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Achille Lauro SUPERSTAR

Aneddoti

 

Un capitolo di aneddoti sul Comandante non avrebbe confini, perché tutta la sua vita è stata costellata di storie più o meno interessanti, per i personaggi incontrati e per il carattere estroso e imprevedibile del Nostro.
Mi sono limitato perciò poco più di una ventina di storielle, quasi tutte inedite, ad eccezione di tre o quattro, famosissime e degne di essere ricordate.


Nessuno si aspetterebbe un incontro tra Achille Lauro e Benedetto Croce, due personaggi agli antipodi per carattere, cultura, educazione, sensibilità e tanto meno una frase, non proprio ortodossa, in bocca al filosofo per antonomasia.
Eppure le due cose si sono verificate e ne veniamo a conoscenza grazie alla testimonianza del giornalista e scrittore Arturo Capasso, che, negli anni Sessanta, raccolse in un memoriale i ricordi di Beniamino Rosati, medico per trent'anni del sommo storico.
Durante gli anni della guerra, Croce si trasferì in una villa di Sorrento, procuratagli dallo stesso medico, per continuare i suoi studi con maggiore tranquillità. Lì s'incontrava spesso con Rosati, al quale lo legava una grande amicizia, tanto da essere una delle poche persone a cui era permesso di chiamarlo con un confidenziale don Benedetto.
Ed in uno di questi frequenti incontri il sanitario si permise un rimprovero al filosofo, perché lo stesso aveva ricevuto nei giorni precedenti Achille Lauro, personaggio che non godeva già allora di buona fama.
Per inciso, il Comandante pare si fosse recato a casa di Croce a perorare la causa di un critico musicale, suo protetto, che avrebbe gradito essere assunto da un quotidiano napoletano.
La risposta di don Benedetto fu lapidaria e merita di essere resa nota: "La casa del filosofo è come quella della puttana, essa deve essere aperta a tutti".
Un paragone inaspettato che getta nuova luce, non tanto su Lauro, quanto sul grande pensatore abruzzese.


La capacità finanziaria di Lauro era ben nota in città, ma che addirittura un suo assegno, per un importo notevole, fosse accettato dalla banca, anche privo della sua firma, è sorprendente.
Eppure è quanto raccontato da Brinkmann, il noto commerciante, nel cui negozio di orologi di piazza Municipio, Lauro si recò ,nel lontano 1955, per acquistare un orologio da tavolo di grande valore, ben trecentomila lire, che all'epoca costituivano una cifra considerevole.
Staccato l'assegno, il commerciante si accorse che mancava la firma, ma non osò dirlo subito, nel timore di contrariare il facoltoso cliente, il cui carattere irritabile e imprevedibile era proverbiale. Si riservava di farlo avvertire dal direttore della banca e grande fu la sua sorpresa, quando il funzionario, senz'alcun problema, gli pagò l'assegno a vista.
Alla gentilezza del noto commerciante, dobbiamo un'altra divertente descrizione, riguardante, non direttamente Lauro, ma un personaggio, per anni alla sua corte: il costruttore Pasqualino Ottieri, figlio del ben più noto Mario, che aveva impalmato una principessa indiana, la quale fece visita più di una volta all'accorsato negozio di piazza Municipio, acquistando numerosi orologi preziosi, senza chiedere neanche il prezzo.
Sempre avvolta in una serie di veli multicolori, con un codazzo di accompagnatrici, anch'esse vestite con il sari, mentre in strada attendevano pazienti, autista e guardia del corpo. Questa donna dagli occhi ammalianti e misteriosi non passò certo inosservata ai napoletani, tanto che il compianto Carosone dedicò al potente personaggio e a questo suo amore esotico una celebre canzone: "Pasqualino maragià". Nel contempo i napoletani coniarono una sagace battuta: "Si è punto ieri notte, perché la sua bella ha la fica d'India".


La preside Amalia Pigliabelli abita da quasi cinquant'anni la sua casa all'ultimo piano in via Crispi, proprio di fronte a quella che, da tempo tristemente decaduta, fu per decenni l'abitazione di Lauro ed a fianco all'edificio, oggi sede di moderni uffici e laboratori, all'epoca residenza delle religiose del Sacro Cuore.
Le sane abitudini ginniche del Comandante sono arcinote, non meno conosciuto l'abbigliamento adoperato per tali pratiche sportive: il nudo adamitico e l'orario rigorosamente antelucano.
Tali esercitazioni, ogni mattina, alle prime luci dell'alba, per decenni, si sono svolte sulla terrazza della villa, davanti agli occhi esterrefatti delle suore del convento di fronte, che, da dietro alle persiane venivano sottoposte insistentemente a diaboliche tentazioni e conseguenti forzate contrizioni.
La signora ci ha confidato che, giovinetta, spesso si svegliava appositamente per guardare meravigliata quelle involontarie esibizioni, la cui contemplazione era resa più peccaminosa dalle inevitabili considerazioni sulle sproporzionate dimensioni virili del Comandante.


