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Buongiorno!
Sono una "giovane infermiera", giovane perché diplomata da un anno. E'
bello scoprire che esiste in internet una realtà come questo sito.
Complimenti a lei e ai suoi colleghi collaboratori.
Vi ho scoperto cercando tramite motori di ricerca notizie su preavviso e
dimissioni.
Lavoro a Napoli in una clinica accreditata col SSN con un contratto a
tempo determinato (sto sostituendo una maternità).
Proprio ieri ho ricevuto un telegramma da una ASL di Bologna presso la
quale ho fatto un concorso l' anno scorso.
Ora, volendo dare le dimissioni dalla clinica, volevo sapere quanto
preavviso devo dare ai miei datori di lavoro.
la ringrazio anticipatamente e auguroni per il sito!
Angela.
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Grazie per i complimenti, che ho provveduto a girare a tutto il gruppo
dirigente e collaboratori .
Prima di approfondire la normativa è essenziale conoscere il "contratto
di lavoro" che ha sottoscritto, all'atto dell'assunzione presso la
clinica.
Le aziende formulano il contratto la cui sottoscrizione è vincolante; il
recesso è compreso e spesso viene specificato che "durante il periodo di
lavoro, non è consentito al lavoratore recedere dal rapporto di lavoro
salvo che (ad esempio ti trascrivo un modulo di contratto) per
comprovati motivi di carattere personale o familiare". Ecco che in
questo caso, e solo in questo caso, si può dare comunicazione
all'Azienda 15/30 gg. prima.
"Nel caso di mancato rispetto del termine di preavviso da parte del
lavoratore l'Azienda applicherà sulla retribuzione a lui spettante una
trattenuta per un numero di giorni pari al termine inosservato. Il
recesso senza preavviso comporta la perdita del diritto alla posizione
in graduatoria (sempre per le sostituzioni)."
Altre Aziende, invece, per qualsiasi anticipo di "recesso del rapporto
di lavoro" applicano una penale predefinita; altre invece vogliono solo
l'informativa di 15 giorni (se trattasi di incarico trimestrale) o di 30
giorni ( se trattasi di incarico semestrale) per consentire l'eventuale
(ulteriore)sostituzione.
Come vede è essenziale la conoscenza , integrale, del contratto che ha
sottoscritto.
Salvatore Modica
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Sono un infermiere che lavora in un reparto di oncologia medica. Mi occupo
quasi esclusivamente di preparare, sotto cappa, farmaci destinati alla
somministrazione di chemioterapia. Da quanto ne so, questa competenza e'
contesa tra oncologi, farmacisti ed infermieri, ma non mi e' dato sapere
se cio' che faccio quotidianamente, e', un mio inconsapevole abuso di
professione, ne' leggo nel contratto una normativa che contempli
questa specifica mansione per infermieri potrebbe aiutarmi a far luce
sulla questione? Grazie |
Gent.mo collega ho già avuto modo di interessarmi di questa materia, puoi trovare qui la faq specifica regolata dal "Documento di linee-guida per la sicurezza e la salute dei lavoratori esposti a chemioterapici antiblastici in ambiente sanitario. (Repertorio atti n. 736).(pubblicato su : G. U. n° 236 del 7/10/1999) Le direttive si soffermano sulle "Caratteristiche dell'unità di preparazione dei chemioterapici antiblastici", insistendo sulla necessità della centralizzazione della preparazione : 1- per impedire lo svolgimento incontrollato di attività a rischio. 2- Per ridurre al minimo il numero dei lavoratori esposti. 3- Per facilitare l’accuratezza dei controlli da parte del Responsabile. 4- Per ottenere una maggiore efficienza economica di gestione. In diverse unità oncologiche il servizio addetto alla preparazione è individuato nel "servizio di farmacia" , altri affiancano l'oncologo, altri ancora l'infermiere di oncologia. Ma tutti sono tenuti ad osservare che " per ottenere elevati standard di sicurezza e prevenzione per il personale esposto a chemioterapici antiblastici è necessario che i lavoratori esposti siano adeguatamente informati sui rischi, sulle corrette modalità di manipolazione dei farmaci antiblastici e dei materiali contaminati, sull'uso delle cappe, dei mezzi protettivi individuali, sul significato del monitoraggio ambientale e della sorveglianza sanitaria. Adeguati programmi di formazione devono essere attuati prima dell'inizio delle attività che determinano l'esposizione e con successiva periodicità, con verifica dell'apprendimento. Il D.Lgs. 626\94 (art. 21 e 22) introduce l'obbligo dell'informazione e della formazione dei lavoratori che rientra tra i compiti del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e del Medico Competente. Si evidenzia pertanto la necessità di dotare gli operatori sanitari di strumenti informativi e formativi adeguati, al fine di creare una coscienza responsabile dei rischi negli addetti alla manipolazione di farmaci antiblastici. Informazione Destinatari Medici, Farmacisti Ospedalieri, Infermieri, Tecnici di farmacia o di laboratorio e Personale Ausiliario coinvolti nella preparazione, somministrazione e smaltimento di farmaci antiblastici o che operano in ambienti dove esiste rischio di contaminazione diretta o indiretta (contatto accidentale con residui della preparazione e somministrazione, presenti nell'ambiente di lavoro). La prima attività informativa verrà svolta all'assunzione o in occasione del trasferimento in reparti che operino con farmaci antiblastici. Informatori - Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione - Medico Competente - Altri Strumenti - seminario informativo della durata di almeno 4 ore rivolto a tutte le tipologie di operatori da condurre a numero chiuso ed a frequenza mensile fino ad esaurimento della domanda, quindi con cadenza semestrale o annuale, - distribuzione di documentazione contenente le informazioni esistenti su cancerogenicità, altri eventuali rischi, possibilità e modalità di assorbimento accidentale; - elenco dei possibili interventi di decontaminazione; - aggiornamento quinquennale o in caso di importanti novità, sia in termini di nuovi farmaci che di nuovi sistemi di somministrazione, come previsto dall'art.. 66, comma 3, del D. Lgs. 626\94; - distribuzione di documentazione contenente le norme vigenti che devono essere obbligatoriamente seguite da parte del personale; - verifica del grado di apprendimento mediante questionario. Formazione Destinatari Medici, Farmacisti Ospedalieri, Infermieri, Tecnici di Farmacia o di Laboratorio e Personale Ausiliario coinvolti nella preparazione, somministrazione e smaltimento di farmaci antiblastici o che operano in ambienti dove esiste rischio di contaminazione diretta o indiretta (contatto accidentale con residui della preparazione e somministrazione, presenti nell'ambiente di lavoro). Docenti - Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione - Medico Competente - Oncologo Medico - Farmacista Ospedaliero - Infermiere Dirigente
Ho voluto riportare tutta la norma che comprende
l'informazione/formazione in quanto è chiara e ben determinata nel suo
contenuto.
L'organizzaizone dell'attività nell'ambito dell'U.O. di Oncologia è di
riflesso "condizionata" dall'organizzazione del presidio, per cui la
preparazione dei farmaci rientra in questa necessità organizzativa.
Non esiste "nessun abuso di professione", se questa attività viene
svolta con la formazione e l'informazione adeguata, ed i criteri di
"SICUREZZA NELL’ UTILIZZO DEI FARMACI ANTIBLASTICI" contenuti
nelle Linee guida e nella normativa 626/94
E' necessario conoscere l'organizzazione del presidio, per motivare un
coinvolgimento del "servizio di farmacia" nella preparazione dei farmaci
antiblastici. L'organizzazione necessita della valutazione del numero di
personale, la tipologia strutturale e la collocazione logistica.
Mi rendo disponibile per un approfondimento organizzativo.
Salvatore Modica |
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Gentilissimo Salvatore Modica, sono un infermiera a contratto a
termine e vorrei sapere la normativa in materia di pronta disponibilità
e se questo puo' essere un obbligo anche se da parte mia vorrei
rinunciarci.
Nella fattispecie, si è verificato che solo un terzo del personale
del reparto aveva dato le disponibilità, e quindi il direttore sanitario
ha obbligato tutti a partecipare alle reperibilità, respingendo le
domande per iscritto di alcuni colleghi i quali adducevano problematiche
diverse per non effettuare i turni di reperibilità.
Nel caso di obbligo su quale turno si puo' inserire la reperibilità?
Sulla Mattina, pomeriggio, o notte? e quante nello stesso turno
ordinario?
Grazie della disponibilità
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La normativa è sviluppata nell'art 7 del CCNL integrativo, e specifica
che il servizio di pronta disponibilità è inserito in un piano annuale,
predisposto dalla Direzione in concertazione con le OO.SS.
Non mi specifica in quale Unità operativa Lei opera, e quale nuova
necessità è sopraggiunta per predisporre il servizio di pronta
disponibilità.
Dando per scontato che sia necessario per l'U.O. di appartenenza, "il
servizio di pronta disponibilità è organizzato utilizzando di norma
personale della stessa unità operativa (comma 5). Il "di norma" è stato
inserito in quanto l'organizzazione in dipartimenti può prevedere lo
svolgimento del servizio di pronta disponibilità anche da personale non
della stessa U.O. (ma appunto dipartimentale).
La pronta disponibilità è una continuazione dell'attività istituzionale,
svolta in situazioni non routinarie nell'ambito della U.O.; e proprio
per il carattere eccezionale dell'attività lo svolgimento è prerogativa
di personale professionalmente preparato a gestire l'emergenza.
Non viene fatta alcuna divisione tra personale assunto a tempo
indeterminato o a tempo definito, pertanto tutto il personale della U.O.
può essere inserito nello svolgimento della pronta disponibilità.
Il servizio di pronta disponibilità (comma 6) va limitato ai turni
notturni ed ai giorni festivi. Di regola (comma 10) non potranno essere
previste per ciascun dipendente più di sei turni di pronta disponibilità
al mese.
Faccio notare la locuzione "di regola", che nei fatti può essere
tranquillamente superata.
L'esonero dal servizio di pronta disponibilità potrà avvenire per
personale "esonerabile"dai turni notturni, o per decisione del Medico
competente.
