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Noi di Tigullio Repubblicano crediamo che anche le località, come Rapallo, che  si sono sempre  definite come roccaforti del cattolicesimo politico, hanno avuto, nella loro storia, momenti diversi. Momenti nei quali chi portava sentimenti di autentica democrazia ha avuto la possibilità di esprimersi. Iniziamo quindi a raccogliere in queste pagine alcuni di questi momenti, invitando chi è a conoscenza di altri, a segnalarceli.



La Società Operaia di mutuo soccorso di Rapallo

I fuochi artificiali in occasione del 20 settembre


                              Giuseppe Mazzini a Rapallo



Una lapide sul muro dell’ Hotel Europa a Rapallo ricorda che Giuseppe Mazzini, "cospiratore e profugo/ nell’ agosto del 1870/ qui stette occulto". Nient’ altro, quasi, per tramandarci, che il Genovese si rifugiò nella nostra città per qualche giorno.

Che si sia trattato di un rifugio è evidente: nella prima metà del 1870 le condizioni della popolazione italiana, unificata da neanche dieci anni, erano particolarmente difficili. La politica fiscale, che avrebbe portato al pareggio del bilancio nel 1876, pesava sulle fasce più deboli della popolazione, sui contadini, sugli artigiani, sugli operai della nascente industria.

Queste difficoltà portarono a moti e ribellioni un po’ in tutta Italia, al Nord come al Sud. E’ proprio a Milano che in quei mesi venne arrestato un giovane caporale dell’ esercito, Pietro Barsanti, accusato di propaganda sovversiva. Il governo, ma ancora più il re e la sua corte, volle dare un esempio, e nell’ estate il povero Barsanti fu fucilato.

Il 3 agosto anche Genova si sollevò, ma la rivolta venne repressa nel sangue.

Nell’ inverno del 1870 Mazzini è a Lugano: ma capisce che quello può essere il suo momento, e – per l’ ultima volta – varca di nascosto i confini. Si sposta continuamente, per non farsi individuare dalla polizia e arrestare. All’ inizio di agosto è a Genova. L’ 8 o il 9 del mese scrive un proclama, l’ ennesimo, ai Genovesi, invitandoli a fondare un governo repubblicano.

E’ a questi giorni che viene a Rapallo. Il Tigullio e Rapallo non gli erano certamente sconosciuti. Il padre, Giacomo, era nato a Chiavari, discendente da una famiglia di industriali (cave) e commercianti. Tuttavia presto si era trasferito a Genova, dove aveva partecipato all’ amministrazione della Repubblica Ligure. Aveva anche collaborato con la stampa democratica, e il giovane Giuseppe ricorderà tutta la sua vita i fogli ingialliti che il padre nascondeva in casa: i suoi articoli.

Ma Rapallo non è solo ricordi familiari: la nostra città è presente nelle lettere che Mazzini scriveva ai suoi amici e collaboratori. Se Rapallo era rimasta defilata rispetto a Chiavari, che invece ha avuto un ruolo nel Risorgimento nazionale (Mameli vi fondò nel 1847 una società studentesca), tuttavia anche da noi c’ erano seguaci del Genovese. Come Felice Casaccia.  Mazziniano genovese, aveva svolto un ruolo importante nella nascita delle prime società operaie di mutuo soccorso. Nel 1868 a Rapallo aveva preso in affitto il Palazzo Serra, lungo il torrente San Francesco, e lo aveva trasformato nell’ Hotel Europa. Il 4 agosto Mazzini scrive, da Genova, all’ amico Dagnino: "Vi mando una lettera per l’ amica di Rapallo. Se per caso Casaccia fosse in giù, dategliela" Dopo qualche giorno è a Rapallo, proprio nell’ Hotel Europa. Come non vedere un legame diretto tra il Maestro in fuga dalla polizia sabauda e l’ allievo albergatore, che l’ ospita sotto falso nome?

