Stile e pubblico di Archiagottlieb
ovvero: stile burino e pubblico cretino!
Una persona chiede ad Archiagottlieb:
“Data l’incompletezza
del linguaggio dimostrata da Gödel, come fai ad affermare cose in modo assoluto,
dando oltretutto interpretazioni lontane dal linguaggio, e sfidando addirittura il principio di Heisenberg?”
(la cosa è successa veramente e la puoi ascoltare a circa la metà di un
mp3 registrato venerdì 3 maggio 2013, che raccomando a tutti coloro
che amano la scienza e... la comicità).
Ed Archiagottlieb, che non sa una mazza né di Gödel né di Heisenberg
risponde: “Non capisco quello che dici. Passiamo alla domanda successiva”.
Questo è lo stile delle risposte date da Archiagottlieb a tutti coloro che non si adeguano perfettamente e subito alla sua terminologia settaria che sembra uscita dal primo medio evo.
Ciò che più meraviglia è che i presenti subiscano in silenzio lo stile stolido di questo mago, continuando imperterriti a percepire la sua esibizione e ad applaudire.
Che cosa essi applaudano non si sa. Quindi delle due l’una: o si tratta di pecoroni privi di dignità, oppure di persone ignoranti come capre.
Insomma sempre di
gregge si tratta ...
Archiagottlieb infatti conosce solo quello che basta di Gottlieb Fichte, per
spiegare dialetticamente Steiner (o qualsiasi altro autore purché renda pecunia)
assolutizzandone gli assiomi senza la minima capacità di vedere che essi non
sono per nulla assiomi da credere ma percezioni sovrasensibili da percepire.
Quando sento parlare di Gödel mi viene in mente il famoso caso del “mentitore”
(caso esposto, sembra, da Epimenide di Creta) il quale era solito affermare:
“Tutti i Cretesi sono bugiardi”, sottintendendo: “e siccome io sono cretese, io
sto mentendo anche ora che dico la verità“. Siamo qui nei giochetti di parole.
Infatti se io che sono cretese, stessi dicendo la verità, allora quella
proposizione (“Tutti i Cretesi sono bugiardi”) sarebbe falsa. Se invece stessi
davvero mentendo allora non sarebbe vero che stavo mentendo perché stavo dicendo
la verità, cioè che stavo mentendo! Quindi siamo di fronte ad un vero e proprio koan, dato che non ci si capisce più nulla. Solo Gödel ha risolto il problema
dimostrando che c’è anche una logica superiore a quella ordinaria.
Anche quando sento parlare di di Heisenberg percepisco subito di fronte a me due
tipi di logica o di intellettualità: una in grado di elaborare una scienza della
realtà sensibile “aperta” al pluralismo metodologico, dunque aperta alle scienze
delle realtà extrasensibili e sovrasensibili della vita; e un’altra capace
invece di elaborare solo una scienza della realtà sensibile “chiusa”, e perciò
tesa a negare qualsiasi altra scienza non adotti il suo stesso metodo, e non
riduca quindi le realtà extrasensibile e sovrasensibile a quella sensibile (per
chi è interessato ad approfondire, si veda Francesco Giorgi in “Sofianismo e
goetheanismo”).
Insomma gli uomini, per dirla con Steiner, continuano a “tenere
l’intellettualità soltanto nell’ambito del corpo, e in esso soltanto nei sensi”
(R. Steiner, “Massime antroposofiche”, Milano 1969, p. 136). E questo non
significa altro che questo tipo di intellettualità non appena abbandoniamo il
cervello e i sensi, abbandona l’autopercezione superiore di sé, così che senza
di essa regredisce, in una forma o nell’altra, al razionalismo o al sensismo.
Dunque, sarebbero bastate queste osservazioni per rispondere al logico
matematico: occorre tenere sempre presenti le due forme d’intellettualità oggi
esistenti: la prima, in quanto “aperta” e davvero “scientifica”, può accogliere
l’impulso dello spirito del tempo odierno, dimostrando così di poter essere
davvero “un’espressione del cuore e dell’anima, altrettanto bene quanto lo è
della testa e dello spirito” (ibid. p. 132); la seconda, in quanto “chiusa” e
per ciò stesso “dogmatica”, rimane invece dominio di una testa e di uno spirito
che esprimono unicamente se stessi, mortificando così il cuore e l’anima.
E infatti cosa disse lo stesso Heisenberg? Disse: “Io comprendo la relatività
con il cervello ma non col cuore“ (W. Heisenberg, “Fisica e oltre”, Torino 2000,
pp. 38-39).
E ancora: “Il male più grande della fisica recente è che gli esperimenti sono
separati dall’uomo stesso e che la natura è vista solo in ciò che mostrano gli
strumenti artificiali: cioè essi vogliono provarla e limitano con questi la sua
comprensione“ (W. Heisenberg, “Oltre le frontiere della scienza“, Roma 1984,
p.153).
