Profitto economico e spirito del tempo

 

Presentazione di Nereo Villa - La brama di possesso impedisce negli esseri umani l’azione di idee pensate fino in fondo come quella della triarticolazione dell’organismo sociale (autogestione dell’economia, delle scuole e della politica, pensate come organismi articolati rispettivamente fra loro come i tre principali sistemi - nervoso, metabolico, respiratorio - dell’organismo umano), che è quanto richiede lo spirito del tempo all’uomo d’oggi. Chi pensa solo a farsi i fatti suoi, credendo di poter separare il proprio benessere da quello altrui (egoismo insano), genera conseguenze socialmente malsane, oltretutto dimostrando di non saper fare nemmeno l’interesse proprio, che - se pensato fino in fondo (sano egoismo) - è inseparabile da quello altrui. Ecco perché “per il progresso della vita economica si tratta di eliminare il profitto nella misura in cui il profitto lascia la produzione dei beni all’alea del mercato, che secondo le esigenze dello spirito del tempo andrebbe rimossa” (cfr. §4 e §5).

 

Rudolf Steiner

“Profitto economico e spirito del tempo”

(“I punti essenziali della questione sociale”,

Ed. Antroposofica, Milano 1980, cap. 10° de

“In margine alla triarticolazione dell’organismo sociale”, p. 164)

Traduzione Schwarz-Bavastro a cura di Nereo Villa

Ogni capoverso (§) è qui numerato in base alla 4ª ed. italiana del 1980

 

1. Sul profitto dell’imprenditore esistono opinioni tra loro contrastanti. Chi lo difende, dice che l’uomo è tale da impegnare le sue capacità a pro di una qualsiasi impresa che serva alla collettività soltanto quando vi sia indotto dalla prospettiva del profitto. Quindi, che per quanto nasca dall’egoismo, procura tuttavia alla collettività vantaggi che mancherebbero se si eliminasse il profitto dalla vita economica. Gli oppositori di quest’opinione dicono invece che non bisogna produrre per il profitto, ma per il consumo; e che bisogna adottare provvedimenti di natura tale che gli uomini li adoperino per le loro forze a vantaggio della collettività, anche se non vi siano attirati

dalla prospettiva del profitto.

 

2. Per lo più accade nella vita pubblica che simili opinioni contrastanti non siano pensate fino in fondo, ma che si lasci al potere la decisione in proposito. Se si è di idee democratiche, si ritiene giustificato che siano realizzate e che rimangano, se già lo sono, istituzioni corrispondenti agli interessi e ai desideri della maggioranza. Se invece si è pertinacemente convinti della giustezza di ciò che corrisponde ai propri desideri e interessi, si aspira a un potere centrale autoritario che ordini le cose nel senso di tali desideri e interessi. In tal caso si vuole acquistare per se stessi tanta influenza su questo potere centrale, che per suo mezzo si verifichi ciò a cui si aspira. Da questa direttiva nasce quella che oggi si chiama “dittatura del proletariato”. Le rivendicazioni in proposito partono dagli interessi e dai desideri di chi le richiede senza prima cercare di accertare, mediante un pensiero conforme ai fatti, se le loro richieste siano dirette a provvedimenti che siano oggettivamente possibili o no.

 

3. L’umanità si trova attualmente in un punto della sua evoluzione in cui nella convivenza umana non è più possibile un’azione basata sul prevalere di quanto si desidera. Del tutto indipendente da ciò che vuole questa o quella persona, questo o quel gruppo umano, d’ora in poi agiranno sanamente nell’ambito della vita pubblica solo tendenze mosse da idee che siano pensate fino in fondo. Per quanto fortemente la passione umana si opponga a lasciare entrare nella vita un’azione mossa da idee pensate fino in fondo, che è quanto richiede lo spirito dell’umanità d’oggi, alla fine bisognerà pure rispondervi, perché si riconoscerà che il suo contrario porta a conseguenze socialmente malsane [il grassetto è mio - ndc].

