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Analisi ed accertamenti clinici

 Patologie sessuali/andrologiche

                               

 

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Patologie urologiche

Infezioni delle vie urinarie

Ematuria

Calcoli renali Cistite Pielonefrite

Glomerulonefrite

Incontinenza Ritenzione idrica Rene policistico Prostata

Tumori

Infezioni delle vie urinarie

La crescita e sviluppo di batteri può avvenire nell’uretra (uretrite), nella vescica (cistite) o nei reni (pielonefrite). Le manifestazioni sono bruciore durante la minzione che aumentano di numero,  le urine diventano maleodoranti, si può avere qualche lieve linea di febbre e dolori nella regione lombare. La diagnosi, oltre che agli esami del sangue e delle urine, è affidata all’urinocultura. Permette di determinare il ceppo batterico che ha causato l’infezione.

Ematuria

E’ la presenza di sangue nelle urine. Non è una vera e propria patologia ma, in genere, il segnale di una malattia delle vie urinarie, o dei reni. Può essere macroscopica, cioè abbondante e tale da dare un colore rossastro all’urina; o microscopica. Anche se il sangue nelle urine, di solito, spaventa molto, le cause di questo disturbo sono diverse e possono anche non essere allarmanti. Si tratta comunque di un sintomo, a volte associato ad altri, che va indagato con l’analisi delle urine. Tra le cause principali senz’altro il tumore all’apparato urinario riveste un ruolo di rilievo (piu’ frequentemente il tumore della vescica). Può essere provocato dai calcoli, in particolare dal loro attrito contro le pareti dell’apparato urinario e in questo caso l’ematuria si accompagna a forti dolori nella zona lombare, da un’infezione delle vie urinarie dovuta al ristagno delle urine nella vescica che provoca infiammazione. Può dare ematuria anche un’infezione renale, la pielonefrite (si manifesta con dolore nella zona lombare e frequente necessità di urinare), causata da germi trasportati sino al rene attraverso il sangue e la linfa.

 Calcoli renali

Sono  formazioni solide e cristalline di varie dimensioni dovute alla precipitazione di ossalati di calcio, acido urico, cistina e fosfato di ammonio magnesiaco poco solubili nelle urine. Possono aggregarsi per predisposizione genetica, infezioni da germi che aumentano la produzione di ammoniaca ed alzano il pH, basso pH nei calcoli di acido urico, farmaci altamente tossici come i chemioterapici, alimentazione troppo ricca di calorie e/o di calcio o suo alterato metabolismo, scarse sostanze inibenti la formazione di calcio (citrati).I calcoli possono essere unici o multipli, monolaterali o bilaterali (nel 40% dei casi) e formarsi nel rene, bacinetto renale, uretere, vescica. I calcoli possono, purtroppo, non dare disturbi anche per molto tempo o provocarne di lievi come un senso di fastidio nella regione lombare. Ma quando l’organismo prova a liberarsene, il calcolo spesso non riesce a passare dal bacinetto renale all’uretere o a scivolare via con le urine nell’uretere e si manifesta, così, la classica colica renale: un dolore lancinante al fianco irradiato ai genitali, spesso alla coscia anteriore a seconda della posizione del calcolo, sudorazione, ipotensione arteriosa, nausea, febbre. Il dolore può durare diverse ore e si esaurisce quando il calcolo arriva nella vescica lasciando però per alcuni giorni un indolenzimento della parte e un dolore sordo. Ad individuare la posizione dei calcoli aiutano gli esami del sangue e delle urine, l’Ecografia, gli accertamenti radiografici classici e l’Urografia. Trascorsa la fase acuta (trattata spesso con antidolorifici e antispastici), la cura è basata sull’adeguata ingestione di acqua quotidianamente per diluire al massimo le urine e aumentare la diuresi, sull’uso degli inibitori la formazione di calcoli (citrati), e a seconda della composizione dei calcoli indirizzare l’alimentazione che deve essere normo o ipo-calorica. I calcoli renali che non si è riusciti ad eliminare in modo naturale possono essere frantumati in piccole parti purchè di adeguate dimensioni (diametro maggiore a 0,5 cm.) con onde d’urto del litotritore (ESWL), ma se di dimensioni troppo grosse è necessario l’intervento chirurgico. I calcoli ureterali, in certi casi devono essere asportati con un intervento endoscopico che non lascia cicatrici, raramente con l’intervento chirurgico.L’alimentazione è di grande importanza, consigliati verdura, frutta, patate, acqua, sconsigliati crostacei, sardine, spinaci, agrumi, frutta secca, latte, formaggi, cavoli, carne di maiale e selvaggina.

