più giovane. Morto il padre, la madre si risposa con il rigido
comandante Aupick con cui non ebbe mai buoni rapporti, perché borghese
amante dell'ordine e sordo all'arte.
Vive la sua adolescenza malinconica e turbolenta al Collège
Royal di Lione e al Collège Louis-le-Grand di Parigi. Ed è
proprio in questo periodo che nascerà la sua avversione per ogni forma
di conformismo incentrandola sul satanismo, concezione su cui insiterà
nell'età matura.
Espulso nel 1839 dal colleggio parigino, imbarcato per volere
della famiglia, due anni dopo su una nave facente vela per Calcutta, dopo
una sosta all'isola Maurice e all'isola Bourbon interrompe improvvisamente
il viaggio. Ed è proprio dopo questo viaggio che resta influenzato
dall'Oriente e dall'esotismo che spesso ricorrerà nelle sue poesie.
Tornato a Parigi, entra in possesso dell'eredità paterna
e finalmente libero comincia a vivere da esteta.
La sua carriera di poeta comincia a ventiquattro anni con la poesia
"À une dame créole" seguita da "Don Juan aux enfers" e contemporaneamente
cominciava la sua carriera di critico d'arte con il "Salon de 1845". Ed
è in questo periodo per il suo tenore di vita, che viene privato
da una sentenza del tribunale per ordine della famiglia, delle sue sostanze.
La rivoluzione del 1848 trova il giovane Baudelaire in prima linea
per cui anni più tardi si chiederà il perché di aver
partecipato a quelle insurrezioni.
Nel "Salon de 1846" aveva salutato come parziale, interessata,
appassionata ogni critica degna di tal nome: portando alle ultime conseguenze
la posizione leonardesca, rifiuta il mondo esatto, concreto e primitivo
della scultura dalle tante vedute ed esalta invece il misterioso "mensonge"
della pittura, regno spirituale dell'immaginazione e sostenitore di Delacroix
nemico di ogni accademismo.
Nel 1847 scrive il racconto "La Fanfarlo" dove affiora un velato
compiaciuto-ironico autoritratto del poeta nel personaggio di Samuel Cramer,
dandy dall'anima complicata e pigro scrittore.
Nel 1852 compone "Le crépuscule du matin" e nel 1854 "Le
vin des chiffonniers", ad esse si aggiungono altre poesie sul vino, sullo
"spleen" e sulla morte (che verrano comprese ne "Les Fleurs du Mal").
Coerente e fedele al suo stile di vita, sempre più solo
e sempre più povero, costretto a mantere Jean Duval, la donna burrascosamente
amata che gli resterà vicino durante la malattia, e sempre più
legato all'amore per la madre, non rinuncerà mai al suo ideale di
vita dell'intellettuale moderno che, perduta l'aureola nel fango cittadino,
vive in piena rotta con la società che lo rifiuta.
Si dedica nel 1850 a tradurre tutte le opere di Edgar Allan Poe,
considerato come un altro sé stesso, in grado di sottrarre all'ombra
le regioni più scure della psiche umana e di spingersi ai confini
della follia, nelle vertiginose concezioni dell'oppio.
Ed è proprio da questa visione allucinata della società
che Baudelaire concepisce "Les Fleurs du Mal", trasfigurazione simbolica
di un'idea (il male) in un'immagine (il fiore), cui la prima edizione porta
la data del 1857. L'opera appare come il disegno di una biografia poetica,
disponendo ciascuna poesia come un'architettura, che battendo ritmicamente
sui grandi momenti essenziali del suo cammino poetico, desse un senso di
paradossale armonia. Non sono certo il processo e la condanna a cui si sottopone
l'opera a sottrarre vigore al critico, al pensatore, al polemista, al poeta,
poiché gli anni che vanno dal 1857 al 1858 sono i più decisivi
e i più intensi della sua creazione poetica: scrive saggi, traduzioni
(E. A. Poe), critiche su "Salon de 1859".
Riprendendo le teorie di Thomas De Quincey, egli medita sul rapporto
tra l'uomo produttore di poesia che vanta un suo diritto al sogno e al piacere,
e la droga; nascono così "Les Paradis Artificiels" nel 1861. Nello
stesso anno esce una seconda edizione de "Les Fleurs du Mal" con l'aggiunta
di nuove poesie arricchite di ossessioni, odi, rimorsi, orrori, fantasmi,
posseduti e ossessi, di un gusto amaro per il nulla e di un sentimento del
tempo come soffocazione.
Gli ultimi anni sono ancora dominati dall'ossessione di un progetto,
"Mon coeur mis à nu", un libro di confessioni, di collere e di rancori:
ma l'opera resta nella mente e sullo scrittoio di Baudelaire. Accetta per
disperazione di tenere delle conferenze a Bruxelles su Delacroix, Gauthier,
ecc... ma si rivela un fallimento.
Il 31 agosto 1867 a Namur, visitando la chiesa di Saint-Loup,
viene colpito da una violenta crisi apoplettica e dopo una lunga agonia,
muore.
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