Sull'autoinganno
dell'anacronista oscurantista
Quando in nome della preminenza del concetto rispetto all'oggetto di percezione si dichiara automatica la rappresentazione, si afferma implicitamente automatico anche il relativo concetto, dato che la rappresentazione non è altro che un concetto "individualizzato" (Rudolf Steiner, FdL, cap. 6°, § 6).
Questo è l'errore dello spiritualista che nella sua missione del "dotto"
(attivismo) crede di far fuori in tal modo l'oggetto di percezione, la
percezione materiale, minerale, il materialismo, ecc., come mali da combattere.
Ma questi non sono il male. Sono solo il lato della realtà da sperimentare
mediante l'io, lo spirito.
Il male è l'anacronistico attivarsi per crociate antimateria, senza accorgersi
che tale operare è attivismo materialistico, avente di fronte a sé l'antimateria
reale, data dalla concretezza stessa del vivo pensare.
Per Fichte l'inesistenza di un mondo esterno consisteva nell'interpretazione del
mondo esterno come non-io. Ma questa è cecità volontaria, in quanto è
impossibile interpretare una cosa come non-cosa.
La figura di Edgar Rubin è detta ambigua o doppia, perché vi si può vedere a
piacere tanto una cosa quanto un'altra: si vede ciò che si vuole (i due profili
o il vaso) per il semplice fatto che gli oggetti di percezione diventano
rappresentazioni NON in modo passivo o automatico, bensì a seconda
dell'immissione di volontà nel pensare individuale.
La consapevolezza di tale immissione di volontà nel percepire ordinario sfugge
all'uomo primitivo, il quale, credendo che la rappresentazione sia qualcosa di
meccanico, di passivo, di automatico o di dato dalla natura, la scotomizza (la
mette in ombra) assieme ad ogni contenuto percepibile per esaltare
romanticamente lo spirito (spiritualismo assoluto) o l'idea (idealismo
assoluto).
Questo fenomeno percettivo, già rilevato nell'antichità, e divenuto famoso nel
1915 grazie allo studioso danese Edgar Rubin, dimostra la variabilità percettiva
in cui entra in gioco la soggettività dell'osservatore e, soprattutto, che non è
il cervello il soggetto del percepire ma l'io umano.
L'oggetto di percezione, detto semplicemente "percezione" da Steiner, diventa
dunque rappresentazione non in modo passivo o automatico o meccanico. Di fronte
alle cose occorre sempre un cambio di prospettiva dell'attività interiore
individuale, dato che la prospettiva esterna non cambia e la figura è quella che
è, cioè gli stimoli che raggiungono gli occhi sono sempre gli stessi.
È l'io quindi che, muovendo il pensare, giudica tali stimoli una volta come
“vaso”, l’altra come “due profili”, una volta come "donna giovane", l'altra come
"donna vecchia, ecc.
Questa dinamica vede l'uomo come colui che porta incontro ai medesimi stimoli
concetti diversi, che generano poi due diverse rappresentazioni le quali,
proiettate all’esterno, si traducono in immagini percettive diverse.
Le ambiguità e/o gli inganni delle figure che prendono forma dall'"aggregato
sconnesso di oggetti di sensazioni" ("Aggregat von Empfindungsobjekten", ibid.,
cap. 4°, §10) derivano dalla sfera del pensare e dei concetti, e non - come
credono gli anacronisti oscurantisti della new age antroposofista - da quella
della percezione.
Come l'autoinganno degli anacronisti oscurantisti bruciava vivo Giordano Bruno
nel 1600 a Roma nel Campo dei Fiori, in nome dell'antico monismo, allo stesso
modo l'autoinganno di anacronisti oscurantisti incendiava il primo Goetheanum di
Steiner la notte del 31 dicembre 1922 (a Dornach venivo a sapere nel 1980-81 dal
custode del nuovo Goetheanum che tali operatori del dolo erano gesuiti).
Oggi, terzo millennio, l'avversione a Rudolf Steiner è mascherata, ma persiste
nelle fila di coloro che insegnano la Dottrina della scienza di Fichte come
scienza dello spirito di Steiner...
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