Il dottor Athos Zontini, noto ortopedico, da anni scomparso, era stato prima giocatore del Napoli e poi a lungo medico della squadra, oltre che consigliere comunale.
Frequentavo la sua casa perché ero amico del figlio Leandro e ricordo che una volta a tavola - ero allora studente di medicina - confidò che più volte Lauro gli aveva chiesto se esistesse qualche medicinale o qualche pozione da somministrare ai giocatori, per farli correre con maggiore resistenza alla fatica.
Al suo diniego s'infuriava dicendo che era ignorante.Un precursore anche del doping, prima ancora che venisse inventato?


La signora Tiziana P. ci racconta come si svolgevano le famose "sedute" nel palazzo della flotta: "In un angolo dell'ufficio vi era un piccolo salottino con le tendine sempre chiuse, a cui si accedeva direttamente da un ascensore secondario.
Don Achille, se era impegnato in una riunione, avvertito dall'usciere della visita, si allontanava con una battuta. Non più di dieci minuti e tutto era finito.
Per dieci mesi, salvo quando lui era fuori Napoli, ogni martedì pomeriggio vi è stata la coniuctio, veloce ma entusiasmante.
A distanza di oltre quarant'anni, sono tre volte nonna, ho ancora davanti agli occhi quegli incontri travolgenti, al cui ricordo mi viene la pelle d'oca. E ne ho conosciuti di uomini, ma come quello nessuno!"


Da decenni circola negli ambienti forensi, e non solo fra questi, un gustoso episodio, raccontatomi dall'onorevole Alfonso Marra, riguardante una visita a villa Lauro del noto penalista Alfredo De Marsico, il quale doveva consegnare, personalmente e con urgenza, un messaggio del re Umberto dall'esilio di Cascais.
L'avvocato aveva tentato più volte di farsi ricevere, telefonando a tutte le ore e dopo varie insistenze, gli fu consigliato di presentarsi molto presto al mattino, prima che cominciassero i pressanti impegni di tutti i giorni.
Accolto dal cameriere, che, elegantemente vestito con superbi galloni, venne ingenuamente scambiato per un ammiraglio, fu introdotto nel salone, ove, meraviglia delle meraviglie, fu ricevuto da Lauro completamente nudo. Abbigliamento col quale il Comandante era solito, di buon mattino, ricevere, tra ginnastica e massaggi, flessioni e frizioni, i suoi più stretti collaboratori, abituati da anni a tale spettacolo.
L'avvocato indignato protestò vivacemente, ma fu gelato dalla risposta di don Achille, che, rivolgendo lo sguardo verso il basso, esclamò:
"Ma chistu non adda piglià pur'isso nu' poco 'e sole?".


Durante un comizio elettorale all'improvviso si guasta il microfono:
"Presto si chiami il radiologo"
Oppure nel bel mezzo di un discorso, la solenne promessa:
"Non lasceremo le vostre richieste sulla sogliola di Montecitorio"
Queste frasi, attribuite a Lauro dalla propaganda delle opposizioni, sono divenute una leggenda, per presentarlo come un rozzo analfabeta.
Gli addetti ai lavori, in buona fede, sapevano vagamente che non erano frasi sue, bensì di un altro candidato monarchico dell'epoca, un commerciante di piazza Mercato, che, dopo molte ricerche abbiamo finalmente identificato: Antonio Buglione


Al consigliere Giuseppe Amato, soprannominato "trenta denari" per il suo tradimento a Covelli, spetta invece la frase, pronunciata nel corso di un acceso contraddittorio ed anch'essa più volte riferita a Lauro: "Parlateci dell'Ingic, il popolo vuole essere parlato dell'Ingic".


Achille ed Eliana si trovavano a cenare una sera in un grande albergo di Stresa e furono attirati da una vetrina della hall, dove troneggiava uno splendido collier di brillanti.
"Ti piace?", "Come può non piacermi".
Detto fatto, Achille chiama il direttore e gli dice che vuole comprare il gioiello.
Mentre i due innamorati cenano, vi è un'affannosa ricerca dell'impiegato custode delle chiavi della vetrina, senza rintracciarlo. Il direttore, mortificato, cerca di rinviare all'indomani la consegna della collana:
"Mi dica dove alloggia e le farò pervenire il prezioso quanto prima".
"Parto subito, ora o mai più" risponde baldanzoso Lauro ed alle obiezioni del direttore, con sicumera ordina:
"Rompete la vetrina, pago io tutti i danni, anzi chiamo il mio autista con gli attrezzi, che è esperto in effrazioni...".
Colpi su colpi con il cric e con le chiavi inglesi, con tenaglie e punteruoli, il vetro comincia a scheggiarsi, ma sembra resistere agli assalti. Allora il nostro eroe, individuato il punto di rottura nel baricentro del cristallo, gli assesta alcuni fendenti vigorosi. Alla fine, come un imene fibroso che resiste, ma poi viene vinto, sfascia la vetrina in mille frantumi e prende la collana, che cinge vittorioso sul collo della sua bella, tra gli applausi scroscianti del pubblico, il quale aveva seguito, divertito, la scena, alternando sonore risate a scollacciati canti goliardici.


