"Patì sotto Ponzio Pilato"
Critiche di alcuni Testimoni di Geova al libro di Vittorio Messori

In un sito web anonimo è stata pubblicata una pagina critica nei confronti dello studioso Vittorio Messori, "reo" di aver inserito nel suo libro Patì sotto Ponzio Pilato, un'indagine sulla passione e morte di Gesù, (Società editrice Internazionale, Torino, 1992) un capitolo in cui si dimostra l'inconsistenza della tesi geovista secondo cui Cristo sarebbe morto non sulla croce ma su un semplice palo. In questa pagina riporto le critiche dei Testimoni di Geova con i miei commenti ed osservazioni in azzurro.


Quello di seguito riportato è il testo delle pagine 333, 334, 338, 339, 341del libro di Messori. I diritti sono riservati. Pur trattandosi di un lavoro valido dal punto di vista storico e quindi utile per disarmare "(certa) critica biblica", riteniamo presenti alcune evidenti tracce di pregiudizio religioso. Nel capitolo da cui sono prese le porzioni delle due pagine seguenti (XXXV. "Palo o Croce?") il Messori sferra un deciso nonché infondato [vedremo quanto sia infondato] attacco ai Testimoni di Geova. Trascuriamo le molte inesattezze che egli include attorno alla storia dei Testimoni di Geova e al primo presidente della Wacth Tower Charles Taze Russell, in quanto esulano dallo scopo di queste pagine. Esse sono evidente frutto delle 'farneticanti rivelazioni' di ex Testimoni di Geova in seguito divenuti agguerriti apostati della loro precedente religione. Ci spiace constatare il basso livello a cui arriva il famoso autore, pur di screditarne la reputazione e il credo.

Non vengono forniti esempi concreti di tali "farneticanti rivelazioni". Il libro di Messori mi sembra piuttosto accurato. A me pare che l'autore (anonimo) di questa pagina abbia solo voluto fare delle offese gratuite nei confronti delle presunte fonti (i cosiddetti "apostati") di Messori. Nel suo libro Messori cita uno "studioso contemporaneo" che ha fatto "una lunga, approfondita analisi del fenomeno" geovista, senza precisare di chi si tratti. Gli insulti e le insinuazioni non rendono comunque un buon servizio alla verità. Sarebbe interessante conoscere la reazione di  Messori a queste pesanti critiche nei suoi confronti. Perché non interpellare il diretto interessato per sentire la sua opinione prima di pubblicare una pagina web in cui si cerca di screditarne l'accuratezza e la credibilità come studioso? E per di più - e questo è ancora peggio - in forma anonima? Nel sito web in questione infatti non si riportano indirizzi e nominativi degli autori di tali critiche. 

Voce "Cross [Croce]", l’International Standard Bible Encyclopedia (1979) afferma: "In origine il gr. stauròs indicava un palo di legno appuntito verticale saldamente confitto nel suolo. . . . Venivano posti l’uno accanto all’altro in file, in modo da formare recinzioni o palizzate difensive intorno agli insediamenti, oppure eretti singolarmente come strumenti di supplizio su cui individui colpevoli di gravi reati venivano pubblicamente appesi per lasciarveli morire (o, se già uccisi, per disonorarne completamente i cadaveri)".

Ma cosa dice esattamente questa enciclopedia? Cosa si leggerà al posto di quei puntini? . . . Suggerisco la lettura di questa pagina: WTS-LeMonnier che fornisce alcune eloquenti indicazioni sul modo in cui i TdG hanno citato alcune fonti.

È vero che i romani usavano uno strumento di esecuzione chiamato in latino crux. E nel tradurre la Bibbia in latino la parola crux fu usata per rendere stauròs. Dato che la parola latina crux e quella italiana croce sono simili, molti presumono a torto che una crux dovesse necessariamente consistere in un palo con un braccio trasversale. Ma l’Imperial Bible-Dictionary dice: "Anche tra i Romani la crux (da cui deriva la nostra [parola] croce) pare fosse in origine un palo verticale, che costituì sempre l’elemento principale".

