Vivere per sempre: dove?
In cielo o sulla terra?


«Dov'è che normalmente gli uomini vorrebbero vivere per sempre? Dove sono abituati a vivere, qui sulla terra. L'uomo fu fatto per la terra e la terra per l'uomo. (Genesi 2:8, 9, 15) La Bibbia dice: "[Dio] ha fondato la terra sui suoi luoghi stabiliti; non sarà fatta vacillare a tempo indefinito, o per sempre". (Salmo 104:5) Poiché la terra è stata fatta per durare per sempre, anche l'uomo dovrebbe vivere per sempre. Un Dio di amore non avrebbe certo creato gli uomini col desiderio di vivere per sempre senza dar loro la possibilità di soddisfare questo desiderio! - 1 Giovanni 4:8; Salmo 133:3». «Gli editori di questo libro sperano che anche voi possiate essere fra coloro dei quali la Bibbia dice: "I giusti stessi possederanno la terra, e risiederanno su di essa per sempre". - Salmo 37:29» - Citazioni dal libro Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca, pagine 1 e 9, ed. Watch Tower Society, 1990.


I Testimoni di Geova insegnano che Dio offre al genere umano due speranze di salvezza: la prima riguarderebbe una classe limitata di persone che dovranno andare in cielo, il cui numero sarebbe stato stato fissato da Dio. Si tratterebbe dei "144.000 eletti" di cui parla il libro dell'Apocalisse (si veda questa pagina). Al resto dei "salvati" - la stragrande maggioranza dell'umanità -, come si legge nelle citazioni su riportate, sarebbe offerta la prospettiva di vivere per sempre sulla terra che diventerebbe un paradiso, come l'Eden.

In questa pagina analizzeremo alcuni passi biblici che i TdG generalmente citano per 'dimostrare' questa loro particolare veduta della salvezza. Prima di iniziare questa analisi, vogliamo innanzitutto porre questa premessa: i TdG seguono una lettura della Bibbia di genere fondamentalista. Essi cadono da sempre nell'assurdo di voler interpretare la Bibbia in modo letterale, tenendo in poco conto il linguaggio del tempo, fatto di molte immagini e riferimenti simbolici, e quindi radicalmente diverso dal nostro occidentale e moderno. E non tengono conto di un fatto essenziale in ogni esegesi biblica che è quello che ogni testo va interpretato nel contesto dello scritto e non dei singoli versetti staccati uno dall'altro. Come non tengono conto dei generi letterari, messi in luce soprattutto dai numerosi studiosi che hanno sviscerato i testi sacri, confrontando fra loro i vari codici e rilevandone identità, somiglianze o differenze, per cui se un libro è sotto il nome di un profeta, non vuol dire con ciò che l'abbia scritto lui, o almeno non soltanto lui. Certi libri, come ad esempio, quello di Isaia, contengono delle parti scritte sicuramente da altri e in epoca posteriore. Soprattutto questo per i libri più antichi. Tutto questo ed altro risulta da studi seri e non da interpretazioni semplicistiche tipiche appunto dei TdG. 

Dopo tale precisazione, analizziamo alcuni passi biblici che i TdG accostano fra di loro in una sorta di collage che dovrebbe supportare biblicamente le loro tesi. Useremo nel rispondere il loro stesso modo di argomentare, leggendo la Bibbia secondo lo stesso punto di vista letterale. Iniziamo da queste affermazioni della Watch Tower Society (WTS):

«Dov'è che normalmente gli uomini vorrebbero vivere per sempre? Dove sono abituati a vivere, qui sulla terra. L'uomo fu fatto per la terra e la terra per l'uomo. (Genesi 2:8, 9, 15) La Bibbia dice: "[Dio] ha fondato la terra sui suoi luoghi stabiliti; non sarà fatta vacillare a tempo indefinito, o per sempre". (Salmo 104:5) Poiché la terra è stata fatta per durare per sempre, anche l'uomo dovrebbe vivere per sempre. Un Dio di amore non avrebbe certo creato gli uomini col desiderio di vivere per sempre senza dar loro la possibilità di soddisfare questo desiderio! - 1 Giovanni 4:8; Salmo 133:3».

È vero che l'uomo è stato creato sulla terra. Ma dove si legge nella Bibbia che Adamo ed Eva avrebbero dovuto vivere per sempre sulla terra? È vero che la morte è subentrata per via del peccato, ma nulla impedisce di credere che, dopo un periodo indeterminato di vita terrena, Dio avrebbe potuto condurre queste creature alla Sua presenza. Come dice Paolo, "non tutti moriranno, ma tutti saranno trasformati" (1 Cor. 15:51). Questo sarebbe potuto avvenire anche con gli uomini fedeli. Non avrebbero "gustato la morte" ma sarebbero stati "trasferiti" alla presenza di Dio (cfr. Gen. 5:24): quale gioia più grande ed eccelsa per una creatura sarebbe, infatti, quella di trovarsi alla presenza del suo Creatore? Non ci sono "terre paradisiache" che possano uguagliare un simile privilegio ed onore. 

Ecco uno dei passi più citati dai Testimoni, secondo i quali qui si parlerebbe di vita eterna sulla terra:

«E ancora un poco, e il malvagio non sarà più; E certamente presterai attenzione al suo luogo, ed egli non sarà. Ma i mansueti stessi possederanno la terra, E in realtà proveranno squisito diletto nell'abbondanza della pace... i giusti stessi possederanno la terra e risiederanno su di essa per sempre»  (Salmo 37:10,11, 29).

Il Salmo 37 venne scritto da Davide e si riferisce, nella sua applicazione originale, a quello che sarebbe accaduto agli abitanti della terra di Israele. Quando si parla di "possedere la terra" ci si riferisce quindi alla "terra promessa", al paese in cui vivevano gli Ebrei. Anche la WTS ha dato questa spiegazione:

«"Poiché i malfattori stessi saranno stroncati, ma quelli che sperano in Geova sono coloro che possederanno la terra". - Sal. 37:7-9. Cosa vuole dirci il salmista? ... Nel caso degli israeliti, ai quali in origine erano dirette le parole del salmista, rimanere nella Terra Promessa e godere una lunga vita dipendeva dalla loro ubbidienza a Dio. Una persistente condotta illegale, d'altra parte, avrebbe avuto come risultato il ritiro della benedizione e della protezione di Dio. Spesso questo significava la morte per mano di nazioni nemiche o per la carestia e le malattie» - La Torre di Guardia del 15/10/79, p.23, sottolineatura mia.

