I LAVORI ESTIVI

 

In questo periodo la campagna era tutta un susseguirsi di colori: predominava dappertutto il verde, ma qua e là comparivano macchie gialle di ginestre e rose di "connocchiare" (Valeriana rossa).

D’estate i contadini si alzavano verso le quattro/cinque del mattino e, dopo aver governato le bestie, si dedicavano ai lavori della terra. Le giornate lavorative iniziavano prima dell’alba e finivano dopo il tramonto. Aravano i campi con i buoi e falciavano il grano con la falce, facevano i covi e poi portavano il grano sull’aia dove veniva trebbiato con una trebbia a fermo. Una volta si faceva tutto a mano (non c’erano trattori) con zappa, vanga, piccone e l’aratro trainato dai buoi. Questi umili animali venivano utilizzati per i lavori dei campi fin dal secondo anno di vita e rimanevano in attività per dieci - quindici anni. Finita la battitura, si faceva un grande pranzo con pietanze molto sostanziose a base soprattutto di carne, formaggi e affettati.

Era il periodo anche della raccolta dei legumi; questi venivano estirpati e portati presso le proprie abitazioni dove, una volta ben essiccati al sole, venivano battuti con bastoni e fatti "ariare" (servendosi del soffio del vento la paglia macillata volava via ed i legumi cadevano sul lastrico). Le donne si dedicavano alla raccolta dei pomodori ed a sera a comporre i caratteristici "piennuli" (intreccio di ginestra con ciocche di pomodori) che venivano appesi e conservati per l'inverno; a preparare anche salsa concentrata, ottenuta mediante l'essiccazione di pomodori spaccati e poi dal relativo sugo versati in tanti recipienti ed esposti ai raggi del sole. Intanto gli uomini nei campi provvedevano a sfoltire i filari delle viti dai pampini che coprivano i grappoli o a legarli. Seguiva poi l'operazione più fastidiosa per il contadino: la inzolfatura dei grappoli d'uva che s'avviava alla maturazione, per prevenire le malattie.

Si "scorreva" anche il terreno per rinfrescarlo e per mantenere il vigneto libero da erbe infestanti. Era questo anche il periodo in cui il proprietario terriero raccoglieva il frutto di tutto il suo lavoro dell'anno precedente: nel suo cellaio gli faceva visita il "sensale" per valutare la qualità del suo vino e stabilirne il prezzo "a botte" (litri 528).

La bevuta di un bel bicchiere di vino ed una stretta di mano sancivano l'accordo. Tranne imprevisti, dopo qualche settimana in quella cantina c'era grande festa quando si spillava il vino. In questo periodo, poiché le giornate erano più lunghe, esse venivano ben sfruttate ai fini dello svago di allora: i ragazzi davano sfogo alla loro vivacità con i giochi del "cerchio" dello "strummolo" (trottola), della "carruzzella" (piccolo traino dalle ruota di legno) o al gioco furtivo delle carte di formato piccolo. Le ragazze praticavano il gioco della "campana" e della palla al muro.

Quelle più grandi ed emancipate dovevano attendere la domenica o qualche altra festa per fare sfoggio dei loro vestiti e mostrare la loro bellezza lungo le brevi strade del paese o nella Chiesa. Gli anziani, invece, a sera, si ritrovavano nelle sparute bettole della zona. Lì essi discutevano sui problemi delle varie colture, con scambi di idee e consigli mentre, seduti a tavolino, in quattro, si accanivano a lunghe giocate a carte, specialmente al "tresette" o alla "briscola" tutto accompagnato dal piacere di un bel litro di vino, servito di partita in partita. Alle ore 23 si chiudeva e tutti a letto!

Il periodo di attività lavorativa più intensa e febbrile nella masseria è relativo al tempo della mietitura e della trebbiatura.

 

 

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