Sarebbe interessante sapere cosa dice per intero anche questo dizionario... Si noti che si tratta di un dizionario stampato nel 1874. Perché non si citano fonti più recenti e facilmente consultabili, e magari in italiano? Se questo fatto della croce che in realtà era un palo fosse universalmente riconosciuto i TdG non dovrebbero avere alcuna difficoltà nel trovarne innumerevoli conferme da parte di autorità storiche e linguistiche.
In ogni modo nessuno nega che in origine stauròs significasse semplicemente palo. È l'uso posteriore del termine che ha assunto vari significati, fra i quali appunto quello di croce.

Il libro The Non-Christian Cross aggiunge: "In nessuno dei numerosi scritti che formano il Nuovo Testamento esiste una sola frase che, nel greco originale, costituisca anche una prova indiretta che lo stauros usato nel caso di Gesù fosse altro che un ordinario stauros [palo]; tanto meno che consistesse non di un solo pezzo di legno, ma di due inchiodati insieme a forma di croce". Può ben darsi che Cristo sia stato messo al palo su un tipo di crux (stauròs) chiamato crux simplex. Un palo del genere fu illustrato da Giusto Lipsio, studioso cattolico del XVI secolo nel suo libro De cruce libri tres, Anversa, 1629, p. 19. La fotografia della crux simplex in questa pagina è stata riprodotta dal suo libro.

A parte il fatto che anche qui si cita una fonte obsoleta (The Non-Christian Cross è stato scritto nel 1896), in realtà "si dimentica" di osservare che Giusto Lipsio nella sua opera riporta diverse raffigurazioni della croce. Una di queste è quella riprodotta nel sito dei TdG e si trova anche a pagina 1156 del The Kingdom Interlinear Translation of the Greek Scriptures ("Interlineare" ed 1969):

 

Nell'Interlineare del 1969, a p. 1155, questa immagine era così commentata: «Such a single stake for impalement of a criminal was called crux simplex, and the method of nailing him to such an instrument of torture is illustrated by the Roman Catholic scholar, Justus Lipsius, of the 16th century. We present herewith a photographic copy of his illustration on page 647, column 2, of his book De Cruce Liber Primus. This is the manner un which Jesus was impaled». Traduzione: «Un simile palo per l'impalamento di un criminale fu chiamato crux simplex, ed il metodo utilizzato per inchiodarlo a tale strumento di tortura è illustrato dallo studioso Cattolico-romano Giusto Lipsio, del XVI secolo. Presentiamo qui una copia fotografica della sua illustrazione alla pagina 647, colonna 2, del suo libro De Cruce Liber Primus. Questo è il modo nel quale Gesù fu impalato» (sottolineatura mia).

I TdG "dimenticano" tuttavia di dire che nel secondo volume dell'opera di Lipsio è riprodotta anche quest'altra immagine:

.

Perché i TdG non hanno detto che nel libro di Lipsio vi è anche quest'altra immagine? E perché non hanno detto che questo antico studioso afferma con chiarezza che, secondo lui, è questa seconda immagine a riprodurre il tipo di croce su cui Gesù è morto?

Questo evidenzia come non si possa essere categorici nel dedurre che al mos romanorum bisogna invariabilmente associare l’uso della Croce 

Questo evidenzia solo quanto si debba essere cauti e sospettosi nel accettare come oro colato le "prove" fornite dai TdG.

(del resto Giovanni 18:39,40 mostra che il mos romanorum veniva adattato alle situazioni, e quindi modificato a seconda delle circostanze).

Citano un passo senza riportarlo. Questo rende un po' più difficoltoso per il lettore "di passaggio" verificare, anche in questo caso, l'inconsistenza di tale affermazione. Vediamo cosa dicono questi due versetti:

39 Inoltre, voi avete l'usanza che io vi liberi un uomo alla pasqua. Desiderate perciò che vi liberi il re dei giudei?" 40 Quindi gridarono di nuovo, dicendo: "Non quest'uomo, ma Barabba!" Ora Barabba era un ladrone.

Pilato volle in quel caso assecondare un'usanza giudaica, ma questo non influisce minimamente sul fatto che il modo in cui Gesù venne condannato (il mos romanorum) rimanesse sostanzialmente inalterato.

Lo stesso Messori ammette ciò dicendo a pagina 334 del suo libro: "Non è escluso, dunque che [i romani] abbiano talvolta praticato l’appendere al palo"!