 Cistite

E’ un’infiammazione della vescica spesso causata da un’infezione batterica. Colpisce soprattutto le donne a causa della maggior brevità dell’uretra, una barriera naturale molto efficace contro i batteri, e della sua vicinanza all’ano. Si manifesta con sintomi irritativi e dolore pelvico, voglia di svuotare spesso la vescica anche se la minzione in realtà è dolorosa, difficile e di scarsa quantità, a volte comparsa di sangue nell’urine. Nella maggior parte dei casi colpisce le donne in età menopausale perché la mancanza di estrogeni modifica l’equilibrio dell’apparato genitale; viene colpita, dunque, la difesa dai germi patogeni e si crea un microambiente favorevole ai microorganismi che solitamente abitano la vagina o l’intestino (E. coli). Con l’es. urine,l’urocoltura  e l’antibiogramma si identificano i batteri in causa e la terapia antibiotica piu’ adeguata per debellarli. Ma esiste anche la cistite interstiziale che appare in assenza di infezioni accertate e non regredisce assumendo antibiotici: in questi casi la sintomatologia infiammatoria può aggravarsi col passare del tempo nonostante la terapia farmacologica.

 Pielonefrite

E’ un’infezione delle alte vie urinarie, soprattutto della cavità e del tessuto renale. Di solito è provocata da batteri e se viene trascurata può portare all’insufficienza renale cronica. La pielonefrite ACUTA è un’infezione della pelvi e del parenchima renale provocata spesso dai germi responsabili delle cistiti, dall’Escherichia coli allo Stafilococco, che raggiungono il rene attraverso il sangue o le vie linfatiche, ma anche risalendo le vie urinarie come per esempio durante una cistite asintomatica o trascurata o particolarmente aggressiva. La colpa può esser anche di un eccessivo ristagno dell’urina o la conseguenza di una colica renale: un calcolo può irritare l’apparato urinario permettendo ai batteri di agire. I sintomi della pielonefrite acuta sono malessere generale, febbre alta, nausea, a volte ematuria, dolore sordo e penetrante al rene che si può diffondere a tutta la schiena. Scoperti con l’urinocoltura i batteri in causa, la terapia è a base di antibiotici. La pielonefrite CRONICA compare invece, per un meccanismo errato di eliminazione delle urine che dopo essere state raccolte nel bacinetto renale non sono convogliate negli ureteri e ristagnano oppure refluiscono al rene dalla vescica: ciò può essere dovuto a una malformazione o a un calcolo che ostruisce l’uretere. Non sempre i sintomi sono evidenti, ma può comparire stanchezza, ipertensione, nausea, presenza di globuli bianchi nelle urine. Si cura con antibiotici e non va trascurata per evitare che alla lunga porti all’insufficienza renale cronica.

Glomerulonefrite

E’ un infiammazione dei glomeruli, gli elementi dei nefroni di cui il rene è composto, causata spesso da una patologia autoimmunitaria, o batterica. La gromerulonefrite acuta ha un’origine batterica che compare spesso in seguito alle infezioni da streptococchi delle alte vie respiratorie, come la faringite, ma anche della pelle (dermatiti). Colpisce a qualsiasi età, già da bambini, e i suoi sintomi sono gonfiore, leggero pallore, ipertensione arteriosa, urina scarsa, mancanza di appetito. Molto spesso la forma acuta guarisce dopo trattamento antibiotico, in modo che la infezione da streptococco venga debellata completamente.

