Occorre un nuovo modo di pensare lo Stato

Lo spirito giuridico romano ha vinto sullo spirito dell'antico popolo greco

 

Corpo del testo del quotidiano piacentino LIBERTÀ di Domenica 5 luglio 2015:

 

I problemi della Grecia (indipendentemente dal risultato del referendum popolare pro o contro l’UE), del medio Oriente e dell’Oriente, l’antieuropeismo ed il terrorismo, hanno una causa comune, dato che a dirigere l’Europa avrebbe dovuto essere lo spirito dell’antico popolo greco che fu guida del paleocristianesimo, e non lo spirito giuridico romano che di fatto ha ridotto questa nazione ad essere ancora colonia tedesca o romana o americana.

 

Nel concetto di Stato paleocristiano dei greci, lo Stato era pensato dotato di tutta la concretezza fatta di umana individualità già riconoscibile a partire dalla scritta  “Conosci te stesso” che campeggiava sulle colonne dell’oracolo di Delfi, quasi come un plurisecolare presentimento dell’“Io sono”, o  “Figlio dell’uomo”, detto Cristo, che veniva ad incarnarsi nell’essere umano.

 

Quello della  “grecità” non era dunque, non è, e mai sarà, uno Stato della burocrazia. Perché con l’“io” veniente, era necessariamente sempre più conosciuta anche la possibilità di convivialità fra tanti “io”, poggiante sul nascente senso democratico, sviluppantesi secondo “equità”, o “epicheia”, vale a dire secondo il diritto-dovere di disubbidire a leggi ritenute non eque o ingiuste, esattamente come aveva fatto Socrate, che preferì bere la cicuta piuttosto che conformarsi alla legislazione del suo tempo che riteneva retrograda. Così dovremmo pensarla anche noi se ci reputiamo cristiani, cioè umani nel più alto senso della parola, dato che il Cristo è crocifisso in base all’accusa di istigazione “a non pagare i tributi a Cesare” (Luca 23,2).

 

Per pensarla a questo modo dovremmo però avere il coraggio di chiederci: siamo veramente noi lo Stato in cui il sabato è per l’uomo e non l’uomo per il sabato? Il cosiddetto collettivo democratico consiste veramente in una  “crazia” del  “demo” in cui pur agendo come “io”, adempiamo alla sua missione con tutte le caratteristiche della personalità capace di evolversi in individualità cristiana (individualismo etico)? Se le istituzioni ci schiacciano non possiamo che rispondere di no. E cioè: lo Stato NON siamo noi. Perché un io sano e non alienato né esaltato dal potere NON può accettare come cosa buona e giusta il suo monopolio della coercizione, che già produsse tanti fallimenti, non ultimo il fallimento del terzo Reich e di quest’Europa totalitaria… Occorre dunque un modo nuovo di pensare lo Stato.

 

Agli inizi del 1900, questo modo nuovo era ancora in germe, ma l’operazione romana (cattolica) contro il cosiddetto modernismo - e dunque contro ogni anelito spirituale in grado di essere pervaso dal concetto del Cristo - non fece che comprimere ed oscurare le coscienze nel loro anelito cristico di ricerca.

È così che siamo arrivati all’attuale disastro in cui l’umanità del futuro non può più accettare il “civis romanus”, in quanto il diritto romano è fondato sulla violenza, vale a dire sul fratricidio (Romolo e Remo) e sulla rapina o sul sequestro (ratto delle Sabine). Il carattere dei popoli medio-orientali ed orientali, non solo fu educato, ma fu nutrito e allevato nella spina dorsale della grecità, che più tardi, a causa dell’imperialismo romano, del “civis” e del cattolicesimo romano (tra l’altro contraddizione in termini in quanto cattolico significa universale) degenerò al punto che perfino il senso della morte di Socrate e quello della crocifissione di Cristo, furono stravolti: il morire per l’umanità diventò il morire dell’umanità per opera di “santi” del tempo dei “Crociati” come Bernardo, o come gli odierni kamikaze del terrore, mossi dalla medesima anticristianità o dal medesimo paradosso di un “idealismo materialistico”. A me risulta che il terrorismo ha dunque le sue radici in questa degenerazione. Anche perché la tavola rotonda dei cavalieri del Graal fu in pratica trasformata in potere piramidale. È in fondo la faraonica piramide che Roma, a differenza di Mosé, non volle mai lasciare.