E qui si vuol far dire a Messori quello che non ha detto. Lo scrittore, infatti, non "ammette ciò"! Nel suo libro esclude che questo possa essere avvenuto nel caso di Cristo. Si trattava di un'esecuzione ufficiale e non di una condanna eseguita frettolosamente o in massa. La frase di Messori, che i TdG estrapolano dal contesto e distorcono nel senso e nella lettera, dice: «Non è escluso, dunque, che abbiano talvolta praticato anche "l'appendere al palo", così caro ai geovisti». La citazione che i TdG riportano tra virgolette è diversa. Ed è diverso anche il significato che vi attribuisce l'autore! Messori scrive infatti che "in casi di emergenza (come durante l'assedio di Gerusalemme, nel 70, quando, come dice Giuseppe Flavio, venne addirittura a mancare il legno a causa della massa di ebrei fuggitivi crocifissi ogni giorno), i romani appendevano per le braccia - o per i piedi o in qualunque altra posizione -, come sembrava loro più comodo o come dettava il capriccio crudele" e poi aggiunge la frase citata sopra, "non è escluso, dunque ...". Nel paragrafo successivo afferma poi decisamente che nel caso di Cristo, trattandosi di una sentenza regolare e non di un caso speciale o di un''urgenza particolare', il patibolo aveva una forma ufficiale che era appunto quella della croce.

E. W. Vine (eminente grecista) riferendosi allo strumento per l’uccisione di un malfattore dice che stauròs significa "palo". Sia il sostantivo stauròs che il verbo stauroo si riferiscono al fissare a un asta o palo. 

Il Dizionario di Vine (1878) dice che «i romani e i greci avevano adottato il loro metodo di esecuzione dai Fenici. Lo stuaròs denota a) la croce, o palo, per.es., Matt.27:32; b) la crocifissione sofferta...» (grassetto mio). Anche per questo studioso quindi il significato principale di stauròs è quello di croce.

Inoltre il Dizionario illustrato Greco –Italiano di H. G. Liddell e R. Scott alla voce stauros come prima definizione da "palo conficcato nel terreno per servire come sostegno di palafitte", mentre è usato solo "metaforicamente" è utilizzato per descrivere una croce nel N.T.

E dove Liddell e Scott parlano di un uso solo metaforico del termine? [è usato solo "metaforicamente" è utilizzato (sic)]. Il Dizionario non dice questo. Ecco, infatti, cosa vi si legge alla voce "croce": 

Foto: Henry George Liddell. Robert Scott. Dizionario illustrato greco-italiano, trad. ital., Firenze, Le Monnier, 1975.

Il dizionario parla di un significato anche metaforico e non solo metaforico, come scrivono i TdG. Il dizionario vuole quindi dire che stauros nel NT significa croce, e anche in modo metaforico (=sofferenza). L'edizione originale inglese del dizionario permette di capire ancora meglio questa definizione, già di per sé chiara nell'edizione italiana che è una abbreviazione di quella inglese:

«Cross, as the instrument of crucifixion, D.S.2.18, Ev.Matt.27.40, Plu.2.554a; epi ton s. apagesthai Luc.Peregr.34 ; s. lambanein, arai, bastazein, metaph. of voluntary suffering, Ev.Matt.10.38, Ev.Luc.9.23, 14.27: its form was represented by the Greek letter T, Luc.Jud.Voc.12».

Traduzione:

«Croce, come strumento della crocifissione (Diodoro siculo, vangelo di Matteo, Plutarco); "essere portato sulla croce" (Luciano); "portare, prendere, sollevare la croce", metafora della sofferenza volontaria (vangelo di Matteo, vangelo di Luca): la sua forma fu rappresentata dalla lettera greca T (Luciano)».

Quindi prima si dà la definizione della croce come strumento della crocifissione, e poi del "portare la croce" come metafora della sofferenza, croce che ha la forma della lettera T. Il Dizionario è stato quindi citato in maniera scorretta da questi anonimi TdG, proprio come aveva fatto la stessa Watch Tower Society (si veda su ciò di nuovo la pagina WTS-LeMonnier).