 

4. Una di queste idee pensate fino in fondo è quella della necessità della triarticolazione dell’organismo sociale. Mal si accorda ad essa il fatto di apparire poco chiara a molti tra i suoi avversari; ma ciò avviene perché costoro non aspirano tanto alla chiarezza dei propri pensieri, quanto ad un mero accordo coi loro interessi, desideri e preconcetti. Se poi vengono a trovarsi di fronte a idee che vanno obiettivamente in fondo alle cose, appare ai loro occhi solo il fatto che queste sono in contrasto con le loro intenzioni; allora confusamente si giustificano designando come poco chiaro ciò che contrasta coi loro desideri [incredibile ma vero, questa descrizione ritrae perfettamente oggi il mega paradosso dei principali avversari dell’idea della triarticolazione pensata fino in fondo, che sono purtroppo proprio i sedicenti steineriani, i quali hanno recentemente consentito, per mero profitto economico, alla parificazione statale delle scuole primarie ad indirizzo pedagogico steineriano! Segno questo di un’eccezionale degrado subumana in cui è piombato l'uomo d'oggi, resosi sempre più schiavo del dio quattrino! - ndc].

 

5. Nel giudizio sull’importanza economica del profitto s’insinuano opinioni oggettivamente ingiustificate. Da un lato è senz’altro vero che l’aspirazione al profitto è egoistica. Però non basta voler eliminare il profitto unicamente in base alla sua natura egoistica, dato che nel giro della vita economica non può non esserci qualcosa che indichi se esista o meno il bisogno di una merce prodotta. Nella forma attuale di economia, tale conoscenza si può attingere solo dal fatto che la merce in questione dia o no profitto. Una merce che dia un profitto abbastanza forte nel giro economico può essere prodotta; una che non dia un profitto sufficiente non va prodotta, perché perturberebbe la bilancia dei prezzi delle merci in circolazione. Qualunque possa essere il significato del profitto da un punto di vista etico, esso è, nella forma tradizionale dell’economia, il contrassegno del bisogno che una merce sia prodotta.

 

6. Per il progresso della vita economica si tratta di eliminare il profitto, perché il profitto lascia la produzione dei beni all’alea del mercato, che secondo le esigenze dello spirito del tempo andrebbe rimossa. Ma ci si offusca il sano giudizio se, nel combattere il profitto, s’insinua l’accenno alla sua natura egoistica; perché nella vita l’importante è che in ogni campo della realtà si facciano valere ragioni oggettivamente giustificate in quel dato campo. Ragioni provenienti da altri campi, per quanto in sé giustissime, non possono agire sul giudizio a questo riguardo.

 

7. Per la vita economica occorre che l’indicazione data dal profitto sia sostituito dall’azione di persone che abbiano l’incarico di provvedere razionalmente alla mediazione tra il consumo e la produzione, in modo da eliminare l’alea del mercato. La giusta comprensione di questa trasformazione dell’indicazione proveniente dal profitto in un’azione razionale fa sì che si rimuovano dalla vita economica quei motivi che finora perturbavano e confondevano il giudizio, e che li si trasferisca nel campo della vita giuridica e spirituale.

 

8. Solo quando si riconoscerà che l’idea della triarticolazione dell’organismo sociale trae la sua configurazione dall’aspirazione a creare fondamenti sani per un’azione pratica e obiettiva nei diversi campi della vita, la si giudicherà rettamente, apprezzandone giustamente il valore pratico. La vita sociale non potrà essere risanata finché si pretenda che dalle istituzioni amministrative economiche provengano disordinatamente impulsi giuridici e spirituali, mentre esse possono svolgersi praticamente solo se vi domini la competenza nell’azione e nel giudizio. Nei raggruppamenti attuali dei partiti regnano motivi che si tengono ancora lontani dalle esigenze dello spirito del tempo. Da ciò deriva che le opinioni dominanti in questi gruppi debbano opporre dei preconcetti all’idea della triarticolazione. Bisogna però abolire la credenza che oggi si possa operare una trasformazione delle condizioni sociali malsane continuando a praticare le vecchie tendenze di partito. La prima cosa a cui si deve pensare è appunto la trasformazione delle opinioni stesse dei partiti. Per tale scopo è pure inutile che dai partiti esistenti si stacchino frazioni, i cui aderenti pretendano poi di rappresentare la “giusta” opinione, rimproverando agli altri di averla abbandonata. Perché questo conduce dalla lotta per le opinioni di partito a quella ancora peggiore per il potere di dati gruppi di persone. Invece quel che occorre oggi è la comprensione spregiudicata delle esigenze dello “spirito del tempo”.