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Achille
Lauro SUPERSTAR
Lauro e la squadra del
Napoli
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Il rapporto tra Lauro ed il Napoli nasce in epoca fascista, nel 1935,
ed è avvolto nella leggenda.
La squadra aveva avuto un grande presidente: Ascarelli, alla cui memoria
era intitolato lo stadio partenopeo. Uomo di grandi capacità, animato da
una sana passione, aveva per quei tempi un grande difetto:era ebreo, di
conseguenza aveva dovuto passare la mano.
Un giorno, siamo nel periodo in cui il fascismo ha raggiunto il massimo
consenso tra gli Italiani, il Federale della città, incontrando Lauro,
gli si avvicina tutto trafelato e gli confida:"Domani debbo partire
per l'Africa a servire la patria, ma prima di andare voglio affidarti la
mia creatura".
Sallustro e Ascarelli
Lauro annuì e, recatosi a casa, disse ad Angelina di preparare una stanza
con una culla, perché per un po' di tempo sarebbe dovuta venire a vivere
con loro la creatura...del Federale.
Angelina replicò meravigliata:"Ma se non è neanche sposato!"
"Che debbo dirti, amore mio, prepariamola lo stesso, sarà forse per
un figlio segreto".
Grande fu perciò lo stupore dei due quando l'indomani, di buon'ora,si
videro a casa il vice del Federale, con una borsa colma di documenti,
esclamare:"Vi consegno la creatura del Federale :i titoli di
proprietà della società calcio Napoli".
E don Achille, mentre ancora scartabellava stupito i fogli protocollo,
pieni di timbri e di bolli,si sentì richiedere un modesto contributo di
trecentomila lire!(all'epoca una cifra cospicua) per accettare il regalo.
Fin qui la vicenda romanzata, raccontata con garbo dalla penna di Serena
Romano.Seguiranno i fatti, perché Lauro colse subito la palla al balzo,
intuendo la grande importanza che può avere il controllo di una squadra
di calcio nel cuore di decine di migliaia di tifosi.
Salvo un intervallo legato agli eventi bellici ed alla confusione del dopo
guerra, don Achille conserverà la carica di presidente effettivo o
onorario fino alla morte, per quasi 50 anni, contribuendo nella buona e
nella cattiva sorte alle fortune di una delle squadre più amate del
mondo.
Fu più famoso del mitico Ascarelli, il primo presidente che guidò la
società quando, nel 1926, si affacciò alla serie A.
Presidente dal 1936 al 1940 e dal 1952 al 1954, preferì in seguito
regnare da dietro le quinte come presidente onorario,agendo dall'alto
attraverso persone di sua fiducia.
Egli fece una gavetta come vicepresidente in un anno di transizione per la
squadra, che aveva cambiato allenatore, passando da Garbutt ad un nuovo
straniero l'ungherese Csapkay, nel mentre cominciava tristemente a
declinare la stella di Attila Sallustro, il più grande e il più osannato
giocatore del Napoli di tutti i tempi.
Quello del 1934-35 fu l'ultimo campionato che vide il mitico Attila
condottiero dell'attacco,infatti giocò ancora per altri due anni nel
ruolo di ala destra, ma era oramai un idolo al tramonto per una folla che
si era esaltata per le sue straordinarie prestazioni.Deluse rimarranno
anche frotte di signore e signorine che avevano seguito con il fiato
sospeso le sue scorribande sentimentali, mentre il tempo inesorabile
solcava di rughe il suo splendido volto negli anni del tramonto, trascorsi
come funzionario e conclusi come direttore dello stadio San Paolo a
Fuorigrotta, che in questi giorni si blatera di voler dedicare a Maradona,
dimenticando questo grande giocatore del passato,partenopeo purosangue, il
quale, a differenza del pibe de oro, è stato sempre un modello di
correttezza in campo e soprattutto fuori di esso.