E ancora: “L’immaginazione ha un posto decisivo nella scienza, e soprattutto
nelle scienze della natura. Infatti, è vero che i fenomeni si studiano solo con
esperimenti attenti e sistematici, ma la comprensione dell’organizzazione dei
fenomeni è cosa che richiede più immaginazione che pensiero logico” (W. Heisenberg,
“Fisica e oltre“, Torino 1984, p.197).
Ma Archiagottlieb, con la sua cultura d’accatto, alias “da catto-comunista”,
non sa dire altro che fregnacce.
Certamente l’inferno eterno dei cattolici non esiste, ma non per questo serve
scomodare Gottlieb Fichte col suo attivismo mentecattocomunista!
Insomma, Archiagottlieb non si rende minimamente conto dei passi da gigante che ha fatto la scienza, e
continua a vivere la ricerca scientifica come se fossimo ancora al tempo di Gottlieb Fichte, oppure arriva tutt’al più fino al 1925, anno di morte di Steiner.
Tutto ciò che la scienza ha detto dopo, per Archiagottlieb non esiste. E ciò è
davvero qualcosa di straordinariamente comico... Qui abbiamo a che fare con un
cretino per il quale valgono davvero le
leggi fondamentali della stupidità
individuate dal signor Cipolla!
Se ci
fate caso, coloro che non sono per nulla curiosi dei risultati della scienza
moderna, la vivono ancora come contrapposizione con la scienza dello spirito che
assolutizzano come se fosse un dogma di una setta col suo linguaggio settario:
“corpo eterico”, “corpo astrale”, “anima senziente”, “anima razionale”, “anima
cosciente”, ecc. Se chiedi loro un linguaggio normale, sanno solo risponderti
che non esiste né il normale né l’anormale... Infatti sono degli intellettualini
tanto “rigidini” quanto cretini!
Ma la ricerca scientifica deve potersi esprimere senza alcuna costrizione
ideologica o fideistica, finché si dedica al superamento dei limiti della
conoscenza oggettiva, nonostante il suo dogmatico e potenzialmente pericoloso
potere costrittivo sulle coscienze.
In verità questi limiti non potranno mai essere superati finché non sarà accolta
intuitivamente dagli scienziati la possibilità di una metamorfosi del pensare
che guida la ricerca.
Questa metamorfosi, che in un certo senso insidia evolutivamente il potere
scientifico positivista, potrà essere accettata liberamente soltanto se gli
scienziati saranno talmente liberi di avanzare nelle loro conquiste da
riconoscere l’estremo limite oltre il quale la scienza stessa è condannata ad
un’involuzione.
E ciò non è altro che quanto Heisenberg annunciava con le teorie della
relatività e dell’indeterminazione dei fenomeni elettromagnetici delle
particelle atomiche.
Allo stesso tempo, le applicazioni pratiche delle conoscenze scientifiche non
dovrebbero essere appartenenza di qualcuno della scienza dello spirito o della
scienza ordinaria, ma di tutti coloro che sanno studiare davvero, e non solo le
ideologie dei secoli passati come fa Archiagottlieb quando si scaglia contro il
materialismo.
Oggi, è vero, le scienze appartengono esclusivamente ai sedicenti scienziati o
esperti di Stato, e conseguentemente al potere statale, perché la vita pratica,
in tutte le sue manifestazioni, è tale che può elevare o diminuire il grado di
una civiltà in maniera anche drammatica.
È dunque necessario che la vita spirituale di un Paese, meglio ancora del mondo
intero, sia consapevole di quest’evenienza e possa garantire al massimo grado
che le scelte morali per l’agire pratico non dipendano mai più dalla costrizione
psicologica delle leggi cosiddette scientifiche dell’una o dell’altra fazione di
dementi.
Stando alla logica dell’Occidente è inevitabile che il determinismo einsteiniano
sia soppiantato dall’indeterminismo di Heisenberg; perché, come ha spiegato
Emanuele Severino in varie occasioni, Einstein in campo fisico ripropone
quell’eterno dell’episteme che è destinato a tramontare. E in campo fisico e
matematico si verificano fenomeni analoghi: la rigorizzazione della scienza che
abbandona innanzitutto la propria convinzione di essere un sapere
incontrovertibile - e che quindi riconosce la propria ipoteticità sul piano
della forma del sapere… e lo stesso per quanto riguarda il discorso del
contenuto: abbandona la pretesa di mettere le mani su contenuti immutabili e
tende sempre di più a vedere la costituzione ultima dell’universo in relazioni
dinamiche che non implicano alcuna “assoluta permanenza”...
Il tempo degli assoluti è finito. Solo nel cervello di Archiagottlieb non lo è,
e costui continua a spacciare gli assolutismi di Gottlieb Fichte per
l’antroposofia di Steiner...
Presto la gente se ne accorgerà. Oppure sarà l’antroposofia stessa a diventare
sinonimo di cretineria...