"Vicchiariello e piccerella" non è la parodia dell'amore tra Lauro e la Merolla, durato fino alla morte, nonostante oltre cinquant'anni di differenza, bensì il commento di Achille alla notizia del matrimonio di due conoscenti, che gli veniva riferita nel suo ufficio della flotta dai suoi collaboratori:
"Lo sposo ha 78 anni, compiuti a maggio".
"E' ancora giovane!", senza tentennamenti.
"La sposa ha 39 anni".
"Certo, lei, è un poco vicchiarella".


Raccontata da Maurizio Valenzi:
"Mi recai con un compagno al Comune, per guidare una delegazione di donne senza tetto, che voleva incontrare il sindaco per protestare.
Lui, appena ci ricevette nel suo studio, senza ascoltare e senza tergiversare, estrasse il portafoglio e diede manciate di banconote alle donne, le quali andarono via entusiaste, alcune dopo avergli baciato la mano.
A noi non restò che ritirarci, sconsolati".
Al duca di Santa Severina, Collare dell'Annunziata, massimo titolo nobiliare di casa Savoia, da poco scomparso alla veneranda età di 96 anni, dobbiamo un gustoso aneddoto esplicativo, da un lato del carattere generoso del Comandante, dall'altro che la sua fede monarchica era alquanto annacquata.


E' dicembre del 1953, si stanno distribuendo gli stipendi e la gratifica di Natale ai dipendenti del Comune, che a quell'epoca venivano consegnati in contanti in un ufficio di palazzo San Giacomo. Sono le quattro del pomeriggio e,come capitava a volte, il Comandante, smessa la veste di sindaco, la cui porta era come è noto sempre aperta a tutti ed indossata quella di padrone della flotta, comincia a trattare i suoi affari privati seduto ad un grande tavolo, attorniato dai suoi collaboratori con il fido Manfellotto alla sua destra.
All'improvviso la discussione viene interrotta da urla e pianti di uno spazzino che, nelle scale del palazzo, ha perso il portafoglio con lo stipendio ritirato da pochi minuti.
Lo sventurato non sa darsi pace e versa lacrime a profusione, al pensiero dei sette figli che lo aspettano a casa. Egli implora aiuto dal Cielo e non trascura di bestemmiare a squarciagola per la sua disgrazia. E l'aiuto arriva non proprio dal Cielo, bensì da Lauro in persona che, informatosi da Manfellotto su quanto prenda al mese uno scopatore (la dizione operatore ecologico è di là da venire), non esita a sborsare di tasca sua il denaro all'uomo disperato, a cui chiede come si chiami.
"Pasquale Esposito fu Salvatore ai vostri ordini e soprattutto viva il Re!" asciugandosi gli occhi per la commozione.
"Evviva il Re un cazzo, ricorda sempre: i soldi che ti ho dato sono miei".
Alla cortesia dell'avvocato Alessandro Sacchi, depositario di una confidenza di Alfredo Covelli nei suoi ultimi anni di vita, siamo debitori di una vera e propria primizia: una visita segreta di Achille Lauro al Re nel suo esilio di Cascais in Portogallo.
Accompagnato da Covelli, all'epoca segretario del partito, i due si recarono in pompa magna, portando doni, a rendere omaggio a Sua Maestà ed a prendere ordini. Ma Umberto II fu glaciale nell'accoglienza e, nel congedare i visitatori, confidò nell'orecchio di Covelli: "Rispetto il grande armatore, ma la politica è una cosa seria e non fa per lui".
Per inquadrare con maggiore precisione storica l'incontro, sul quale dalla propaganda laurina fu messa la sordina dato l'esito infausto, bisogna rammentare che in precedenza il plenipotenziario del Re, Falcone Lucifero, aveva avuto più di uno scontro verbale con Lauro, per cui è intuibile che avesse fatto un rapporto sul personaggio al sovrano in esilio sicuramente non favorevole.


Si deve a Massimo Caprara il racconto di un colloquio tra Lauro e Scelba, quando questi occupava la carica di Presidente del Consiglio.
L'incontro avviene a Napoli all'hotel Excelsior e verte sulla possibilità, anche se remota, di un'adesione del Comandante alla Democrazia cristiana.
"Perché non si presenta nelle liste elettorali Dc?" esordisce Scelba.
"Perché non mi aiuta ad amministrare questa sventurata (Napoli), dando ad essa i mezzi di cui ha diritto?".
"Un'amministrazione democratica li avrebbe".
Lauro finge di accettare, ma con un sorriso sornione pone una condizione.
"Va bene, quale?"
"In cambio dovete darmi una cosa Presidente: dovete togliermi dieci anni d'età!"