La società durante l'estate fu pervasa da un sacro furore di crescita,
con un'impegnativa campagna acquisti, favorita dall'ingresso come soci di
facoltosi imprenditori.
Il presidente, l'ingegner Savarese, incalzato dal prestigio di Lauro,
viene indotto alle dimissioni e comincia, con la nomina al suo posto, il
lungo regno di don Achille:è il 1936.
Sono gli anni in cui era entrato da poco in funzione il nuovo stadio
napoletano, tra i più moderni e funzionali d'Europa.Esso mise a riposo lo
stadio vomerese, sorgendo,in muratura, lì dove esisteva il vecchio campo
in legno di Giorgio Ascarelli, il presidentissimo, al quale non potette
essere intitolato il nuovo impianto per le sue origini ebraiche.
Erano infatti gli anni in cui i pregiudizi razziali, per compiacere Hitler,
entrarono, pur se tiepidamente, anche nell'accondiscendente e generoso
animo napoletano.
Lo stadio fu chiamato partenopeo, tra il disappunto dei tifosi, che
interpretarono l'episodio come un vero affronto alla memoria del grande
presidente del Napoli, da poco deceduto, la cui persecuzione proseguì
purtroppo anche dopo la morte.
La situazione economica della società non era brillante,ma Lauro, uomo
d'azione, poco incline a compromessi e mezze misure, esordì come
presidente con la frase, divenuta celebre,"O dentro o fuori, che
significa stare a metà?".
Parole paradigmatiche di un indirizzo economico che caratterizzerà a
lungo l'amministrazione della società.
Lauro presidente
Per il Napoli fu uno scossone, una salutare rivoluzione nel delicato
rapporto tra giocatori e dirigenza.
Mattia il nuovo allenatore accettò senza fiatare la lista di proscrizione
impostagli da Lauro. Andarono via tutti i giocatori che avevano piantato
grane, alcuni anche di valore.
La classifica fu modesta e Lauro continuò nei tagli, cercando rinforzi su
tutti i fronti.
Anche il campionato successivo non fu particolarmente brillante ed il
Comandante, infuriato, se la prese con l'allenatore che licenziò in
tronco.
La squadra era deludente ed entrò in crisi il rapporto con don Achille,
il quale,amareggiato anche per le numerose critiche alla sua conduzione
definita dittatoriale,lasciò la società nelle mani dell'ingegner Del
Pozzo, mentre all'orizzonte incombevano minacciosi venti di guerra.
Prima dell'infuriare dei combattimenti e della sospensione del campionato,
il Napoli mestamente subirà l'onta della prima retrocessione nella serie
cadetta.
Durante i tristi anni del conflitto non ci sarà tempo e voglia di pensare
allo sport. Sono anni di lutti, di dolore, di tessere annonarie, con la
morte sempre in agguato. Cadranno in frantumi tanti sogni con la morte di
tanti giovani,cadranno case e palazzi, andrà giù a terra anche il mitico
stadio Ascarelli, i cui resti subiranno l'affronto di ulteriori
mutilazioni,quando i Napoletani disperati ne ruberanno anche il ferro.
La guerra stravolgerà non solo le mura della città,ma lascerà ferite
profonde ed a lungo sanguinanti nelle carni martoriate dei Napoletani,
eufemisticamente liberati... dalle orde di soldati marocchini e
senegalesi,invasa dalle am-lire e costretta a sopravvivere, con
contrabbandi e sotterfugi, in uno squallido scenario di sciuscià e
puttane.
Si troverà lo stesso il coraggio e la volontà di ripartire da zero, con
gli stadi distrutti dai bombardamenti ed ogni spazio libero occupato con
tracotanza dai liberatori...ai quali bisognava chiedere il permesso anche
per un'innocente partita di pallone.
Nel dopo guerra le sorti del Napoli sono altalenanti e sembrarono allo
sbando con la morte improvvisa per infarto del suo presidente Musolino.