Incontinenza

Viene definita come la perdita involontaria di urina e rappresenta un problema clinico di grandi dimensioni, nonché una causa notevole di disabilità e dipendenza. L’incontinenza non è solo un problema della terza età, sebbene l’invecchiamento predisponga a modificazioni della funzionalità delle vie urinarie inferiori. Anche alle donne giovani succede spesso di perdere involontariamente qualche goccia di urina, ma per pudore o perché è un disturbo sottovalutato, solo un terzo delle donne incontinenti si rivolge al medico. L’incontinenza può essere classificata in base alla funzione alterata o ai sintomi. Gli organi principalmente coinvolti comprendono la vescica e l’uretra; si distingue così fra incontinenza urinaria legata a problemi vescicali e quella legata a problemi uretrali.  La classificazione sintomatica è quella piu’ spesso utilizzata: incontinenza sotto sforzo fisico, d’urgenza o mista.  E’ difficile in questa sede essere esaurienti, semplici e completi nel contempo: a grandi linee si può dire che fino a 50 anni l’incontinenza è dovuta al cattivo funzionamento del meccanismo dello sfintere dell’uretra che fa perdere urina quando si compie uno sforzo fisico anche modestissimo, come tossire, salire le scale o ridere. Dopo la menopausa, invece, la causa spesso si sposta verso la vescica che si contrae involontariamente, rendendo incapaci di rimandare al minzione a piacimento dopo la percezione dell’avvenuto riempimento della vescica. Una causa comune a tutte le età è il prolasso, cioè la discesa degli organi pelvici (vescica, utero, retto) alterando così i normali rapporti anatomici fra i meccanismi muscolari di contenimento (sfinteri), la vescica e l’uretra. Con la visita urologica e ginecologica si stabilisce un adeguato iter diagnostico in modo da capire bene la causa ed il tipo di incontinenza. Cosi dopo un attenta anamnesi, un accurata visita, un’esame ecografico dell’addome superiore ed inferiore, ed un esame radiografico con mezzo di contrasto delle vescica (cistografia), l’esame principe è l’Urodinamica. Tale esame ambulatoriale studia per mezzo di speciali cateteri il  funzionamento della vescica e dell’uretra e si verifica se l’incontinenza è dovuta a un cattivo funzionamento della vescica, dello sfintere dell’uretra o di entrambi. Per risolvere il problema a volte è sufficiente una tecnica comportamentale adeguata per controllare i meccanismi muscolari della vescica e dunque lo stimolo a urinare, in altri casi si deve ricorrere ad un trattamento farmacologico atto a rilasciare la parete muscolare vescicale, in altri casi ancora si deve ricorrere ad un intervento chirurgico che varia come entità a seconda se si è di fronte ad un prolasso e/o ad incontinenza da sforzo di vario grado. Grande importanza ha la prevenzione: le donne giovani devono rinforzare col la ginnastica la muscolatura perineale (specialmente dopo due o più parti per via naturale) domandando consiglio allo specialista urologo. Si deve poi evitare di trattenere troppo l’urina. Importante è anche mantenere il peso forma per non aumentare l’incidenza di prolasso, o una sua recidiva dopo l’intervento chirurgico.

Ritenzione idrica

A volte il corpo trattiene più acqua di quanta ne serva per il suo funzionamento. Questa condizione, conosciuta come ritenzione idrica, può causare gonfiore lieve al volto, occhi, mani ed alle caviglie.Segni che spesso sono provocati dagli ormoni pre-mestruali, da un’alimentazione eccessivamente ricca di sale, o da un cattivo funzionamento renale. Per prevenire o ridurre la ritenzione idrica importante è tener d’occhio l’alimentazione, evitare cibi salati (come insaccati, salse pronte, dadi, patatine, uova, latte, frutti di mare, salatini e arachidi), privilegiare quelli poveri di sodio (patate, pompelmi, fagiolini, prezzemolo, asparagi selvatici,mandarini, frutta in genere), bere molta acqua naturale che drena i sali dai tessuti e dal corpo attraverso le urine. Consumare quando è possibile semi di anguria, melone e cetriolo che contengono una sostanza chiamata ucurbocitrina che sembra aumentare la permeabilità dei capillari dei reni facendo passare più acqua del solito nelle urine. Se le caviglie cominciano a gonfiare, specialmente a fine giornata, provate a sollevare le gambe: questa posizione permette ai fluidi ristagnanti nelle gambe di defluire più facilmente verso il cuore e quindi ai reni dove possono essere espulsi.