Anche la Società riconosce quindi che il salmista stava solo parlando di lunga vita e di risiedere nella terra promessa. Non c'è nessun riferimento in questo brano ad una vita eterna sulla "terra", intesa come pianeta. Il messaggio che viene trasmesso nel Salmo è che i fedeli israeliti dovevano avere fiducia che i malfattori non avrebbero prevalso su di loro e non sarebbero riusciti a toglierli, violentemente e prematuramente, dal paese in cui Dio li aveva stabiliti. A differenza dei malvagi, che sarebbero stati stroncati, i giusti "risiederanno sulla terra (= terra promessa) per sempre" (= per tutta la durata della loro vita).

Gesù si riferì a questo passo in Mt 5:5, ampliandone notevolmente il significato. Dio soccorre i miti ed i mansueti che potranno continuare a dimorare in sicurezza. Gesù non dice che i mansueti dovranno vivere per sempre sulla terra, non dice che questa sia la speranza offerta alla stragrande maggioranza dei salvati.
Nell'immediato contesto (vv. 1-3, 6-11) il Signore parla chiaramente della speranza cristiana di salvezza riservata ai fedeli:

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli....
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

È chiaro che l'allusione al Salmo 37 fatta da Gesù nelle beatitudini deve essere intesa nel contesto generale del suo messaggio nel quale ai fedeli è offerta la speranza di condividere con Lui il "regno dei cieli".
Anche l'apostolo Paolo completa il pensiero del salmista, affermando che ai giusti perseguitati, ai miti d'Israele, sarà data una patria celeste (Ebrei 11,13-16). Non c'è un singolo versetto in tutta la Bibbia in cui si parli di una vita eterna sulla terra. Tutti i passi che la Società cita nelle sue pubblicazioni non autorizzano le conclusioni dogmatiche - e contrastanti con altre scritture - a cui sono pervenuti i TdG.

Analizziamo ora un altro dei passi spesso citati dai Testimoni (queste citazioni sono tratte dalla Traduzione del Nuovo Mondo, la versione dei TdG):

«Egli effettivamente inghiottirà la morte per sempre, e il Sovrano Signore Geova certamente asciugherà le lacrime da ogni faccia. E toglierà il biasimo del suo popolo da tutta la terra, poiché Geova stesso ha parlato». (Isaia 25:8).

Innanzi tutto, anche qui, se vogliamo essere precisi, il versetto non dice che sarà la morte ad essere tolta dalla terra, ma che sarà il biasimo del popolo ad essere cancellato; non si dovrebbe quindi andare oltre ciò che è scritto. Anche qui, come si può parlare di vita eterna sulla terra quando la Scrittura non si esprime in questi termini? C'è sì una promessa ma è lasciata in una deliberata vaghezza di contenuti, non è definita nei particolari, proprio perché non era ancora il tempo di parlare della speranza di vita eterna nei cieli.

Come si aspettavano gli ebrei che si sarebbe adempiuta la promessa riportata in questo passo? Secondo le loro massime aspirazioni, la venuta del Messia avrebbe portato Israele a trionfare sul mondo e ad instaurare un regno terreno, sostanzialmente simile a quello di Davide o Salomone, la cui estensione sarebbe stata mondiale e non avrebbe mai avuto fine. Ma in nessun passo biblico si afferma - in maniera esplicita ed inequivocabile, cosi come si legge, per esempio, nelle pubblicazioni dei TdG - che sotto tale regno terreno i sudditi sarebbero vissuti in eterno sulla terra. Infatti, proprio a causa di questa vaghezza, secoli dopo, al tempo di Cristo, gli ebrei erano ancora divisi in correnti contrastanti anche su ciò che concerne la vita eterna, la resurrezione, l'immortalità dell'anima, la punizione nell'Ades, ecc.

Consideriamo inoltre il contesto delle parole di Isaia: è chiaro che il profeta si riferiva innanzi tutto alla fine della morte e delle sofferenze causate dai nemici di Israele. È quindi la morte prematura che avrebbe dovuto cessare per sempre. È lo stesso discorso che viene fatto anche qualche capitolo dopo nel libro di Isaia:

«Poiché, ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra; e le cose precedenti non saranno ricordate, né saliranno in cuore. Ma esultate e gioite per sempre di ciò che io creo. Poiché, ecco, io creo Gerusalemme causa di gioia e il suo popolo causa d'esultanza. E certamente sarò gioioso in Gerusalemme ed esulterò del mio popolo; e non si udrà più in essa suono di pianto né suono di grido di lamento» (Isaia 65:17-19).

Si parla quindi di pianti e lamenti causati dalla morte prematura, ed è questa che Dio promette di eliminare per sempre. Che si parli di morte prematura è indicato anche nei successivi versetti:

«Non ci sarà più da quel luogo lattante di pochi giorni, né vecchio che non compia i suoi giorni; poiché uno morirà come semplice ragazzo, benché all'età di cent'anni; e in quanto al peccatore, benché all'età di cent'anni il male sarà invocato su di lui».

Altre traduzione rendono questi passi in maniera più chiara:

«Non ci sarà più, in avvenire, bimbo nato per pochi giorni, né vecchio che non compia il numero dei suoi anni; chi morirà a cent'anni morirà giovane e il peccatore sarà colpito dalla maledizione a cent'anni» (Riveduta). «Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni, né un vecchio che dei suoi giorni non giunga alla pienezza; poiché il più giovane morirà a cento anni e chi non raggiunge i cento anni sarà considerato maledetto» (CEI).

Quindi la morte e la vecchiaia sarebbero esistite anche in questa nuova società. Perché non si legge "non invecchieranno più e non moriranno più", se questo fosse ciò che il profeta intendeva dire? 