A gran voce si invocava il ritorno di Lauro, il quale non seppe resistere
a lungo a quanti lo pregavano di tornare alla testa della navicella
azzurra.
Don Achille mise generosamente mano al portafoglio e acquistò numerosi
giocatori, fornendo all'allenatore Monzeglio una rosa molto ricca e la
possibilità di svariate soluzioni tecniche.Arrivarono in squadra Vitali e
Pesaola, l'indimenticabile Petisso.
Con il nuovo presidente subentrò giustamente l'euforia dello
squadrone,per l'impegno profuso da Lauro,uomo politico di primo piano e
sportivo entusiasta, ma quel che più conta,ricchissimo e conscio
dell'importanza strategica di identificarsi con una squadra amata da
centinaia di migliaia di persone. I suoi lacchè coniarono a tal proposito
uno slogan efficacissimo:"Per un grande Napoli, per una grande
Napoli, vota Achille Lauro numero uno di Stella e Corona"
I risultati furono gratificanti, ma il Comandante, come sempre preparava
la zampata del leone:l'acquisto storico di mister 105 milioni,Hasse
Jeppson.
Erano i tempi di Pesaola, il valoroso Petisso,che ha fatto di Napoli la
sua seconda patria .L'incontro con Lauro, l'intesa a prima vista, grazie
ad una reciproca simpatia ed un amore che dura ancora.
Bruno giunse in città in viaggio di nozze con la bella moglie, miss
Novara,percorrerà un' interminabile carriera, prima come calciatore, poi
come allenatore, per finire come cittadino napoletano integerrimo.
Superò con la sua forza di volontà gravissimi incidenti di gioco,era un
coagulo di passionalità e tecnica, carattere indomito e grande umanità.
Fu autore di un goal spettacolare, da antologia,i cui fantastici
fotogrammi compariranno per anni nella sigla delle rubriche sportive della
televisione.
I tifosi napoletani impazzirono alla notizia dell'acquisto di Jeppson,
mentre la stampa nazionale gridò ipocritamente allo scandalo.
L'asso scandivano aveva sostituito Nordhal al comando dell'attacco della
nazionale svedese, all'epoca una delle più forti al mondo. Dotato di
grandi qualità tecniche, dal dribbling irresistibile ad una rara potenza
di tiro anche di testa, si era messo in luce proprio contro i colori
azzurri ai campionati del mondo brasiliani. Era giunto in Italia l'anno
precedente acquistato dall'Atalanta,alla quale si dovettero sborsare i
famigerati105 milioni, una cifra record, a lungo nel Guiness dei
primati.Settantacinque milioni furono versati ufficialmente alla società
orobica,mentre trenta furono pagati in Svizzera, che cominciava a
trasformarsi in un paradiso dell'evasione fiscale.Tre anni splendidi ,non
privi però di furibondi diverbi col Comandante, che alla fine lo regalò
al suo amico, il conte Lotti.
Divenne rapidamente un divo, casa di lusso al viale Elena ,matrimonio da
favola con Emma,giovane bella e soprattutto ricchissima, assidua
frequentazione dei circoli nautici più esclusivi e porte aperte nelle
splendide ville posillipine dei potenti della città.
Lauro si conquistò nel cuore dei tifosi una storica ed imperitura
benemerenza, mentre l'allenatore Monzeglio,avendo a disposizione uno dei
più forti centravanti europei, riuscirà ad ottenere il quarto posto in
classifica, la seconda miglior prestazione mai ottenuta fino ad allora
dal"Ciuccio".
Nel successivo campionato il portiere Bugatti e Posio conquistano la
maglia della nazionale, anche se Lauro è costretto ad intervenire
energicamente per ristabilire l'ordine nello spogliatoio dove erano
scoppiate infantili rivalità.
