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                                                Appunti per una storia rapallese
 


Raccogliamo in questa sezione alcuni articoli di storia di Rapallo: una storia minore, che non per questo deve rivestire meno interesse rispetto alla Storia con la esse maiuscola (che, diciamocelo tra di noi, a Rapallo è mai esistita?).
 
 

Un rapallese nella guerra civile americana

Da Rapallo al Far West
 


                                                     I Pendola di Rapallo
per una versione in inglese clicca qua
 

Se la presenza dell’uomo nel Tigullio risale all’epoca preromana, le recenti scoperte della necropoli neolitica di Chiavari ne sono la conferma, per risalire alle radici dei nomi delle nostre famiglie è necessario avvicinarci nel tempo. Fino all’arrivo dei Longobardi di Rotari in Riviera nel secolo VII d.C. Narra lo storico rapallese Arturo Ferretto (Il distretto di Chiavari, Genova, 1928) che i Longobardi, che erano già in Italia da un centinaio di anni, quando arrivarono in Liguria misero le  città a ferro e fuoco. Gli abitanti di Rapallo si rifugiarono nel castello che sorgeva dove molti secoli dopo sarebbe sorta villa Porticciolo, e i pochi abitanti del vicus (villaggio) di Sant’Andrea di Foggia, probabilmente discendenti dai profughi milanesi che, un secolo prima abbandonarono Milano all’arrivo delle orde longobarde, scesero precipitosamente a  valle abbandonando le proprie case.
Nel secolo seguente un gruppo di Longobardi arrivò in Val Graveglia e vi si insediò:  ancora oggi in alcune parole del genovese della Graveglia si  trova l’eco delle lontane invasioni (erbeggia – piselli – deriva direttamente dal tedesco erbse).
Due  glottologhe genovesi (Pedracco Siccardi, Caprini, Toponomastica storica delle Liguria, Sagep, Genova, 1981) hanno scritto di recente che nelle nostre terre è molto frequente incontrare nomi di località di origine longobarda, paesi, villaggi e fiumi che hanno la loro origine nella lingua tedesca parlata dagli invasori. Ad esempio Bardi, a Zoagli abbiamo la Marina di Bardi, ma è anche un cognome presente a  Rapallo almeno dal 1300, deriva da una parola longobarda, e significa fortezza di confine.
In genere – scrivono le due studiose - i piccoli paesi derivano da un nome di cosa, mentre i paesi più grandi derivano dal nome proprio di una persona.
Anche il torrente Bendola, nella Riviera Ligure di ponente, è un diminutivo della parola alto- tedesca binda (che significa striscia di terra).
Questa – se consideriamo che sia la P che la B sono labiali, quindi interscambiabili - potrebbe essere il significato della località Pendola, che si trova in Fontanabuona, all’altezza di Pianezza, sulla riva destra del torrente Lavagna.
C’è anche un’altra possibilità.  In Germania è abbastanza frequente il cognome Pendl, se ne trovano anche in Austria (in Stiria). Il Dr. Peter-Arnold Mumm dell’Università di Monaco ci segnala che Pendl deriva da bendel, che significa nastro. Da bendel abbiamo Pendler/Bendler, poi Pendl, che è (secondo l’etimologia della parola)  la persona “che adorna la sua veste con un nastro”, oppure “chi commercia o fabbrica nastri”. Anche questa è una possibile origine per la località Pendola: un Pendl (o Pendler) si è stabilito in tempi remoti lungo il Lavagna, e la località ne ha preso il nome. Personalmente, tuttavia, io preferisco la prima possibilità, e cioè che Pendola deriva il suo nome dalla stretta striscia di terra lungo il fiume dove è situata.
Dalla località al nome della famiglia il passo è breve: è noto che molti cognomi devono la loro origine alla località abitata da chi ne ha preso il nome. In Liguria questi casi sono frequenti: abbiamo i Roccatagliata, i Garbarino, per non citarne che qualcuno.
Anche Arturo Ferretto scriveva che il cognome Pendola è un  toponimo, deriva cioè dalla località
(e dal Rio che la fiancheggia).
Quello che è certo, e che la presenza dei  Pendola in Val Fontanabuona  è veramente remota. Se ne ha traccia già nel 1167, quando un certo Marchesini di Lorsica donava alcune terre al Comune di Genova. Tra i testimoni, un Pendola.
Arturo Ferretto sul Mare del 22 maggio 1909 scriveva: “I Pendola, gli Zerega, i Macchiavello, a partire dall’inizio del 1200 lasciarono la Fontanabuona e scesero a Rapallo.”  E – sempre sul Mare - il 13 marzo 1920 scriveva: “i Pendola che ci furono dati dalla località di Noziglia, che ci diede anche i Noziglia…”.  Noziglia è il primo gruppo di case che si incontra lungo la strada della Crocetta scendendo dal passo verso Coreglia.
Non sappiamo cosa fece emigrare queste famiglie dalla Fontanabuona verso Rapallo: una carestia, un’alluvione; quel che è certo è che il movimento durò nel tempo. I Pendola però, a differenza dalle altre famiglie che scesero a Rapallo, si fermarono in alto, a San Maurizio di Monti.
All’epoca lungo la strada romana che da Rapallo portava in Fontanabuona attraverso il passo della Crocetta,  esisteva già una chiesa: nel 1190 Giulia, vedova Guilienzone, di San Quirico di Assereto, lasciava nel suo testamento una somma alla chiesa di San Maurizio. E cent’anni prima, nel 1031, Landolfo, vescovo di Genova, vi aveva affittato una sua terra  a un conte Fieschi.
