LA RACCOLTA DELLE OLIVE
Questa operazione avviene da novembre a gennaio ed caratterizzato dall’utilizzo di vari strumenti: "canestri" di vimini, "saccocce" che hanno sostituito le bigonce dei secoli precedenti (doghe di castagno tenute strette da cerchi di legno), "pertiche" per far cadere il frutto", "balloni" (teloni) in passato di canapa pesante ed oggi di plastica, scale, guanti, "manucce" (specie di forbici di plastica dura con lame di gomma), "pettini" (piccoli rastrelli a cinque o più dita, prima di legno, oggi di plastica), macchine scuotitrici di rami o tronchi.
Marco Terrenzio Varrone (116 a.c. - 27 a.c.) grandissimo erudito latino, nella sua opera "De re rustica" (il fondo rustico) ci da consigli utili, ancora oggi: è meglio cogliere che bacchiare le olive perché quelle che si battono si seccano e non danno molto olio; con i ditali non solo si rischia di schiacciare le bacche, ma si scortecciano i rami e si espongono alle gelate; chi batte, non batta forte perché, eliminando anche i ramoscelli, si rischia la sterilità della pianta; le olive per l’olio si depongono su una tavola giorno per giorno e poi si portano al frantoio nelle giare e nei vasi aleari nello stesso ordine in cui sono state deposta; se le olive, dopo essere state colte, restano a lungo nei mucchi, per il calore si alterano e l’olio diventa rancido... Le "speluccatrici" erano le donne che andavano a raccogliere le olive rimaste a terra, ma i furti di olive collegati alla pratica dello "spelucco" erano così numerosi in tutto il Lazio che, in seguito alla protesta dei possidenti degli oliveti, il Pontefice Pio IX emanò un editto per proteggere i proprietari e stabilì che lo spelucco potesse avvenire ogni anno solo dopo la comunicazione ufficiale della data di inizio. Attualmente non ci sono più furti di olive, ma in passato erano frequenti e avvenivano sia di giorno che di notte;raggiunsero la punta massima all’inizio della 2°guerra mondiale, nel 1940, quando fu rubato un quarto dell’intero raccolto.
L'olio si ricavava macinando le olive con una grande mola di pietra che girava azionata da muli o da più uomini. Le olive macinate, raccolte nelle ceste, si mettevano sotto il torchio di ferro o di legno; così venivano fuori olio e acqua che, raccolti in un recipiente a bocca larga, si lasciavano sedimentare. L'olio, che saliva a galla, veniva raccolto e messo nelle giare. Per ottenere un olio eccellente era necessario che la frangitura delle olive fosse fatta subito dopo la raccolta, per evitare il processo di irrancidimento e fermentazione che si ripercuoteva sul sapore dell'olio, alterandone il gusto e rendendolo meno digeribile. Prima di comprare l'olio si usava farne la prova a crudo, chiedendone un campione per condire la verdura. A Cervaro si mantiene tuttora l'usanza di comprare l'olio a vvucca di trappitu (direttamente al frantoio, durante la lavorazione) per avere la sicurezza che sia olio nuovo e non sofisticato.
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