Al compianto professor Giuliano Briganti, grande esperto d'arte, sporadicamente consultato dal Comandante in occasione dell'acquisto di qualche dipinto importante, siamo debitori per il racconto di un morboso rapporto che don Achille ha vissuto per decenni con un quadro della sua celebre collezione: una splendida Madonna con bambino e san Francesco, assegnata a Bernardo Strozzi e proveniente dalla vendita all'asta, avvenuta nel 1940, della prestigiosa collezione Doria D'Angri, una raccolta ricca di un Van Dyck e di un Caravaggio e dalla quale egli acquistò anche la favolosa serie di sette arazzi appartenuta al Re sole.
Non era certo il valore venale dell'opera, né tanto meno i suoi notevoli pregi artistici, ad attirare Lauro, bensì una circostanza fortuita che poteva costargli la vita.
La tela in questione era gelosamente conservata a capo del letto matrimoniale, un po' per devozione e un po'( non si sa mai) per protezione...
Erano gli anni della felicità coniugale e Lauro cercava ogni sera, anche se a tarda ora, dopo una giornata di lavoro intensissima, di ritornare al fianco dell'amata mogliettina.
Una sera, non potendo rincasare per improcrastinabili impegni nella capitale, volle farsi raggiungere da Angelina in albergo. Non capitava quasi mai, ma in quella occasione fu irremovibile e diede precise istruzioni al suo fidato autista.
La notte, alle 3 in punto, un tonfo pauroso nella camera da letto della villa di via Crispi fece sobbalzare la servitù, che di corsa si recò a vedere cosa fosse accaduto. Il chiodo che reggeva il celebre quadro aveva ceduto di schianto sotto il peso di un'imponente cornice di varie decine di chili e la madonnina, tanto osannata, col suo bambinello e san Francesco, era caduta sul cuscino di Achille, il quale sarebbe rimasto ucciso sul colpo.
La devozione di Lauro verso la sacra immagine da quel giorno crebbe a dismisura, quasi a generare una sindrome di Stendhal e con lo sguardo verso di essa, implorante, egli, un giorno lontano, avrebbe esalato l'ultimo respiro, sicuro che la protezione della preziosa Madonna sarebbe proseguita anche nell'altro mondo, nel quale, come tutti noi, aveva una gran paura ad entrare.
Per inciso, il dipinto, notificato dallo Stato e identificato in seguito dagli studiosi come opera di Rutilio Manetti, un prestigioso pittore del Seicento senese, ha seguito il triste destino di tutti i beni materiali di don Achille: disperso nella memorabile asta del 1984.
Oggi troneggia in un esclusivo salotto posillipino, molto ammirato ma privo di devozione, proprietà di un disincantato e miscredente professionista napoletano, dai gusti artistici raffinati.


"C'è ma è come se non ci fosse!"
Con questa frase sibillina l'usciere Santopaolo replicava a tutti coloro che dovevano parlare con urgenza con il Comandante.
Dobbiamo l'aneddoto al nipote del fedele custode del riposo del guerriero. Egli ci ha confidato di aver personalmente visitato i luoghi degli incontri ravvicinati..., quando una volta, da bambino, lo zio gli permise di entrare.
Ascensore riservato, la stanza, dalle tende profumate di lavanda sempre abbassate,sobriamente arredata con mobili antichi, un divano accogliente dalla tappezzeria a fiori multicolori, uno sfarzoso lampadario di Murano, nel bagno una scelta di saponi e profumi ed una grande vasca poco meno di una piscina.
Quante fantasie erotiche a briglia sciolta dopo aver sbirciato in una stanza tanto segreta e tanto famosa.


Achille, quando compariva in pubblico amava vestire sempre con grande eleganza, profumatissimo, in doppio petto con l'immancabile fazzoletto a triangolo nel taschino, tutto firmato dalla camicia alle mutande di seta preziosa, siglate con le iniziali. Spesso si cambiava più di una volta da capo a piedi, se doveva partecipare a diverse cerimonie.
D'estate questa regola era stravolta e volentieri egli amava vestirsi in maniera casual, come solo i veri ricchi possono permettersi senza scadere di tono.
Con la sua barca, il Karama, amava veleggiare lungo la costa azzurra, con a bordo 11 marinai e l'affascinante Eliana. Quando scendeva a terra gli bastavano un paio di rumorosi zoccoli, un calzoncino ed una canottiera colorata, oltre ad un basco messo di tre quarti che gli donava una certa aria francese. Spesso comprava personalmente il pesce, mostrando grande competenza nell'esaminare il colore delle scaglie e la lucentezza degli occhi. Scambiato per un cuoco, i negozianti si meravigliavano quanto assomigliasse al suo padrone: il mitico Comandante.
Questa divisa poteva forse andare bene per il mercato, un po' meno per fare acquisti da Cartier, ma il nostro eroe, avendo adocchiato nella vetrina uno scintillante monile, che riteneva potesse essere degno di adornare il seno prosperoso della sua bella, non esitò ad entrare nel favoloso negozio per chiederne il prezzo. I commessi furono incerti se fosse il caso di rispondere ad un personaggio così poco raccomandabile, ma alla fine, per dovere di ufficio, sciolsero il quesito: 95 milioni.
"E' un po' caro, ma se me lo date per 90 milioni lo prendo".
Ancora più meravigliati dalla proposta, i commessi consultarono il direttore, che sdegnato esclamò: "Cartier non fa sconti!".
Lauro non battè ciglio e tornò sulla sua barca .
Gli impiegati della esclusiva gioielleria raccontarono divertiti l'episodio a più di un cliente e rimasero di sasso, quando uno di questi, un noto camorrista in libera uscita, identificò nel canuto vegliardo il Comandante, da lui incontrato poche ore prima sul molo.
Il direttore si affrettò a far pervenire a Lauro la preziosa collana impacchettata con cura presso il Karama, con un fascio di fiori per la signora ed una lettera di scuse, in cui si spiegava che il prezzo era naturalmente 90 milioni, da pagare con comodo.
Il vecchio capitano sorrise sornione mentre cingeva orgoglioso la collana al collo della sua amata amante; nel pomeriggio poi da Napoli il fido Manfellotto, con un bonifico internazionale, provvide a saldare l'improvviso capriccio del suo padrone.


