UN FUTURO DI CONSAPEVOLEZZA
DALL’ANTICA VISIONE DEL CIELO
(Ed. Ricerca '90 N° 45 Gennaio 2001 http://www.cirodiscepolo.it)

Riprendo in parte l’argomento trattato nel mio articolo "Verso un’astrologia del futuro" (Ricerca ’90 n. 40, ottobre 1999), per arricchirlo con ulteriori riflessioni.

Nel voler tener conto del cielo solo in apparenza, la nostra attuale idea della precessione solare, è divenuta quella di una lieve, e per di più irrilevante, inclinazione del globo, un fatto tanto assodato quanto rimosso. Svuotata di ogni correlazione con il continuum spazio-temporale del suo contenuto, è ritenuta oggi solo una parola noiosa, o una complicazione, che non ha più ormai alcuna attinenza alle nostre vicende. Eppure nelle lingue antiche ve n’è importante traccia…

Il nostro alfabeto etrusco aveva 26 lettere, proprio 26, come il numero dei millenni dell’anno solare e l’inclinazione dell’asse cosmico della rispettiva rotazione precessionale è ancora, per chi lo vuol vedere, nascosta graficamente nella "alef", prima lettera dell’alfabeto ebraico:

Come si può notare nella figura sottostante, l’inclinazione dell’asse corrisponde alla parte centrale di tale lettera, che, nella lingua ebraica è conosciuta come una "waw", , inclinata. La lettera "waw", che significa "uncino", "gancio" ha come valore numerico 6 ed è per questo "che si dice che i 6 giorni della creazione collegano il mondo che esisteva prima, a questo mondo" (1)

Addirittura nell’altrettanto rimossa preistoria di Stonehenge, la precessione era l’unico maestoso moto secolare che i nostri antichi progenitori potevano tenere presente quando ricercavano un vasto ciclo che interessasse l’intera umanità. D’altra parte i nostri "primitivi" antenati consideravano essenziale il cielo, e ciò rimane ancora testimoniato dallo spirito stesso del linguaggio ebraico antico (lo spirito del linguaggio è molto più intelligente dell’intelligenza umana!): la forma della "alef", prima lettera dell’alfabeto ebraico contiene davvero la rappresentazione grafica della precessione e lo si può mostrare con grande precisione, chiarendo così che già dalla preistoria i nostri avi credevano con ragione nel cielo, ritenendo che lo slittamento del sole lungo il punto equinoziale incidesse sulla struttura del cosmo e determinasse una successione di età del mondo poste sotto costellazioni differenti. Avevano trovato un concreto punto di riferimento per le loro riflessioni sul tempo cosmico, il quale recava tutte le cose nell’ordine prescritto dal fato. Tutto ciò è numericamente espresso, come mostrerò, nella prima lettera ebraica, che fa eco a tale ordine del creato.

Venuta meno la cultura di quell’ordine, così come è venuta meno la stessa idea di cosmo, esiste solo la storia, banalmente intesa come "una cosa, e poi un’altra, e poi un’altra ancora...". Eppure, anche se la storia fosse davvero intesa in questo piatto senso di cose che accadono l’una dopo l’altra a uno stesso ceppo etnico, la nostra situazione sarebbe probabilmente migliore dell’attuale, nella quale non si osa neanche accettare il presupposto che i nostri antenati del lontanissimo passato, nonostante i pochi mezzi a loro disposizione, siano stati dotati di menti come le nostre, se non più immaginativamente capaci. E’ sufficiente oggi dire che ciò si scontra con un’abitudine che è già divenuta in noi seconda natura(2). Ma anche questa seconda natura, questo nostro "non osare", non è forse una rinunciataria rimozione del nostro giudizio critico? L’uomo nel suo accedere alla cultura è continuamente tormentato dalla lucidità nella misura in cui rimuove continuamente quest’ultima(3).

Credo che la radice dei mali della presente società sia proprio questa nostra seconda natura: "oggi l’umanità è malata; soffre di rimozione del suo giudizio critico; non può alzare la testa perché non può usarla a causa di un sistema preconfezionato di pensieri, di ideologie e di teologie che si sostituiscono sempre più al suo pensiero, sempre più pigro, o ai contenuti di ciò che un tempo costituiva il suo sano buon senso"(4).