Rene policistico

E’ una malformazione ereditaria piuttosto diffusa che colpisce una persona su 1000. Non dà quasi mai sintomi anche perché le cisti si formano dai 40 anni e si notano soltanto attraverso accertamenti ecografici. Il rene policistico va tenuto sotto controllo perché le cisti a volte possono impedire il normale lavoro di filtrazione renale.  Rene a ferro di cavallo E’ un’anomalia congenita presente circa in una persona su 600 con frequenza doppia negli uomini. E’ caratterizzata dalla malrotazione e dall’unione dei reni all’estremità superiore o inferiore per cui invece di essere separati assumono una forma a ferro di cavallo. Proprio perché si tratta di un’anomalia congenita che per anni non da’ segno di sé, ci si accorge occasionalmente di tale patologia (per esempio alla prima ecografia eseguita per altri motivi). Vi è, però, una maggiore predisposizione alla calcolosi ed alle infezioni delle vie urinarie in questi pazienti.

Prostata

La prostata è una ghiandola sessuale delle dimensioni di una castagna, produce una parte del liquido espulso durante l'eiaculazione. E' situata sotto la vescica e circonda l'uretra, per tale posizione influenza il modo di urinare. 

PROSTATITE

E’una sindrome che si manifesta con i sintomi tipici dell’infiammazione e/o dell’infezione della prostata, compresi la difficoltà a urinare e un aumento della frequenza, dolore tra lo scroto e l’ano, fastidio e/o dolori diffusi al di sotto dell’ombelico, e durante l’eiaculazione. La prostatite può essere batterica o senza batteri, acuta o cronica. I pazienti senza batteri si dicono affetti da prostatodinia e non da prostatite, pur in presenza degli stessi sintomi, tali pazienti presentano in genere un carattere particolarmente ansioso e apprensivo e una professione particolarmente stressante.  

La prostatite batterica acuta è solitamente una malattia febbrile a insorgenza rapida, caratterizzata da gravi sintomi urinari, e uroculture positive per batteri, in cui la prostata a un esame obiettivo risulta ingrandita e dolente.  La prostatite batterica cronica, invece, è caratterizzata da infezioni batteriche persistenti nonostante diversi cicli prolungati di antibioticoterapia.I pazienti presentano in genere una lunga storia di sintomi irritativi, associati a minzione lievemente difficoltosa. Diagnosticare la prostatite non è facile, a meno che non si tratti della forma batterica acuta. Risulta infatti difficoltoso differenziare fra la forma batterica cronica e la prostatodinia poiché i sintomi e i reperti obiettivi possono essere simili.In genere accanto al semplice esame delle urine, e all’urocoltura si associa anche l’esame delle secrezioni prostatiche ottenute dopo massaggio prostatico digitale. La terapia è prettamente antibiotica anche per 3- 4 settimane qualora si sia individuato il batterio, antiinfiammatoria e idropinica (bere almeno 3 litri di acqua al dì). Per quanto riguarda la prostatodinia si deve ricorrere terapie alternative di rilassamento, semicupi caldi, e alfa-litici.

IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA  (ADENOMA DELLA PROSTATA)

E’ la piu’ comune neoplasia benigna del maschio adulto. La malattia è caratterizzata dalla proliferazione soprattutto a carattere fibroso/muscolare della zona centrale della ghiandola prostatica, a differenza dal tumore che si sviluppa soprattutto (70%) nella zona periferica. Dall’età di 30 anni la malattia comincia a svilupparsi, fino a manifestarsi nell’uomo maturo. La sintomatologia è essenzialmente riferibile all’ostruzione al deflusso dell’urina che si viene a determinare: debolezza del getto urinario, esitazione, gocciolamento terminale, intermittenza, sensazione di incompleto svuotamento della vescica, oppure frequenza elevata sia di giorno che di notte, urgenza nel raggiungere il bagno. Tali sintomi possono essere variamente associati a seconda degli individui.  L’adenoma può causare, se non curato, calcoli nella vescica, ritenzione urinaria (con la necessità di ricorrere alla cateterizzazione), e sfiancamento del muscolo vescicale. La terapia è inizialmente medica (compresse giornaliere), ma col tempo si ricorre a trattamento endoscopico o chirurgico a seconda delle dimensioni dell’adenoma e dell’età del paziente.    