Salvatore Modica
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Mi chiamo Giuseppe, sono un infermiere, ho fatto richiesta di mobilità
interna (dipartimento diverso da quello dove lavoro attualmente), esiste
un termine entro cui il datore di lavoro deve assolvere a tale richiesta? Grazie Giuseppe |
Caro Collega, la normativa della Mobilità interna è inserita nell'art. 18 del CCNL integrativo. Nel comma 1 si specifica che ..."la mobilità all'interno dell'azienda concerne l'utilizzazione sia temporanea che definitiva del personale in struttura ubicata in località diversa da quella della sede di assegnazione.... Nel comma 2.."rientra nel potere organizzatorio dell'azienda l'utilizzazione del personale nell'ambito delle strutture situate nel raggio di dieci chilometri dalla località di assegnazione del dipendente stesso. Non è considerata mobilità lo spostamento del dipendente all'interno della struttura di appartenenza anche se in ufficio o servizio diverso da quello di assegnazione. Come vedi la semplice richiesta di cambio dipartimento (all'interno della stessa struttura) non rientra nel concetto di mobilità e di conseguenza non può essere visionata nell'ambito dell'articolo che la disciplina. Sono diverse le Direzioni Infermieristiche che bandiscono avvisi interni per agevolare le richieste di cambio di Unità Operative, o Dipartimento adottando lo "scambio di compensazione"; in mancanza di questi avvisi (e dei criteri che la definiscono) rientra nella "discrezionalità" della Direzione Infermieristica e/o Direzione Sanitaria (in relazione all'organizzazione del presidio) assolvere alla richiesta di trasferimento.
Tutto quanto se, nell'ambito del dipartimento non è prevista una
regolamentazione (normative da adeguare,in ogni regione in relazione al
DLgs 229/1999) per la gestione della "mobilità interna" al dipartimento
o, come nel tuo caso, una cambio di dipartimento.
Salvatore Modica |
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Sono un infermiere professionale mio padre è affetto da grave
handicap, io usufruisco dei 3 giorni retribuiti al mese per congedo
straordinario, volevo chiedere se devo accedere ai giorni che decido io
in base alle esigenze assistenziali del paziente che si presentano di
mese in mese, oppure devo accedere ai giorni che decide la caposala in
base alle esigenze di servizio, creando enormi difficoltà nel poter
accedere ai giorni che mi servono,
attendo vostra cortese risposta.
distinti saluti
Paolo |
La normativa, a cui fa riferimento il collega, è la Legge 5/2/92 n° 104
(la legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti
delle persone handicappate) che ha avuto una lunga serie di circolari,
circolari interpretative, circolari esplicative, integrazioni, ecc.. che
non hanno modificato le modalità per usufruire delle agevolazioni per
chi assiste un disabile in situazione di gravità.
Le agevolazioni riguardano solo le persone non ricoverate in istituti a
"tempo pieno". Lo stato di gravità viene certificato dai distretti
sanitari di appartenenza, così come indicato dall'art. 4 della legge
quadro, e precisamente mediante domanda alle Commissioni Mediche
Sanitarie.
Nella prassi aziendale è assodato che, per usufruire dei tre giorni di
permesso, il dipendente debba formulare la richiesta (come, ad
esempio, per i permessi retribuiti) specificando i giorni di assenza. La
richiesta si intende programmabile per il mese successivo, (alcuni
regolamenti accettano le richieste, in alcuni casi, anche 15 gg. prima)
e solitamente si concordano i giorni di accesso. Tutto ciò proprio per
permettere al richiedente, e a chi dispone le turnazioni, di non
incorrere in impedimenti o assenze improvvise. Salvo le situazioni
d'emergenza o impegni improcrastinabili.
Salvatore Modica |
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Salve, avrei bisogno di sapere se un infermiere che presta servizio presso una divisione di oncologia, ha le adeguate competenze per la preparazione di farmaci antiblastici operando sotto cappa aspirante . Inoltre, vorrei sapere se e' prevista una particolare indennita' (forse legata al rischio) per questi infermieri. Grazie |
Da più di quaranta anni gli antiblastici vengono utilizzati nel
trattamento delle neoplasie e ultimamente anche di alcune malattie
infettive e altre patologie quali l'artrite reumatoide. La preparazione e
manipolazione dei farmaci antiblastici comporta un rischio di esposizione
negli operatori sanitari che non deve essere sottovalutato. Esistono in letteratura dati sull'esposizione e l'assorbimento di alcuni di questi farmaci tra operatori professionalmente esposti. Generalmente il monitoraggio di questi farmaci è risultato positivo nelle strutture sanitarie caratterizzate da situazioni lavorative con carente organizzazione, scarse precauzioni (assenza di cappe di aspirazione durante la preparazione, mancato utilizzo dei dispositivi di protezione individuale,sovraccarico lavorativo), pratiche di lavoro inidonee. È quindi determinante, per prevenire il rischio, adottare sistematicamente protezioni adeguate ed osservare tutte le procedure di sicurezza. Tra i lavoratori professionalmente esposti, quali possono essere gli infermieri o i farmacisti ospedalieri, la contaminazione può avvenire tramite inalazione dall'atmosfera, per contatto diretto con i farmaci stessi o con superfici inquinate, tramite indumenti da lavoro o altri materiali biologici contaminati. In uno studio, nella regione Lazio, vengono riportate le cause di contaminazione da farmaci chemioterapici antiblastici: Modalità % Contatto nella preparazione e somministrazione 37,7 Rottura del flacone 11,3 Rottura della siringa 5,7 Rottura dei guanti 7,5 Puntura 3,8 Malfunzionamento della cappa 1,9 Non ricorda 28,3 Il provvedimento 5 agosto 1999, Documento di linee-guida per la sicurezza e la salute dei lavoratori esposti a chemioterapici antiblastici in ambiente sanitario (G.U. n° 236 del 7.10.1999) indica l'importanza di una struttura "centralizzata per impedire lo svolgimento senza controllo di attività a rischio"; le caratteristiche degli arredi e dei locali (conformi al D.Lgs. 626/94); i sistemi di prevenzione ambientale; i dispositivi di protezione personali; le tecniche e le modalità di lavoro con la predisposizione di "procedure" per "preparare i farmaci", il loro trasporto, la somministrazione, la manutenzione e l'intervento in caso di "contaminazione accidentale"; lo smaltimento dei rifiuti. L'art. 5 del già citato decreto 5/8/99 si sofferma sull' nformazione-formazione e .."Per ottenere elevati standard di sicurezza e prevenzione per il personale esposto a chemioterapici antiblastici è necessario che i lavoratori esposti siano adeguatamente informati sui rischi, sulle corrette modalità di manipolazione dei farmaci antiblastici e dei materiali contaminati, sull'uso delle cappe, dei mezzi protettivi individuali, sul significato del monitoraggio ambientale e della sorveglianza sanitaria. Adeguati programmi di formazione devono essere attuati prima dell'inizio delle attività che determinano l'esposizione e con successiva periodicità, con verifica dell'apprendimento. Il D.Lgs. 626\94 (art. 21 e 22) introduce l'obbligo dell'informazione e della formazione dei lavoratori che rientra tra i compiti del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e del Medico Competente. Si evidenzia pertanto la necessità di dotare gli operatori sanitari di strumenti informativi e formativi adeguati, al fine di creare una coscienza responsabile dei rischi negli addetti alla manipolazione di farmaci antiblastici. ....La formazione dovrà riguardare gli aspetti normativi, la tossicità dei farmaci, le modalità di preparazione e trasporto, gli interventi in caso di emergenza. Al termine delle fasi di informazione e/o formazione l'apprendimento dovrà essere verificato tramite apposito questionario e superamento di prova pratica. Come si evidenzia le "competenze"devono essere fornite al lavoratore prima di affrontare l'attività. Non esiste alcuna indennità legata al rischio. Bibliografia: Notiziario dell'Istituto Superiore di Sanità" Volume 15 -Numero 3 Marzo 2002. La Gestione degli antiblastici_Malpighi Bologna Corso di formazione e addestramento Sicurezza nell'utilizzo dei farmaci antiblastici :Azienda sanitaria Locale Viterbo; U.O. Oncologia Pieve di Soligo (TV) :Protocollo gestione farmaci chemioterapici Ospedale Maggiore Modica : Corso di formazione per addetti alla utilizzazione di chemioterapici antiblastici. Salvatore Modica |
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Lavoro in un servizio di cardiologia il
mio orario è articolato in turni di 6 ore dla lunedi' al sabato
pomeriggi o mattine la nostra caposala si ostina a dire che non possiamo
fare cambi turni, cosa possiamo fare??? scusate ma noi siamo
infermierui ritenuti di classe zeta.
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E' difficile entrare in argomento quando
c'è una "presa di posizione" non suffragata da alcuna necessità ma solo
per la ostinazione di qualcuno. Nel particolare il cambio incrociato di
turno tra colleghi è una prassi consolidata in ogni luogo di lavoro, a
patto che non comporti nessun tipo di disservizio.
Il turno di servizio è una disposizione di
lavoro, è importante sottolineare che il cambio tra A e B debba essere
riportato nello schema delle presenze. E' già accaduto che una mancata
trascrizione dello scambio incrociato di turno abbia fatto ravvisare( ad
un controllo dei NAS) un abbandono del posto di lavoro. Pertanto è utile
dotarsi di una scheda in cui si riporta i nomi dei due interessati (A e
B), il giorno del cambio, il turno del cambio con firma di assenso di A
e B. Il tutto da trasmettere al capo sala ed al servizio infermieristico
per la modifica sulla disposizione di lavoro.
Come agire: tutti i colleghi fare presente
alla capo sala che è prassi comune il cambio incrociato del turno,la
dotazione della scheda- o similare (qualora non avvenisse) potrebbe
agevolare la struttura del servizio.
Ad una totale sordità coinvolgere il
direttore dell'U.O. (primario) l'ufficio di direzione infermieristica e,
in un contradditorio aperto, ognuno rappresentare le proprie esigenze.
P.s. Quale le motivazioni che vengono
rappresentate dalla caposala?
