"Giustizia teocratica"
Una scabrosa vicenda che ha coinvolto una congregazione dell'hinterland milanese
(I nomi e le località sono omessi per rispetto della privacy, 
specialmente della vittima principale di questa triste vicenda).


Domenica 21 luglio 1996, su molti quotidiani italiani fece scalpore una notizia, che citiamo nella forma con la quale apparve sul quotidiano la Repubblica: Molesta la figlia: la sua Chiesa sa e tace. La triste storia riguardava un testimone di Geova, A. F., appartenente alla congregazione di S. (MI), colpevole di aver abusato sessualmente della propria figlia tredicenne. Perché ce ne occupiamo? Perché alla notizia dell’abuso sulla piccola i giornali aggiunsero quella dell’iscrizione sul registro degli indagati degli anziani della congregazione, accusati di favoreggiamento e di false dichiarazioni al pubblico ministero.

Per comprendere bene la sequenza degli eventi, importante ai fini del procedimento giudiziario e della sua conclusione li elenchiamo succintamente:

17 ottobre 1995: gli anziani G. B. e P. M. vengono chiamati dalla signora D. M., una testimone di Geova della congregazione di S. che li informa del fatto che il proprio marito, sin dal mese di giugno, aveva più volte tentato di molestare sessualmente la loro figlia;

17 ottobre 1995: gli anziani, preoccupati sulla procedura da adottare, invece di preoccuparsi delle condizioni della bambina violata, scrivono alla filiale, raccontando come si sono svolti i fatti (sottolineiamo che un prete, quando riceve una confessione, non racconta i fatti nemmeno al vescovo o al papa);

15 novembre 1995: con calma, e con una lettera siglata SCE l’ufficio di Roma, come se si trattasse di un fatto di routine, li indirizza ad alcune pubblicazioni dell’organizzazione che li aiuteranno a capire se ci si trova di fronte a condotta dissoluta o ad altro;

18 novembre 1995: In seguito ai chiarimenti ricevuti, il corpo degli anziani decide che il padre violentatore si è "sinceramente pentito" della sua condotta, e gli infligge la "punizione" di non fare le pulizie alla Sala del Regno, di non pronunciare discorsi e così via. Il caso è chiuso.

Chiuso per i vertici locali e per il padre snaturato, ma non per la bambina che, successivamente confida ai nonni, non Testimoni, le violenze subite. Questi ultimi informano la questura di Salerno (località della loro residenza) che a sua volta provvede ad informare quella di Milano. Scattano le intercettazioni telefoniche e l’ interrogatorio degli anziani che il Pubblico Ministero ritiene al corrente dell’accaduto. Questi ultimi , come risulta dai verbali di interrogatorio, "ministri di culto dell’Organizzazione", dichiarano di sapere che la famiglia del loro confratello ha dei problemi, ma rifiutano di dire al magistrato di che sorta di problemi si tratti. A questo punto si ritiene necessaria una perquisizione presso la Sala del Regno dei Testimoni, ed esce fuori, in una busta sigillata, tutta la verità [1]. Scatta quindi il provvedimento di iscrizione nel registro degli indagati dei due responsabili della congregazione con l’accusa di favoreggiamento e falsa testimonianza. Da tale accusa, il Giudice per le Indagini Preliminari nel gennaio 1997, li proscioglie disponendo l’archiviazione del caso.

In base a che cosa vengono prosciolti? Per loro i legali della Torre di Guardia hanno invocato lo status di ministri di culto e l’applicazione dell’art. 200 del c.p.p., che riguarda la riservatezza delle informazioni acquisite "per ragioni del proprio ministero". In realtà tutto l’impianto difensivo si basò sull’analogia tra la confessione al sacerdote cattolico e quella fatta agli anziani del geovismo. Riportiamo al riguardo le dichiarazioni fatte dal loro addetto stampa, così come apparvero su la Repubblica del 21/7/1996:

"Domanda: La confessione nella vostra chiesa, ha le stesse regole di quella cattolica? Risposta: Nella chiesa cattolica il confessore è da solo, da noi il soggetto si trova di fronte a tre persone, tre anziani della congregazione. Si stabilisce un incontro per aiutare la persona e per proteggere la congregazione. Domanda: Tutto questo dal punto di vista religioso. Ma qui c’è di mezzo anche un reato gravissimo; Risposta: Sì, ma noi non facciamo i poliziotti. Come un prete cattolico si astiene dal rivelare segreti appresi in confessionale, il ministro del nostro culto deve avere le stesse garanzie. Mi chiedo come sarebbe stato vissuto dalla comunità cattolica se fosse stata ordinata una perquisizione in una chiesa [È evidente che il rappresentante stampa dei Testimoni non aveva a quel tempo saputo della perquisizione addirittura in casa di un cardinale della chiesa cattolica, e per reati molto meno gravi]. Domanda: Non è che abbiate fatto giustizia da voi, come se viveste in uno Stato parallelo; Risposta: La stessa domanda, allora, andrebbe rivolta a un prete cattolico: dopo le confessioni che fa, va dai magistrati?