 

Tumori

Masse renali

Sintomi quali dolori addominali o ai fianchi, ipertensione arteriosa anche in giovane età, ematuria o una massa su un fianco che risulti palpabile a un esame obiettivo possono indurre a eseguire un esame radiografico/ecografico. Un numero sempre piu’ crescente, però, di masse renali viene attualmente scoperto in pazienti completamente asintomatici che si sottopongono a un’indagine addominale non invasiva, quale l’ecografia o la TAC, per altri motivi. Addirittura il 50% del piu’ comune tipo di tumore del rene viene rilevato casualmente in questo modo. Ma a cosa ci possiamo trovare di fronte quando diciamo massa renale? Per  esempio a una cisti renale benigna, un ascesso, un ematoma, un infarto renale, un’angiomiolipoma, un oncocitoma (tipo di tumore), o a un tumore a cellule chiare del rene. Le indagini disponibili per formulare una diagnosi comprendono senza dubbio l’Ecografia, la Urografia/TAC e l’Arteriografia (in taluni casi).

TUMORI BENIGNI DEL RENE

Cisti semplice: semplice o multipla, unilaterale o bilaterale, viene, spesso, scoperta casualmente, sono asintomatiche e non richiedono terapia. Talvolta una cisti può ingrandirsi notevolmente e provocare dolore o ostruzione del deflusso d’urina, e ipertensione arteriosa. Importante è la differenziazione con il tumore mediante la Ecografia, o la TC.

Adenoma renale: la diagnosi di adenoma si basa esclusivamente sull’esame anatomopatologico, non sulle dimensioni.

Oncocitoma: sono in genere circolari, ben delimitati e di colore marrone, non tendono a metastatizzare, o a invadere le strutture circostanti. La distinzione da un adenocarcinoma (tumore renale a cellule chiare) è impossibile con gli esami radiografici.

Angiomiolipoma: tumore formato dalla presenza di vasi sanguigni, muscolatura e tessuto adiposo combinati fra loro. Le forme isolate colpiscono soprattutto le donne adulte, e vengono spesso diagnosticati occasionalmente, a meno che non si raggiungano elevate dimensioni. L’esame Ecografico e la TAC sono molto utili alla diagnosi ed alla differenziazione dal tumore maligno.    

TUMORI  MALIGNI DEL RENE

L’Adenocarcinoma (a cellule chiare) rappresenta il piu’ comune tumore del rene (90%) ed il 3% di tutti i tumori maligni. La causa non è nota e il fumo di sigaretta è il solo fattore di rischio accertato. I segni piu’ comuni con cui il tumore si manifesta sono ematuria evidente o microscopica, dolore addominale o ai fianchi e una massa addominale palpabile. Questi reperti, però, sono solo presenti nel 10-15% dei pazienti, poiché ai giorni d’oggi con le nuove strumentazioni diagnostiche (Ecografia, TAC e Risonanza Magnetica) lo si trova quasi sempre occasionalmente. L’escissione chirurgica è la piu’ comune forma terapeutica, soprattutto se unilaterale e localizzato. 