Alle famiglie arrivate dalla Fontanabuona la collina piacque, e vi si stabilirono. Le colline, d’altra parte, erano più sicure delle cittadine lungo la costa, infestate com’erano dai pirati saraceni. Qualcuno veramente arrivò fino a Rapallo, come quel Bartolomeo Pendola che nel 1453 troviamo tra i finanziatori della costruzione della Torre Civica. Ma è un’eccezione.  Infatti tra gli elenchi di rapallesi che i pirati saraceni e turchi (tra cui il noto Dragut) presero prigionieri nei secoli seguenti,  non abbiamo mai trovato un Pendola. Né tantomeno troviamo Pendola tra i rapallesi  che ricoprirono cariche amministrative.
A San Maurizio i Pendola restarono: qualcuno fece fortuna. Come quell’Andrea Pendola che nel 1593, sentendosi vicino alla fine della sua vita, fece testamento lasciando tutti i suoi beni ad un fidecommisso (oggi la chiameremmo fondazione) destinato a dare una dote alle figlie dei Pendola che andavano a nozze.  Non di tutti i Pendola di Rapallo, ma solo dei Pendola di San Maurizio (uno escluso). E li nomina. Abbiamo così un dato storico molto interessante: a San Maurizio c’erano 26 famiglie  Pendola. Se consideriamo che nel censimento del 1500 Monte aveva 90 fuochi (famiglie) la proporzione dei Pendola sugli abitanti è fatta, quasi un terzo degli abitanti. E’ una proporzione che è restata immutata per alcuni secoli,  basta scorrere i registri parrocchiali dell’Ottocento per  rendersene conto.
In questi stessi anni, 1500-1600, qualcuno è partito dalle nostre colline per arrivare fino in Sicilia. La storia dei rapporti tra Genova e l’isola è lunga e affascinante: nasce nel medioevo, quando alcune famiglie feudali liguri (i Ventimiglia tra gli altri) dispongono di terreni nell’isola che coltivano a grano. Via via la Sicilia è vista dai genovesi come una terra di emigrazione, come una base per commerciare, specialmente grano.  Nel cinquecento la comunità genovese di Palermo è  talmente numerosa che dispone di una propria chiesa (San Giorgio dei Genovesi). Ma i liguri sono anche a Sciacca, nei cui dintorni una località porta ancora oggi il nome genovese di San Giorgio, e a  Siracusa. Da Palermo arriveranno poi nella valle del Belice, a Menfi, a  Sambuca. Tra i liguri a Palermo i rapallesi sono numerosi. Nel 1600 i Pescia verranno nominati Baroni dal vicerè spagnolo, e nel 1680 un Arata sarebbe diventato vescovo di Lipari. Questo Arata, benchè nativo di Palermo, si considerava rapallese perché il padre vi era nato. Non abbiamo tracce di Pendola nell’emigrazione ligure in Sicilia, particolarmente numerosa nel 1500 e nel 1600. Evidentemente non assunsero  posizioni di rilievo. Ma c’erano, perché nei registri parrocchiali  di Menfi già nella prima metà del settecento troviamo qualche Pendola.  La strada da San Maurizio di Monti era stata lunga! Da Menfi si sono spostati a Sambuca, e lungo la costa del canale di Sicilia, dove alcuni portano ancora oggi quel nome nato in Fontanabuona.
Qualche Pendola emigrò a Genova: ma si è trattato di una presenza sporadica. Agostino della Cella, scrivendo alla fine del 1700 la storia delle famiglie genovesi, a proposito dei Pendola scrive: ”Onesti cittadini genovesi che non credo antichi, venuti come penso da Rapallo, dove nella villa di San Maurizio di Monti sono in gran numero quelli di tal cognome, quasi tutti lavoratori della terra”.  Cita poi un Giuseppe Pendola, che nel 1746 partecipò all’insurrezione contro gli austriaci.
Ma nel complesso i Pendola nati a Genova sono relativamente pochi, perlopiù concentrati nella parrocchia di Portoria, negli ultimi decenni del settecento.
E’ probabile che Giovanni Pendola, nato a Genova nel 1837, garibaldino dei Mille,  sia stato un discendente di queste famiglie. Giovanni Pendola scelse di trascorrere gli ultimi anni della sua vita sulle nostre colline (oggi lo ricorda una  lapide di fronte alla Chiesa di San Maurizio).
Siamo arrivati alla fine del settecento: in Francia è scoppiata la Rivoluzione, alla fine del periodo Napoleonico (1815) inizierà l’emigrazione che porterà i liguri in Europa dapprima e poi nelle Americhe. Se nel 1780 un Pendola nato a Lerici poteva sembrare un caso anomalo, a partire dal 1850 ne troviamo sempre di più nelle navi che portavano i rapallesi alla ricerca dell’oro nelle valli della California, in Cile, in Perù.
Non solo in America: alla fine dell’ottocento, la corrente migratoria dalla Sicilia verso la Tunisia, portò i Pendola del Belice sull’altra  riva  del Mediterraneo,  da dove sarebbero tornati, verso la Francia o l’Italia, in un’altalena dettata dai sommovimenti della  storia, sessant’anni dopo.  Quando oggi troviamo un Pendola in Francia, a Lione ad esempio ce ne sono alcuni, non dobbiamo pensare ad un’emigrazione ottocentesca verso la Provenza, che pure c’è stata ed ha portato molti liguri a Marsiglia e a Séte, ma ad  viaggio molto più lungo e tortuoso.

Agostino Pendola