Salvatore Modica
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Salve, sono un infermiere che lavora in Piemonte ed a breve inizierà
una nuova avventura a casa, in Sardegna. Mia moglie, anche lei infermiera, lavora per la stessa azienda. Per potermi seguire ha richiesto ed ottenuto l'aspettativa di 12 mesi per motivi familiari. Nella lettera che confermava il tutto viene rimarcato dall'azienda che nel periodo di aspettativa non potrà svolgere attività lavorativa. Il mio quesito è: Il divieto è da intendersi solo per contratti a tempo indeterminato? E se lavorasse in regime libero professionale o come lavoratrice interinale? Un grazie anticipato Alessandro |
Gent.mo, l'azienda ha applicato l'art. 12 del CCNL integrativo che -nella sua struttura - definisce gli ambiti dell'aspettativa , le motivazioni e le modalità per usufruire della stessa. Il lavoratore non ha diritto ad alcun assegno e il periodo di sospensione è interruttivo dell'anzianità di servizio e di quella contributiva. Solo con in venir meno dei "motivi di famiglia" si può -sia da parte del datore di lavoro che da parte del dipendente- chiedere la ripresa del servizio. L'azienda , anche con la concessione dell'aspettativa, conserva comunque l'esclusività del rapporto di lavoro, così come il dipendente ha diritto alla conservazione del posto. E proprio l'esclusività che impone il divieto di svolgere attività lavorativa, e comunque il tutto rientra nella regolamentazione di cui all' art. 53 del D.L. 30 marzo 2001; con particolare riguardo al comma 7 "..i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza...; al comma 8 . "Le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi..."; ed la comma 9.." Gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi". Tutto passa attraverso l'azienda di appartenenza . Salvatore Modica |
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Ciao sono vito, lavoro presso una c.r.ia.m come infermiere prof. e
ho fatto domanda per iscrivermi ad un master. Vorrei sapere quale è la
normativa che regola i permessi di lavoro e quale è la tutela per il
diritto. In attesa di una Vostra gradita risposta vi ringrazio di
anticipo.
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Riferimento Normativo: art. 22 CCNL integrativo
1998/2001.
Testo:
1) Ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato sono
concessi-anche in aggiunta alle attività formative programmate
dall'azienda-appositi permessi retribuiti, nella misura massima di 150
ore individuali per ciascun anno e nel limite massimo del 3% del
personale...
2) i permessi sono concessi per la partecipazione a corsi destinati al
conseguimento di titoli di studio universitari, post universitari, di
scuola di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione
professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque
abilitate al rilascio di titoli di studio legali o attestati
professionali riconosciuti(....) nonché per sostenere i relativi
esami....
3) il personale interessato ai corsi ha diritto all'assegnazione a turni
di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi stessi e la preparazione
agli esami e non può essere obbligato a prestazione di lavoro
straordinario ne al lavoro nei giorni festivi o di riposo settimanale.
I commi 4, 5, 6 e 7 definiscono le modalità per la concessione al
diritto se "il numero delle richieste supera le disponibilità
individuate nel 3% del personale in servizio a tempo indeterminato.
Modalità
Ogni azienda propone un avviso
interno, entro cui richiedere la concessione, e le modalità di accesso
al permesso delle 150 prevedono la presentazione del certificato di
iscrizione al corso.
Salvatore Modica
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Mi piacerebbe sapere se l'infermiere può eseguire il prelievo venoso
in un ambulatorio senza la presenza del medico.
Vorrei conoscere riferimenti legali a tale proposito.
grazie
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L'art. 2 , comma 12 a del D.P.R. 14//1974 n° 225 (mansionario) inseriva
il "prelievo capillare e venoso" del sangue tra la pratica da svolgere
in "autonomia" da parte dell'infermiere professionale, dietro la
"prescrizione del medico". Non esistevano ulteriori disposizioni
relative all'atto, ossia se da attuare in struttura "vigilata"; mentre
-ad es.- "veniva consentita agli infermieri professionali la pratica
delle iniezioni endovenose", da svolgere "soltanto nell'ambito di
organizzazioni ospedaliere o cliniche universitarie e sotto indicazione
specifica del medico responsabile del reparto".
Il prelievo capillare e venoso rinetra nella competenza dell'infermiere,
e la normativa successiva non ha mutato la indicazione ha semplicemente
specificato che "l'infermiere riconosce i limiti delle proprie
conoscenze e competenze e declina la repsonsabilità quando ritenga di
non poter agire con sicurezza"(codiece deontologico 2/99 art. 3.3).
In sintesi: l'infermiere può eseguire il prelievo capillare e venoso,
dietro la prescrizone del medico la cui presenza non è necessaria.
Salvatore Modica |
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Ciao, sono un infermiera professionale incaricata, vorrei avere un
chiarimento, vorrei sapere se dopo l'espletamento del turno notte i
colleghi turnisti montanti arrivino tardi o non arrivino, chi ha
espletato il turno notte può smontare in loro assenza, però in presenza
della collega o del collega giornaliero (cioè non turnista che lavora in
reparto solo la mattina) e vorrei sapere se ci sono delle norme scritte
in merito, grazie.
In attesa di una vostro chiarimento porgo cordiali saluti.
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E' stata avviata una discussione (luglio 2003) proprio sul nostro Forum
in merito al quesito che poni (http://www.freeforumzone.it/viewmessaggi.aspx?f=2277&idd=1827)
che ti consiglio di leggere per la completezza e l'articolazione con cui
viene affrontato il problema.
La presenza di un solo collega (così mi sembra di
capire) giornaliero potrebbe non essere sufficiente per l'espletamento
delle attività, anche per il semplice ritardo. Inoltre, potrebbe non
trattarsi di un semplice ritardo del collega montante ma di una
assenza di tutto il giorno. Come vedi si potrebbe palesare anche
l'abbandono del posto di lavoro, e di conseguenza l'abbandono di persone
incapaci.
Individuare i ritardatari è facile, in presenza di un "ritardo costante"
da parte dei turnisti montanti è opportuno interloquire con il/la
collega. In caso di "sordità" riferire al coordinatore del "disservizio"
che viene creato con comportamenti non "di collaborazione con i
colleghi....di cui riconosce e rispetta lo specifico apporto all'interno
dell'equipe".
Il Dirigente individua chi deve prolungare l'orario di servizio, ma il
ripetersi del "ritardo o dell'arte dell'assenza" non può passare
inosservato. Molte aziende hanno un regolamento interno e l'accumulo di
ritardo viene sanzionato nei diversi parametri; mentre per l'assenza per
malattia (l'arte dell'assenza per malattia) si avvia la medicina
fiscale.
Salvatore Modica
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Sono un infermiere di ruolo presso un ospedale pubblico con un
contratto a tempo indeterminato senza limitazioni nè di orario o
fisiche.
Gradirei sapere, se possibile farlo, come posso esercitare la libera
professione nel mio tempo libero senza recare danno alla mia azienda di
appartenenza.
Premetto che ho già inviato questo quesito a diversi Collegi Ipasvi
senza avere, a tutt'oggi una risposta chiara.
La ringrazio anticipatamente per l'attenzione.
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Spero di essere abbastanza chiaro e utile
nella mia risposta.
Il Lavoratore dipendente in regime di contratto a tempo pieno, può effettuare prestazioni professionali occasionali, senza limite di reddito. Generalmente queste prestazioni vengono effettuate in regime di Convenzione tra due Enti (anche privato). L'Azienda deve stipulare e deliberare una Convenzione di prestazione d’opera, che deve essere ratificata e deliberata anche dall'altro Ente. Viene individuato il professionista (o i professionisti) che presta la propria opera; i compensi saranno versati all'Azienda di appartenenza che tratterà per sè il 5% dell'importo lordo. Diventa un lavoro svolto come in Azienda. Per qualsiasi prestazione di lavoro occasionale (2.580 euro), l'Azienda deve rilasciare l'autorizzazione e poi il compenso verrà riportato nella dichiarazione dei redditi. Nel Decreto Legislativo 30/3/01 nell'art. 51 Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi (Art.58 del d.lgs n.29 del 1993, come modificato prima dall'art.2 del decreto legge n.358 del 1993, convertito dalla legge n.448 del 1993, poi dall'art.1 del decreto legge n.361 del 1995,convertito con modificazioni dalla legge n.437 del 1995, e, infine, dall'art.26 del d.lgs n.80 del 1998 nonché dall'art.16 del d.lgs n.387 del 1998), viene indicata la disciplina delle incompatibilità. Pertanto la Sua attività può rientrare solamente nei casi che Le ho indicato, senza possibilità di svolgere altra attività libero professionale. Decreto Legislativo 30/3/01 nell'art. 51
1. Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, nonché, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, dall'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 marzo 1989, n. 117 e dagli articoli 57 e seguenti della legge 23 dicembre 1996, n.662. Restano ferme altresì le disposizioni di cui agli articoli 267, comma 1, 273, 274, 508 nonché 676 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n.297. all'articolo 9, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, all'articolo 4, comma 7, della legge 30dicembre 1991, n. 412, ed ogni altra successiva modificazione ed integrazione della relativa disciplina.
2. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati. 3. Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti, da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono individuati gli incarichi consentiti e quelli vietati ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché agli avvocati e procuratori dello Stato, sentiti, per le diverse magistrature, i rispettivi istituti. 4. Nel caso in cui i regolamenti di cui al comma 3 non siano emanati, l'attribuzione degli incarichi è consentita nei soli casi espressamente previsti dalla legge o da altre fonti normative. 5. In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall'amministrazione, nonché l'autorizzazione all'esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgano attività d'impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell'interesse del buon andamento della pubblica amministrazione. 6. I commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, compresi quelli di cui all'articolo 3, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero‑professionali. Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso. Sono esclusi i compensi derivanti: a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili; b) dalla utilizzazione economica da parte dell'autore o inventore di opere dell'ingegno e di invenzioni industriali; c) dalla partecipazione a convegni e seminari; d) da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate; e) da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo; f) da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita. 7. I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti. 8. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Salve le più gravi sanzioni, il conferimento dei predetti incarichi, senza la previa autorizzazione, costituisce in ogni caso infrazione disciplinare per il funzionario responsabile del procedimento; il relativo provvedimento è nullo di diritto. In tal caso l'importo previsto come corrispettivo dell'incarico, ove gravi su fondi in disponibilità dell'amministrazione conferente, è trasferito all'amministrazione di appartenenza del dipendente ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti. 9. Gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. In caso di inosservanza si applica la disposizione dell'articolo 6, comma 1, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni ed integrazioni. All'accertamento delle violazioni e all'irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero delle finanze, avvalendosi della Guardia di finanza, secondo le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni ed integrazioni. Le somme riscosse sono acquisite alle entrate del Ministero delle finanze. 10. L'autorizzazione, di cui ai commi precedenti, deve essere richiesta all'amministrazione di appartenenza del dipendente dai soggetti pubblici o privati, che intendono conferire l'incarico; può, altresì, essere richiesta dal dipendente interessato. L'amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta stessa. Per il personale che presta comunque servizio presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di appartenenza, l'autorizzazione è subordinata all'intesa tra le due amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere è per l'amministrazione di appartenenza di 45 giorni e si prescinde dall'intesa se l'amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non si pronunzia entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta di intesa da parte dell'amministrazione di appartenenza. Decorso il termine per provvedere, l'autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche, si intende accordata; in ogni altro caso, si intende definitivamente negata. 11. Entro il 30 aprile di ciascun anno, i soggetti pubblici o privati che erogano compensi a dipendenti pubblici per gli incarichi di cui al comma 6 sono tenuti a dare comunicazione all'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi dei compensi erogati nell'anno precedente. 12. Entro il 30 giugno di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi retribuiti ai propri dipendenti sono tenute a comunicare, in via telematica o su apposito supporto magnetico, al Dipartimento della funzione pubblica l'elenco degli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi nell'anno precedente, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo previsto o presunto. L'elenco è accompagnato da una relazione nella quale sono indicate le norme in applicazione delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o dell'autorizzazione, i criteri di scelta dei dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e la rispondenza dei medesimi ai principi di buon andamento dell'amministrazione, nonché le misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa. Nello stesso termine e con le stesse modalità le amministrazioni che, nell'anno precedente, non hanno conferito o autorizzato incarichi ai propri dipendenti, anche se comandati o fuori ruolo, dichiarano di non aver conferito o autorizzato incarichi. 13. Entro lo stesso termine di cui al comma 12 le amministrazioni di appartenenza sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su apposito supporto magnetico, per ciascuno dei propri dipendenti e distintamente per ogni incarico conferito o autorizzato, i compensi, relativi all'anno precedente, da esse erogati o della cui erogazione abbiano avuto comunicazione dai soggetti di cui al comma 11. 14. Al fine della verifica dell'applicazione delle norme di cui all'articolo 1, commi 123 e 127, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni e integrazioni, le amministrazioni pubbliche sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su supporto magnetico, entro il 30 giugno di ciascun anno, i compensi percepiti dai propri dipendenti anche per incarichi relativi a compiti e doveri d'ufficio; sono altresì tenute a comunicare semestralmente l'elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l'indicazione della ragione dell'incarico e dell'ammontare dei compensi corrisposti. 15. Le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi da 11 a 14 non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non adempiono. I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9. 16. Il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 dicembre di ciascun anno, riferisce al Parlamento sui dati raccolti e formula proposte per il contenimento della spesa per gli incarichi e per la razionalizzazione dei criteri di attribuzione degli incarichi stessi.
Salvatore Modica
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Sono un infermiere professionale dell’ASL Latina lavoro presso il presidio di Formia, abbiamo serie difficoltà con il primario per poter ordinare in farmacia una serie di prodotti per contrastare gli infortuni da taglienti. Nonostante ripetuti solleciti tutt’oggi siamo ancora sprovvisti di materiale idoneo (saft t intima, acuvance, teflon,ecc), molti colleghi vanno incontro a gravi infortuni. Esistono delle leggi per poter ottenere tale materiale? E' possibile che un medico pur di far quadrare il bilancio deve mettere il personale in serie difficoltà? Se lei è in possesso di materiale (leggi, protocolli, evidenze scientifiche) attendo una cortese risposta Grazie P.
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Le norme, in ambito antinfortunistico sono in vigore, già dal 1955 (D.P.R. 547 del 1955 e D.P.R. 303/56); quelle sulla protezione e sicurezza riportate nel D.Lgs n°626 del 1994 hanno una forte carica innovativa: hanno rivisitato la materia della sicurezza nei luoghi di lavoro rendendola una disciplina organica in attuazione, tra l’altro delle direttive comunitarie. La 626 parte dal concetto che i lavoratori (una volta soggetti tutelati) diventino partecipi ed autori della sicurezza nei luoghi di lavoro:ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria salute. L’art.4 della legge assegna compiti ben precisi (obblighi) al datore di lavoro,al dirigente e al preposto; il datore di lavoro ed il Dirigente forniscono i “necessari ed idonei dispositivi di protezione individuali, sentito il responsabile del servizio di protezione e prevenzione”; richiede al singolo lavoratore l’osservanza delle norme vigenti , l’uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione. Il lavoratore è tenuto a segnalare (art. 5) al Dirigente le deficienze dei DPI (dispositivi protezione individuali), che devono essere loro obligatoriamente forniti. Oltre a segnalare ed a richiedere al Dirigente i DPI, la segnalazione deve essere inoltrata al medico competente, al datore di lavoro (Direttore generale)ed al responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Il servizio di prevenzione e protezione (art.9) provvede all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubritò degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica consocenza dell'organizzazione aziendale. Il rischio da agenti biologici nelle strutture sanitarie è indirizzato alla "prevenzione " (art. 73, comma 1) in quanto- le norme ...si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici" ed in (art.79, comma 1) "le attività per le quali la valutazione...evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici". Gli operatori sanitari sono ad alto rischio di acquisire infezioni a trasmissione ematica.Dal 1986 è attivo in Italia lo studio SIROH, nel riportare i dati (gennaio 94 dicembre 99) si evidenzia come gli infermieri abbiano il maggiore rischio percutaneo (59%), i medici solo il 5%; i luoghi di maggiore esposizione sono i reparti chirurgici per il 48%, il 37% in medicina, il 15% nei rimanenti altri reparti.predilette le camere dei pazienti (40%)immediatamente all'esterno di essa(12%) e le camere operatorie(20%).Tra le esposizioni mucocutanee, il 50% erano conseguenti ad esposizoni diretta al sangue o liquidi biologici del paziente. Nello studio vengono riportati i "dispositivi medici coinvolti nelle esposizioni percutanei" ed il "costo parziale medio di diagnostica e profilassi per evento, esclusi i costi indiretti, danni morali eccc." e fanno riflettere per fdefinire il ruolo ed il rapporto costi/benefici. Non dimenticando, comunque che il D.Lgs. 626 nell'indicare tra le misure generali di tutela" la riduzione dei rischi alla fonte (art. 3)..la sostituzione di ciò che è poericoloso xon ciò che non lo è, o è meno pericoloso..l'elinminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, e ove ciò non sia possibile loro riduzione al minimo", in nessuna sua parte affronta la tematica di un costo che non sia accettabile per la sicurezza. Per quanto riguarda la Sua U.O. non mi informa se avete inoltrato richieste specifiche al coordinatore, al Dirigente. Sarebbe opportuno conoscere quanto avete fin qui richiesto, le risposte avute o le mancate risposte. Attendo una Sua comunicazione. (I dati e le indicazioni riportati sono tratti da "Rischio biologico e punture accidentali negli operatori sanitari" a cura del Gruppo di studio PHASE (Lauri edizioni 2001) Salvatore Modica
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Spett.le
Salvatore Modica, sono un infermiere
professionale in servizio nella regione Lombardia, ho già fatto
centinaia di domande di trasferimento, prima per la legge 104, e adesso,
non essendo più in mio possesso, avendo da poco contratto matrimonio, e
mia moglie lavorando come socio-lavoratore in una cooperativa, e
impossibilitata a trasferirsi in Lombardia (lavora in Campania), è
possibile usufruire della legge del ricongiugimento al coniuge? con
quali modalità?
Vi ringrazio per la celere e pronta
risposta, colgo l'occasione per porgerVi distinti saluti.
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Gent.mo,
non esiste alcuna normativa relativa al
"ricongiungimento al coniuge", tranne che per i militari ed in
particolari condizioni.
L'unica possibilità è la mobilità
volontaria (art.19 comma 6) che prevede una valutazione aggiuntiva
(se prevista nel regolamento) in considerazione di documentate
situazioni familiari (ricongiunzione del nucleo familiare, numero dei
familiari, ecc..) o sociali.
Niente altro.