Ricordiamo sempre che Isaia stava predicendo innanzi tutto quello che sarebbe avvenuto ad Israele, al suo ritorno dall'esilio babilonese, e, secondariamente, ciò che sarebbe avvenuto al tempo del Messia, secondo la limitata e parziale conoscenza ebraica delle promesse divine. Un particolare da tenere sempre presente, infatti, quando leggiamo brani del VT è che molte profezie del Vecchio Testamento spesso si adempiono in tre stadi:

  • un adempimento storico immediato (non c'è più la morte fisica a causa dei nemici di Israele);

  • un adempimento messianico con Cristo (non c'è più la morte del peccato);

  • un adempimento escatologico alla fine dei tempi (non c'è più la morte in tutti i sensi).

Come si realizzerà allora la profezia di Isaia, letta in chiave cristiana? Paolo si riferisce a questo versetto allorché dice: «Quando poi questo corruttibile avrà rivestito incorruttibilità e questo mortale avrà rivestito immortalità, allora sarà adempiuta la parola che è scritta: "La morte è stata sommersa nella vittoria"» (1Cor. 15:54). Se si legge interamente il cap. 15 di 1 Corinti, si può notare come non vi sia nessun riferimento ad un adempimento terreno di queste parole di Isaia a cui Paolo allude (ritorneremo più avanti su questo brano di Isaia)

Ecco un altro passo frequentemente citato dai TdG:

«E in effetti il lupo risiederà temporaneamente con l'agnello, e il leopardo stesso giacerà col capretto, e il vitello e il giovane leone fornito di criniera e l'animale ingrassato tutti insieme; e un semplice ragazzino li condurrà. E la vacca e l'orso stessi pasceranno; i loro piccoli giaceranno insieme. E perfino il leone mangerà la paglia proprio come il toro. E il lattante certamente giocherà sulla buca del cobra; e un bambino svezzato effettivamente metterà la sua propria mano sull'apertura per la luce di una serpe velenosa. Non faranno danno né causeranno rovina in tutto il mio monte santo; perché la terra sarà certamente piena della conoscenza di Geova come le acque coprono il medesimo mare» (Isaia 11:6-9). 

Anche questa profezia si è adempiuta inizialmente quando gli ebrei tornarono dall'esilio. Non ci fu, in quel caso, nessun adempimento letterale. La "terra" era il "paese" di Israele (si vedano su ciò le note in calce nella TNM). Vi fu un adempimento in senso spirituale, allegorico, che non comportò nessuna trasformazione letterale della natura animale. Un ulteriore adempimento, in proporzioni maggiori, deve essere inteso alla luce delle rivelazioni neotestamentarie e del messaggio di Cristo; non c'è alcun bisogno di interpretare alla lettera queste parole, dato che un adempimento letterale non è assolutamente implicito in questa profezia. Per quanto riguarda poi la "conoscenza di Geova", la diffusione del Vangelo a tutte le genti, a partire dalle origini della Chiesa, ne costituisce certamente un adempimento. 

Fra l'altro si parla in questi versetti del "monte santo" di Dio. Il "monte santo" è senza alcun dubbio il monte Sion, dove anticamente sorgeva il tempio e attorno al quale si trovava la città di Gerusalemme (cfr. Isaia 2:3). Secondo la stessa Società, il "monte Sion antitipico" è in cielo. Quindi, se vogliamo essere coerenti, anche questa profezia dovrebbe adempiersi in cielo. Oppure vi sono diversi "monti Sion", a seconda delle circostanze o degli "intendimenti" della Torre di Guardia? 

Ecco alcuni passi in cui si parla del "monte Sion" in chiave cristiana:

"Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all'adunanza festosa e all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione" (Ebrei 12:22).
"Poi guardai ed ecco l'Agnello ritto sul monte Sion e insieme centoquarantaquattromila persone che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo" (Ap. 14:1).
"L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio!" (Ap. 21:10).

Benché sia chiaro ed evidente che il "monte" di cui parla Isaia è il "monte Sion" menzionato nelle scritture cristiane con un chiarissimo significato celeste, la TNM, nei suoi riferimenti, non rimanda a questi passi. Perché, per esempio, non c'è un riferimento a Salmi 2:6: «... ho stabilito il mio re sopra Sion, il mio monte santo»? Oppure ad Abdia 21: «I salvati saliranno sul monte Sion . Allora il regno sarà del SIGNORE» e a molti altri passi simili?

Altra profezia interpretata dai TdG in chiave terrena:

«In quel tempo gli occhi dei ciechi saranno aperti, e i medesimi orecchi dei sordi saranno sturati. 6 In quel tempo lo zoppo salterà proprio come fa il cervo, e la lingua del muto griderà di gioia. Poiché nel deserto saranno sgorgate le acque, e torrenti nella pianura desertica» (Isaia 35:5,6).

Anche questa profezia ha avuto un adempimento quando gli ebrei tornarono dall'esilio. Ecco come la stessa WTS spiega questa scrittura:

«Quando il completamento del tempio cominciò a essere ostacolato da tendenze materialistiche e dal timore dell'uomo, Geova impartì una riprensione al popolo mediante i suoi profeti, e il popolo la prese a cuore. (Aggeo 1:2, 7, 8, 12; 2:4, 5) In seguito, quando fu evidenziata la gravità della mancata adesione alle esigenze della Legge a proposito del matrimonio, il popolo corresse il suo modo d'agire. (Esdra 10:10-12) Anziché avere, simbolicamente parlando, occhi che non vedevano e orecchi che erano sordi alla parola di Dio, beneficiarono di una guarigione spirituale e usarono le loro facoltà in armonia con la volontà di Geova. (Confronta Isaia 6:9, 10 con Isaia 35:5, 6). Di conseguenza Dio li fece prosperare secondo le promesse riportate in Isaia 65:20-25» (Sopravvivere, pag.107).

Anche qui non vi fu in quel tempo nessun adempimento letterale. Attribuire a questi passi il significato datogli dai TdG significa quindi andare oltre ciò che è scritto. Un ulteriore adempimento di questa profezia deve essere compreso leggendo quello che insegnano le Scritture nel loro insieme, specialmente il NT con le sue promesse di vita eterna nei cieli.

