Palermo - teatro Massimo

In uno di questi mattini, così caldi, limpidi, veri, sono salito in macchina sul Monte Pellegrino. I finestrini aperti, la radio accesa e il vento tra i capelli.

   Sono arrivato al belvedere più alto, poi ho fatto - a piedi - l'ultima salita, su, fino in cima dov'è la statua della "Santuzza" a cui già per due volte i fulmini hanno troncato la testa con la sua bella corona di rose.

   Vi è un parapetto che strapiomba sul mare ed io mi ci sono appoggiato. Di fronte a me soltanto una stupenda immensità di cielo e di mare. Guardando (un lento giro fino al contro-sole) mi sembrava di incelestirmi tutto, dimenticando ogni cosa che stava alle mie spalle.

   Nulla c'era più: né la montagna con il suo nascosto santuario rosa, né i mostruosi tralicci spettrali delle stazioni televisive. Non sentivo più neanche le capre che facevano trillare tra i belati i campanacci, saltando sulle balze dei pendii.

   Niente, più niente, neanche la città giù, dietro al monte, nella vallata; la città con tutta la sua confusione, il traffico, il lavoro, i suoi problemi, le cavolate assurde della gente.

   Tutto annullato. Solo quell'azzurro dinanzi a me. Il mare così intenso che sfumava riunendosi col cielo, senza una linea d'orizzonte, sembrava si allargasse da ogni parte, rubando al sole i suoi riflessi d'acque, baluginii nell'aria, strisce chiare e scure, come tante pennellate e un'istantanea vernice di luce.

   Per incanto il pennello ripassava, ispessendo l'immensità, la pace, il silenzio... e l'azzurro. Quanto azzurro! Tutto quel cielo e quel mare: i tuoi occhi.

tratto da "Summer-End"

 

Palermo - S.Maria dello Spasimo

Palermo - Piazza marina

home page notizie personali poesia dialettale versi in italiano e-mail