Cordialmente
Salvatore Modica
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Si chiede di esprimere vostro giudizio in merito ad alcuni aspetti
professionale. Quali sono le procedure sullo smaltimento dei rifiuti organici dei pazienti "urine" da seguire nelle Unità Operative dei presidi. 1 devono essere svuotate e messe nei contenitori dei rifiuti speciali 2 devono essere messe direttamente nei rifiuti speciali senza essere svuotate. Se le disposizioni sulla sicurezza prevedono che devono essere svuotate chi sono le figure addette a questa operazione. Quali sono le agevolazioni previste sui turni di lavoro sulle 24 ore per dei coniugi con prole adibiti presso Unità Operative Ospedaliere Quali sono le normative che regolano tali concessioni? In attesa di un Vostro favorevole riscontro colgo l'occasione per porgere
distinti saluti |
In merito ai quesiti posti interveniamo riportando l’attuale normativa e dando una valutazione sugli aspetti professionali, così come richiesto dal collega. Con il DECRETO 26 giugno 2000, n. 219 - Regolamento recante la disciplina per la gestione dei rifiuti sanitari, ai sensi dell'articolo 45 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 181 del 4 agosto 2000) viene adottato un regolamento allo scopo di garantire elevati livelli di tutela dell'ambiente e della salute pubblica e controlli efficaci. Vengono disciplinati e definiti dal regolamento i rifiuti sanitari non pericolosi; i rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani; i rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo; i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo; i rifiuti sanitari che richiedono particolari modalità di smaltimento; i rifiuti da esumazioni e da estumulazioni, nonché i rifiuti derivanti da altre attività cimiteriali esclusi i rifiuti vegetali provenienti da aree cimiteriali. Si dettano le indicazioni per il recupero di materia dai rifiuti sanitari, nonchè la sterilizzazione dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo: ci sono descritte le condizioni Deposito temporaneo, stoccaggio, raccolta e trasporto dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo Arriviamo all’ art. 6 relativo alle “acque reflue provenienti da attività sanitaria 1. Lo scarico di acque reflue provenienti da attività sanitarie e' disciplinato dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole".) 2. Feci, urine e sangue possono essere fatti confluire nelle acque reflue che scaricano nella rete fognaria. Quindi i contenitori d’urine possono essere svuotate (scaricando nella rete fognaria) e l’involucro vuoto riposto nei contenitori speciali. Non si tratta, secondo me di considerazione sulla sicurezza, ma di questione di “peso economico”. Un chilogrammo di “rifiuto speciale”costa molto ed inserire pesi anomali (le urine) aumenta il costo dello smaltimento. Ogni azienda, infine, adotta delle proprie “Procedure operative per la gestione dei rifiuti”, inserendo le matrici delle responsabilità; specificando- ad esempio- che il “confezionamento, la sigillatura e la etichettatura” è compito del personale Ota/ Aus. delle varie Unità Operative. Ogni Azienda specifica che “la suddivisione dei ruoli è riferibile a situazioni in cui tutte le figure professionali siano presenti, ecc…” Non posso entrare nel merito dell’organizzazione dell’U.O. e quindi non c’è una esauriente risposta in relazione a “chi è materialmente addetto allo svuotamento dei sacchetti d’urine”, posso trascrivere alcune indicazioni per cui i “rifiuti sanitari devono essere gestiti in modo da diminuirne la pericolosita', da favorirne il reimpiego, il riciclaggio e il recupero e da ottimizzarne la raccolta, il trasporto, e lo smaltimento. A tal fine devono essere incentivati: a) l'organizzazione di corsi di formazione del personale delle strutture sanitarie sulla corretta gestione dei rifiuti sanitari, soprattutto per minimizzare il contatto di materiali non infetti con potenziali fonti infettive e ridurre la produzione di rifiuti a rischio infettivo. L’art 21 della 626/94 provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione”, mentre al comma 3 dell’art. 23 recita :“la formazione deve essere ripetuta in relazione alla evoluzione dei rischi ovvero all’insorgenza di nuovi rischi. Saltando all’ art. 79,comma 1: “……il datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici”. Quindi, al comma 2: progetta adeguatamente i processi lavorativi; elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana ed animale. Infine all’art. 85, comma 1: “nelle attività per le quali la valutazione di cui all’art. 78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori,sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda: b) le precauzioni da prendere per evitare l’esposizione; c) le misure igieniche da osservare; d) la funzione degli indumenti di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale e il loro impiego; e) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da adottare per ridurne al minimo le conseguenze”. Inoltre, si riporta l'attenzione all'ultimo Regolamento recante disciplina della gestione dei rifiuti sanitari a norma dell'articolo 24 della legge 31 luglio 2002, n. 179. (GU n. 211 del 11-9-2003)
Quali sono le agevolazioni previste sui turni di lavoro sulle 24 ore per dei coniugi con prole adibiti presso Unità Operative Ospedaliere? Non viene specificata l’età dei figli, ma comunque il riferimento legislativo è il DL 26/3/2001 art. 53 che fa riferimento al lavoro notturno. Ulteriori agevolazioni non rientrano in norme specifiche. Testo unico delle disposizioni
legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della
paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53" Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 Art. 53. 1. È vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino 2. Non sono obbligati a prestare lavoro notturno: a) la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa; b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni. 3. Ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera c), della legge 9 dicembre 1977, n. 903, non sono altresì obbligati a prestare lavoro notturno la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni. Infine, si riporta l'ultimo Regolamento recante disciplina della gestione dei rifiuti sanitari a norma dell'articolo 24 della legge 31 luglio 2002, n. 179. (GU n. 211 del 11-9-2003) Salvatore Modica
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Buongiorno, la disturbo per avere un consiglio sulla seguente
questione: mia moglie Anna, infermiera professionale a ruolo presso ASL
Viareggio vorrebbe fare domanda di trasferimento volontario (penso si dica
così) presso la ASL di La Spezia. La relativa domanda deve essere inviata al direttore generale della ASL di destinazione, ma esiste un qualche modulo particolare o qualche legge, decreto integrativo (abbiamo sempre sentito parlare di un articolo 19 e penso che sia l'art. 19 del CCNL integrativo del contratto nazionale comparto sanità stipulato il 7 aprile 1999) da citare nella suddetta domanda? Può fornirci alcune indicazioni in merito ? la ringraziamo per l'attenzione e rimaniamo in attesa di cortese riscontro. C. e A. |
L'art. 19 del CCNL integrativo 98/2001 "Mobilità volontaria tra aziende ed
enti del comparto e con altre amministrazioni di comparti diversi", nel
comma 5 indica".. (che) le aziende possono ricorrere anche ad apposito
bando. Nel comma 6..In caso di più domande rispetto ai posti messi a disposizione l'azienda procede ad una valutazione positiva e comparata da effettuarsi in base al curriculum di carriera e professionale del personale interessato in rapporto al posto da ricoprire.A parità di valutazione possono altresì essere prese in considerazione documentate situazioni familiari (ricongiunzione del nucleo familiare, familiari che usufruiscono della legge 104, numero dei famigliari, distanza tra le sedi etc.)". Quindi la domanda da formulare deve contenere quante più informazioni possibili (alcune sono indicate nell'art. citato) che - con la parità di valutazione - "possono essere presi in considerazione" per il nulla osta alla mobilità. Auguri Salvatore Modica |
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Gentile collega, la mia forse può apparire una domanda stupida, ma vorrei ugualmente sapere con più certezza qualcosa di più autorevole. Veniamo al dunque. La domanda è la seguente: è possibile lavorare due notti di seguito e per giunta con ordine di servizio? Allora so che l'ordine di servizio può essere impugnato ecc. ecc., nei contratti non è previsto che si possano fare due notti di seguito, ma neanche ch non si possano fare, che non si possa lavorare più di dodici ore (ed in via del tutto eccezionale) in un giorno. Insomma in poche parole, non ho trovato giusto appiglio "legale" per obiettare questo ordine di servizio, che personalmente ritengo ingiusto. Ad onor del vero devo ammettere che nessun "vagito" di protesta si è levato dai miei colleghi ad analogo ordine di servizio i quali hanno "osato obbedir tacendo". Inviandoti i miei più cordiali saluti ed un grosso in bocca al lupo per il sito internet in cui rispondi, resto in attesa di una tua risposta. |
Gent.mo intanto grazie dei saluti e degli auguri, che sono da inviare
a tutto il gruppo di Infermieri on line che ha permesso la realizzazione
(anche) di questo momento di confronto professionale. Nessuna domanda è stupida, in quanto nasce da "considerazioni personali" su cui poi, ognuno di noi, cerca di trovare soluzioni. E' chiaro, e questo vale per quanto viene richiesto, non ci possono essere delle risposte per tutto. Il diritto contrattuale (ed il dovere) non può affrontare ogni minimo aspetto della nostra professione (ogni contratto dovrebbe essere pubblicato al posto dell'Enciclopedia Treccani). E spesso si fa ricorso, la dove possibile, all'uso e consuetudine (come nelle vecchie società) che poi possono divenire regolamenti, leggi ecc. Il CCNL 98/2001 art. 26 comma e (Orario di lavoro) prevede - nel caso di lavoro articolato in turni continuativi sulle 24 ore, adeguati riposi, una durata della prestazione non superiore alle 12 ore continuative. Se dovessimo soffermarci solamente su quanto da te indicato "è possibile lavorare due notti di seguito.." , credo che allora sia più "ingiusto" spingere le nostre direzioni sanitarie per lavorare (su nostra iniziativa!!!!!!) due turni nella stessa giornata: il famigerato 7/14 e 21/7 nello stesso giorno.. So di attirami le ire di quanti si sono fatti promotori di questa iniziativa, ma personalmente non la trovo corretta. E qui mi fermo. Salvatore Modica |
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Sono
un'infermiera e lavoro presso un reparto psichiatrico di diagnosi e cura
(SPDC).
la nostra dirigenza medica ci chiede di
lasciare la porta di accesso al reparto aperta, quando le
condizioni dello stesso lo consentono. (Normalmente tutte le porte che
permettono di entrare/uscire sono chiuse a chiave)
Dato che nessuno intende mettere per
iscritto questa disposizione vi chiedo qual'è la responsabilità penale
di un infermiere se un paziente:
grazie mille della risposta che spero
non tardi tanto.
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Purtroppo non vi è alcuna normativa! l'SPDC è un reparto come tutti gli altri e ricade solo sulla 626. Comunque in caso di TSO il Reparto deve permettere il trattamento anche al di là della volontà del paziente, quindi non dovrebbe "fuggire" e se fugge vuol dire che il personale non ha svolto funzioni terapeutiche sulle 24 ore in presenza di una sospensione della volontà. Un reparto che ricovera TSV e TSO è ovviamente un Reparto con un buon numero di personale. Un utente che fugge ed è in TSV va considerato dimesso, solo nel caso la fuga venisse interpretata come un improvviso riacutizzarsi della malattia vanno informati le Forze dell'ordine e il CSM di competenza, se è in TSO il giudice tutelare. (per gentile consulenza di Ferdinando De Marco, Psichiatra, Past President SIRP)
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Mi chiamo Carmela e lavoro in qualità di Infermiera a Verona dal 2001.Dal
22/02/03 a tutt'oggi sono in malattia prima per un motivo e poi per un
incidente domestico. Non sono stata presente a due diversi controlli del
medico fiscale, una volta mi sono recata in farmacia a prendere
l'ossigeno per un parente e la seconda ero dal medico di base. In
seguito ho inviato alla mia ASl le due documentazioni . Nonostante ciò,
mi hanno inviato in data 6/5/03 una contestazione di addebito
disciplinare, affermando di aver violato l'art.28 e 30 del CCNL del 1995
e ora invece mi convocano per il 28/8/03.