Esaminiamo di nuovo il passo di Isaia cap.65:

«Poiché, ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra; e le cose precedenti non saranno ricordate, né saliranno in cuore. Ma esultate e gioite per sempre di ciò che io creo. Poiché, ecco, io creo Gerusalemme causa di gioia e il suo popolo causa d'esultanza. E certamente sarò gioioso in Gerusalemme ed esulterò del mio popolo; e non si udrà più in essa suono di pianto né suono di grido di lamento". "Non ci sarà più da quel luogo lattante di pochi giorni, né vecchio che non compia i suoi giorni; poiché uno morirà come semplice ragazzo, benché all'età di cent'anni; e in quanto al peccatore, benché all'età di cent'anni il male sarà invocato su di lui. E certamente edificheranno case e [le] occuperanno; e certamente pianteranno vigne e [ne] mangeranno il frutto. Non edificheranno e qualcun altro occuperà; non pianteranno e qualcun altro mangerà. Poiché come i giorni dell'albero saranno i giorni del mio popolo; e i miei eletti useranno appieno l'opera delle loro proprie mani. Non faticheranno per nulla, né genereranno per il turbamento; perché sono la progenie composta dei benedetti di Geova, e con essi i loro discendenti. E realmente avverrà che prima che chiamino io stesso risponderò; mentre parleranno ancora, io stesso udrò. "Il lupo e l'agnello stessi pasceranno insieme, e il leone mangerà la paglia proprio come il toro; e in quanto al serpente, il suo cibo sarà la polvere. Non faranno danno né causeranno rovina in tutto il mio monte santo", ha detto Geova» (Isaia 65:17-25).

Come dicevamo, questa profezia si è adempiuta nel passato, e parzialmente anche in senso terreno (al ritorno dall'esilio), ma prima di tutto in senso spirituale. In questi versetti comunque si parla di vita longeva, non di vita eterna sulla terra:

"Costruiranno case e le abiteranno pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto. Non costruiranno più perché un altro vi abiti, non pianteranno più perché un altro mangi; poiché i giorni del mio popolo saranno come i giorni degli alberi e i miei eletti godranno a lungo dell'opera delle loro mani" (Nuova Riveduta).

Si parla di vita lunga ("godranno a lungo... come gli alberi..."), non di vita eterna. La TNM rende "godranno appieno": perché non si legge "per sempre"? Quale occasione migliore di questa per dire "i miei eletti non moriranno mai, essi vivranno per sempre sulla terra"? Eppure il profeta non dice questo, sono i TdG ad affermarlo, non la Bibbia.

[Commento fra parentesi anche questo passo: «Il lupo e l'agnello pascoleranno insieme, il leone mangerà la paglia come il bue ed il serpente si nutrirà di polvere» È chiarissimo il significato figurativo e simbolico: i serpenti non si nutriranno certo di polvere!].


Si noti che la Scrittura dice che è sul "monte santo" che la profezia si realizzerà. Come dicevo sopra, il "monte santo", secondo altri passi, e secondo gli stessi TdG, è il "monte Sion" simbolico, che si trova in cielo. Zaccaria 8:3: «Così parla il SIGNORE: "Io torno a Sion e abiterò in mezzo a Gerusalemme; Gerusalemme si chiamerà la Città della fedeltà, il monte del SIGNORE degli eserciti, Monte santo"» (NR)

Un altro passo comunemente usato dai TdG per 'dimostrare' che il regno di Dio avrà una dimensione terrena è Daniele 2:44:

"E ai giorni di quei re l'Iddio del cielo stabilirà un regno che non sarà mai ridotto in rovina. E il regno stesso non passerà ad alcun altro popolo. Esso stritolerà tutti questi regni e porrà loro fine, ed esso stesso sussisterà a tempi indefiniti"

I TdG sostengono che la promessa di sostituire i governi umano con il Regno di Dio non possa che riferirsi alla terra. Non c'è comunque alcun bisogno di ricorrere a simili forzature interpretative. Il regno di Dio, secondo l'autore di queste parole, doveva essere il popolo di Israele che avrebbe dovuto dominare sopra gli altri regni. Si noti che il libro di Daniele venne scritto nel II sec. a. C. per incoraggiare gli ebrei perseguitati ed oppressi da Antioco IV. Si tratta quindi di uno scritto "pseudo epigrafo"[nota]. La profezia prediceva la caduta di tutti gli oppressori e il trionfo del regno di Israele. Ma è chiaro che queste aspettative nazionalistiche e terrene di Israele sono state ampliate e completamente reinterpretate dal messaggio di Cristo. Il vero regno di Dio non è di questo mondo, contrariamente a quanto credettero inizialmente anche gli stessi Apostoli, prima di essere illuminati dallo Spirito Santo (Atti 1:6). Daniele, profeta degli avvenimenti futuri, presenta il futuro Regno di Cristo, attraverso una figurazione della "pietra scartata" dai costruttori. Infatti chi seguirà Cristo avrà la certezza di non crollare mai, perché il suo Regno è indistruttibile. Un regno che non ha eserciti, non ha terreni, non ha case, non ha trionfi, ma ha il cuore degli uomini. Chi seguirà Cristo diverrà parte del nuovo popolo regale (1Pietro 2,9-10). Il Regno che sorgerà non è frutto di bravura umana. Questo Regno sarà  aperto ai bambini (Matteo 19, 13-14), ai peccatori e a tutti coloro che crederanno in Lui (Matteo 21, 31-32).

Altra scrittura usata dai TdG:

«Tuttavia il giorno di Geova verrà come un ladro, in cui i cieli passeranno con rumore sibilante, ma gli elementi, essendo intensamente caldi, saranno dissolti, e la terra e le opere che sono in essa saranno scoperte. Giacché tutte queste cose devono quindi essere dissolte, quale sorta di persone dovete essere voi in santi atti di condotta e opere di santa devozione, aspettando e tenendo bene inmente la presenza del giorno di Geova, mediante cui [i] cieli essendo infuocati saranno dissolti e [gli] elementi essendo intensamente caldi si fonderanno! Ma secondo la sua promessa noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra, e in questi dimorerà la giustizia. Quindi, diletti, giacché aspettate queste cose, fate tutto il possibile per essere infine trovati da lui immacolati e senza difetto e in pace» (2 Pietro 3:1-14).