Il non volerne sapere di fare i conti con i tempi del cielo, degli astri, della precessione del Sole, ecc., assolutamente collegati con quelli dell’antropos, cioè dell’uomo, in realtà genera sangue: anche questo sangue generato da rimozione risulta testimoniato nel linguaggio quasi come una profezia o un monito, un avvertimento. Se infatti alla parola ebraica "adàm", che significa "uomo" si toglie la prima lettera "alef", si forma "dam", un altro concetto, che significa "sangue". Ne consegue - anche da questo punto di vista - che la "alef" dev’essere altamente significativa.

Il valore numerico della lettera "alef" è 1, però essa si scrive con tre altre lettere: due "iod" speculari e una "waw" trasversale. La "iod" è la decima lettera dell’alfabeto ebraico, valore numerico 10, e la "waw", la sesta, valore numerico 6, che simboleggia l’inclinazione dell’asse cosmico sopra accennata. Sommando questi tre valori numerici si ha come somma 26.

La durata temporale del ciclo della precessione solare è di 2160 x 12 = 25.920 anni e l’astronomia arriva vicino a questo numero arrotondando a 26.000 anni… "La storia è sacra per l’estrinsecarsi del 26 nel tempo"(5). Che ciò sia connesso all’uomo è evidente anche nella fisiologia del corpo umano. L’Io, lo spirito nell’umano, ha per veicolo il sangue. I fenomeni del pallore e del rossore, caratterizzano infatti rispettivamente lo spavento e la vergogna. Nel primo, il sangue si dirige a difendere il nostro centro interiore, il cuore, che batte più forte mentre impallidiamo. Nella seconda, vorremmo uscire, scappare via da noi stessi, da tale centro verso il cosmo esteriore, così che arrossiamo. Nel nostro corpo vi sono circa 26 bilioni di globuli rossi.

Forse potrà anche essere un caso, ma il ferro, 26° elemento, è presente nell’emoglobina "e il suo nucleo atomico è circondato da 26 elettroni"(6).

E vi è dell’altro in merito a questo numero. In ebraico kavèd significa "fegato" e il valore numerico di questa parola è 26, lo stesso del Tetragramma (Nome di Dio). Proprio per la grande quantità di sangue che contiene, il metabolismo del fegato può svolgere due funzioni opposte: la principale è quella di spingere l’uomo verso l’impulsività, oppure in direzione diametralmente opposta, la pusillanimità. L’Uomo-Sagittario, che sul piano delle possibili patologie va incontro, quasi sempre, a malattie epatiche, se compensato, è generalmente un essere perdente e rinunciatario(7).

La medicina cinese, affermando che il fegato è l’organo responsabile dell’azione, della volontà, della determinazione, conferma questa sua doppia funzione. Credo che la funzione psicologica del fegato, quando è sano, sia quella di trasmettere all’essere umano la volontà di agire con determinazione - quando ciò è in armonia con i motivi dell’Io - e di ritirarsi quando la direzione scelta è autodistruttiva in quanto determinata dall’impulso (per la caratterizzazione della differenza fra motivo e impulso all’agire, rimando al capitolo IX della Filosofia della libertà di R. Steiner). Un fegato malato, al contrario, spingerà l’uomo all’incapacità di agire o di fermarsi di fronte a certe situazioni: in ambedue i casi solleciterà innanzitutto la rimozione di quanto non si gradisce portare alla coscienza.

La figura biblica del Faraone corrisponde alla tipologia comportamentale descritta dalla medicina cinese come mancanza dello yin del fegato, ovvero della capacità di tirarsi indietro in una situazione o in una discussione che ha preso una brutta piega.

Nòach Bìtulman, rabbino e agopuntore di Safed in Israele, interpreta l’atteggiamento del Faraone come il fegato che ha preso il sopravvento sul cuore; anche il testo biblico dice che Dio aveva reso il cuore del Faraone "kavèd" fegato - pesante. La parola kavèd in ebraico significa sia pesante, sia fegato. L’immagine citata da questo medico ("il cuore che diventa fegato" invece di essere la sede dell’amore e della saggezza, diventa impulsivo e incosciente) è ricorrente in tutta la storia del Faraone. Questi, com’è noto, si rifiutò di liberare gli ebrei nonostante tale scelta avesse una conseguenza dannosa su tutto il popolo: l’abbattersi su quest’ultimo delle dieci piaghe… Ora, noi tutti abbiamo un faraone-fegato che a volte ci costringe a perseverare in comportamenti autodistruttivi(8).