Anche casa Savoia, mille anni di storia e che storia, ha il suo fatterello da raccontare sul Comandante. Una primizia rivelata alla stampa da Vittorio Emanuele IV in persona, appena giunto a Napoli, dopo gli anni del forzato esilio previsto dalla Carta costituzionale.
Sono gli anni Sessanta ed il principe, che vive a Ginevra, è fidanzatissimo con l'attuale moglie Marina Doria, una compagna poco gradita all'augusto genitore, perché, per quanto molto bella e campionessa di sci nautico, proviene da una famiglia borghese.
Lauro viene mandato espressamente dal re Umberto per cercare di convincere il recalcitrante rampollo ad interrompere la relazione.
Don Achille, che ha chiesto un appuntamento con la scusa di dover parlare di questioni economiche, è apparentemente imbarazzato per la delicata incombenza che gli è stata affidata.
Parla del più e del meno, fino a quando all'improvviso tradisce il vero motivo della visita: "Sono stato mandato da suo padre per impedirle di sposare Marina Doria".
La risposta del principe è perentoria: "Non è assolutamente possibile, perché Marina è una donna meravigliosa ed inoltre stiamo insieme da tanti anni".
Lauro si arrese senza replicare, perché lesse l'amore negli occhi del giovane Vittorio Emanuele, il quale non serbò per lui alcun rancore, anzi quando lo rincontrò in Francia per motivi di lavoro, si trattenne a pranzo con lui e gli manifestò pubblicamente ammirazione per il suo carattere carismatico e per la sua onestà d'animo. Si rammaricò soltanto che il Partito monarchico avesse perso negli anni consensi tra l'opinione pubblica e gran parte dei rappresentanti nei due rami del Parlamento.


Michele Cappiello, motorista del Karama, lo splendido veliero privato di Lauro, rievoca la bonaria severità che regnava a bordo, ove l'ordine e la pulizia erano imperativi categorici da rispettare.
Il grande capo voleva che tutti gli ottoni luccicassero a furia di olio di gomito. L'equipaggio, per lavorare di meno, aveva escogitato di salvaguardare tutta la superficie da lucidare con dei panni di copertura, da mettere la sera e togliere al mattino, ma non aveva calcolato le sveglie antelucane di don Achille, il quale, scoperto lo stratagemma, volle punire i marinai per la loro ingenua furbizia.
"Qual è la vostra cena questa sera?"
"Un uovo sodo soltanto!"
"Bene mangerete mezzo uovo a testa!"


Gennaro acqu'e mare, motoscafista di Lauro, godeva di una fiducia illimitata da parte del suo padrone,che gli affidava le sue cose più preziose e cosa poteva essere più prezioso per il Nostro eroe che la affascinante Eliana.
La sua amata, appena veniva la bella stagione, non vedeva l'ora di potersi abbronzare come una lucertola,tra un'immersione e l'altra.
Don Achille, impegnato nei suoi affari, non poteva certo accompagnarla, ma non vi erano problemi, il fidato Gennaro ci pensava lui a farla scorazzare nelle acque del golfo, distraendola con il racconto di tanti fatterelli.
L'unico momento imbarazzante era quando Eliana doveva spogliarsi, anche in considerazione del fatto che la fanciulla non sopportava il bagnato addosso, per cui,ad ogni immersione ,un cambio di costume.
Don Gennaro voltatevi a guardare dall' altra parte,ed il fedele marinaio,già avanti con gli anni, ma con gli ormoni ancora pimpanti, era sottoposto ad un vero e proprio supplizio di Tantalo.
Il fruscio delle vesti che cadevano una dopo l'altra era più ammaliante del canto delle sirene,egli si sentiva vibrare per il desiderio di voltarsi, ma le consegne del Comandante andavano rispettate ad ogni costo.