I goal dell'asso svedese sono spesso spettacolari, ma il Napoli non riesce
mai a combattere per le prime posizioni, riserva di caccia dei club del
ricco nord.Lentamente declina anche la stella di Amadei e si avverte la
necessità di un nuovo fenomeno da affiancare a Jeppson .E questo nuovo
astro arriverà dal Brasile, dalla gloriosa squadra del Botofago; si
chiamerà Louis de Menezes Vinicius,ma per i tifosi sarà semplicemente
Vinicio, anzi per meglio dire "O lione" per la irruenta foga con
cui si divincolava dagli avversari in area di rigore.
Louis Vinicio
Nativo di Belo Horizonte, divenne rapidamente una leggenda ed ancora oggi,
a distanza di decenni ha un posto stabile nel cuore dei napoletani.
Il suo matrimonio fu da favola, ripreso da tutti i rotocalchi.Compare di
nozze naturalmente Achille Lauro, splendida la cornice: la superba chiesa
di San Francesco di Paola.Una folla simile a Napoli non si vedeva dalle
nozze di Umberto di Savoia con Maria Josè.
I compagni si affrettavano a passargli la palla e la folla entusiasta lo
accompagnava con il suo urlo fin sotto la rete avversaria.Molte partite
sono rimaste memorabili per i suoi goal e le sue azioni irresistibili, che
facevano esaltare i tifosi, i quali durante la settimana amavano rievocare
le gesta del loro beniamino.
Purtroppo la coesistenza con Jeppson, che avrebbe potuto regalare al
Napoli il primo scudetto,si rivelò impossibile.Erano due giocatori
straordinari, ma di temperamento e di scuola agli antipodi:freddo e
calcolatore lo svedese, esuberante e pieno di vitalità il brasiliano.Ai
differenti caratteri si associava poi la diversità linguistica, che
produceva spesso equivoci.
Erano gli anni delle frequenti invasioni di campo da parte di tifosi
esasperati dalle decisioni arbitrali,che provocavano alla squadra pesanti
squalifiche,rese ancora più severe perché Lauro,per invidia ed ostilità
politica, non godeva di simpatia presso gli organi federali.Dopo
un'ennesima pesante squalifica lo stadio del Vomero fu dotato di un'ampia
recinzione, che lo faceva tristemente somigliare ad una gabbia di leoni o
ad un moderno Colosseo,animato dalle gesta di moderni gladiatori in lotta
per la conquista della palla.
A quel periodo appartengono storiche vittorie, come la doppia sconfitta
inflitta alla Juventus stellare di Sivori e Charles, a lungo campione
d'Italia,ma umiliata quell'anno tre a uno a Torino e quattro a tre al
Vomero.
Monzeglio era un allenatore abilissimo,ma per tutti viene il momento
dell'addio.La familiarità che si era instaurata tra lui ed i giocatori
gli aveva fatto perdere autorità e la disciplina ne soffriva, tanto da
provocare una vera e propria congiura contro di lui.Egli non tollerava
discussioni sulle sue scelte tecniche,neanche da parte del Comandante e
questa cocciutaggine provocherà il suo licenziamento.
Lauro era il primo dei tifosi e come questi volubile,in cuor suo avrebbe
preferito Amadei come allenatore ed alla prima occasione propizia
licenziò in tronco il vecchio gentiluomo piemontese, dando luogo
all'originale figura dell'allenatore-giocatore.
Amadei ,a differenza del suo predecessore penderà dalle labbra del suo
padrone ,consultato quotidianamente alle prime luci dell'alba nella sua
villa di via Crispi; ascolterà, sottomesso, di gioco , uomini, tattica,
avversari. Si affiderà ai guizzi ed alle irresistibili serpentine di
Vinicio ,ai suoi dribbling ed alla capacità, più volte dimostrata, di
mettere K.O. da solo anche le squadre più forti.Il brasiliano segnerà
carrette di goal, classificandosi secondo nella classifica dei cannonieri,
che riuscirà a vincere ,con altra casacca, alla veneranda età di
trentasette anni.