CARCINOMA A CELLULE TRANSIZIONALI DELLA VESCICA

E’ per frequenza al quarto posto nell’uomo e all’ottavo nella donna. I fattori di rischio piu’ importanti sono l’età (incidenza massima fra i 60-70 anni), l’esposizione professionale a coloranti all’anilina e alle amine aromatiche, il fumo di sigaretta, e i trattamenti con ciclofosfamide. Tale tumore viene suddiviso in forme superficiali  (non invasive la parete vescicale) nel 70-75% dei casi ed in forme invasive piu’ rare ma piu’ gravi per il pericolo di metastasi. Il sintomo  piu’ frequente è l’ematuria senza sintomi di accompagnamento spesso. Sono frequenti anche sintomi irritativi, fra i quali pollachiuria imperiosa e disuria. La diagnosi prevede la citologia urinaria, la cistoscopia (endoscopia della vescica) ed esami strumentali come la Ecografia e la TAC. Per quanto riguarda la storia clinica la maggior parte dei pazienti è soggetta a piu’ recidive nel tempo ed in altri parti della vescica, perciò è necessario un attento monitoraggio del paziente nel tempo con cistoscopie ed Ecografie. La terapia è da valutare da caso a caso a seconda della dimensione, grado e stadio del tumore. 

CARCINOMA DELLA PROSTATA

Vi sono diverse varietà di tumore, ma oltre il 90% dei pazienti presenta un adenocarcinoma che si manifesta in diverse varianti. Tale carcinoma è il piu’ frequente tumore maligno tra gli uomini, circa il 30% degli uomini di oltre 50 anni di età presenta prove istologiche di questa patologia e la percentuale aumenta con l’invecchiare della popolazione. Gli individui di razza nera presentano u rischio maggiore di venire colpiti dal carcinoma rispetto a quelli di razza bianca e, inoltre, mostrano un piu’ elevato tasso di mortalità per  questa patologia. La causa è sconosciuta.Gli uomini con un parente di primo grado (padre, fratello) affetto da carcinoma della prostata hanno una probabilità doppia di sviluppare la stessa malattia, e tale probabilità aumenta fino a 9 volte qualora i parenti di primo grado siano due. Circa il 70% degli adenocarcinomi ha origine nella zona piu’ esterna della prostata, facilmente raggiungibile dal dito esploratore.  I pazienti che presentano aumento del livello del PSA (vedi icona) e/o alterazioni palpabili con il dito nel retto vengono in genere sottoposti a ecografie transrettali e a biopsie guidate con ultrasuoni per porre una precisa diagnosi e per programmare così un attento iter terapeutico. La scintigrafia ossea è un esame utile per individuare metastasi ossee, mentre la TAC per le metastasi linfonodali di una certa entità. Per quanto riguarda la terapia attualmente si sottopone il paziente a prostatectomia radicale,di salvataggio, radioterapia, brachiterapia, o terapia endocrina a seconda del tipo, grado, stadio di tumore cui ci troviamo di fronte e a seconda dell’esigenze e dell’età del paziente. 

TUMORI DEL TESTICOLO

I tumori del testicolo, anche se rari, rappresentano una delle prime cause di mortalità per patologia neoplastica negli uomini in giovane età. I tumori si manifestano sia in forme pure, che in forme miste (con derivazione dalle varie componenti del testicolo). La forma istologicamente pura piu’ frequente è il seminoma; tuttavia i tumori misti si manifestano con frequenza maggiore. L’età e il criptorchidismo (testicolo non presente nello scroto) sono gli unici fattori di rischio noti. Infatti vi sono 3 picchi di incidenza per età: dalla nascita a 10 anni, fra i 20 e i 40 anni, ed oltre i 60 anni. Un rigonfiamento o un nodulo unilaterale indolore, in genere scoperto accidentalmente dal paziente o dal suo partner sessuale è il segno/sintomo piu’ frequente. L’esame palpatorio del testicolo deve essere fatto con attenzione unitamente all’esame dell’addome, del torace, delle regioni cervicali, sovraclaveari e ascellari per eventuali metastasi manifeste. L’Ecografia dello scroto, la TAC ed il dosaggio di particolari marcatori tumorali nel sangue insieme all’esame anatomo-patologico del testicolo incriminato (dopo la sua rimozione chirurgica per via inguinale) completano l’iter diagnostico. A seconda delle dimensioni, dello stadio, del grado e del tipo istologico ci saranno vari percorsi terapeutici.

 

 

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