Vittorio Paliotti, il noto giornalista e scrittore, ha confidato in un suo articolo di essere rimasto colpito dalla straordinaria sicurezza del Comandante, che riusciva a controbattere qualsiasi obiezione dell' interlocutore.
"Lei è accusato di accattivarsi il favore dei votanti attraverso generose elargizioni, durante le campagne elettorali,di derrate alimentari".
"Io i pacchi di pasta li distribuisco pure a Natale e Pasqua, anche se non si profilano consultazioni elettorali. Certo li regalo a tutti, perciò ne beneficiano gli elettori, ma gli altri uomini politici regalano loro solo promesse, che poi non mantengono, mentre con me sono certi di recuperare almeno un pacco di maccheroni".
Mi trovavo negli uffici della flotta per un'intervista e chiesi a Lauro di quante navi fosse proprietario.La domanda venne girata ad uno dei figli presente al colloquio, il quale non seppe rispondere e girò a sua volta il quesito ad un dirigente, convocato appositamente. All'incertezza di quest'ultimo cominciò un giro di telefonate, fino a quando l'usciere che, fino ad allora aveva ascoltato in silenzio, ebbe il coraggio di interrompere la discussione, affermando con sicurezza:"Comandante , se volete io so quante navi voi avete".
"Quante?".
"Trentasei".
"Ecco una persona che farà carriera", rivolto al figlio,"concedigli subito un premio in denaro e preparagli le carte per una promozione".
Ben diversa impressione ebbi quando vidi per l'ultima volta il suo volto.
Lauro aveva abbondantemente superato la soglia dei novant'anni e si stava recando nei saloni della sua televisione privata per presiedere ad una trasmissione a premi,appoggiandosi tremante al braccio di Eliana e di Tania,la figlia adottiva, conforto dei suoi ultimi anni. A stento trascinava i passi e rimasi profondamente turbato a fissare il suo sguardo; era lo stesso del sindaco, del capopopolo, dell'armatore, dell'editore. Provai un moto dell'animo, un misto di ammirazione e tenerezza per quella vecchiaia indomita e vigorosa.


Nicola Foschini, a lungo vice sindaco, era solito raccontare meravigliato episodi esplicativi delle capacità decisionali di Lauro.
Era il 1952 ed il primo cittadino aveva l'abitudine, accompagnato da quasi tutti gli assessori, di girare per le vie della città a controllare i lavori in corso.Arrivati al Vomero, Lauro si accorge di una strada dissestata ,dove i lavori di riparazione si stanno svolgendo su di una sola carreggiata.La ditta, alle sue nervose rimostranze ,si giustifica di aver avuto l'appalto solo per il lato destro.
"Cominciate i lavori anche dall'altro lato, anticipo i soldi di tasca mia!".
Questo era Lauro sindaco di Napoli, un Uomo il cui pensiero dominante era il benessere dei suoi concittadini.Sempre pronto a mettere la mano al portafoglio,incurante se poi qualche volenteroso ragioniere riuscirà forse a trovare, nelle pieghe del bilancio comunale, il modo di rimborsarlo.
Nello stesso anno vi fu la paurosa ondata di lava ai Vergini.Alle 5,30 il primo ad arrivare fu lui ed aveva trascorso oltre mezz'ora al telefono a svegliare tutta la giunta.


La famiglia Lauro ha sempre considerato la beneficenza e l'aiuto ai più sfortunati un imperativo categorico da rispettare,sempre, anche quando la cattiva sorte aveva ridotto il Comandante sull'orlo del fallimento.
Rimase proverbiale la richiesta che Achille avanzò al pool di banche creditrici di un momentaneo prestito di cento milioni, per poter fare un dono a Natale ai poveri della città, nel mentre si discuteva di debiti per decine e decine di miliardi.Naturalmente l'assegno staccato da Lauro, nonostante le promesse e le assicurazioni, ritornò indietro protestato .
Angelina era solita soccorrere i più sfortunati evitando il clamore ed a volte nascondendo la beneficenza agli stessi familiari.Esemplare di questo atteggiamento schivo ed encomiabile il racconto della figlia Laura, la quale, sostituendo la madre, dopo la sua morte nelle gerarchie delle associazioni benefiche, venne a scoprire che ogni anno Angelina regalava centinaia di panettoni ai malati ricoverati negli ospedali, riferendo alle altre dame del comitato che la merce era offerta al marito dalle ditte produttrici , mentre era lei che di nascosto li acquistava.


Una dimostrazione inoppugnabile dell'abilità affaristica di Lauro, ai limiti del lecito, ci è data da un episodio riferitoci dall'ingegnere Paolo Manfellotto, ambientato nel pieno della guerra tra Iran ed Irak.
Una nave della flotta del Comandante era stata danneggiata da un colpo di cannone tra i due contendenti.Sottoposta in un primo tempo a sequestro, con decreto firmato da Saddam Hussein in persona, era stata liberata,per interessamento delle autorità diplomatiche e messa a disposizione dell'armatore nel porto di Bassora.
Mentre si stava organizzando l'operazione di recupero,Lauro decise che era azzardato cercare di far ritornare l'imbarcazione in Italia , era invece preferibile farsi risarcire dall'assicurazione, intuendo le inevitabili difficoltà per ritornare in possesso della nave.
Dell'operazione fu incaricato l'ingegnere Manfellotto, il quale prese appuntamento con i periti della compagnia assicurativa londinese negli Emirati Arabi.Da lì bisognava poi recarsi assieme in Irak per la constatazione dei danni, ma i tecnici inglesi, timorosi per l'infuriare dei combattimenti e attratti dalle comodità del grande albergo ,ove avevano preso alloggio, candidamente dissero al collega partenopeo:"Avviati tu mentre noi ci intratteniamo piacevolmente con qualche fanciulla, fai delle foto ed al tuo ritorno ci metteremo d'accordo".
L'ingegnere non ci ha confidato se la decisione accomodante fosse stata favorita da qualche cospicua bustarella.Ad ogni modo il prode Manfellotto si avviò sul posto dove, appena giunto venne arrestato.Liberato dopo due giorni fu invitato a fare presto.La nave nel porto era stata nel frattempo depredata ed il recupero sarebbe stato arduo ed inutile.
Scattate le foto, il ritorno negli Emirati Arabi fu una liberazione.Ad attenderlo, abbronzati ed in piacevole compagnia, i periti inglesi non tergiversarono e diedero il via libera al risarcimento totale.
Lauro si liberò così di una nave vecchia e con i soldi ricavati ne acquistò una più grande e più moderna, alla faccia degli Arabi e degli Inglesi.