Amadei otterrà anche un quarto posto,ma Lauro si aspettava di più e gli
consegnò il benservito assumendo Frossi,il famigerato" dottor
sottile", il quale portò a Napoli, oltre ad una disciplina ferrea,
il suo ben noto catenaccio.Il nuovo allenatore poteva vantare un pedigree
di tutto rispetto,ma la fortuna non gli fu alleata e don Achille diede,
convinto, la colpa alle lenti nere che il mister portava giorno e notte.
Nel frattempo il Napoli lasciò il glorioso stadio del Vomero per
trasferirsi al San Paolo, un impianto modernissimo da 100.000 posti
adeguato allo straripante entusiasmo della folla partenopea.Il primo
scontro contro i campionissimi della Juventus; era il 6 dicembre 1959,
vittoria beneaugurante degli azzurri.
Il nuovo stadio riuscì ad arginare il vergognoso fenomeno della caccia
all'arbitro da parte della teppaglia più facinorosa.Leggendario il
salvataggio da parte di Lauro in persona del direttore di gara De Marchi:
catturato dalla folla inferocita fu liberato dall'oratoria del Comandante
all'apice della fama:"Fitient e merda iatevenn e case vostre".
Nonostante i cambi continui di allenatori ed un parco giocatori tutto
sommato dignitoso, il Napoli conosce l'onta della retrocessione in serie
B.
In squadra ci sono giocatori di rilievo nazionale, dal portiere Bugatti
agli attaccanti Pivatelli e Gratton,ma le sconfitte sono continue.
Si è rotta l'armonia nella società e le quotazioni di Lauro
presidentissimo azzurro calano vertiginosamente.Ogni partita è un corteo
di fischi, frutto anche della mutata situazione politica della città.
Si chiama alla guida della squadra Attila Sallustro, una illustre
bandiera, sperando che possa rappresentare uno stimolo per tutti, ma
purtroppo si precipita verso il baratro giorno dopo giorno.
Si pagano gravi errori nella conduzione tecnica, tra cui la rinuncia ad un
giocatore come Vinicio, frettolosamente giudicato finito, il quale,
viceversa, giocherà ancora per molti anni ad altissimo livello, vincendo
trentasettenne la classifica dei capo cannonieri.
E la partenza di Vinicio rappresentò per Lauro un dolore continuo, che si
riacutizzava al racconto dell'eroiche gesta del suo figlioccio.Mal
consigliato, ripeteva continuamente sconsolato:"Mi avevano detto che
era finito, che strunz so' stato".
Il Comandante aveva speso in dieci anni oltre due miliardi, per trovarsi
con la squadra in serie B e con un gruppo di giocatori del valore di
nemmeno duecento milioni.Ma non si dà per vinto, mette la mano al
portafoglio e prepara uno squadrone, che affida a Baldi, un allenatore
famoso per aver traghettato più di una squadra dall'inferno della serie
cadetta al paradiso della serie A.
Nonostante i rinforzi l'inizio del campionato è disastroso e la squadra
si trova a combattere per non retrocedere in serie C (Anche i nostri padri
hanno sofferto!).
Baldi, inascoltato dai giocatori, chiede sconfortato di essere
sostituito.Il Comandante, in una caotica riunione a casa sua con i più
stretti collaboratori, decide di correre ai ripari.Convoca Pesaola , il
quale stava imparando il mestiere di allenatore al timone di una compagine
di serie D e gli affida fiducioso il comando del Napoli.
Il Petisso dà la carica alla squadra,istaurando un clima di concordia tra
i giocatori.Le vittorie cominciano a fioccare e nell'ultima partita,
vincendo per uno a zero a Verona,nella tana dei leghisti ante litteram, il
Napoli conquista la sospirata promozione.
Residuerà una coda di velenose polemiche, con l'accusa, mai dimostrata,
di corruzione del portiere avversario da parte di alcuni tifosi
partenopei.