Credo che tale cammino verso la guarigione dalla pusillanimità sia lo stesso cammino della guarigione dell’organismo sociale di tutto il pianeta.

La consapevolezza di ciò è già inizio di guarigione. Si tratta di vederne i presupposti e ciò compete all’occhio spirituale.

Occhio in ebraico è "hain". Il valore numerico di questa parola è 130. "Nella parte posteriore della retina si trovano 130 milioni di fotocettori, cioè di coni che forniscono la visione colorata risultante dalla combinazione del rosso, del verde e del blu. Con i due occhi sono 260 milioni di fotocettori in azione. La possibilità di veggenza del 26 non dovrebbe essere molto difficile"(9). Ho mostrato nel mio libro "Numerologia Biblica" che "hain" come lettera è zodiacale del Sagittario. Non a caso la frase chiave del Sagittario è "Io vedo". Il Sagittario ha pertanto a che fare anatomicamente con il fegato e con l’anima cosciente.

L’attuale transito del pianeta Plutone nel segno del Sagittario è iniziato nel 1995 e durerà fino alla fine del 2008. Il lavoro di Plutone nelle anime di popolo è solo una piccola parte della sua missione. "Plutone desidera risvegliare il senso di responsabilità storica in tutti gli uomini ma non usa la coercizione. Piuttosto avverte: o l’individuo o la distruzione atomica"(10). La via da percorrere per la realizzazione di azioni veramente creative e guaritrici dipende ora solo dal coraggio dell’Io umano.

Il "non avere fegato", la pusillanimità, sono l’icona caratteristica del secolo che stiamo lasciando. E’ la paura dell’uomo di fronte a se stesso, abituato dai secoli precedenti al dogma del credere solo a ciò che si percepisce coi sensi, ed è quindi anche la paura del mondo interiore, proprio e dei suoi simili. "In ciò va vista la fonte dell’incapacità di vivere in pace gli uni con gli altri. In ciò sta una delle cause delle guerre - a iniziare da quelle in famiglia fino ai conflitti bellici tra i popoli della terra"(11).

Oggi occorre la capacità di non fuggire di fronte al fenomeno spazio-temporale della precessione, che ci dovrebbe riportare alla consapevolezza di essere uniti con il Cosmo, L’uomo è UNO con il Cosmo. Egli percepisce il Cosmo come può percepirlo un soggetto che considera un oggetto. Soggetto, considerazione ed oggetto costituiscono però l’unità in cui l’"Io" con "Sidera" (dal latino: "Stelle"): è UNO. Tutto del resto è triarticolato, e poiché Cosmo significa ordine, e l’ordine presuppone un Ordinatore: "Io" e l’"Ordinatore" sono UNO. Onde il senso della parole di Gesù di Nazaret: "Io e il Padre siamo UNO". Se analizziamo etimologicamente la parola "reale", vediamo che, se attribuita solo alla materia, essa deriva dal latino "res", che significa "la cosa", se attribuita anche alle persone deriva da "rex", che significa "il Re". Dove c’è un Re c’è sempre anche un reame di sudditi. Ma chi è il Re? Vero Re è l’Io umano, i cui sudditi sono il pensare, il sentire e il volere. L’uomo infatti non ha soltanto un corpo fisico, ma anche un’anima e uno spirito. L’uomo è un essere triarticolato ed è dunque reale nella misura in cui si rapporta come unità al tre, in un regno non costituito dal solo mondo materiale… "Il mio regno non è di questo mondo…"

Esempi di triarticolazione si conservano anche nel linguaggio: la parola "uno" è formata, in italiano da tre lettere, così è per molte altre lingue, per es., l’inglese "one", il tedesco "ein", il provenzale "uns", lo spagnolo "uno", l’olandese e il danese "een", ecc. Nella lingua biblica, le tre lettere formatrici dell’uno sono altrettanti numeri.


80 30 1

La parola "alef",,
si scrive con le tre lettere alef,
, lamed, , e phe, ,

in numeri 1, 30, 80, somma totale 111.