È probabile che il GIP si sia bevuto queste dichiarazioni e non abbia voluto ulteriormente approfondire la vicenda in nome di una troppo superficiale valutazione della realtà che si nasconde dietro il geovismo. Cosa è sfuggito al magistrato, e in che cosa i Testimoni, ancora una volta, hanno fatto ricorso alla strategia teocratica per ingannare il loro prossimo?

Innanzitutto, il prete cattolico riceve una confessione della quale è tenuto a non far parola con alcuno, nemmeno con il proprio vescovo, né con il papa. I due anziani, invece, non serbando il "segreto del confessionale", avevano scritto, narrando estesamente i fatti, ai loro superiori e quindi, il "segreto" non era più tale, perché quando un segreto lo sanno decine di persone diventa il segreto di Pulcinella. La conferma si ha leggendo la lettera che questi "confessori" scrivono ai loro confratelli di C. [una località del meridione] che sono pure al corrente della cosa. Infatti essi così — testualmente — dicono agli "anziani" di quella congregazione: "Riteniamo non necessario scrivervi in merito a quanto sia successo, anche se ci risulta che siete già a conoscenza dei fatti accaduti".

C’è, poi, da considerare un fatto: la cosiddetta confessione del colpevole, non avviene nel chiuso di una stanza nella quale ci sono solo i "sacerdoti" (gli anziani), ma dal verbale del "Comitato Giudiziario" redatto in data 18 novembre 1995, composto da A. C., P. M. e G. B., emerge chiaramente che le "Persone a conoscenza dei fatti", erano le seguenti (trascrizione dal verbale): "La figlia, la moglie, una sorella spirituale, M. L., alla quale la moglie ha confidato la cosa. In seguito la figlia, lasciata dai nonni materni a C., dove la famiglia ha deciso di trasferirsi, ha confidato i fatti ad una zia (Testimone) e ad un'altra zia e alla nonna (non Testimoni) … Anche gli Anziani di C. sono venuti a conoscenza dei fatti". Come si vede gli anziani sapevano benissimo che il loro "segreto" era conosciuto da mezza Italia. E poi, ci si chiede, Se loro erano "vincolati al segreto confessionale", lo erano anche la signora M. L. e la zia Testimone? Queste due rispettabili signore avrebbero potuto informare le autorità del misfatto perpetrato (come fecero infatti i parenti non Testimoni della bambina), ma non lo fecero, dimostrando così che non è in realtà il vincolo della confessione che impedisce agli anziani (e a qualunque altro Testimone) di collaborare con la giustizia, ma l’omertà del gruppo e la loro estraneità e addirittura ostilità nei confronti delle leggi dello Stato.

In che cosa consiste allora, in questo caso, la strategia teocratica adottata dalla Congregazione? Semplicemente nel far credere che anche loro, come i sacerdoti cattolici, sono tenuti al segreto confessionale, mentre non è assolutamente vero, in quanto i testimoni di Geova ripudiano la pratica cattolica della confessione come "pagana" e quindi disapprovata da Dio. Ma pur di trarre in inganno le Autorità dello Stato che non conoscono la loro dottrina, essi fanno loro credere di ritenere vincolante per loro ciò che in realtà non lo è. Come intendere, altrimenti, le parole rese sotto interrogatorio, rilasciato in data 3 giugno 1996 davanti agli ufficiali di polizia giudiziaria dai signori M. e B. [due "anziani che componevano il "Comitato Giudiziario"], che di seguito, integralmente, si trascrive?

Domanda: Durante l’ora antecedente all’arrivo del F. [il padre incestuoso] la D. M. [la moglie] le ha confessato i motivi per cui l’aveva chiamata?

Risposta: Sì, mi ha confessato i motivi per cui mi aveva chiamato; questi problemi riguardavano la loro famiglia, ma non posso rivelare i contenuti della confessione in quanto sono tenuto dal segreto confessionale.