L'anonima pagina web prosegue:

Il Dizionario dei Concetti Biblici del Nuovo Testamento EDB (pag. 416) dice che "il verbo [anastauròo] …è intercambiabile, senza apprezzabili variazioni di significato, con anakremànnymi e anascolopìzo che significano sempre appendere (in pubblico)…stauròs può quindi significare il palo (a volte appuntito in alto). Gli scrittori neotestamentari (At5:30; 10:39; 13:29; Gal 3:13; 1Pt 2:24) sostituiscono stauròs con xylon ( ξυλον letteralmente “legno”, tagliato e pronto per l’uso, sia legna da ardere, sia legname da costruzione, e al singolare “pezzo di legno, tronco, trave, palo). Xìlon ricorre tra l’altro nella LXX in Esdra 6:11 dove si parla di "un’unica trave o pezzo di legno" su cui doveva essere messo a morte (al palo) il violatore della Legge

Questo  dizionario, se è stato citato integralmente - è più che lecito dubitarne -, non esclude che la parola stauròs si riferisca anche alla croce tradizionale. A proposito della LXX è interessante notare che in Giosuè 8:29, nel parlare del supplizio inflitto al re di Ai, gli autori di questa antica traduzione usarono l'espressione xylon didimon, cioè doppio legno, a conferma del fatto che già in quel tempo si usava non un legno unico ma due legni.

E' l'autorevole storico romano TITO LIVIO a usare crux con il significato di "palo semplice"!

E con ciò? Si cita uno storico antico ma si trascurano moltissime altre testimonianze che attestano che nel caso di Cristo si utilizzò una croce (stauròs) dalla forma a bracci incrociati. Per esempio, nell'Epistola di Barnaba (link) - un giudeo passato al cristianesimo - scritta alla fine del I secolo o al principio del II, si legge: «Dice infatti la Scrittura che Abramo circoncise 318 uomini della sua casa. Qual era dunque significato arcano a lui rivelato? Osservate che prima dice 18, poi, dopo una separazione, aggiunge 300 [in greco, si scrive IHT]. Il numero 18 si scrive con un I che vale dieci e con un H che vale 8; ed eccoti il nome "IHsous" (Gesù). E siccome la lettera T raffigura la croce [greco stauròs] dalla quale sarebbe venuta la grazia, egli aggiunge dopo il 300. Nelle due lettere riunite [I ed H] la Scrittura ci indica Gesù, e nella terza [T] la croce [greco stauròs]» (IX,8). La Società Torre di Guardia respinge le interpretazioni allegoriche contenute in questo scritto, ritenendole assurde (Svegliatevi! 8/5/77, pp. 27, 28, nota). Quello che qui interessa, comunque, al di la delle interpretazioni bibliche più o meno condivisibili, è che in uno dei testi greco-cristiani più antichi a noi pervenuti, si afferma tranquillamente che Gesù è morto su una croce (greco stauròs) "dalla quale viene la grazia", e che questa croce (stauròs) ha la forma della lettera T, il che dimostra che la parola greca stauròs indicava il supplizio romano costituito da due assi incrociati.

Va comunque sottolineato che il latino era la lingua della Roma imperiale e perciò la lingua ufficiale dell’impero. Non sorprende dunque che nel NT si trovino alcuni latinismi. Il latino fa sentire in vari modi la sua presenza nel NT dove ricorrono oltre 40 nomi propri latini di persone e luoghi.(es.: Aquila, Luca, Marco, Paolo, Cesarea, Tiberiade ecc.) Sempre in questa parte della Bibbia troviamo l’equivalente greco di una trentina di termini latini di natura domestica, economica, giudiziaria e militare. (es.: denarius (denaro), speculator (greco, spekoulàtora, "guardia del corpo"), praetorium (greco, praitòrion, "palazzo del governatore") e centurio (greco, kenturìon, "ufficiale dell’esercito" o centurione). — Marco 6:27; 15:16, 39; Matteo 20:2. Ricorrono anche certi latinismi fraseologici come "desiderando soddisfare la folla" (Marco 15:15) e "dopo aver preso una cauzione sufficiente". (Atti 17:9) Pure la sintassi del periodo risente a volte delle influenza del latino. I latinismi sono presenti soprattutto in Marco e in Matteo; Marco vi ricorre più di qualsiasi altro scrittore biblico. Questo avvalora la convinzione che abbia scritto il suo vangelo da Roma, pensando ai credenti romani il suo greco semplice e popolare è disseminato di traslitterazioni latine, una tendenza del tutto naturale per una persona di lingua greca abitante a Roma. Dato che Matteo e Marco usano ripetutamente stauròs (Marco 15:21,25,30,32) non avrebbero forse usato il termine latino crux, se volevano specificamente intendere una croce?