Angelina D'Alessandro era cugina con Achille, ma non vi fu alcun ostacolo al loro matrimonio ,perché all'epoca erano frequenti i matrimoni tra consanguinei. Non fu perciò amore a prima vista ,ma un affetto profondo e sincero che durò per tutta la vita.
L'opinione di Angelina era tenuta in gran conto dal consorte, soprattutto nei primi anni, quando alla vivacità dei neuroni si associavano delle forme anatomiche sode e degne di nota.
All'inizio della carriera, in un momento di necessità economica, Angelina fu pronta a sacrificare tutti i suoi gioielli di famiglia per acquistare le provviste necessarie ad affrontare il primo viaggio del "Lloyd" , un piroscafo acquistato in maniera rocambolesca e con grandi sacrifici.
Senza difficoltà prelevò dalla cassaforte lo scrigno con le pietre preziose e disse decisa ad Achille:"Andiamo dal gioielliere".
Arrivati al negozio il commerciante si offrì di prestare il denaro necessario a tasso usuraio e tenendo in pegno i gioielli, ma rimase gelato dalla replica dei due coniugi:
"Non ho alcun bisogno, né di bracciali né di collane"dichiarò sdegnata Angelina.
E chiuse qualunque trattativa Achille affermando:"Voglio venderli, perché mia moglie merita gioielli molto più belli ed importanti".


Lauro e Valenzi hanno sempre nutrito un rispetto reciproco ed hanno in più occasioni tessuto le lodi dell'altro.
A Valenzi , per motivi anagrafici, spettò di ricordare il Comandante alla sua morte, cosa che fece tracciando il profilo di un uomo legato profondamente alla propria città ed al destino dei suoi concittadini.
In privato, dopo cortesi insistenze, era prodigo di aneddoti, ma preferiamo riferire le sue parole ufficiali: "Lauro era un uomo fuori del comune, la storia di questa personalità sarebbe tutta da raccontare.Non si può far finta di niente, è morto un uomo che ha pesato, con la sua presenza e la sua azione, per un lungo periodo nella vita della città.(Dalle pagine del " Mattino" del 16 novembre 1982).


Il commendator Antonino De Angelis, sorrentino doc, editore di un pregevole periodico:"Genius Loci,"sta lavorando da tempo ad un libro sui personaggi che, nel secolo scorso, hanno reso celebre la divina costiera in tutto il mondo.Tra questi vip, immancabile, Achille Lauro, sul quale, gentilmente , ci ha anticipato un episodio inedito, autorizzandoci a renderlo noto. Erano gli anni dell'esilio di Umberto II a Cascais ed il sovrano soffriva di una inguaribile malinconia per la patria negata.Il Comandante decise allora di fargli mettere i piedi in Italia, anche se in maniera simbolica.
Inviò al largo delle coste portoghesi una sua nave e fece fare un breve giro al Re, il quale,trovandosi a bordo di un piroscafo battente bandiera italiana virtualmente era sulla terra degli avi.Una innocente gita di poche ore che, resa pubblica, scatenò l'ira delle opposizioni,protagoniste di accorate proteste e di una pioggia di interrogazioni parlamentari; a lampante dimostrazione del clima politico avvelenato dell'epoca.


Alla roboante penna di Pietro Zullino dobbiamo la frizzante descrizione
dell'elezione della"Stella di Napoli", il concorso di bellezza organizzato dal " Roma", grazie al quale si conobbero Achille ed Eliana.
Il giornale laurino organizza la gara basata sul sistema delle foto e dei tagliandi per il voto preliminare dei lettori.La Merolla è una ragazzina e sogna, come tutte le sue coetanee, il successo come diva.
La competizione avviene nella stessa redazione del quotidiano, gremita sino all'inverosimile.Il Comandante segue le prime sfilate, ma poi deve ritirarsi in ufficio, ove arrivano per affari personaggi importanti. Le candidate si scatenano e ballano sui tavoli della redazione, mostrando generosamente le proprie grazie ad un pubblico scatenato ed entusiasta che canta a squarciagola:"zizza zizza, coscia coscia ,culo culo!".
Eliana arriverà soltanto seconda, ma don Achille, da raffinato buongustaio, ha notato il bocconcino prelibato e la convoca nel suo ufficio per conferirle un premio di consolazione...
La favola comincia così e durerà, a dispetto di oltre cinquanta anni di differenza, fino alla morte del Comandante.