Si noti innanzi tutto che qui si legge che cieli e terra si fonderanno e scompariranno. Non si dice che il nostro pianeta - gli attuali "cieli e terra" - dovrà continuare ad essere la dimora eterna di persone che vivranno per sempre in un corpo fisico. La Bibbia, qui e in altri passi, dice chiaramente che il cielo e la terra - questo attuale mondo - finiranno:

"E ancora: Tu, Signore, da principio hai fondato la terra e opera delle tue mani sono i cieli. Essi periranno, ma tu rimani; invecchieranno tutti come un vestito. Come un mantello li avvolgerai, come un abito e saranno cambiati; ma tu rimani lo stesso, e gli anni tuoi non avranno fine" (Ebrei 1:10-12). "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno" (Matteo 24:35).

Le traduzioni in genere rendono il passo di 2 Pietro 3:10 "la terra e le opere che sono in essa saranno arse (o bruciate, distrutte)". La TNM traduce "saranno scoperte". Trascrivo su questo parte di una nota trovata in rete (link):

Le opere sono principalmente quelle che sono il risultato del genio e del lavoro dell'uomo sulla terra. Una variante contenuta nei Codici Sinaitico, Vaticano 1209 e altri, accettata da Nestle, reca, invece del sarà arsa (katakahsetai), sarà trovata (eureqhsetai) che non risulta molto chiara ed è stata perciò corretta dalla vers. siriaca coll'aggiunta di un 'non sarà trovata.' Nel codice C si ha spariranno. Come abbia potuto originare la strana lezione del Sinaitico e del Vat. è difficile supporre. Il caso presente, insieme a parecchi altri, non solo in questa epistola, ma in altri scritti del N. Test., dimostra come battano falsa strada i critici che si rendon schiavi di un qualche gruppo di manoscritti anche quando il senso di un passo risulta assurdo o contrario a quello che l'autore manifestamente intende di esprimere.

Comunque si traduca, anche accettando la lettura "saranno scoperte", il contesto immediato fa capire che "cielo e terra" dovranno dissolversi e scomparire. Gli elementi di questa realtà fisica, alla quale ora apparteniamo, saranno quindi "scoperti" (o trovati, o smascherati), rivelandosi distruttibili e non eterni, come qualcuno vorrebbe sostenere o credere. I "nuovi cieli e la nuova terra" sono quindi da intendere, in tutti i sensi, come una nuova creazione. I passi di Eccl. 1:4; Salmo 104:5, in cui si parla dell'immutabilità della terra non sono da intendere necessariamente in senso assoluto. In Ecclesiate si vuole mette in risalto la fugacità della vita umana in contrasto con il permanere stabile ed apparentemente immutabile del mondo terracqueo. Nel Salmo si dichiara che la creazione di Dio, in contrasto con le effimere opere umane, è solidamente stabilita e - se questa fosse la volontà del Creatore - potrebbe durare in eterno.

Commentiamo ora queste parole di Pietro:

«Ma secondo la sua promessa noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra, e in questi dimorerà la giustizia. Quindi, diletti, giacché aspettate queste cose, fate tutto il possibile per essere infine trovati da lui immacolati e senza difetto e in pace».

Gesù e gli apostoli si servono delle stesse immagini presenti nella Scrittura (in questo caso il passo di Isaia 65:17, esaminato in precedenza) reinterpetandole in una chiave assolutamente nuova, e questo è chiarissimo in tutto il NT. Gesù ha offerto un'unica speranza di vita eterna e non ha diviso le sue pecore in due classi, con due speranze diverse: le "altre pecore" di Giov. 10:16 - che secondo i TdG sarebbero coloro che dovrebbero vivere sulla terra - sono semplicemente i cristiani di origine gentile che si sono uniti ai credenti di origine ebraica. Questo è indicato anche da altri passi biblici; per esempio Romani 1:16:«Poiché io non mi vergogno del Vangelo, perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del giudeo prima e poi del greco [le nazioni "gentili"]» Che la speranza offerta sia unica lo indica lo stesso versetto 16 di Giovanni 10: "Diverranno un solo gregge e un solo pastore".

Altro passo citato spessissimo dai TdG:

«E vidi un nuovo cielo e una nuova terra; poiché il precedente cielo e la precedente terra erano passati, e il mare non è più. E vidi la città santa, la Nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, e preparata come una sposa adorna per il suo marito. Allora udii un'alta voce dal trono dire: "Ecco, la tenda di Dio è col genere umano ed egli risiederà con loro, ed essi saranno suoi popoli. E Dio stesso sarà con loro. Ed egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e la morte non ci sarà più, né ci sarà più cordoglio né grido né dolore. Le cose precedenti sono passate"» (Rivelazione 21:1-4).

Si noti innanzitutto che si dice che terra, cielo, mare, tutti gli elementi che compongono l'attuale realtà fisica dovranno "passare", scomparire. Si parla quindi di "nuovi cieli e nuova terra", nel senso di una realtà completamente rinnovata, di una nuova creazione, nella quale le "cose precedenti" non ci saranno più. Come si può pensare quindi che in questa nuova realtà vi saranno ancora corpi fisici come quelli che possediamo ora? Questa "nuova terra" potrebbe benissimo riferirsi ad una realtà spirituale, dove i salvati potranno vivere nei loro corpi glorificati. Potrebbe essere anche una riproduzione dell'attuale mondo fisico, ma senza che coloro che vi vivranno abbiano i limiti della realtà fisica attuale. Per esempio, potrebbero vedere Dio faccia a faccia ed essere partecipi della "natura divina", privilegio che i TdG riservano invece - assurdamente - solo ai "144.000": una distinzione nella salvezza che, oltre a non essere sostenuta dalla Bibbia, risulta essere fondamentalmente ingiusta. Che cosa hanno fatto di speciale, infatti, questi "eletti" per godere di un privilegio assolutamente incommensurabile rispetto a qualsiasi speranza di vita in un paradiso terreno? La Torre di Guardia dice che ogni persona che vuole avere la salvezza, indipendentemente dalla speranza (terrena o celeste) ha esattamente gli stessi doveri e responsabilità: risulta quindi davvero assurda questa disparità nella "ricompensa".

