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Achille Lauro SUPERSTAR

Gli albori della leggenda

Achille Lauro nasce a Piano di Sorrento il 19 giugno 1887, quinto di sei figli, tre maschi e tre femmine, dell'armatore Gioacchino e di Laura Cafiero.
E' un periodo in cui per mare viaggiano più velieri che piroscafi. Per il sud Italia è iniziato un trentennio terribile che costringerà cinque milioni di contadini a cercare fortuna nelle Americhe. L'Italia meridionale era stata messa in ginocchio dalla grave crisi economica provocata dalla gestione nordista del regno sotto Umberto I. Ne derivò la più grande ondata migratoria della storia italiana, che interessò quasi esclusivamente  le regioni del sud, con un fiume di disperati mandati allo sbaraglio a guadagnarsi il pane lontano dalla patria. Una diaspora rovinosa di dimensioni ben più ampie del quotidianamente strombazzato esodo degli Ebrei.
Molte società di navigazione del nord faranno soldi a palate sulla pelle di tanti poveri cristi, spesso reclutati nelle campagne ed ingannati con contratti di lavoro fittizio.
Nel napoletano esiste una tradizione marinara molto radicata risalente ai Borbone, ma è prevalentemente navigazione di piccolo cabotaggio, favorita nel trasporto delle merci dall'assenza di strade e ferrovie.
Il padre di Achille, Gioacchino, conduce la precaria attività di padroncino di qualche veliero ed è legato per sopravvivere al numero di noli conquistati, spesso in condizioni  di sprezzo del pericolo per le intemperanze del mare. La madre di Achille, che già aveva perso due fratelli marinai, pagherà un pesantissimo tributo al dio Nettuno, al quale sacrificherà anche due suoi figli.

 