Anche a Rapallo Mazzini continua a scrivere: cosa e a chi è però difficile sapere. Nell’ Edizione Nazionale delle sue opere tutte le lettere della prima metà dell’ agosto sono datate da Genova. Molte, forse lo stesso proclama ai Genovesi, hanno certamente origine a Rapallo.

Comunque, si è trattato di una permanenza breve. Torna a Genova, si imbarca per il Sud, il 14 agosto viene arrestato a Palermo. Dopo due mesi di fortezza a Gaeta, riprende la via dell’ esilio a Lugano. Tornerà in Italia solo all’ inizio del 1872, e nel marzo morirà a Pisa.

Questo nucleo mazziniano rapallese per la nostra città ha però un significato più rilevante: nel giugno del 1871 vi venne fondata  la prima società operaia di mutuo soccorso del Tigullio, con Mazzini Presidente Onorario. Abbiamo una sua lettera dei primi di agosto di quell’ anno, datata da Lugano, di ringraziamento. Una società precedente di un anno alla ben più nota Reciproca, di Chiavari.

Più documentata, ma altrettanto degna di nota, è la storia dell’ apposizione della lapide sul muro dell’ albergo. Ne troviamo traccia nel giornale chiavarese Eco di Chiavari, pubblicato negli anni 1892-1900 e che riflette le idee democratiche.

Il giornale se ne occupa la prima volta a fine agosto del 1892, quando annuncia il prossimo scoprimento della lapide e l’ intervento del presidente della Confederazione Operaia Genovese, Bonati. "Sarà una degna e chiara affermazione del partito democratico", scrive l’ anonimo corrispondente.

La cronaca la troviamo nel numero del 18 settembre. Dopo l’ elenco dei gruppi intervenuti, tra i più lontani il Circolo Mazzini di Marsiglia, il circolo G. Garibaldi di Trieste (ancora austriaca), la serie degli interventi. Per primo parlò l’ avv. Bonati di Genova. Il giornale fa notare che più volte gli interventi vennero interrotti dal delegato di PS, che alla fine sciolse la riunione, comunque non vi furono incidenti.

"La sera Rapallo fu illuminata" scrive ancora Zeta (lo pseudonimo del corrispondente), per concludere che "la solenne cerimonia riuscì degna della nostra Rapallo".

Ciò che colpisce in tutta la cronaca, e in altri articoli del periodo, è lo spirito degli anni, la contrapposizione, anche aspra tra i cattolici e i liberali che non si limitò alle grandi città, ai temi della politica nazionale, alla grande stampa, ma arrivò nelle cittadine di provincia. Rapallo però era particolare. Da noi, nonostante il non expedit papale che avrebbe dovuto impedire ai cattolici la partecipazione alla vita politica, le parti erano invertite: i liberali, che governavano a Roma, erano all’ opposizione e i cattolici al palazzo comunale. Nel luglio del 1892 si erano tenute le elezioni comunali, e l’ Eco di Chiavari scriveva che delle due liste concorrenti, l’ una era fatta di clericali, ed aveva avuto la maggioranza, mentre nell’ altra c’ erano persone che portavano il baldacchino in processione. Pochi giorni dopo, sullo stesso giornale si poteva leggere la cronaca delle manifestazioni del 20 settembre, l’ anniversario di Porta Pia. Che veniva celebrato con corteo con banda (la banda democratica, segno che ce n’ erano due), mortaretti, fuochi d’ artificio e illuminazione notturna.

Evidentemente cent’ anni fa i fuochi d’ artificio non venivano usati solo per le feste religiose, ma anche per le festività nazionali, come del resto è ancora oggi in Francia, dove il 14 luglio, anniversario della presa della Bastiglia, i fuochi illuminano la notte di Parigi e della altre principali città.

Purtroppo ormai in Italia le feste civili (con la sola eccezione del 25 aprile) hanno smesso da tempo di essere un momento di celebrazione collettiva, segno evidente che non abbiamo più valori comuni da ricordare. E questo per un popolo è molto triste.

Agostino Pendola