Le faccio presente che il certificato di malattia mi scade il 27/8/03
e che probabilmente non riesco ancora a riprendere il lavoro. Come mi
devo comportare in questo caso? Posso inviare all'ufficio competente il
certificato medico o devo necessariamente presentarmi? e in caso
contrario cosa succede?Ho letto comunque gli articoli su citati e ad un
comma vi è scritto che il procedimento disciplinare deve concludersi
entro 120 giorni, quindi nel mio caso il 6/9/03 ?la ringrazio moltissimo
e spero di ricevere sue informazioni.
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Gent.ma Collega, la Sua Direzione aziendale non ha ritenuto opportuno prendere in considerazione le Sue giustificazioni (per cui avrebbero potuto esercitare un "rimprovero verbale" (art. 29 comma 1 CCNL 95, che non necessita contestazione scritta dell'addebito) e hanno avviato il procedimento disciplinare; seguendo le indicazioni dell'art.29 comma 2. Il dipendente assente per malattia, ancorchè formalmente autorizzato dal medico curante ad uscire dall’abitazione, è tenuto a rendersi reperibile, dalle ore 10 alle 12 e dalle ore 17 alle 19, all’indirizzo comunicato all’Amministrazione per tutto il periodo della malattia, ivi compresi i giorni domenicali e festivi, fatta salva l’eventuale documentata necessità di assentarsi dal domicilio per visite mediche, prestazioni e terapie sanitarie e accertamenti specialistici. La scadenza dei 120 gg. è indicata come periodo massimo tra l'avvio del procedimento e la risoluzione dello stesso: qualora non portato a termine entro i 120 giorni si considera estinto(art 29 comma 6). Lei non mi riporta se, successivamente alla visita domiciliare (non effettuata per la Sua assenza) sia stata convocata per il controllo ambulatoriale. Per cui non ho capito se la convocazione del 28 agosto è relativa al procedimento disciplinare, oppure per la visita ambulatoriale. A livello normativo non esiste alcun riferimento per il quesito che mi pone, per cui Le sviluppo alcune ipotesi. 1° caso. Convocazione per il procedimento disciplinare. L’assenza per malattia si riferisce ad una impossibilità a svolgere l’attività lavorativa, e quindi la eventuale presenza ad una commissione disciplina non inficia il suo stato patologico. Sempre che non ci sia una evidente menomazione o impedimento che non permetta di muoversi con una certa autonomia (stato febbrile, ingessatura, fratture varie ecc…), o espressa dichiarazione del medico curante di “impossibilità” a muoversi o deambulare. Naturalmente se la sua “assenza” è dovuta anche a “stato ansioso”,”depressione” o similare la partecipazione ad una commissione di disciplina non è per niente indicata, e quindi la Sua assenza è normale. Si ricordi che, le aziende hanno nel loro regolamento l’ora entro cui avvertire dell’assenza (anche la proroga) per malattia. 2° caso. Convocazione per visita di controllo ambulatoriale. In questo caso, sempre che non sussistano le condizioni di cui sopra, la presenza è d’obbligo in quanto completa la documentazione relativa al suo stato patologico che ha determinato la sua assenza (anche dell’eventuale proroga). Il completamento è necessario considerato che, come nel suo caso, la visita domiciliare non è stata possibile.
Salvatore Modica
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Sono un infermiere e
lavoro nel reparto di chirurgia week surgery con 26 posti letto, quasi
sempre tutti pieni.
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I riferimenti normativi e di studio per definire il numero del personale da adibire ad una specifica attività ospedaliera, si sono sommati negli anni. Si parte dal 1984 con una delibera CIPE, per passare ad un DM dell’88 (il cosiddetto Donat Cattin), una successiva circolare nel 94 ed un riferimento nella 537/93 (ulteriori indicazioni le trovi in questa stessa rubrica). La tendenza attuale, legata alla regionalizzazione dell’assistenza sanitaria, è quella di definire una “ dotazione organica minima” o “di base” con le successive integrazioni (incremento) da parte della direzione generale. La regione Sicilia, ad esempio, con il decreto 27 maggio 2003, ha presentato , per gli ospedali pubblici, una tabella con i “livelli minimi di personale” in riferimento a dei moduli di posti letto (8,16,24). La dotazione organica verrà definita, se verranno apportate modifiche dai direttori generali,sulla scorta della rilevazione dei carichi funzionali di lavoro, indice occupazionale, della capacità reddituale. Le tabelle suddividono le degenze/servizi in “alte specialità, specialità media assistenza, specialità di base, lungodegenza medica post acuzie, servizi”, in relazione al modulo (8,16,24) assegnano medici, collaboratore professionali coordinatori e collaboratori sanitario. L’assegnazione del numero di infermieri è per l’Unità operativa, la direzione non interviene per la struttura della turnistica, stabilendo il numero di infermieri impegnati al mattino,pomeriggio, notte. La organizzazione spetta al Coordinatore, e di rimando al Direttore dell’Unità operativa che struttura la presenza in relazione al carico di lavoro. Sempre che il numero di infermieri assegnati all’Unità operativa sia sufficiente per l’attività che viene svolta; dalle indicazioni che presenti non si può desumere niente sulle caratteristiche. Il Direttore dell’Unità operativa (ed il coordinatore ) deve farsi carico delle vostre richieste, presso la Direzione, in sede di discussione budget e distribuzione risorse, presentando i numeri in attivo a corredo di quanto si chiede. La eventualità di un “malore improvviso” dell’operatore in turno da solo non può giustificare una turnazione a due, e questo è valevole per molte attività. A conclusione: sarebbe opportuno che la Direzione nazionale del collegio Ipasvi si facesse carico di definire la “dotazione organica minima per ogni modulo base”; dovrebbe fare da guida per le Regioni nella stesura (o revisione) dei piani sanitari. Salvatore Modica
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Salve, vorrei sapere se un infermiere può autonomamente utilizzare e gestire strumenti per magnetoterapia, elettrostomolazione e T.E.N.S., senza prescrizione o indicazione medica. Domando ciò perchè queste apparecchiature vengono vendute da ditte specializzate ad una clientela che non è in possesso di competenze tecnico-scientifiche, e quindi mi chiedo se (come infermiere libero professionista che gestisce attività ambulatoriale e domiciliare) posso offrire alla clientela anche questi trattamenti non invasivi (previa documentazione e istruzione sul loro utilizzo). Confido nella sua risposta, Cordiali saluti, A.
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La TENS, ovvero Transcutaneos-Elettrical-Stimulation (stimolazione elettrica transcutanea), è una tipologia di stimolazione con elettrostimolatore che viene fatta con finalità analgesiche. La magnetoterapia viene impiegata nei servizi di terapia fisica e svolge un’azione terapeutica nel trattamento delle forme dolorose croniche. (Riporto le definizioni per facilitare la lettura ai colleghi) L’abrogazione del nostro mansionario ha individuato nell’ambito dei “profili professionali” lo svolgimento delle attività e delle responsabilità delle professioni sanitarie, e la gestione e utilizzo degli strumenti non rientra con le normative attuative degli ordinamenti didattici e formazione successiva. Di conseguenza gli strumenti per la magnetoterapia, e T.E.N.S. non rientrano nella nostra competenza professionale, e pertanto il loro utilizzo è demandato alle competenze dei tecnici. La prescrizione e la indicazione medica sono essenziale e rivolte al personale competente per il loro utilizzo. Come vedi la nostra professione pur non avendo un elenco delle attività da svolgere (mansionario) ha dei criteri da seguire, così come gli ordinamenti degli altri laureati, “ al fine di espletare le competenze proprie previste dai relativi profili professionali… In ultimo da sottolineare che la vendita ed il commercio di apparecchiature, con le rispettive conformità d’uso (obbligatorie per tutte le apparecchiature la direttiva 93/42/CEE) sono libere ma il loro utilizzo non dovrebbe riguardare prestazioni e trattamenti dirette a finalità specificamente ed esclusivamente di carattere terapeutico ( ad esempio gli Estetisti, con le apparecchiature in uso per fini estetici Legge 4 gennaio 1990, n. 1.). In parallelo è recente (22 maggio) una nota del Ministero della salute, che interviene nei confronti dell’Ipasvi specificando che :“l’infermiere non è abilitato a eseguire esami di elettroencefalografia (EEG), chiarendo che «ogni estensione che travalichi le eccezioni tassativamente indicate nei ricordati atti, non è conforme alla vigente normativa». Ho riportato questa nota in quanto era stato inserito nel tariffario dell’infermiere la esecuzione dell’EEG, che- come specifica il ministero- spetta al tecnico. Dalla lettura del “nomenclatore tariffario 2002, prestazioni di assistenza infermieristica”, le prestazioni che vorresti proporre alla clientela non sono inserite. (Si ringrazia della cortese disponibilità l’inf. Andrea Bottega – IPASVI Vicenza) Salvatore Modica |
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Mi chiamo Alfonso e sono un Infermiere Professionale, lavoro presso l'ospedale di primo soccorso ITALIA GIORDANO di Castiglione di Ravello facente parte dell'A.S.L. SA/1, come prima cosa la nostra funzione è quella di prestare soccorso al pz., di stabilizzarlo e di trasportarlo poi in ambulanza al più vicino ospedale, in quanto non abbiamo possibilità di ricovero, l'ospedale più vicino quando vi troviamo posto è a 18 Km, altrimenti vi è la possibilità di trascorrere gran parte dell'orario di lavoro sull'ambulanza, ora le voglio chiedere se noi I.P. abbiamo diritto a qualche indennità particolare dovuto al fatto che eseguiamo questi trasporti tutto ciò senza nemmeno un abbigliamento idoneo, (scarpe antiscivolo,divise che si vedono anche di notte ecc.). Inoltre Le chiedo se ci possiamo rifiutare di eseguire il trasporto quando non vi e il medico, ad esempio in caso di pz. con frattura del femore, visto che non siamo dotati di defibrillatore automatico, e possiamo trovarci di fronte ad un incidente. Cordiali saluti A. |
L'impostazione delle Aziende è davvero varia, ampia e variegata e questo implica di trovarsi in situazioni inspiegabili per alcuni e di normale amministrazione per altri. Partiamo dal fondo della richiesta: il rifiuto del trasporto è di fatto traducibile in "mancata assistenza. Sarebbe opportuno invece impostare (qualora non in uso) un modulo in cui prevedere: generalità del paziente, eventuale patologia, sede di ricovero (ossia dove trasportarlo); generalità dell'autista, dell'infermiere accompagnatore e se richiesta o meno la presenza del medico. Tutto quanto debitamente
firmato da chi autorizza il trasferimento (il medico di P.S. in questo
caso), che acquisisce la diretta responsabilità anche in quei casi dove
sarebbe prevista la presenza del medico, da protocolli validati a livello
internazionale. Non avere disponibile il minimo necessario per poter agire in emergenza è davvero riduttivo per la professione, questo comporta un impegno serio, da parte di tutto il personale, per sollecitare una adeguata attrezzatura di corredo delle vetture di trasporto. Tiene presente, però che la vostra attività è intensa come “taxi sanitario”, è può fare riferimento all’ambulanza di tipo B; mentre l’ambulanza di tipo A ( ed anche A1) viene identificata come ambulanza di soccorso e rianimazione ed ha un equipaggiamento differente ( compreso il monitor defibrillatore). Non esiste nei fatti una "indennità di trasporto". Per “l’abbigliamento idoneo” (scarpe antiscivolo ed indumenti con strisce in fluorescenza di segnalazione) dovrebbe essere bastevole inoltrare la richiesta alla Direzione sanitaria; oppure fare riferimento alle norme della legge 626, rivolgendosi al rappresentante per la sicurezza, oppure ancora interessare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno. Salvatore Modica (Con la collaborazione di F. Falli)
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Egregio Sig. Modica, sono infermiere
presso la SPDC della Azienda Ospedaliera di Chieti. Premetto che la SPDC
è sorta nel 1998, lamentiamo: carenza di personale, inadeguatezza della
struttura (soltanto due bagni per 16 pazienti, l'esistenza di porte
d'emergenza bloccate con fascette usate per la contenzione dei
malati), carenza di personale infermieristico, l'assenza di una guardia
Psichiatrica la notte, talvolta è presente uno specializzando.