E qui si contraddicono di nuovo. O meglio contraddicono addirittura la loro Società, la quale scrive (come fa notare anche Messori) che «anche il latino crux significa "palo semplice". "Croce" è solo un significato posteriore di crux». Allora crux vuol dire palo o croce? Se gli evangelisti avessero reso stauròs con crux cosa avrebbero dimostrato? Che si trattava di una croce tradizionale, come sostengono gli autori dell'anonima pagina web o che invece la crux era solo un palo come scrive la Società? Dovrebbero mettersi d'accordo. Invece è chiaro il fatto che in tutte le versioni latine si trova la parola crux (= croce) e non palus. Gli scrittori neotestamentari, per usare il "ragionamento" dei TdG, avrebbero potuto usare la parola palus al posto di stauròs, se si fosse trattato di un palo e non di una croce. Non lo fecero e nemmeno lo fecero i primi copisti che tradussero sempre stauròs con crux. Questo lo dice chiaramente anche Messori, ma si vede che, nella foga di confutarlo, questi TdG non lo hanno letto attentamente...

E. W. Vine (eminente grecista) ci dice nel suo An Expository Dictionary of New Testament Words che la forma della croce ebbe origine nell'antica Caldea, ed era usata come simbolo del dio Tammuz (essendo a forma del mistico Tau, iniziale del suo nome) in quel paese e nei paesi limitrofi, incluso l'Egitto.

Anche questo commento di Vine (1878) non ha niente a che vedere con l'argomento. L'uso simbolico pagano della croce può avere avuto le origini che si vuole ma questo non dimostra che Cristo non sia morto appeso ad una croce.

Significativo è questo commento tratto dal libro The Cross in Ritual, Architecture, and Art: "È strano, eppure certo, che in epoche molto più antiche della nascita di Cristo, e, successivamente, in paesi non raggiunti dagli insegnamenti della Chiesa, la Croce sia stata usata come simbolo sacro. . . . Il greco Bacco, il tiro Tammuz, il caldeo Bel e il norvegese Odino furono tutti simboleggiati presso i loro devoti da un oggetto cruciforme". - G. S. Tyack, Londra, 1900, p.1.

Idem come sopra.

Louis Rèau, autorità francese nel campo dell’arte religiosa, scrisse: "I Vangeli non ci dicono nulla di specifico circa la forma della croce. La parola greca σταυρως (stauros) può significare un semplice palo, e non implica come il latino crux l’incrocio di due bracci. Pare che in origine Cristo fosse rappresentato affisso ad un palo". Giacché la Bibbia non ne descrive la forma e le parole greche usate nel vangelo significano "palo" o "albero" anziché croce, allora quelli che dicono su cui morì Gesù aveva un braccio trasversale hanno la responsabilità di dimostrarlo. Poiché nei vangeli e lettere non fu descritta alcuna "adorazione della croce", dato che era un simbolo sacro ai pagani, chiaramente oggi non se ne può raccomandare ai veri cristiani l’adorazione.

E qui si cambia discorso. L'adorazione della croce (ma chi ha mai detto che si debba adorare la croce?) non c'entra con la questione. Louis Rèau esprime solo delle possibilità: "può... pare...". I fatti storici e la narrazione evangelica smentiscono queste sue supposizioni e le ..."originali" tesi della Torre di Guardia.

Nella pagina geovista  viene poi riportato un dipinto del '500, che viene così commentato:

Come è evidente da questo dipinto medievale, fu solo in un successivo periodo di tempo che si cominciò ad associare il simbolo della croce alla morte del Cristo, mentre i due ladroni continuarono a rimanere appesi al palo!

Un dipinto medioevale citato come "prova"? Ma questi TdG hanno mai sentito parlare di esigenze ed espedienti pittorici che nulla hanno a che vedere con i fatti storici?

 I TdG riportano poi un'illustrazione, in cui si rappresenta il dio mitologico Marsia appeso ad un palo, con questo commento:

Circa al significato originale dei termini stauròs e xìlon è interessante notare questa scultura di epoca classica in cui viene rappresentato Marsia satiro e dio della mitologia greca (rep. MA 542 Louvre, Parigi). Si tratta di un sileno localizzato in Frigia. Figura come inventore del flauto a due canne. Fiero della sua scoperta sfidò il dio Apollo a una gara musicale. Apollo vinse e punì Marsia appendendolo a un albero e scorticandolo. Tale scultura rende molto bene il senso di ciò che intendono i termini greci Palo, Legno o albero.

