L'iscrizione di Ponzio Pilato a Cesarea
Israel Museum (Gerusalemme) AE 1963 no 104.
Iscrizione trovata nel
1961 a Cesarea (82 cm x 65) nella quale si menziona Ponzio Pilato.
Si tratta di una lapide che era posta su un edificio dedicato all'imperatore Tiberio.
Una missione archeologica dell'Istituto Lombardo di Scienze e Lettere di Milano
scoprì l'iscrizione rivoltando il gradino di una scala in un'ala aggiunta
tardivamente all'anfiteatro
di quella Cesarea Marittima che era la capitale romana della provincia. La
lapide è datata 31 d.C.
Testo ricostruito dagli studiosi:
Seconda riga: [PON]TIUS PILATUS Terza
riga: [PRAEF]ECTUS
IUDA[EA]E |
Questo è il significato, ricostruito, dell'iscrizione:
Ponzio Pilato prefetto di Giudea [questo?]
tiberieo [= edificio dedicato a Tiberio] ... [fece? edificò?].
In un libro pubblicato dalla Watch Tower nel 1985, Come ha avuto origine la vita? Per evoluzione o per creazione?, si parlava di questa scoperta (pag. 211, il grassetto è aggiunto):
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Si noti la grafia del termine Tiberi[é]um, con la é tra parentesi quadre e di nuovo il [Tiberiéum] scritto tra parentesi quadre.
La prima edizione di questo libro (cliccando qui si può visualizzare una riproduzione della pagina originale) era diversa. Ecco cosa vi si leggeva:
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Nella prima edizione, Ponzio Pilato veniva quindi chiamato erroneamente anche Tiberio.
Nel 1985, subito dopo la pubblicazione di questo libro, ne diedi una copia a due signore - docenti dell'Università La Sapienza di Roma - che si trovavano in villeggiatura dalle mie parti. Le professoresse mi fecero subito notare il madornale errore: «Tiberio era l'imperatore e Pilato un suo funzionario. La parola "tiberieum" - mi dissero - si riferisce ad un edificio dedicato a Tiberio». Rimasi molto turbato da questo fatto che mi sembrava di una chiarezza inconfutabile. Scrissi quindi alla Società Torre di Guardia, facendo notare che era stato commesso un errore. In pochissimo tempo mi giunse la risposta della Società, la quale cercò di giustificarsi in questi termini: "L'articolo che noi abbiamo citato era scritto in quel modo. Noi non potevamo, naturalmente, cambiare le parole di Michael J. Howard..."[1]. Ricordo che questa 'giustificazione' mi lasciò molto perplesso. Era come se la Società avesse detto: "Sì, sapevamo che c'era un errore in quella citazione, ma non abbiamo potuto evitare di pubblicarla così com'era". Ma non sarebbe stato più corretto non citare un simile articolo? E da dove era tratta questa citazione? Forse da qualche autorevole pubblicazione scientifica? No, semplicemente da un periodico, il "The Sun", pubblicato a Baltimora, Maryland. Non esistevano fonti più autorevoli e sicure di questo giornale americano?[2]
Riferii la risposta della Società alle professoresse che così commentarono il punto:
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Nella sua risposta la Società scrisse che non si potevano cambiare le parole dell'articolo citato. Ma cosa avvenne invece nell'edizione successiva del libro? Le parole dell'articolo vennero cambiate, come si vede sopra! Ma perché la Società non disse subito che si erano sbagliati? Perché inventare delle deboli scuse pur di non ammettere apertamente di aver preso una cantonata? Di sicuro la Torre di Guardia avrebbe fatto una figura migliore se avesse scritto: "Scusate, abbiamo citato involontariamente un articolo contenente delle imprecisioni grossolane. Toglieremo o cambieremo tale citazione nelle prossime edizioni del libro".
Si noti, inoltre, che non si può nemmeno invocare come scusante la fretta o le difficili condizioni in cui si trovano a lavorare generalmente giornalisti e tipografi: la Watch Tower aveva tutto il tempo per controllare e verificare le sue fonti prima di dare alle stampe un libro diffuso in tutto il mondo e che ebbe, solo nella prima edizione inglese, una tiratura di 2.000.000 (due milioni) di copie!
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La Società, anche in questo caso, non ha seguito i consigli che essa stessa ha dato ...agli altri.
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Guardia
Note:
[1] Purtroppo non sono più in possesso della lettera originale. Quando ricevetti la risposta dalla Società, ne parlai con i "fratelli" della congregazione e la feci leggere a molti; questo non fu gradito dagli altri responsabili. Quando il Sorvegliante di Circoscrizione (un ministro itinerante inviato dalla Società) fece visita alla congregazione, mi chiese se potevo prestargli la lettera per farne una fotocopia. Quando giunse il momento della sua partenza, il Sorvegliante si scusò dicendomi che si era dimenticato di fare le fotocopie e mi chiese se poteva tenersi l'originale.
[2] La Società poteva citare, per esempio, A. Frova, L'iscrizione di Ponzio Pilato a Cesarea, in «Rendiconti dell'Istituto Lombardo, Accademia di Scienze e Lettere», XCV (1961), pp. 419-434. Frova è l'archeologo italiano che ha ritrovato l'iscrizione a Cesarea. Oppure poteva venire citata l'Enciclopedia della Bibbia, LDC, 1971, Vol. V, p. 779, che la Società si limita solo ad indicare nel riferimento del suo libro, senza però riportarne il contenuto.