La scrittura di Rivelazione 21, comunque, letta così come è scritta - cosa che i TdG fanno in maniera altalenante, a seconda di quanto loro conviene -, dice che la Nuova Gerusalemme "scenderà dal cielo" sulla terra. Se prendiamo alla lettera queste parole (secondo gli intendimenti dei TdG) dobbiamo concludere che i 144.000 + Gesù (che costituirebbero questa "Nuova Gerusalemme") scenderanno dal cielo e verranno sulla terra. Questo non sarebbe affatto strano: nel passato, infatti, angeli materializzati e lo stesso Logos o Figlio Unigenito vennero sulla terra in forma umana. Eppure la WTS si affanna a spiegare che ciò non potrà mai accadere:

«Rivelazione 21:2, 3 ...: "Vidi la città santa, la Nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, e preparata come una sposa adorna per il suo marito. Allora udii un'alta voce dal trono dire: 'Ecco, la tenda di Dio è col genere umano ed egli risiederà con loro, ed essi saranno suoi popoli. E Dio stesso sarà con loro'". (Il fatto che Dio 'risieda' col genere umano e 'sia con loro' significa forse che egli diverrà un Essere di carne ed ossa? Non è possibile, perché Geova disse a Mosè: "Nessun uomo può vedermi e vivere". [Eso. 33:20] Allo stesso modo, quindi, i componenti della Nuova Gerusalemme non torneranno sulla terra come esseri materiali. In che senso, dunque, Dio potrebbe 'essere col genere umano' e in che modo la Nuova Gerusalemme potrebbe "scendere dal cielo"? Un'indicazione ci è senz'altro data da Genesi 21:1, dov'è detto che Dio "visitò" Sara, benedicendola con un figlio nella vecchiaia di lei. Esodo 4:31 dice che Dio aveva "visitato" il suo popolo. In Luca 7:16 si afferma che, per mezzo del ministero di Gesù, Dio 'visitò' il suo popolo. [Citazioni da CEI e VR] Altre versioni traducono: 'Dio ha rivolto la sua attenzione' al suo popolo [NM] o 'si è interessato' di loro. [NE] Perciò Rivelazione 21:2, 3 deve voler dire che Dio 'visiterà' il genere umano o sarà con esso tramite la celeste Nuova Gerusalemme, mediante la quale gli esseri umani ubbidienti saranno benedetti)» (Libro Ragioniamo, p. 387, sottolineatura mia).

Come si nota i TdG sono letterali solo quando fa comodo. Interessante anche l'uso del condizionale: potrebbe...deve voler dire... E perché il passo dovrebbe essere inteso in questo modo? Perché si deve intendere alla lettera solo una parte di questa visione è ritenerne simbolica un'altra? Queste parole si potrebbero anche comprendere così: Giovanni si ricollega alla speranza giudaica che sperava nel trionfo di Israele (e di Gerusalemme) sul mondo, per parlare di una Nuova Gerusalemme (quella terrena era scomparsa nel 70) che sarebbe però stata una "città" celeste. Le benedizioni di questo "Regno" sarebbero state del tutto diverse dalle aspettative umane e giudaiche. "Il genere umano" sarebbe stato benedetto tramite questa realtà ultraterrena, celeste e non fisica. 

Personalmente poi - questa è solo una mia opinione - troverei molto interessante se, alla fine dei tempi, Dio concedesse ai salvati di poter vivere anche in una realtà fisica, con dei corpi glorificati che potrebbero anche materializzarsi. Ma questa possibilità non potrebbe mai cancellare la speranza principale che le Scritture offrono ai credenti, cioè quella di 'essere simili a Lui e di vederlo come Egli è' (1 Giov. 3:1,2). 

Altro brano usato dai TdG per "dimostrare" che la resurrezione sarà terrena e fisica.

«Quel giorno gli si accostarono i sadducei, i quali dicono che non c'è risurrezione, e gli chiesero: "Maestro, Mosè disse: 'Se un uomo muore senza aver figli, suo fratello ne deve sposare la moglie e suscitare una progenie al suo fratello'. Ora c'erano fra noi sette fratelli; e il primo si sposò e decedette, e, non avendo progenie, lasciò la moglie a suo fratello. Accadde la stessa cosa anche al secondo e al terzo, finché l'ebbero tutt'e sette. Ultima di tutti, morì la donna. Nella risurrezione, dunque, di quale dei sette sarà moglie? Poiché l'ebbero tutti"» (Matteo 22:22-28).

I TdG argomentano: "A quale risurrezione credevano gli ebrei dei giorni di Gesù? Alla sola che conoscessero: quella sulla terra". Questa è una conclusione chiaramente erronea. Gli ebrei appartenenti alla setta dei sadducei, infatti, non credevano nella resurrezione, e Gesù quindi non parla certo dal loro punto di vista, dato che essi non ne avevano nessuno. I seguaci della setta ebraica dei farisei invece credevano nell'immortalità dell'anima, nell'esistenza degli angeli e degli spiriti: «I sadducei infatti affermano che non c'è risurrezione, né angeli, né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose. Ne nacque allora un grande clamore e alcuni scribi del partito dei farisei, alzatisi in piedi, protestavano dicendo: "Non troviamo nulla di male in quest'uomo. E se uno spirito o un angelo gli avesse parlato davvero?"» (Atti 23:7-10). Che cos'erano questi spiriti distinti dagli angeli? Non certamente i demoni, i quali sono sempre angeli, per quanto decaduti. È evidente che il passo si riferisce alle "anime" che sopravvivevano, secondo questi ebrei, alla morte: «[I farisei] credono che le anime abbiano il potere di sopravvivere alla morte e che sottoterra ci saranno premi o punizioni per quelle che hanno vissuto vita virtuosa o viziosa: prigionia eterna è la sorte delle anime malvage, mentre le anime buone passeranno facilmente a nuova vita". (Antichità giudaiche, XVIII, 14 [i, 3]) Secondo loro "l'anima è immortale, ma soltanto quella dei buoni passa in un altro corpo, mentre le anime dei malvagi sono punite con un castigo senza fine"» (Perspicacia, p.899). Pretendere che gli ebrei avessero quindi solo un'opinione in merito alla resurrezione significa ignorare la scrittura e la storia.

