I giorni dell'oratorio, delle chitarre e dei libri di scuola che volavano dalle finestre

Parte Sesta: A volte (e dal vivo) ritornano

(di Roberto Letizia)

 

Nessuno ci aveva creduto, ma a confermarlo fu un rapido giro di telefonate nelle quali anche il più scettico non fece che confermare l'orrida realtà... John Lennon era stato accoppato.. ed il giorno stesso o quasi.

Fu con questo spirito che affrontammo di nuovo quelle scale che portavano alla sotterranea sala di Dongioprete.

Il sacerdote, in verità qualche minuto prima ci aveva detto:
"Vi vedo tristi ragazzi, non sarà per la morte di quel cantante pop, John LIMON? ", cosa che ci atterrì ulteriormente prima di constatare che stavolta mancava anche una corda del basso, al basso Clarissa e dovetti suonare perciò senza il Mi Grave.

Una prova penosa eravamo veramente sfasati, avevamo capito che i Beatles, non si sarebbero mai più ricostituiti. Seguì dunque infatti, una vasta commemorazione postuma alla prematura scomparsa dell'artista: le cinque giornate di John Lennon, o la 24 ore dei Beatles in Italia 65, quando giravano in Giulietta 1400 a Portofino, dopo aver scelto Genova al posto di Venezia per la loro tappa Preromana.

Si susseguirono frasi assurde tipo:
"Portiamo le nostre condoglianze a Danilo, ora è sulle sue spalle il peso dell'eredita' di Lennon" (L'altro chitarrista, Marco Ciccone, sapeva fare l'assolo di All My Loving, quindi a pieno titolo era diventato il solista ufficiale del gruppo) oppure John è vivo, il figlio di John si unirà in gruppo ai figli di Mc Cartney, Starr ed Harrison e nasceranno i nuovi Beatles...

Tutto fu, in parte mitigato dalla nuova ennesima notizia: a parte che quell'anno saremmo stati tutti bocciati,
pare si suonasse di nuovo, dopo la festa "dell'atleta" in febbraio, per martedì grasso, l'ultimo giorno di carnevale, nientedimeno che nella mitica sala "pidocchietto" san Giuseppe al Trionfale, cinema parrocchiale che all'epoca proiettava integre gloriose pellicole di Mario Merola. Quella dove Mario Merola fa la parte del Capo della Squadra Omicidi di Napoli, con tanto di radiotelefono ed improbabili coniugazioni di verbi, diventerà in seguito l'ossessione del mio collezionismo trash cinematografico.

 4 febbraio 1981 - i Royal Boys in "Dizzy miss Lizzy" dei Beatles


Massima concessione però, visto che l'organico si era arricchito di nuove bands per la sala di DonGioprete, era soltanto, stavolta, un (e solo uno) pezzo a testa.

Dopo giorni di decisioni e ripensamenti la scelta cadde su
"Dizzy miss Lizzy" un pezzo urlato da Lennon e per commemorare Lennon, preso da HELP!, il 33 giri... che aveva un facilissimo giro strumentale a cui uno dei nostri chitarristi doveva dedicarsi (che fu Danilo Rusich, vestito da cowboy con tanto di cappello di carta in testa) .

Il pezzo era difficile, tanto che decisi di suonarlo alla chitarra dal vivo, e far passare Marco Ciccone al basso, come documentato da allegate foto d'epoca. Non sarei mai riuscito a cantare e a suonare il giro rock'n'roll che faceva McCartney.

Nel frattempo, come dicevo, le bands della saletta di Dongioprete (che aveva acquistato anche un Mixer FBT) si arricchirono di tre new entries: il bassista
Energumeno Bruno , detto Konga, che però aveva un fender bass originale compratogli dal padre ed era pure bravino, il chitarrista Andrea Genghini, detto Gengo e successivamente Ginko (dal commissario di Diabolik) part-time replacement per i donnaioli chitarristi degli Sharks tipo Fausto Top che ogni tanto si trovava nei guai con qualche lolita liceale dei tempi... e finalmente una band che suonava peggio di noi: "GLI SFIGATI", come li chiamavamo noi dopo averli visti all'opera. A vederli e sentirli suonare ci sentivamo veramente come se fossimo la backing band di Roy Orbison o i Kinks. Ne ricordo due, il chitarrista Stefano M. (l'unico che poi alla fine è rimasto nel campo musicale come produttore , arrangiatore e musicista turnista) all'epoca memorabile schiappa, e il bassista tra l'altro un vero basso perché era il più tappo o quasi dell'oratorio) Michele P., che per un crudele scherzo del destino un giorno mi fece la "cianghetta" e mi fece spaccare il mento, per cui se leggerà queste righe sappia che non l'ho mai perdonato e sono pronto a pestarlo, anche se come so da fonti mie, è diventato carabiniere nel Nord Italia.