Achille Lauro da giovane ed i suoi genitori


Per il racconto della gioventù del nostro eroe ci rifaremo ai suoi ricordi dettati al giornalista Antonio Pugliese, il vero autore della famosa autobiografia "La mia vita, la mia battaglia", scimmiottante il famigerato "Mein Kampf" hitleriano.
A 13 anni Achille fu bocciato a scuola ed inoltre venne scoperto dalla madre in solaio mentre con una volenterosa servetta si stava dedicando a cose più grandi di lui. E' il battesimo erotico di un personaggio, il cui gallismo da guinness dei primati costituirà la sua cifra distintiva e contribuirà ad alimentare la leggenda dell'infaticabile donnaiolo dalle mostruose dimensioni e dai ritmi da favola.
Il padre fu severissimo e così dopo pochi giorni il fanciullo precoce si vide imbarcato come mozzo sul "Navigatore", un veliero di famiglia in partenza verso il Messico.
La cuccetta del mozzo è la tolda e la sua vita è faticosa e umiliante, perché bisogna ubbidire a tutti. Giunti a New Orleans, si tornò indietro verso Bordeaux con la stiva colma di canna da zucchero caricata in Martinica.
Il vitto per mesi era sempre lo stesso: farina e stoccafisso, stoccafisso e farina e la fatalità volle che una grossa spina si conficcasse nel "cannarone" del capitano; sembrava una sciocchezza, ma in pochi giorni sopravvenne la setticemia e la morte, non prima che il glorioso navigatore avesse espresso le sue ultime volontà: essere sepolto nel paese natale.
La carogna puzzava ogni giorno di più, mentre sciami d'insetti si erano trasferiti in massa dalla canna da zucchero ai bordi della rudimentale cassa da morto.
Il comando della nave fu trasferito al secondo ufficiale, il quale fu colto anche lui da una fulminea disgrazia: un'infezione in poche ore gli fece perdere la vista. Pazzo di paura egli si chiuse nella sua stanza e giorno e notte urlava a perdifiato che la maledizione si era abbattuta sulla nave e che nessuno si sarebbe salvato, con quale terrore per l'equipaggio è facile immaginare.
Della navigazione dovette interessarsi allora da solo il timoniere, il quale a stento sapeva servirsi della bussola, ma ignaro di correnti e di venti, cercò disperatamente di toccare ,zigzagando, la costa europea.
Finalmente, quando i viveri e l'acqua potabile stavano per finire, riuscirono a raggiungere Tangeri. Dopo undici mesi di viaggio appena toccata la terraferma, Achille telegrafò disperato al padre supplicandolo di fargli riprendere gli studi interrotti.
Ritornato a Piano di Sorrento, il mozzo ridiventò studente nell'Istituto navale "Nino Bixio", per uscirne dopo qualche anno capitano di lungo corso.
Nel frattempo i suoi due fratelli maggiori Francesco e Antonino scomparvero, uno dopo l'altro, tra i flutti.
Il padre disperato voleva mollare tutto, ma il destino aveva previsto diversamente. Nel 1905 Achille appena diciottenne, ottenuta la fiducia del genitore si recò a Genova ove riuscì a comprare a prezzi di svendita un grosso piroscafo: il "Fratelli Beverino", che andò ad affiancarsi al "Principessa Jolanda", costituendo una nuova linea di navigazione la "Società della penisola sorrentina", la quale si proponeva di organizzare le traversate verso le isole del golfo di Napoli fino ad allora monopolio di una compagnia tedesca.
La lotta fu impari perché la concorrenza decise di far transitare gratis i passeggeri sulle proprie navi, offrendo inoltre caffè e pasticcini. Il fallimento fu inevitabile e travolse anche tutti i risparmi di famiglia; al vecchio Gioacchino non rimase che morire sconsolato di crepacuore, lasciando Achille a soli vent'anni capofamiglia con madre e tre sorelle a carico.
La flotta era rimasta di soli tre velieri, due dei quali furono venduti per costituire le doti delle tre sorelle che anelavano al matrimonio. La terza imbarcazione "Cavalier Lauro" si trovava in Argentina, dove il capitano, sottratti i soldi dell'incasso, se n'era appropriato mandando solo il conto delle spese: cinquecento sterline da saldare in tre giorni.
Achille è disperato e si reca sulla tomba del padre a chiedere conforto e consiglio, quando un aiuto insperato giunge da parte di un amico di famiglia, Agostino D'Esposito, il quale si offre di prestargli i soldi necessari a pagare il debito, dando fondo a tutti i risparmi di famiglia. L'offerta è disinteressata, anche se il vecchio amico del padre covava da tempo un malizioso sogno segreto: quello di far sposare ad Achille sua figlia Amina.
A tal proposito apriamo una parentesi per riferire un inedito aneddoto di cui veniamo a conoscenza grazie alle gentili confidenze di una nipote della ragazza sorrentina: la preside Amina Lucantonio.
Agostino D'Esposito era anche lui uomo di mare ed in una peregrinazione in medio oriente aveva conosciuto una bellissima odalisca di nome Amina, abilissima nella danza del ventre che era solita ballare con una veste velatissima, che poco lasciava alla fantasia.
Egli s'innamorò perdutamente, ricambiato con ardore di amorosi sensi, della tenera perla d'oriente e non voleva più tornare a casa; apriti cielo, a Sorrento la sua sposa non solo lo aspettava ma era anche in dolce attesa. Lettere del sindaco, reprimende del parroco, accorati appelli di amici e parenti, addirittura l'interessamento di un politico ed alla fine il ritorno, novello Ulisse, alle mura domestiche; in cambio la promessa che l'erede, se femmina, si sarebbe dovuta chiamare Amina.
La ignara bambina divenuta fanciulla non somigliava per niente alla sua omonima orientale, per cui il nostro Achille, con la scusa che si conoscevano da bambini, fu chiaro con l'aspirante suocero: "Don Agostino, non sposerò mai vostra figlia". Al che tremante il vecchio gli rispose: "Sei un ragazzo onesto, non ne parliamo più".
Per inciso Amina, anche se brutta, era un modello di virtù, si sposò dopo alcuni mesi generando schiere di figli e nipoti, oggi tutte persone importanti:magistrati, professionisti, insegnanti.
Bisognava ora recuperare la nave in Argentina, per cui Achille, in compagnia del suo amico Salvatore Paturzo, già in possesso del brevetto di capitano, s'imbarca da Marsiglia con due posti in terza classe.
Appena giunto a Buenos Aires, sale a bordo della "Cavalier Lauro" entra nella stanza del capitano, momentaneamente assente e lo aspetta con in tasca una pistola ben deciso ad usarla.
Il capitano non fa in tempo ad entrare che Lauro, dopo aver chiuso a chiave la porta, gli punta contro la pistola e gli urla: "Paga". Alle prime tergiversazioni Achille non esita a sparare sfiorandogli i piedi e minacciando che il prossimo colpo sarà diretto al "bersaglio nobile" tra i pantaloni. "Mi hanno derubato" balbetta il capitano, "Non me ne frega niente" risponde Achille. Alla fine si trovò una soluzione grazie alla circostanza che il truffatore godeva la fiducia di un'agenzia bancaria, ove ci si sarebbe recati per ottenere un prestito a suo nome. Esso fu concesso senza la necessità della firma di avallo di Lauro e le cose si misero a posto.
Riottenute le mille sterline, bisognava rimettersi in viaggio, cosa che avvenne nei giorni successivi, dopo aver scaraventato sulla banchina gli effetti personali del traditore.
La vera difficoltà fu quella di arruolare una ciurma, perché tutti erano spaventati dal viso da bambino del nuovo capitano. Bisognò perciò di notte girare con alcune carrozze tra le bettole più malfamate della città a raccogliere ubriachi fradici i marinai per trasportarli a bordo. Mentre tutti dormivano si partì e troppo tardi avvenne in alto mare il risveglio dei malcapitati, sballottati a causa di una terribile tempesta.
I marinai s'infuriarono e volevano tornare a terra, ma dovettero rassegnarsi a continuare il viaggio, al termine del quale, vendendo il carico, la difficile situazione economica fu completamente risanata. Pagati tutti i debiti, rimanevano infatti in cassa quindicimila lire.
Ci furono poi altre avventure, tra cui l'affondamento in una collisione rocambolesca dello stesso "Cavalier Lauro", a cui fece seguito una penosa vicenda giudiziaria, fortunatamente a lieto fine.
Lauro acquistò poi un grosso vaporetto il "Mariannina", col quale si dedicò al trasporto dal sud al nord di derrate alimentari.
Allo scoppio della prima guerra mondiale il cargo fu requisito e il proprietario arruolato. Furono entrambi protagonisti di eroiche imprese, dal salvataggio dei resti dell'esercito serbo in rotta, al trasporto delle campane del Duomo di San Marco, minacciate dagli Austriaci dopo Caporetto.
Con la fine della Grande guerra possiamo considerare chiusa la fase eroica di Lauro. Dalla leggenda si passa alla storia: quella di una delle più potenti flotte italiane di tutti i tempi, la più grande azienda a sud di Roma.

 

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