Potrei continuare ancora per molto ma
rischierei di saltare la domanda: - esiste un testo legislativo in
merito alla struttura e all'organico di una SPDC?-
Se si potrebbe farmi avere del materiale?
La ringrazio anticipatamente, sicuro di
una sollecita risposta
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Nell’ambito del Dipartimento Salute Mentale sono previste delle componenti organizzative tra cui l’SPDC (servizio psichiatrico diagnosi e cura) ubicato nel contesto di Aziende Ospedaliere o di presidi ospedalieri di Aziende USL o di Policlinici Universitari; non è visto come una struttura ospedaliera a sé stante ma come parte integrante del dipartimento di salute mentale (DSM) della unità sanitaria locale di competenza e questo tipo di collegamento favorisce la continuità terapeutica da parte degli stessi operatori che, è implicito, dovrebbero prestare la propria opera sia nel SPDC sia nelle strutture extra-ospedaliere.La legislazione introdotta con la 180 e con la 833 rappresenta una rottura completa con tutti i criteri informativi della vecchia legge. Il ricovero contro la volontà della persona è visto come qualcosa di eccezionale. Prevalgono nettamente l'ideologia assistenziale del "settore" e quella comunitaria territoriale. L’assistenza psichiatrica necessitava di solide basi ed un progetto obiettivo (tutela della salute mentale 1994-1996) individuava alcune questioni da affrontare per migliorare la qualità complessiva; con una strategia d’intervento che ha prodotto la istituzione del Dipartimento di Salute Mentale (DSM) quale organo di coordinamento per garantire l’unitarietà e l’integrazione dei sistemi psichiatrici di uno stesso territorio. Nel successivo Progetto Obiettivo Tutela della Salute Mentale 1998-2000 (Dpr 10/11/99) oltre a rappresentare le criticità del piano precedente, sono inseriti i modelli e la organizzazione del DSM per creare “aspetti innovativi che potrebbero consentire un’applicazione reale di quanto previsto, o quantomeno maggiore rispetto a quanto accaduto con il progetto precedente.Il direttore dei DSM è responsabile della gestione del budget dipartimentale e delle risorse ad esso assegnate Il DSM ha un organico di almeno un operatore ogni 1500 abitanti. In tale rapporto sono compresi medici psichiatri, psicologi, infermieri professionali, terapisti occupazionali, tecnici della riabilitazione psichiatrica e psicosociale, sociologi, assistenti sociali, educatori, ausiliari od operatori tecnici di assistenza, personale amministrativo. La Direzione dei DSM, in accordo con la Direzione Generale dell'Azienda sanitaria, definisce ed esplicita le politiche di gestione delle risorse umane.In particolare, tenendo presenti gli standard suddetti e le disposizioni regionali in materia:
La stessa relazione evidenzia una carenza di personale e conferma un organico di almeno un operatore ogni 1.500 abitanti. Le componenti organizzative del D.S.M. rimangono le stesse rispetto al precedente P.O. 94-96 e in particolare: a) il centro di salute mentale (C.S.M.,sede del coordinamento degli interventi, attivo 12 ore al giorno, per 6 giorni alla settimana); b) il servizio psichiatrico di diagnosi e cura (S.P.D.C., con un numero non superiore a 16 posti letto e un numero complessivo di 1 posto letto ogni 10.000 abitanti); c) il Day-Hospital (D.H., aperto almeno 8 ore al giorno per 6 giorni alla settimana); d) il Centro Diurno (aperto almeno 8 ore al giorno per 6 giorni alla settimana e che può essere gestito anche dal privato sociale e imprenditoriale); A fronte dei cambiamenti sopravvenuti dopo la Legge 180 e con il superamento definitivo dell'ospedale psichiatrico, occorre, tuttavia, segnalare alcuni aspetti, tuttora problematici, che devono essere affrontati: Risorse umane e componenti organizzative dei Dipartimenti di Salute Mentale DOPO IL PROGETTO OBIETTIVO 94-96 La percentuale dei MEDICI varia dal 6,3% del Molise e 8,5% della Basilicata al 18,9% del Piemonte e Valle D'Aosta, 19,5%di Calabria e Sicilia, 21,3% del Lazio; La percentuale degli PSICOLOGI varia da 1,3%del Molise, 2,8 di Valle D'Aosta e Veneto a 8,2% della Toscana, 9,1% della Calabria e 13,9% del Lazio; I SOCIOLOGI sono presenti quasi esclusivamente nelle regioni meridionali: sopra l'1% Puglia e Sicilia, e quasi 2% in Campania; Scarsamente presenti i TERAPISTI DELLA RIABILITAZIONEPSICHIATRICA in tutte le regioni. Ciò può in parte spiegarsi con la recente istituzione del relativo corso di formazione universitaria; Più rappresentati gli EDUCATORI PROFESSIONALI,con percentuali più alte in Piemonte, Lombardia, Marche ed Emilia Romagna; La percentuale degli ASSISTENTI SOCIALI è più elevata nelle regioni del Centro-Sud, rispetto a quelle delNord. Ciò è dovuto, in parte, al fatto che in queste ultime regioni gli assistenti sociali non sono in carico al DSM, ma ai servizi sociali; Gli INFERMIERI rappresentano la figura professionale di gran lunga più numerosa, con l'unica eccezione del Molise (14%);
Il TASSO NAZIONALE OPERATORI/POPOLAZIONE è
pari a 0,95, di poco inferiore, quindi, allo standard di riferimento. La complessità della problematica salute mentale non si può esaurire con l’elencazione di numeri; i dati concorrono con altri numeri che abbiamo intercettato (ad es. in veneto) che sottolineano una frequenza di DSM con “ strutture e personale sottodimensionati” e che non “hanno nemmeno la metà del personale previsto. Lo stesso evidenzia la “consulta salute mentale di Viterbo (maggio 2003)” che chiede- durante un confronto con la Direzione generale aziendale- l’aumento del numero di infermieri(almeno tre) per la SPDC. Non di meno il Piano sanitario nazionale (2003) che fa risaltare come le “aree critiche che si rilevano nella tutela della salute mentale sono: - la disomogenea distribuzione dei Servizi sul territorio nazionale, con particolare riferimento ai Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura ospedalieri, ai Centri Diurni ed alle Strutture Residenziali per attività riabilitative la carenza negli organici dei Dipartimenti di Salute Mentale” ecc.. Come vedi, e suntiamo il tutto, abbiamo delle specificità regionali (la devolution) che devono operare nell’ambito del PROGETTO OBIETTIVO SALUTE MENTALE 1998-2000 con la molteplicità dei problemi che- le varie relazioni ministeriali- hanno evidenziato. La valle D’Aosta(ad es.) nel maggio 2002 determina i requisiti minimi strutturali e organizzativi dei servizi e delle strutture del dipartimento di salute mentale; e per la SPDC con un modulo di 15 posti letto definisce: REQUISITI MINIMI DI PERSONALE Medici: 90 h./settimanali più la dotazione oraria necessaria per i turni di guardia e/o pronta disponibilità Psicologi: 38 h./settimanali comprensive della funzione di raccordo con l’U.B. di Psicologia dell’Area Territoriale – Capo sala: 36 h./settimanali Infermieri: 520 h./settimanali Ausiliari Specializzati e/o OTA/O.S.S.: 180 h./settimanali Assistenti Sociali: 36 h./settimanali comprensive della funzione di raccordo con il Servizio Sociale – Ass.to Sanità, Salute e Politiche Sociali – Regione Autonoma Valle d’Aosta. REQUISITI MINIMI STRUTTURALI Il S.P.D.C. dovrà essere adeguato alla normativa vigente in materia ospedaliera tenendo conto delle particolari necessità di spazio e di movimento dei pazienti psichiatrici. Dotazione di camere di degenza: almeno 2 a 1 p.l. Dotazione di p.l. per camera: ottimale 2 p.l. massimo. Elenco ambienti: - Camera di degenza con servizio igienico uno ogni 2 p.l. - Almeno un locale soggiorno pazienti - Spazio infermieri - Spazio caposala - Locale medicheria - Locale cucinetta - Spazio riservato ai fumatori - Servizi igienici del personale - Deposito sporco - Deposito pulito - Locale per il deposito delle padelle con vuotatoio e lavapadelle - Studio medico + sala colloqui - Sala da pranzo - Bagno assistito. AMBIENTI INTEGRATIVI - Spazio relax operatori - Spazio attesa parenti - Deposito attrezzature - Spogliatoio personale - Accesso area verde. REQUISITI TECNOLOGICI Ecc….. La regione Abruzzo nel suo Piano Sanitario Regionale 1999-2001 fa riferimento alle indicazioni nazionali per la SPDC compresa la costituzione della consulta per la tutela della salute mentale,
Mi soffermerei sull'importanza dell'istituzione della consulta
dipartimentale, nonchè di quella Nazionale (credo presieduta dal
dr.Cozza) come organo deputato al rispetto delle norme e alla tutela
della salute mentale.