Lauro, erano gli anni Sessanta, aveva ordinato ai cantieri di Castellammare una importante nave da carico e , da vecchio volpone, aveva imposto una clausola che prevedeva, in caso di ritardo di oltre sei mesi nella consegna, la possibilità di rescissione del contratto da parte dell' armatore.
Il ritardo si verificò puntualmente e don Achille, non avendo in quel momento bisogno di ampliare la flotta, invocò l'inadempienza contrattuale.
I cantieri si trovarono sullo stomaco il lavoro completato, ma dovettero arrendersi e recitare mestamente il mea culpa.
I mesi passavano e lentamente ragnatele ed incrostazioni la facevano da padrona, fino a quando il mercato dei noli si vivacizzò ed il Comandante ebbe bisogno urgentemente di nuovi battelli da trasporto.
Una telefonata negli uffici di Castellammare, l'offerta di una cifra largamente inferiore a quella pattuita l'anno precedente e la capitolazione dei cantieri, che si videro costretti ad accettare il prezzo dimezzato.
L'imbarcazione serviva subito, perché dovevano partire delle merci deperibili, ma il responsabile dei cantieri fece intendere chiaramente che, per gli espletamenti burocratici e per la messa a punto dei motori,servivano almeno quindici giorni.
Lauro non si perse d'animo. Convocò Paolo Manfellotto e gli ingiunse senza mezzi termini:"Vai e ruba la nave!".
L'ingegnere sapeva bene che gli ordini del Comandante non si discutevano, ma si eseguivano, altrimenti che Comandante sarebbe stato...
Si recò a Castellammare e chiese di poter eseguire un sopralluogo a bordo,per rendersi conto dello stato dei motori, che avrebbe acceso per qualche minuto. Portò con lui due vecchi marinai fidatissimi.
Il battello era collocato con la prua verso il mare, ipoteticamente pronto per il varo.
Manfellotto cominciò a far girare i motori e, quando questi furono al massimo della potenza, tra lo stupore dei presenti,scese nell'acqua e prese il largo tra le disperate urla di protesta del personale del cantiere.
Dopo meno di due giorni l'imbarcazione solcava le acque dell'oceano, con un carico di derrate alimentari, destinazione l'India.
Il vecchio pirata aveva piazzato un altro dei suoi colpi memorabili!


Oggi il Karama è un fantasma del passato, uno scheletro arrugginito esposto come lugubre trofeo in uno spiazzale dei cantieri Gatti di Salerno.Alcuni assegni ritornati dietro , quando si profilava la tempesta finanziaria e lo splendido veliero cambiò proprietario.
Quanti episodi sono legati a questa elegante imbarcazione, che ha scarrozzato il nostro eroe per i quattro angoli del Mediterraneo.
I ricordi più significativi sono legati alla presenza a bordo di Eliana, la quale aveva provocato un salutare bagno di giovinezza con l'irruenta spensieratezza dei suoi vent'anni. Le sue risate creavano un'atmosfera di allegria tra i marinai, i quali cercavano di soddisfare ogni suo desiderio, non solo per compiacere il grande capo, ma anche per evitare rischi...
Infatti, una delle prime volte che Eliana era salita a bordo vi era letteralmente saltata,per cui fu inevitabile mettere un piede in fallo con conseguente distorsione ed ingessatura.
Lauro, infuriato, scatenò la sua ira sugli incolpevoli marinai, i quali vennero licenziati in blocco.Essi si recarono con le lacrime agli occhi da Eliana, pregandola di intercedere, ma don Achille non volle sentire ragioni.La fanciulla mortificata diede fondo a tutte le sue doti di convinzione, le quali, quando vengono corroborate da due occhi di devastante bellezza e dalla minaccia di uno sciopero del sesso,ottengono qualsiasi risultato.
Dopo sette giorni Lauro cedette alle insistenze della sua bella e riassunse i marinai.Per mesi, non appena la ragazza scendeva dall'automobile, essi si precipitavano a prenderla in braccio ed a condurla a bordo.
"Signora fatelo per carità,non vi fate male, altrimenti il padrone se la prende con noi"


Un Lauro cacciatore costituisce una sorpresa sorprendente per tutti coloro che lo hanno conosciuto da vicino.
Egli praticava questa attività soltanto su l'isola di Montecristo, uno, due volte all'anno quando, in crociera sul Karama, lambiva le coste dell'arcipelago toscano.
Scendeva a terra con il suo fedele marinaio Michele Cappiello ed il vero divertimento era quello di trasgredire il rigoroso divieto di caccia che vigeva sull'isola.
Lauro impugnava goffamente il fucile e l'altro aveva il compito di stanare la selvaggina, la quale forse capiva di avere a che fare con cacciatori dilettanti e spesso sbucava da un cespuglio per scomparire tempestivamente, facendosi beffa degli imprecisi spari del Comandante.
Molto raramente qualche colpo andava a segno e don Achille, alla vista della povera bestiola ferita interrompeva la caccia con il proposito di mai più praticarla.

 

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