Di fronte a questa somma si può rimanere meravigliati oppure si può rimuovere la meraviglia. Tutto dipende dal coraggio interiore, dal "fegato"… Oggi è necessario molto coraggio per potere parlare di spirito del linguaggio o di spirito umano, di anima di gruppo o di anima umana. Tale coraggio è indispensabile, in quanto si tratta di superare, divenendone consapevoli, profondi ostacoli, generati dallo spirito di menzogna nel campo ecclesiastico, in quello dei mass media ed in quello politico(12). Dovremmo divenirne consapevoli. Credo sia questa consapevolezza la strada da seguire oggi. Anche quando l’uomo dice menzogne "a fin di bene", già si pone contro questo presunto bene: quando crede servire una causa giusta, alterando la verità, già si pone contro la presunta giusta causa. Questa non è vera: egli in realtà serve lo spirito della menzogna, il dominatore di questa epoca, il riformatore delle forze per la ferreità dell’organizzazione sociale degradante, a cui inevitabilmente conduce l’uomo".

La sfida dei tempi e la riconquista della veggenza interiore attraverso il passaggio di Plutone nel segno del Sagittario esige pazienza(13) e coraggio, in quanto i trenta gradi del Sagittario rispecchiano ancora, a causa della precessione solare, la costellazione dello Scorpione. Nei primordiali tempi di Stonehenge, quando la veggenza umana era ancora immaginativa e sognante, tale costellazione era chiamata "Aquila" e si sapeva che per il combattimento spirituale ogni essere umano poteva ritrovare in sé una colomba.

Della pazienza (di Giobbe) che tale combattimento esige, ho parlato nel mio libro "Il sacro simbolo dell’arcobaleno, numerologia biblica sulla reincarnazione": "Si tratta del combattimento fra la colomba ed il serpente, per la ricerca della verità. La lotta che si svolge entro il campo di battaglia umano è un confronto fra la parte superiore dell’Io, angelica, capace di "volare" al di sopra dei quotidiani condizionamenti della convenzione sociale e quella inferiore, infera, capace di insidiare l’uomo con paure e dubbi. A volte la colomba sa farsi aquila e vincere il serpente. Altre volte il serpente, come un drago, sembra prendere il sopravvento. Affrontando la realtà, possiamo attraversare momenti in cui ci abbandoniamo troppo all’ingenuità della colomba e altri in cui ci sentiamo costretti come serpenti alla critica astuta e diffidente. Ma il grande pericolo per l’uomo è rimanere prigioniero dell’inganno del drago e perdere la capacità di librarsi in volo, al di sopra della materia e dell’animalità. Da un’insufficiente capacità di volare viene anche la malattia. Per questo motivo gli antichi, per auspicare guarigioni, dovevano portare in offerta sacrificale un uccello, una colomba"(14). Come simbolo dello spirito di verità, quest’ultima rimane ancora l’antidoto per lo spirito della menzogna.

NOTE

(1) Nereo Villa, "Numerologia biblica. Considerazioni sulla matematica sacra", Ed. SeaR, Reggio Emilia, 1995, p. 18.
(2) cfr. Giorgio de Santillana, Herta von Dechend, "Il mulino d’Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo", Ed. Adelphi, p. 98.
(3) cfr. Costantin Noica, "Sei malattie dello spirito contemporaneo", Ed. Il Mulino, p. 68.
(4) Nereo Villa, "Il sacro simbolo dell’arcobaleno", Ed. SeaR, Reggio Emilia, 1998, p. 106.
(5) Nereo Villa, "Numerologia biblica. Considerazioni sulla matematica sacra", Ed. SeaR, Reggio Emilia, 1995, p. 52.
(6) Peter Plichta, "La formula segreta dell’universo", Ed. Piemme, Alessandria 1998, p. 108.
(7) Ciro Discepolo "Piccola guida all’Astrologia", Ed. Eco, Milano 1998.
(8) cfr. Daniela Saghi Abravanel, "Il segreto dell’alfabeto ebraico", Ed. DLI, Milano 1999, pp. 107-108.
(9) Nereo Villa, "Numerologia biblica. Considerazioni sulla matematica sacra", Ed. SeaR, Reggio Emilia, 1995, p. 58.
(10) Kairós N° 7, bimestrale dell’Ass. culturale "Source", Roma, 1997, p. 20.
(11) ibid. N° 5, p. 30.
(12) Rudolf Steiner, "Come si opera per la triarticolazione dell’organismo sociale", Ed. Antroposofica, Milano 1988, p. 194.
(13) ibid. N° 7, p. 20.
(14) Nereo Villa, "Il sacro simbolo dell’arcobaleno", Ed. SeaR, Reggio Emilia 1998, pp. 117-118.

Data creazione pagina: 26/12/2000 - Ultima modifica: 08 ottobre, 2012.