Home Page |
Blog |
Primo Piano |
Multinazionali |
Il Comunismo |
Concezione Zapatista |
Images and Photos |
Links |
L’organizzazione
del regime comunista
Lo stato, come organizzazione borghese, muore perché vi sono due fattori che ne determinano la fine: l'anarchia
della produzione, che dà luogo alla concorrenza, alle crisi ed alle
guerre; ed il carattere classista della società , che dà ineluttabilmente
origine alla lotta di classe. La società capitalistica è paragonabile
ad una macchina male costruita, nella quale una parte incaglia continuamente
l'azione delle altre. Perciò questa macchina deve prima o dopo sfasciarsi.
È chiaro che la nuova società dovrà essere molto più
saldamente congegnata che con il capitalismo. Non appena l'urto delle forze
antagonistiche avrà spazzato via il capitalismo, dovrà sorgere
sulle rovine una società che non conoscerà quegli antagonismi.
Le caratteristiche del sistema di produzione comunistica sono le seguenti:
1° la società sarà organizzata, cioè in essa non
esisterà né anarchia della produzione, né concorrenza
degli imprenditori privati, né guerre, né crisi; 2° non
esisterà più la divisione in classi, cioè la società
non sarà più divisa in due parti che si combattano reciprocamente
e non sarà possibile che una classe venga sfruttata dall'altra. Una
società in cui non esistano classi ed in cui tutta la produzione sia
organizzata non può essere che una società comunista nella quale
tutti lavorano solidarmente. Consideriamo questa società più
da vicino. La base della società comunista è la proprietà
sociale dei mezzi di produzione e di scambio, cioè le macchine, gli
apparati, le locomotive, i piroscafi, gli edifici, i magazzini, le miniere,
il telegrafo ed il telefono, la terra ed il bestiame da lavoro sono proprietà
della società. Nessun singolo capitalista e nessuna associazione di
ricchi può disporre di questi mezzi, che appartengono all'intiera società.
Che cosa significa questa espressione di «intiera società»?
Significa che neppure una singola classe può essere proprietaria di
questi mezzi, ma bensì tutti gli individui che formano questa società.
In tali condizioni la società si trasforma in una grande e solidale
cooperativa di lavoro, nella quale non può esistere né sparpagliamento
della produzione, né anarchia. Anzi siffatto ordinamento permette l'organizzazione
della produzione. La concorrenza non è più possibile poiché
nella società comunista tutte le fabbriche, le officine, le miniere
ed ogni impianto speciale non sono che altrettanti reparti di una grande officina
nazionale che abbraccia tutta la economia. S'intende che una organizzazione
così grandiosa presuppone un piano di produzione generale. dal momento
che tutta l'industria e l'agricoltura formano una unica immensa cooperativa,
bisogna naturalmente pensare come si debba distribuire la mano d'opera fra
le singole industrie, quali e quanti prodotti siano necessari, come e dove
debbano venir distribuite le forze tecniche ecc. Tutto ciò deve essere
prestabilito, almeno approssimativamente, ed in base a questo programma bisogna
agire. In ciò consiste appunto l'organizzazione della produzione comunista.
La cosa essenziale consiste in ciò che questa è un'organizzazione
solidale di tutti i membri della cooperativa.
Oltre che per l'organizzazione, l'ordinamento sociale comunista si distingue
per il fatto che esso elimina lo sfruttamento, abolisce la divisione della
società in classi.
Nel regime comunista, per esempio, non vi saranno direttori di fabbrica stabili
o gente che durante tutta la sua vita fa il medesimo lavoro. Nell'odierna
società le cose stanno così: se uno ha imparato il mestiere
del calzolaio, egli non farà in tutta la sua vita altro che scarpe
e non vedrà altro che le sue forme; se è pasticciere, non farà
in tutta la sua vita altro che paste; se è direttore di fabbrica non
farà altro che amministrare e comandare; se è semplice operaio
dovrà in tutta la sua vita ubbidire ed eseguire gli ordini degli altri.
Nella società comunista le cose sono diverse. Tutti gli uomini vi godono
una cultura multiforme, di modo che tutti possono esplicare la loro attività
in tutti i rami della produzione. Oggi sono amministratore, domani lavorerò
in un saponificio, la settimana ventura in qualche serra, e di qua ad un mese
in qualche centrale elettrica. Ma ciò non sarà possibile fin
quando tutti i membri della società potranno usufruire d'una educazione
adeguata, questa è vera meritocrazia.
Il sistema di produzione comunista non presuppone la produzione per il mercato,
ma per il proprio bisogno. Soltanto che qui non produce più ogni singolo
per sé stesso, ma l'intiera immensa cooperativa per tutti. Quindi non
vi esistono più merci, ma soltanto prodotti. Questi prodotti non vengono
reciprocamente scambiati: essi non vengono né venduti né comperati,
ma semplicemente accumulati nei magazzini comuni e distribuiti a coloro che
ne hanno bisogno. Il denaro sarà quindi superfluo.