Ma la permanenza in A sarà di breve durata.Il San Paolo diventerà terra
di conquista anche da parte delle provinciali,ansiose di dimostrare a
giocatori milionari come si gioca con impegno.
Lo stadio ,ritenuto inespugnabile, grazie al medioevale fossato di
protezione,sarà violato dai tifosi inviperiti, che ,con furbizia,
supereranno l'ostacolo con l'ausilio dei tabelloni pubblicitari abbattuti,
i quali fungeranno da passerella verso l'arbitro...
I danni saranno ingenti, con decine di feriti e centinaia di milioni
distrutti in pochi minuti.Non ci sarà giorno più nero nella storia del
Napoli ed anche per Lauro il calo d'immagine sarà devastante, con una
perdita di voti di tipo emorragico. La sua lista, abituata a maggioranze
assolute schiaccianti, raggiungerà un misero 11%.
La situazione societaria divenne estremamente caotica e Lauro,
amareggiato, fece capire chiaramente che si era stancato di continuare a
sopportare da solo il peso della squadra.In tutti questi anni il
presidente del sodalizio era stato Alfonso Cuomo, un industriale
conserviero,ma egli era semplicemente un prestanome, perché tutte le
decisioni venivano prese dal Comandante.
Dalla barca che affonda scappa anche don Achille,la situazione della
società è disperata.Il prefetto viene interessato dal governo a cercare
una soluzione e si crea una diversa struttura proprietaria.
Nasce così la prima società per azioni nel mondo del calcio, largamente
in anticipo sulle norme federali, con un capitale nominale di 120 milioni
così suddiviso:40% a Lauro, 22% a Corcione, un costruttore e 34% a
Roberto Fiore, che sarà per un breve periodo presidente del Napoli.
Nella nostra città giunsero due grandi giocatori: Sivori ed Altafini,
grazie all'interessamento di Lauro,il quale convinse Agnelli a svendere
l'asso argentino in cambio di un contratto per la fornitura dei motori di
due transatlantici gemelli.
I due funamboli fecero impazzire la folla che rimpinguò le casse del
Napoli, battendo ogni record nazionale di abbonamenti:oltre un miliardo.Un
quarto posto e l'anno successivo addirittura secondi alle spalle del Milan.
Mentre la squadra finalmente raccoglie lusinghieri successi sul campo, la
società soffre di rivalità e lotte interne.Il presidente Fiore, messo in
minoranza dal gruppo laurino è costretto a rassegnare le dimissioni.
Il 17 dicembre 1967 lascia il suo posto a Gioacchino,il figlio terribile
di don Achille.Egli condurrà una gestione paternalistica, sotto l'ala
protettrice del padre-padrone, con il portafoglio sempre pronto e, quando
non bastava, con il libretto degli assegni.
"Premi e stipendi saranno sempre garantiti , nessuna preoccupazione
economica" soleva ripetere fino alla noia.
Arriveranno grazie a lui grandi giocatori come Claudio Sala e Barison ed
in porta il plurinazionale Dino Zoff.
Gioacchino seppe instaurare un buon rapporto con i giocatori che appestava
benevolmente negli spogliatoi dopo la partita con i suoi inseparabili
sigari cubani, procurati per lui dal fornitore personale del" Lider
maximo", il barbutissimo Fidel.
Un male incurabile lo stroncò ancora giovane, con un solo rimpianto:non
aver regalato lo scudetto al meraviglioso pubblico napoletano.
Dopo un breve interregno di Antonio Corcione, si prepara a comparire sulla
scena la figura di un giovane ingegnere, costruttore, amante delle auto
velocissime e stregato dal calcio:Corrado Ferlaino. Il suo impero durerà
33 anni e finalmente porterà lo scudetto, ben due volte, all'ombra del
Vesuvio.
Seppe conquistarsi la presidenza con abilità, in un consiglio dove due
fazioni, una favorevole a Lauro e l'altra contraria, si contendevano la
presidenza.