Dizzy Miss Lizzy ci fece sanguinare mani e, nel mio caso, l'ugola, soprattutto per lo strillo che annunciava il solo semplice semplice di Danilo. Eravamo pronti ed il fatidico giorno arrivò.

1981 - Roberto Letizia (Hulk) , Marco Grillone, Danilo il Gatto, Batlok e Fangio

 

I Sacerdoti come al solito avrebbero aperto e chiuso le danze, ma prima c'erano le scenette fatte dai ragazzi dell'oratorio che furono divertenti, come quella fatta ad hoc per i due sorveglianti oratoriali, Ennio Speedy Gonzales e Maurizio detto "il tartaglione" che si impappinavano e si prendevano quasi a parolacce suscitando l'ilarità dei presenti ...

I presenti però, quel giorno, alla fine delle scenette, scapparono tutti o quasi lasciando il cinema semivuoto e soltanto pochi fans questa volta a vedere i gruppi. La musica nell'oratorio, evidentemente interessava poco o niente,
allora capimmo che era arrivata la stagione e delle sigarette che si fumavano senza respirarle.

Fuori l'oratorio c'era una nuova banda, dei veri attaccabrighe motorizzati, che noi chiamavamo
L'ASFIX, per via di un muro tappezzato di scritte heavy metal (erano arrivati gli Iron Maiden da poco in Italia) con questa misteriosa parola scritta in Gotico stile. Erano dei rompiscatole, illetterati, maneschi e per questo ovviamente, pieni di donne (la donna più grande aveva persino 18 anni).

E la desolazione della vuota sala parrocchiale, ci affranse non poco... pensammo di risollevarci sfottendo gli SFIGATI ma con orrore vedemmo che Andrea FenderBianca dei sacerdoti era passato con loro per fare "Rock around the clock" con assolo precisissimo. Tutto sommato anche se il bassista-basso li mandò varie volte fuori tempo, fecero una buona figura. Li seguimmo dal loggione, dove i chitarristi tirarono palline di carta e polvere starnutatoria, e poi toccò a noi.

Le foto dell'epoca ci ritraggono in maglione perché nella sala faceva un bel freddo, tirchio com'era, il prete doveva aver fatto fuori i riscaldamenti. Dizzy Miss Lizzy venne fuori discreta, per quanto ne capissimo noi, ma il finale fu tragico: "allabatteria" battilocchi decise autonomamente di allungare di 12 battute e si ritrovò a suonare da solo mentre noi facevamo quasi l'inchino per un magro applauso. Tutti guardammo malissimo BATLOK che aveva fatto una cappellata immane.

Era finita. I Royal Boys uscivano dalle scalette camminando come se fossero allo Shea Stadium mentre sul palco salivano i
CIELLINI al completo che suonavano i loro Dik Dik; mi ricordo che fecero l'Isola di Wight con Konga al Basso. Stavolta gli Sharks non vennero proprio e i Sacerdoti, nonostante la toppa di Batlok, di nuovo ci fecero i complimenti.

La settimana dopo, un misterioso figuro, bussò alla porta della sala. Pensavamo fosse un certo
Fasoli, un megalomane rompiscatole goliardico che noi chiamavamo "occhio di falco" per un suo certo strabismo di venere ... ma invece erano uno più uno, due della banda dei Maneschi Motorizzati, quella di Ovett già precedentemente incontrato, che si misero uno alla batteria grancassa presa a calci e uno a suonare il piano coi pugni. Nessuno osò contrastarli, erano più grandi di noi e le Marlboro le respiravano. Noi eravamo rimasti sempre alle liquirizie. Fecero 20 minuti di porco comodo free jazz sfascio improvvisazione manesca e sparirono.
Si avvicinava la primavera.