L'amministrazione
nella società comunista
Nella società comunista non esisteranno più classi. Ma se non
ci saranno più classi vuol dire che non esisterà più
uno Stato. Noi già dicemmo più avanti che lo Stato è
l'organizzazione del dominio di classe. Lo Stato è stato sempre impiegato
come mezzo di oppressione da una classe contro l'altra. Lo Stato borghese
è diretto contro il proletariato, lo Stato proletario contro la borghesia.
Ma nella società comunista non esistono né latifondisti, né
capitalisti, né salariati, ma soltanto uomini, compagni. Non esistono
classi, e quindi né lotta di classe, né organizzazioni di classe.
Non essendo più necessario di tener in freno nessuno, lo Stato diventa
superfluo.
La direzione centrale risiederà nei vari uffici di contabilità
e negli uffici statistici. In essi giorno per giorno ci si renderà
conto della produzione e dei bisogni; e inoltre si stabilirà dove la
mano d'opera sia da ridurre e dove da aumentare, e quanto si debba produrre
di un articolo o di un altro.
Gli avversari del comunismo lo hanno sempre rappresentato come una ripartizione
egualitaria dei beni. Essi sostengono che i comunisti vogliono sequestrare
tutto e poi ripartire in parti uguali la terra, i mezzi di produzione, ed
anche i mezzi di consumo. Non vi è nulla di più assurdo di questa
concezione. Innanzi tutto una divisione di questo genere non è più
possibile. Infatti si possono bensì dividere la terra, il bestiame,
il denaro, ma non si possono dividere le ferrovie, i piroscafi, le macchine,
ecc. In secondo luogo la divisione non ci porterebbe avanti di un passo, ma
costituirebbe un vero regresso dell'umanità. Essa determinerebbe la
formazione di una infinità di piccoli proprietari. E noi sappiamo già
che dalla piccola proprietà e dalla concorrenza dei piccoli proprietari
sorge la grande proprietà ed il capitalismo. Data la divisione di tutti
i beni, l'umanità dovrebbe ricominciare il suo cammino e ricantare
ancora una volta la vecchia canzone. Il comunismo proletario (o il socialismo
proletario) è un grande sistema economico di compagni, basato sulla
proprietà comune dei mezzi di produzione. Esso nasce dallo sviluppo
della società capitalistica o dalla posizione che il proletariato ha
in questa società. Bisogna distinguere dal comunismo proletario:
a) Il socialismo della plebe (anarchismo). Gli anarchici rimproverano ai comunisti che il comunismo vuole mantenere nella società futura il potere statale. Come abbiamo già detto, ciò non è vero.
b) Il socialismo piccolo-borghese (della piccola borghesia urbana). - Esso si basa non sul proletariato, ma sugli artigiani destinati a scomparire, sui piccoli borghesi urbani, e su una parte degli intellettuali. Esso protesta contro il grande capitale, ma in nome della «libertà» della piccola impresa.
c) Il socialismo agrario borghese assume varie forme e si avvicina talvolta all'anarchismo agrario. La sua caratteristica è che esso non ci rappresenta mai il socialismo come un'economia in grande, ma si accosta alla concezione della divisione egualitaria; dall'anarchismo si distingue per il suo postulato di un forte potere che deve difenderlo dai latifondisti da una parte e dal proletariato dall'altra. Questo genere di «socialismo» è la «socializzazione della terra» dei socialrivoluzionari russi che vogliono eternare la piccola produzione e che temono perciò il proletariato e la trasformazione dell'economia in una grande unione comunista.
d) Il «cosiddetto «socialismo dei grandi
capitalisti e degli schiavisti. - In esso non si trova nemmeno un'ombra
di socialismo. Se nei tre gruppi surriferiti vi è ancora qualche traccia
di socialismo ed una protesta contro lo sfruttamento, in quest'ultimo la parola
«socialismo» è soltanto uno specchietto per le allodole
ed un inganno. Questa ideologia venne spacciata dagli scienziati borghesi
ed accettata dai socialisti riformisti (in parte anche da Kautsky e C.). Di
questa specie è, per esempio, il «comunismo» dell'antico
filosofo greco Platone. Esso consiste in ciò che l'organizzazione dei
capitalisti sfrutta la massa degli schiavi «in comune» e «solidariamente».
Fra i padroni regna completa uguaglianza e tutto è in comune. Gli schiavi
sono spogliati di ogni diritto e di ogni proprietà. Qui non c'è
nemmeno il sentore del socialismo. Un socialismo di questo genere viene propagato
dai professori borghesi sotto il nome di «socialismo di Stato»,
colla sola differenza che al posto degli schiavi vi è il proletariato
moderno e che in luogo dei possessori di schiavi stanno in sella i grandi
capitalisti. Questo non è socialismo ma capitalismo statale del lavoro
forzato.