E la risposta di Gesù introduce nuovi elementi che i Sadducei non conoscevano: i risuscitati saranno come gli angeli. La loro natura sarà diversa da quella attuale. Che passo scomodo per i TdG! infatti non riescono a spiegarlo in maniera soddisfacente, bisognerà aspettare l'apertura dei "nuovi rotoli" (ma dove si parla poi nelle Bibbia di "nuovi" rotoli?). La spiegazione invece viene già data nella scrittura: i risorti rivestiranno un nuova natura (1Cor.15).

Un altro passo citato dai TdG:

«Chi è realmente lo schiavo fedele e discreto che il suo signore ha costituito sopra i propri domestici per dar loro il cibo a suo tempo? Felice quello schiavo se il suo signore, arrivando, lo troverà a fare così! Veramente vi dico: Lo costituirà sopra tutti i suoi averi"» (Matteo 24:45-47).

I TdG sostengono che "lo schiavo fedele e discreto" avrebbe dovuto distinguersi proprio nel cosiddetto "tempo della fine", periodo che, secondo la WTS, sarebbe iniziato nel 1914. "Gli averi" di questo "schiavo" sarebbero "gli interessi terreni del regno", che includerebbero, fra l'altro, l'aver cura delle "pecore" con la "speranza terrena". 

Innanzi tutto è chiaramente indicato nella Scrittura che "il tempo della fine" è iniziato alla Pentecoste e non nel 1914. Non c'è inoltre nessuna indicazione nella Scrittura che questo "schiavo" si sarebbe manifestato dopo 18 secoli. Si tratta, infatti, semplicemente di una delle tante parabole in cui si esortano i cristiani alla vigilanza. 

Chi è dunque "lo schiavo fedele e discreto" o il "servo fedele" di questa parabola?

In questa parabola, come in molte altre, Gesù ci chiama ripetutamente alla vigilanza che tutti i suoi discepoli devono avere, e della loro fedeltà al proprio dovere, nell'attesa della sua venuta per il giudizio finale. A tal fine, Gesù porta come esempio la vigilanza del padrone di casa per non essere colto all'improvviso dal ladro (cfr. Matteo 24:42-44; Luca 12:39-40), oppure quella dei servi o delle vergini che aspettano lo sposo (cf. Luca 12:35-38; Matteo 25:1-2); oppure quella dell'uomo che affida i suoi beni ai propri servi (Matteo 25: 14-30). Il "servo fedele ed accorto" sono tutti coloro - ogni discepolo di Cristo - che si preoccupano di fare il loro dovere nell'attesa del ritorno del loro padrone: fare il proprio dovere, qualunque esso sia. Nel testo parallelo di Luca (cf. Luca 12:41-48) la parabola è introdotta da una domanda di Pietro: «Disse allora Pietro: "Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?"» (Luca 12:41). La parabola, cui Pietro si riferisce, è quella del padre di famiglia che vigila contro un'eventuale ladro (cfr. Luca 12:39-40). Questa domanda introduce, o forse crea un passaggio, al brano seguente, cioè alla parabola del servo fedele ed accorto. In altre parole, la domanda di Pietro dà occasione a Gesù di precisare il suo pensiero nei termini seguenti: quello che costituisce un dovere per tutti (vigilanza e fedeltà), vale a maggior ragione, per chi nella comunità ha il peso della responsabilità.

Il servo fedele non è nessuna Classe privilegiata. A conferma di quanto detto, vale il fatto che "il servo fedele ed accorto" ha l'incarico di dare il cibo a suo tempo "ai servi suoi compagni" (greco conservi, Mt. 24: 49). Dunque egli non rappresenta una categoria a parte, ma uno dei tanti, uno di tutta la servitù, aventi tutti un unico Padrone (= il Signore Gesù). Che se poi si vuole vedere in questi suoi compagni la classe
dei 144.000, come erroneamente dicono i TdG, ne segue che il cibo a suo tempo va dato solo a loro, e non agli altri. Infatti è volontà del padrone che dia cibo e abbia rispetto per i suoi conservi. 

In Luca la parabola del "servo fedele ed accorto" si conclude con due versetti che ne fanno capire meglio il significato. Gesù insiste che il monito alla vigilanza e alla fedeltà è per tutti, sia per quelli che conoscono bene la volontà del padrone, ossia le guide della comunità, sia per quelli che non la conoscono, perché " a chi molto fu dato, molto sarà domandato" (Luca 12:48). Lo scopo dunque della parabola o delle parabole non è quello di indicare chi sia il Corpo Direttivo e tanto meno un numero di privilegiati ristretto a 144.000, né di un qualsiasi "piccolo gregge" a vantaggio di molti. Ma è quello di inculcare a tutti i credenti in Cristo il senso della vigilanza e della fedeltà al proprio dovere, qualunque esso sia, nell'attesa del ritorno del Signore. Il quale scruta i beni ed i cuori e retribuirà a ciascuno secondo le proprie opere (cfr. Apocalisse 2:23).

 

Conclusione

 

Che la speranza offerta ai cristiani sia quella di acquisire una natura superiore a quella umana, una natura spirituale, lo dicono numerosissimi passi. Se la speranza di vivere sulla terra per tutta l'eternità in un corpo fisico sostanzialmente identico a quello che gli uomini possiedono ora, fosse veramente insegnata nella Bibbia se ne dovrebbero trovare moltissime conferme - più di quelle in cui si parla di vita in cielo -: passi in cui lo si affermi con assoluta chiarezza, senza lasciare spazio ad altre interpretazioni. I seguenti passi, in cui si parla della speranza di andare in cielo, che viene offerta ai cristiani, sono, infatti, chiarissimi: 

Mt 13:43 "Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!

Rm 6:8 "Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui".

1Pt 1:3-4 "Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella  sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione  di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che  non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata  nei cieli per voi".