Nonchè l'esistenza della
PreSaM Prevenzione e Salute Mentale- Associazione Onlus- P.zza S.ta Maria della Pietà, 5 - 00135 Roma. Tel. 06 68352993 - fax 06 68352898 -Email: prevenzione1@virgilio.it - Sito web: http://digilander.iol.it/direzione così giusto per risvegliare la coscienza degli operatori che dovrebbero denunciare e partecipare attivamente nei processi di cambiamento. Aggiungo, inoltre, questi importanti siti di riferimento:
Salvatore Modica
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Sono un infermiere.
Il 23/03/02 sono stato assunto presso la
ASL 4 di Prato fino al 11/05/03 (aspettativa per incarico presso altra
Azienda sanitaria) per poi essere assunto alla A.O. di Avellino dal
12/05/03.Per avere la mobilità presso la A.O. di Napoli devo comunque
aspettare i 6 mesi di prova o sono esente avendo già superato il periodo
di prova a Prato? Da premettere che la Asl di Prato mi disse che non
chiedendo il TFR potevo essere assunto ad Avellino con rapporto
continuativo e così non perdevo gli anni di anzianità. Mi chiedevo se
voi mi potevate essere di aiuto ed eventualmente mandarmi un articolo o
decreti, ecc. per presentarlo alla Azienda per essere trasferito presso
A.O. di Napoli. Sicuro di una vostra risposta vi ringrazio
anticipatamente e cordiali saluti
Gianfranco |
Carissimo,
il periodo di prova è regolamentato
dall'art. 15 del CCNL 1994/97 e modificato dall'art. 41 (disposizioni
particolari) del CCNL 1998/2001. Il comma 1 dell'art. 15, indica, per il
dipendente assunto in servizio a tempo indeterminato, un periodo di
prova, la cui durata è stabilita in 6 mesi.. Vengono elencate alcune
modalità di sospensione del periodo di prova per i casi previsti. L'art.
8 sottolinea anche "decorso il periodo di prova senza che il rapporto di
lavoro sia stato risolto da una delle parti, il dipendente si intende
confermato in servizio.....
infine l'art. 13, che ti riporto per esteso
e che riguarda, in modo diretto, il tuo quesito.
"Art 13. Possono essere esonerati dal
periodo di prova i dipendenti delle aziende ed enti del comparto che lo
abbiano già superato nella medesima posizione funzionale, profilo e
disciplina, ove prevista".
Quindi si dà per scontato che una volta
superato il periodo di prova (con le modalità dell'art. 8) si può
tranquillamente essere "esonerati" dal ripetere lo stesso. In quanto si
dà per scontato che una volta superato il periodo ci siamo altri mezzi
di "valutazione "del personale, anche nelle fasi successive della sua
attività.
Salvatore Modica
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vorrei proporti un quesit burocratico
perchè finora non ho trovato risposta:
1) sono stata assunta presso uno studio
privato in qualità di IP ma con un contratto di impiegata III livello
con mansioni di terapia iniettiva (al 2001 non si trovava inquadramento
diverso,mi hanno detto) visto che ora vorrei tramutare il contratto in
part-time non esiste un contratto legato alla mia professione con il
giusto inquadramento e non come impiegata?
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Ciao Mara, Dunque, la cosa si complica parecchio. Se sei assunta in qualità di Infermiera puoi agire come tale, se sei assunta come impiegata di III° livello non dovresti fare la terapia iniettiva nè agire come infermiera. Ho seri dubbi anche sull'impossibilità di trovarti inquadramento diverso da quello impiegatizio. Ma in questo settore preferisco inviare la richiesta ad un collega della Associazione Infermierionline più competente. Sentiamo cosa ne pensa il collega Salvatore
Marco Piazza
Carissimi, intanto l’inquadramento “impiegata di III livello con mansioni di terapia iniettiva” è quanto meno singolare: hanno approfittato della tua “professione” . Il contratto lo puoi avere, nel giusto, come infermiera e chiedere di svolgere l’attività in part time. Sicuramente non ti daranno il contratto professionale, preferiscono pagarti con il III livello di impiegata ed avere una che svolge (anche) l’attività infermieristica. Salvatore Modica (Si rimanda la discussione per intero alle FAQ dell'area formazione) |
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Lavoro presso un pronto soccorso ospedaliero,vorrei sapere se c'è qualche legge o qualcosa che mi possa chiarire di quante persone,(infermieri,ota,ausiliari,)deve essere composta un equipe di pronto soccorso; qui purtroppo specie di notte c'è un solo infermiere ed un medico,(anche di giorno). Aspetto con ansia eventuale chiarimento. |
La determinazione della programmazione ed organizzazione del personale è uno degli aspetti che da anni vengono alla ribalta, senza peraltro trovare adeguate soluzioni. Il fabbisogno di personale infermieristico, la struttura delle piante organiche (una volta definite tali, ora si parla di dotazioni organiche) è stato inserito, come modello una prima volta nel D.P.R. n°128/69 che come indicatore definiva “il tempo di assistenza per paziente nelle 24 ore, con suddivisione in “divisione e servizi di diagnosi e cura (120 minuti); sezione di assistenza neonati immaturi(420 minuti); servizio di anestesia e rianimazione (420 minuti)”. Dieci anni dopo con il D.P.R. 761/79 venivano adeguate le piante organiche dei presidi, servizi ed uffici al Piano Sanitario nazionale e regionale. La legge n°93/83 riordina il Pubblico impiego regolamentando i ruoli organici senza farsi carico di indicare parametri o standard per le dotazioni organiche. Bisogna aspettare l’anno successivo con una delibera del CIPE (1984) per ritornare agli indicatori di tempo-assistenza per pazienti nelle 24 ore e suddividendo: Settori terapia intensiva 500-660 minuti Settori sub intensiva 200-240 minuti Settori degenza di base 70-90 minuti. Si prosegue con altri due D.P.R., 13/86 ed il 395/88 che demandavano la definizione dei carichi di lavoro alla contrattazione decentrata tra le Amministrazioni e le OO.SS. senza dare alcuna indicazione parametrica. Nel D.M. del 13/09/88 si definiscono gli standard del personale ospedaliero e la dotazione organica era riferita alla tipologia dell’unità operativa per cui venivano definiti dei moduli tipo. Il D.L. 502/92 demandava alle regioni la disciplina dei criteri per la definizione delle dotazioni organiche, mentre il 29/92 impone alla pubbliche amministrazioni la ridefinizione delle piante organiche. Il 537/93 impone la “verifica”dei carichi di lavoro entro l’anno 94 e successivamente con cadenza biennale, ed una successiva circolare (23/03/94 n°6) definisce i carichi di lavoro e la sua rilevazione per giungere alle dotazioni organiche. Le regioni sono vincolate a richiedere il parere al Dipartimento Funzione pubblica sulla metodologia che ritengono di indicare agli enti per la determinazione di competenza. Viene imposto (legge 724/94) il divieto di assunzione per l’anno 95 fino alla rilevazione dei carichi di lavoro, responsabilizzando le singole AUSL per “individuare e valutare la metodologia di rilevazione dei carichi di lavoro”. Come vedi si ritorna alla responsabilità regionale, e di riflesso alle AUSL. Ultimo in ordine di tempo(luglio 2003) la regione Sicilia nella rimodulazione del piano ospedaliero inserisce i criteri per il fabbisogno minimo di personale, introducendo i moduli di degenza ed i rispettivi riferimenti. Il collegio nazionale (intervista al nostro Presidente A. Silvestri in Infermieri on line http://www.freeforumzone.it/viewmessaggi.aspx?f=2277&idd=1764 ) accenna alla presentazione di una metodologia per la determinazione del personale in organico, anche se nulla potrà essere definito stante la stante la competenza primaria delle regioni in campo sanitario.. La metodologia operativa di rilevazione dei carichi di lavoro (l’unica possibilità per arrivare al fabbisogno di dotazione organica) usualmente si suddivide in metodi di prima generazione (Goddard,Aberdeen), seconda generazione (Vienne e metodo svizzero) e terza generazione (M.PRN). Ho voluto inserire i tre metodi tanto per intenderci sui termini di lavoro ( e di studio); ognuno rappresenta una scelta ma il tentativo è quello di indicare ( ed uniformare un metodo) una esigenza numerica ( e aggiungiamo qualitativa) per la nostra attività. Nel tuo campo specifico(il Pronto soccorso) la valutazione è resa più difficile in quanto servizio, e comunque una attenta valutazione necessita di conoscere il numero degli accessi annui ed il numero di ricoveri che “filtrano”; l’eventuale “osservazione breve” del paziente; la tipologia dell’ospedale, lo svolgimento dell’attività ( accompagnamento del paziente, se previsto); consulenza specialistica in P.S. (una forma di osservazione brevissima) o altro.
Salvatore Modica
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