Si noti che la "confessione" non è qui resa dal "peccatore" (leggasi: colpevole) ma dalla moglie, che non essendo la peccatrice e quindi non confidando un suo peccato agli "anziani – sacerdoti" non sta, tecnicamente "confessandosi", ma solo mettendo a conoscenza di un reato delle persone che si ritiene responsabili. Lei non li ha chiamati per essere perdonata, per ricevere aiuto per la sua trasgressione, ma solo perché disgustata del comportamento del marito, che vuole abbandonare. Infatti, una gustosa scenetta, descritta dagli stessi anziani nella loro relazione alla filiale, evidenzia cosa è in realtà la cosiddetta "confessione" nell’ambito geovista:

"Il fratello F. A. ha molestato la propria figlia di 13 anni. Il fatto ci è stato riferito dalla moglie. Il marito ha confermato la cosa davanti a due anziani, alla moglie e alla figlia. Durante quell’incontro vi è stata una scenata e minacce da parte del fratello alla moglie che in un primo momento voleva denunciare il proprio marito".

Interessante una "confessione" accompagnata da minacce da scenate e da una moglie che vuole denunciare il marito. Sembra proprio di assistere ad una confessione tipica del cattolicesimo! Eppure, anche sulla scorta degli stessi documenti cui stiamo facendo ora riferimento un GIP ha ritenuto di prosciogliere i due "anziani" da ogni addebito!

Non c’è più molto da dire, ma ci sembra che un commento vada proprio fatto, sebbene non il nostro, ma quello più qualificato di un giornalista di valore, Ferdinando Camon che sulla Stampa del 21 luglio 1996, così valuta ciò che accadde:

"Gli anziani dei testimoni di Geova di [omissis], nascondendo e proteggendo un padre che ha ripetutamente stuprato la figlia, dandogli una condanna soltanto religiosa (una breve sospensione), dicono di applicare lo statuto della loro comunità. E allora sono inaccettabili quello statuto e quella comunità. Perché di fronte ad un reato intollerabile – com’è la violenza sessuale di un padre sulla figlia, per di più minorenne – reagisce commettendo altri reati: protegge un colpevole, non lo consegna alla magistratura, ostacola l’indagine, e una volta che questa è giunta in possesso dei documenti-prova, la comunità li richiede indietro, come atti religiosi che non appartengono allo Stato.

La comunità dei testimoni di Geova, agendo così, diventa corresponsabile di quella violenza carnale, e diventa la nemica principale della bambina (13 anni) che ha bisogno di giustizia; è come se fosse stata violentata, oltre che dal padre, da tutti e tre quegli anziani, che hanno poco più di quarant’anni.

Certamente nel padre frequentatore della comunità, ha agito, lo sappia o no, spingendolo verso questa condotta snaturata, anche il sentirsi chiuso in una morale a parte, in una legge diversa, in uno Stato a sé.

E così che viene a configurarsi la comunità dei testimoni di Geova, scoprendo un reato abietto e giudicandolo in segreto e a modo suo: diventa qualcosa che sta al di sopra dello Stato, fuori dello Stato, con i suoi tribunali, i suoi giudizi: una zona extra legge. E questo non è un "incidente", nella storia dei testimoni di Geova: è una costante. Una lunga serie di scontri frontali con lo Stato, su temi della massima gravità, mostra che essi tentano di costruire una nicchia governata solo dalla loro religione, con l’espulsione della nostra legge.

I temi sono quelli della vita e della morte. Del dovere del medico di salvare. Del diritto del malato a guarire. Quando il malato è un figlio e ha bisogno di una trasfusione, i testimoni di Geova si oppongono regolarmente, perché la loro religione non permette la trasfusione. E così sacrificano la vita del figlio, magari piccolissimo, alla loro ideologia. I medici si trovano in questa morsa: o salvano il figlio, ma vengono denunciati dai suoi padri; o obbediscono ai padri, ma vengono denunciati dalla magistratura per omicidio colposo. Per la legge, chi ha il dovere e il potere di impedire un evento dannoso e non lo fa, diventa autore di quell’evento. Il medico che non fa la trasfusione, uccide. E il magistrato che non punisce chi ha violentato e chi ha nascosto, è come se violentasse. Ma non si può continuare a inseguire i casi singoli, e abbandonare ogni volta l’ospedale, il tribunale, la stazione dei carabinieri a capire, orientarsi e decidere. Il problema va risolto a monte: in uno Stato dove i medici hanno l’obbligo di salvare tutti, i giudici di condannare gli stupratori, i testimoni di Geova, per restare, devono rispettare quegli obblighi. Come ogni altra religione. Perciò non ha senso affrontare il caso di [omissis]. Ha senso affrontare il caso dei testimoni di Geova, una volta per tutte."

Parole pesanti, parole che fanno riflettere. Parole alle quali non si può applicare l’etichetta di intolleranza, ma piuttosto di profonda tristezza e che dovrebbero essere, non solo per noi, motivo di approfondimento e di valutazione, anche giudiziaria.