Eb 12:22-23 "Voi vi siete invece accostati al monte di  Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi  di angeli, all'adunanza festosa e all'assemblea dei primogeniti  iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione".

Fil 3:20 "La nostra patria invece è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose.

2Cor 5:1-8 "Sappiamo infatti che quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un'abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli. Perciò sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo celeste: a condizione però di esser trovati già vestiti, non nudi. In realtà quanti siamo in questo corpo, sospiriamo come sotto un peso, non volendo venire spogliati ma sopravvestiti, perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. È Dio che ci ha fatti per questo e ci ha dato la caparra dello Spirito. Così, dunque, siamo sempre pieni di fiducia e sapendo che finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, camminiamo nella fede e non ancora in visione. Siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore".

Col. 1:3-5 "Noi rendiamo continuamente grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, nelle nostre preghiere per voi, per le notizie ricevute della vostra fede in Cristo Gesù, e della carità che avete verso tutti i santi, in vista della speranza che vi attende nei cieli. Di questa speranza voi avete già udito l'annunzio dalla parola di verità del vangelo che è giunto a voi, come pure in tutto il mondo fruttifica e si sviluppa; così anche fra voi dal giorno in cui avete ascoltato e conosciuto la grazia di Dio nella verità"

Col. 3:1-4 "Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora voi sarete manifestati con lui nella gloria".

1Cor. 13:1,2 "Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto".

1Giov. 3:2 "Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è".

Rm 8:14-18 "Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: "Abbà, Padre!". Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.  Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi".

Gv 17:24 "Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo".

2Cor. 4:14-18 "...convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, ancora più abbondante ad opera di un maggior numero, moltiplichi l'inno di lode alla gloria di Dio. Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria, perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d'un momento, quelle invisibili sono eterne".

2Ts 2:13-14 "Noi però dobbiamo rendere sempre grazie a Dio per voi, fratelli amati dal Signore, perché Dio vi ha scelti come primizia per la salvezza, attraverso l'opera santificatrice dello Spirito e la fede nella verità, chiamandovi a questo con il nostro vangelo, per il possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo".

Ap. 7:9 "Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva  contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in  piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e  portavano palme nelle mani".

1Ts 4:14-17 "Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui. Questo vi diciamo sulla parola del Signore; noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo nessun vantaggio su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Signore".

Gv 14:2-4 "Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via".

Eb 11:13-16 "Nella fede morirono tutti costoro, pur non avendo conseguito i  beni promessi, ma avendoli solo veduti e salutati di lontano,  dichiarando di essere stranieri e pellegrini sopra la terra. Chi dice  così, infatti, dimostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero  pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto possibilità di  ritornarvi; ora invece essi aspirano a una migliore, cioè a quella  celeste".

2Cor. 12: 1-4 "Bisogna vantarsi? Ma ciò non conviene! Pur tuttavia verrò alle visioni e alle rivelazioni del Signore. Conosco un uomo in Cristo che, quattordici anni fa - se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio - fu rapito fino al terzo cielo. E so che quest'uomo - se con il corpo o senza corpo non lo so, lo sa Dio - fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunziare".

Non si legge nella Scrittura nessuna dichiarazione, chiara ed esplicita come quelle qui sopra riportate, nella quale si parli di ad una cosiddetta "speranza terrena". La ragione è che la Bibbia presenta una sola speranza di salvezza per tutti i credenti.


A proposito di alcune vedute Millenariste che esistevano 
nei primi tempi del cristianesimo si veda questa pagina: 

link


Nota: Secondo Rolf Rendtorff il libro di Daniele "è uno dei libri più controversi di tutto l'Antico Testamento". Naturalmente lo studioso in questione parla di "problematicità" per quanto riguarda lo studio introduttivo. Nel canone ebraico, Daniele trova spazio alla fine degli "scritti", mentre nella Settanta chiude la serie dei profeti maggiori. Per la collocazione del libro di Daniele tra gli scritti nel canone ebraico possono esserci le seguenti ragioni: a) Daniele non svolge il ruolo di un profeta che rivolge alla nazione chiamandola al pentimento. b) Daniele scrive in base a delle visioni profetiche, come nel caso di altri profeti, ma queste visioni hanno un carattere prevalentemente storico; infatti esse hanno lo scopo di incoraggiare il popolo a camminare con maggiore sicurezza e fedeltà per la via tracciata dal Signore, anche se al momento è sottoposto alla dominazione straniera ed alla persecuzione, perché il Signore è il Signore della storia. c) Forse i Masoreti non considerarono Daniele un profeta perché egli non fu nominato od ordinato come un profeta; egli era piuttosto un servo di un governo. d) Molti degli scritti non hanno carattere profetico, ma storico: i racconti di Daniele e dei suoi amici, vogliono presentarci la condizione degli ebrei della diaspora babilonese e persiana. La data di composizione dovrebbe essere tra il 168 ed il 165a.C.; questo perché le visioni si riferiscono al periodo storico nel quale la Giudea era sotto la dominazione dei Seleucidi con Antioco IV Epifane che profanò l'altare dei sacrifici del Tempio di Gerusalemme. Inoltre l'ebraico e l'aramaico del libro sembrano recenti. Il libro non è stato scritto da un unico autore, anche se è possibile che la redazione finale del libro sia avvenuta per opera di una sola persona che ha messo insieme i testi in aramaico ed ebraico (non bisogna dimenticare che ci sono pervenuti dei brani scritti soltanto in greco che però non sono entrati a far parte del libro canonico). Il nome di Daniele è stato forse scelto riallacciandosi alla tradizione menzionata in Ez. 14, 14.20 ed Ezechia 28:3. Concludendo il libro ha come scopo quello di consolare Giuda per le prove che sta soffrendo, Dio è il padrone della storia, coloro che gli sono rimasti fedeli saranno ripagati delle loro sofferenze nella resurrezione dei Santi, mentre i pagani ed i persecutori andranno incontro al giudizio di condanna. La struttura del Libro è abbastanza semplice. I capp. 1-6 sono racconti di Daniele e dei suoi amici; i capp. da 7-12 sono visioni. I capp. 2-7 sono scritti in aramaico. Si veda questo sito: link