Questo come si è detto, è uno dei significati di stauroo. Nessuno lo mette in dubbio.

Ed ecco infine la conclusione dei TdG, più che convinti di aver persuaso "il lettore", dopo l'esposizione di queste loro tesi:

Lasciamo al lettore la facoltà di concludere se davvero la morte di Gesu' Cristo sia avvenuta su uno strumento a forma croce, come afferma la chiesa cattolica, [lo affermano tutte le chiese cristiane, con la sola eccezione dei TdG] che ne fa oggi ampio uso, talvolta anche commerciale; oppure se la forma dello strumento sia stata piu' probabilmente quella di un semplice palo [come "più probabilmente"? La WTS ed i TdG sono quasi sempre molto categorici nell'affermare che Cristo morì su un palo. Provate a chiedere a qualche TdG se ritiene solo probabile che Cristo sia morto su un palo...]. Infine se sia lecito trarre conclusioni certe riguardanti l'argomento in base alle prove in nostro possesso.

Ma chi ha tratto conclusioni certe sul fatto che Cristo non sia morto su una croce? Sono stati i TdG, contraddicendo quello che è stato creduto per secoli da tutte le chiese cristiane. Sono i TdG che dicono, senza incertezze, che «Gesù non morì su una croce. Morì su un palo» e che  «il peso dell’evidenza indica quindi che Gesù morì su un palo verticale e non sulla croce tradizionale» (Ragioniamo facendo uso delle scritture, pp. 85-89 e Cosa richiede Dio da noi, p.23).

Sta a loro provare queste dogmatiche asserzioni. Tutto questo cavillare sull'uso originale (iniziale) di alcuni termini greci ed il citare parzialmente alcuni studiosi non ha dimostrato, infatti, proprio nulla.


«La croce era un palo verticale appuntito in alto, oppure era costituita da una trave verticale e da un'altra orizzontale sovrapposta (a forma di T, crux commissa), o da due travi intersecantisi, di uguale lunghezza (forma †, crux immissa) ... La croce di Gesù che i romani rizzarono per eseguire la condanna a morte, era, come ogni altra croce, un palo verticale con una trave trasversale» - Il Grande Lessico del Nuovo Testamento, di Gerhard Kittel, Paideia, 1965-1989.

«Nella sua forma più semplice, consistente di due pezzi di legno, uno in posizione eretta, l'altro trasversale e ad angolo retto rispetto al primo, la croce era conosciuta fin da un'età molto remota della storia del mondo ... [la crux immissa] differiva dalla precedente la (crux decussata) per la collocazione del palo diritto (stipes) al disotto del braccio trasversale (patibulum) ... Che questa fosse la sorta di croce sulla quale il nostro Signore morì è ovvio (fra le altre ragioni) dalla menzione del 'titolo' che era collocato al di sopra del capo di nostro Signore, e dalla tradizione quasi del tutto unanime» - Cyclopedia of Biblical, Theological and Ecclesiastical Literature, di McClintock and Strong, Baker House, vol. II, pag. 576. Ristampa 1981.

È interessante osservare come anche studiosi Ebrei, i quali non hanno nessun interesse per la crocifissione di Gesù né per il suo segno, parlano del supplizio romano, facendo anche riferimento ai vangeli: «The crosses used were of different shapes. Some were in the form of a T, others in that of a St. Andrew's cross, (X), while others again were in four parts, (+). The more common kind consisted of a stake ("palus") firmly embedded in the ground ("crucem figere") before the condemned arrived at the place of execution (Cicero, "Verr." v. 12; Josephus, "B. J." vii. 6, § 4) and a cross-beam ("patibulum"), bearing the "titulus"- the inscription naming the crime (Matt. xxvii. 37; Luke xxiii. 38; Suetonius, "Cal." 38). It was this cross-beam, not the heavy stake, which the condemned was compelled to carry to the scene of execution (Plutarch, "De Sera Num. Vind." 9; Matt. ib.; John xix. 17)». Traduzione: «Le croci utilizzate furono di differenti forme. Alcune furono in forma di T, altre nella forma della croce di Sant'Andrea (X), mentre altre ancora erano in quattro parti (+). Il tipo più comune consisteva in un palo (palus) fermamente fissato al terreno (crucem figere) prima che il condannato arrivasse sul luogo dell'esecuzione (Cicerone, Verrine, v. 12; Giuseppe Flavio, Bellum Iudaicum, VII, 6,4) e in un trave trasversale (patibulum), recante il "titulus", l'iscrizione che attestava il crimine (Mat. 27,37; Luc. 23,38; Svetonio, Claudio, 38). Era il palo trasversale, non il palo fisso, che il condannato era costretto a a trasportare sul luogo dell'esecuzione (Plutarco, De Sera Numinis Vindicta, 9; Mt., ibidem; Gv.19,17)» - Jewish Encyclopedia, alla voce "Crocifissione".