Il rappresentante del Comandante, l'avvocato Diamante, gli diede fiducia,
perché a don Achille era piaciuto quel giovane così deciso.
Ferlaino riuscì a procurarsi il pacchetto azionario di Corcione e poi
anche quello di Fiore.
Rocambolesco l'acquisto della quota in possesso della vedova Corcione,
abitante ad un settimo piano.Mentre Fiore saliva comodamente in ascensore,
l'ingegnere, memore del suo passato di atleta ,percorrendo di corsa le
scale , arrivò per primo e concluse l'affare.
Lauro non avrà più da quel momento una posizione di rilievo nella
società, rimarrà presidente a vita, ma il destino del Napoli rimarrà
saldamente nelle mani di Ferlaino, il quale, tra i tanti meriti, porterà
nella nostra città Armando Maradona, i cui magici piedi faranno
letteralmente impazzire i tifosi.
Lauro ha senza dubbio segnato un'epoca. Di lui non si può non ricordare
la grande personalità. A lui si deve lo stimolo per la costruzione dello
stadio San Paolo.
Ebbe sempre grande personalità e seppe sempre porsi davanti ad uomini e
fatti, nella buona e nella cattiva sorte, con grande determinazione.
Nella sconfitta conservava sempre una grande dignità.
Ha vissuto la vita del calcio Napoli per oltre 40 anni con risultati
alterni, ma sempre con la stessa passione.
Aveva una visione romantica del calcio, non solo come fatto tecnico, ma
soprattutto come spettacolo per il pubblico che fa grandi sacrifici
economici per andare allo stadio.
Acuta ricostruzione storica di un testimone d'eccezione, l'ingegnere
Corrado Ferlaino, presidente del Napoli per oltre 30 anni, l'uomo degli
scudetti e di Maradona.
Il 17 maggio 1942 è la data di un episodio unico negli annali del
calcio.Il vecchio e glorioso stadio Ascarelli, ignaro del tremendo
bombardamento dell'anno successivo che lo avrebbe ridotto ad un cumulo di
macerie, assistette ad una memorabile sfida tra portieri, i quali erano
fratelli e vestivano casacche diverse.
Le squadre, il Napoli ed il Modena, i due estremi difensori a confronto,
Sentimenti II e Sentimenti IV.
Viene assegnato un rigore decisivo, ma nessuno degli attaccanti se la
sente di sfidare Sentimenti II,che si era conquistato una leggendaria fama
di"ammazzarigorista", parando consecutivamente 12 penalty,
tirati da specialisti famosi, tra i quali: Frossi, Meazza e Piola.
Dall'altra parte del campo si fa avanti allora l'altro portiere, il
fratello Sentimenti IV,che dopo una breve rincorsa, novello Caino,
trafigge il germano con un tiro all'incrocio dei pali, interrompendo una
imbattibilità giustamente divenuta mitica.
Era lo stesso Lauro a raccontare spesso questo irripetibile
scontro,rimembrando tempi eroici, quando gli allenamenti erano quasi
quotidianamente interrotti dal lugubre suono delle sirene e la vita di
tutti era legata ad un filo.
Sentimenti II,"Cherry", per i tifosi, è stato uno dei più
grandi portieri italiani di tutti i tempi, ma aveva un carattere
litigioso,tanto da venire varie volte espulso, evenienza rarissima per un
portiere.
In uno di questi casi gli viene decurtato il premio di partita: mille
lire, una cifra cospicua a quei tempi, quando si sognava e si cantava di
poterle avere..una volta al mese.
Sallustro chiede ai dirigenti di poter rinunciare al suo premio in favore
del compagno e questi, colpiti dalla sua generosità, perdonano il gesto
d'intemperanza del portiere e gli assegnano il premio che gli spettava.Una
favola d'altri tempi,quando l'amicizia prevaleva sul denaro.
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