Sergio Pollina

 

[1] I documenti relativi all'intera vicenda entrarono a far parte del fascicolo processuale e quindi, non essendo coperti da segreto istruttorio, una volta che si procedette al pubblico dibattimento, essi sono stati acquisiti mediante una regolare richiesta. Il fascicolo comprende anche tutti i verbali del Comitato giudiziario tenuto con il padre pedofilo e la moglie e perfino degli appunti riservati da parte di alcuni membri della congregazione che erano conservati in busta chiusa nell'archivio giudiziario della congregazione.


Le seguenti citazioni sono tratte da lettere della filiale italiana dei Testimoni nelle quali i vertici della congregazione geovista raccomandano la condotta da seguire quando un membro del gruppo trasgredisce la legge:
« La congregazione, rappresentata dagli anziani, non è autorizzata a intervenire quando un componente della congregazione trasgredisce le leggi di Cesare...» (Lettera del 19/3/1979, siglata SCG:SSE). « La congregazione interviene soltanto quando il fatto diviene di pubblico dominio e intacca la reputazione della congregazione...» (Lettera del 26/2/1981, siglata SCB:SSB). «Ma se non esiste scandalo, è bene lasciare la cosa alla coscienza dell'individuo » (Lettera del 7/4/1981, siglata SCC:SSF).


Domanda:
Dovrebbero gli "anziani" denunciare alle autorità un "fratello" che ha commesso 
vari omicidi  e crimini prima del suo battesimo?
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per leggere come ha risposto la Società Torre di Guardia.


Silent Lambs
Sito che offre aiuto alle vittime di abusi sessuali che avvengono fra i TdG.

Nota: in questo sito americano si parla di 23.720 casi di pedofilia che si sarebbero verificati fra i TdG. Da dove è uscita questa cifra? Gli anziani dell'Europa occidentale, degli USA e del Canada hanno ricevuto nel 2001 una circolare in cui la Società chiedeva di fare un rapporto dei casi di pedofilia verificatisi nella congregazione. Tutti questi rapporti sono arrivati a Brooklyn e da lì è trapelato che un primo rapporto parlava di 23.720 TdG coinvolti in casi di pedofilia. Diversi di loro erano stati anziani e servitori di ministero. Il dato riguardante i pedofili è stato fornito da uno dei membri della Betel di Patterson che ha accesso agli archivi della Società.
In una lettera dell'«Office of Public Information» della Watchtower Society, indirizzata al Signor Betsan Powys della rivista inglese BBC Panorama, datata 9 maggio 2002, pur non negando l'esistenza del problema, la Società ha cercato di sminuire l'entità della cifra: 

«Le è stato detto che negli Stati Uniti abbiamo compilato un elenco di 23.720 nomi di pedofili. Ciò è falso. Prima di tutto, il loro numero complessivo, quale risulta dai nostri archivi, è considerevolmente più basso di quanto lei dice. Aggiungiamo poi che non è produttivo porre l'attenzione sul numero delle persone coinvolte e contenute nelle nostre registrazioni. La preghiamo di non concludere che noi crediamo che il nostro sistema sia perfetto. Nessuna organizzazione umana è perfetta. Ma noi crediamo di perseguire una consistente politica anti pedofilia basata sulla Bibbia» (il corsivo è mio).

Invece di essere chiaro in merito al numero, il Corpo Direttivo ha detto soltanto che esso è "considerevolmente più basso". Ma quanto più basso? I casi di pedofilia sono 1.000, 10.000, 20.000? La realtà è che il numero potrebbe essere molto più alto, se si sommano ai 23.720 quelli degli altri paesi del mondo. Nella Torre di Guardia del 1° gennaio 1986, pagina 13, paragrafo 12, si legge che «per quanto possa essere sconcertante, perfino alcuni che erano preminenti nell'organizzazione di Geova hanno ceduto a pratiche immorali, fra cui omosessualità, scambio delle mogli e molestie sessuali a bambini. Va anche notato che, nello scorso anno, 36.638 persone hanno dovuto essere disassociate dalla congregazione cristiana, la maggior parte per pratiche immorali» (sottolineatura mia). Il numero di un solo anno delle persone coinvolte in pratiche immorali è di molto superiore di quello indicato in Silent Lambs. Non si tratta, è vero, solo di casi di pedofilia ma se si pensa che questo numero riguarda solo un anno, sommando dal 1986 ad oggi, la cifra di 23.000 casi risulta essere tutt'altro che inverosimile. In ogni caso, è assolutamente certo che questo problema esiste anche fra i TdG, anche se il numero dei pedofili sarebbe "considerevolmente più basso" di 23.720, secondo la Società.