Nota: Ecco cosa si legge in Svegliatevi! dell'8/5/77, pp. 27, 28, su Giustino e la "Lettera di Barnaba" (i commenti fra parentesi quadre sono aggiunti): «Ma gli scrittori del principio dell'Èra Volgare non affermano che Gesù morì su una croce? Per esempio, Giustino Martire (114-167 E.V.) descrisse in questo modo ciò che credeva fosse il tipo di palo su cui morì Gesù: "Infatti, un'asta è posta verticalmente, e il suo braccio superiore sporge verso l'alto, quando vi si applica l'altra asta, le cui estremità appaiono come bracci uniti a quello superiore". Questo indica che Giustino stesso credeva che Gesù fosse morto su una croce. Tuttavia, Giustino non fu ispirato da Dio, come lo furono gli scrittori biblici [ma è necessario essere ispirati per sapere com'è fatta una croce?]. Egli nacque oltre ottant'anni dopo la morte di Gesù [la data di nascita di Giustino è posta normalmente intorno al 100, e nel 135 circa è ambientato il discorso con Trifone], già dopo la sua conversione al cristianesimo, e non fu testimone oculare di quell'avvenimento [nemmeno l'evangelista Luca fu presente alla crocifissione, ma questo non rende priva di valore la sua testimonianza]. Si crede [chi lo crede? Perché la Società non cita la fonte di questa "credenza"?] che descrivendo la "croce" Giustino si basasse su uno scritto precedente chiamato "Lettera di Barnaba" [Giustino non cita mai la lettera di Barnaba e non sappiamo nemmeno se conosceva questo scritto]. Secondo questa lettera non biblica, la Bibbia narrerebbe che Abraamo circoncise trecentodiciotto uomini della sua casa. Poi attribuisce un significato speciale a una cifra in lettere greche equivalente a 318, cioè IHT. Lo scrittore di questa opera apocrifa afferma che IH rappresenti le prime due lettere di "Gesù" in greco. La T è considerata la forma del palo su cui morì Gesù. Riguardo a questo passo, la Cyclopaedia di M'Clintock e Strong dichiara: "Evidentemente lo scrittore non conosceva le Scritture Ebraiche [318 è il numero fornito da Gen. 14:14], e commise [anche] l'errore di supporre che Abraamo conoscesse l'alfabeto greco alcuni secoli prima che esso venisse all'esistenza" [Barnaba non sta raccontando quello che pensava Abramo, che evidentemente non sapeva il greco, ma sta spiegando allegoricamente come l'Antico Testamento secondo lui era una previsione del nuovo, adombrando in alcuni gesti la prefigurazione di realtà compiute al tempo del Cristo]. Un traduttore inglese [anche qui non si cita il nome di questo traduttore; per quello che ne sappiamo, mancando ogni indicazione, potrebbe trattarsi anche di un TdG...] di questa "Lettera di Barnaba" spiega che contiene "numerose inesattezze", "interpretazioni assurde e insignificanti della Scrittura", e "molti sciocchi vanti di superiore conoscenza a cui lo scrittore si abbandona" [commenti così negativi necessitano che l'autore di tali critiche si identifichi]. Fareste assegnamento su un tale scrittore, o sulle persone che lo seguirono, per avere informazioni accurate in merito al palo su cui morì Gesù? [Certamente, perché egli è testimone di una tradizione invariata, e che a nessuno è mai venuto in mente di negare, a parte i TdG dal tempo di Rutherford (1937)]».