La triarticolazione dell’organismo sociale
una necessità del nostro tempo
Presentazione di Nereo Villa - Chi leggerà queste pagine si renderà conto di quanto l’umanità sia degenerata rispetto al periodo in cui furono scritte: subito dopo la prima guerra mondiale, dunque un secolo fa. I riferimenti di Rudolf Steiner alla catastrofe generata dalla prima guerra, vanno pensati anche per la catastrofe della seconda guerra mondiale, ed anche per l’attuale catastrofe che stiamo vivendo seduti, storditi e quasi paralizzati davanti al televisore senza minimamente comprendere il perché di tanto sangue sparso nel mondo. La catastrofe continuerà finché uomini perpetueranno la propria stolidità nel sentirsi interiormente appagati e a posto per il fatto di essere andati a votare questo o quel partito, questo o quel programma partitico, e senza minimamente riconoscere che nella storia mai si attuò del tutto uno solo di tali programmi. Forse assisteremo alla distruzione del nostro televisore prima di riprendere in mano i fatti che continuano a sfuggire “alle idee” (§1)? O risulterà necessario ritrovare “altre idee più adeguate al corso reale delle cose” (§1)? A chi non si è già rannicchiato nella frase fatta che al peggio non c’è mai fine, e a chi vuole essere davvero PRATICO (§2), questo scritto apporterà speranza. I fatti odierni “richiedono l’intervento di idee feconde” (§3), non di “routine” senza idee, né di “programmi teorici senza prassi” (§4) e studiati a tavolino per un “proletariato” (§8) sempre più cretino.
Rudolf Steiner
“La triarticolazione dell’organismo sociale una necessità del nostro tempo”
(“I punti essenziali della questione sociale”,
Ed. Antroposofica, Milano 1980, cap. 1° de
“In margine alla triarticolazione dell’organismo sociale”, p. 125)
Traduzione Schwarz-Bavastro a cura di Nereo Villa
Ogni capoverso (§) è qui numerato in base alla 4ª ed. italiana del 1980
1. È tempo di riconoscere che i programmi dei partiti sorti in un passato più o meno recente, ed esistenti ancora oggi, devono fallire di fronte ai fatti generati dalla catastrofe della guerra mondiale. I sostenitori di quei programmi, che collaborarono all’ordinamento delle condizioni sociali, dovrebbero ritenersi confutati dalla catastrofe stessa, e riconoscere che le loro idee si sono dimostrate insufficienti a dominare lo svolgimento dei fatti. Questi sono sfuggiti alle idee ed hanno condotto alla confusione e all’esplosione violenta. Dovrebbe risultarne ormai la necessità di trovare altre idee più adeguate al corso reale delle cose.
2. Si è chiamata “pratica” quella che era soltanto gretta “routine”. I cosiddetti “uomini pratici” si erano abituati a un campo ristretto d’azione che dominavano per forza di inerzia. Mancava loro l’inclinazione e l’interesse per scoprirne il nesso con campi più vasti della vita. Si andava orgogliosi d’essere “pratici” nel proprio campo ristretto. Si faceva quanto la “routine” richiedeva, lasciando sfociare la propria azione nel meccanismo generale della vita, senza preoccuparsi del come. Cosi, alla fine, tutto cadde in confusione; e dal groviglio dei fatti si sviluppò la catastrofe. Questo fu il destino delle classi dirigenti, per essersi abbandonate a una “prassi” senza idee adeguate a governarla. Ora, davanti al caos, non si è capaci di liberarci dalle vecchie abitudini di pensiero. Abituati ormai a considerare “praticamente necessario” questo o quello, abbiamo perduto la facoltà di riconoscere che quanto è ritenuto oggi “praticamente necessario” è invece interiormente marcio.
3. Nell’ordinamento economico dei tempi moderni si è massimamente palesato come i pensieri umani abbiano perso la padronanza delle cose. In questo campo il morbo interno si è mostrato nel movimento socialista-proletario, dove è sorta l’altra specie di programmi di partito, quella che sorse dall’immediata esperienza del male e che, o richiese mediante critica un cambiamento di rotta sulla via del caos, oppure attese salvezza dallo “svolgimento” dei fatti scatenati. Programmi teorici, nati da esigenze umane generali, senza mettere in conto praticamente i fatti. Alla pratica, che era mera “routine” disdegnante il pensare, si contrapposero idee socialiste che sono teoria senza pratica. Oggi, mentre i fatti richiedono l’intervento di idee feconde, viventi nella realtà delle cose, simili teorie “pensieri senza pratica” si dimostrano insufficienti, e tanto più dimostreranno questa loro insufficienza, quanto più diverrà necessario intervenire nella caotica vita presente con idee capaci di apportarvi un ordine.
4. Di fronte a una “routine” senza idee e a programmi teorici senza prassi, occorre oggi, in chi voglia veramente pensare in modo pratico, buona volontà in una certa direzione. Gli esperti, ma in realtà pratici ben poco pratici, dovrebbero cercar di riconoscere che il continuare un’economia senza piani e senza idee, non ci tirerà fuori, ma sempre più c’immergerà nella catastrofe. Oggi vogliamo ancora illuderci sorvolando sul fatto di essere stati condotti al caos dall0assenza di idee che si scambia per esperienza di vita. Chi proponeva idee è stato disprezzato come “idealista” senza pratica, e non si vuol riconoscere che con ciò ci si è comportati nel meno pratico dei modi, anzi, si è stati “idealisti” nel senso peggiore.
5. Dall’altro lato, dove dominano le esigenze teoriche senza pratica, si vuol conquistare un’esistenza degna di esseri umani per quella classe che attualmente sente di non possederla ancora. Non si vede che la si vuol conquistare senza penetrare veramente nelle necessità della vita sociale. Si crede che, conquistato il potere di attuare le esigenze teoricamente richieste ma non praticamente raggiungibili, si riuscirà come per miracolo a instaurare l’ordine a cui si aspira.
6. Chi ha a cuore il bene dell’umanità, anche riguardo alla classe proletaria oppressa dalla quale si sollevano le esigenze in questione e che spera di raggiungere le sue mete nel modo accennato, deve seriamente chiedersi: che cosa avverrà se da una parte si persiste a enunciare programmi ormai confutati dal corso degli eventi, e dall’altra si vuol conquistare il potere per attuare rivendicazioni che non cercano di accordarsi con ciò che la vita stessa richiede per un ordinamento sociale possibile?
7. Si potrà forse essere bene intenzionati, oggi, rispetto al proletariato, ma non si è obiettivamente sinceri se non gli si fa toccar con mano che i programmi ai quali aderisce non lo conducono al bene a cui aspira, ma portano al disastro della civiltà europea, la cui rovina sigillerà la sua. Oggi si è sinceri verso il proletariato solo se lo si sveglia al fatto che coi programmi ai quali aderisce non potrà mai e poi mai raggiungere quello che inconsciamente desidera.
8. Il proletariato vive in un errore formidabile. Ha visto negli ultimi secoli gli interessi umani a poco a poco totalmente assorbiti dalla vita economica. Ha dovuto accorgersi che le forme giuridiche della vita sociale si sono costituite sotto l’influsso della potenza e dei bisogni economici; ha potuto constatare che l’insieme della vita dello spirito, specialmente l’educazione e la scuola, si è edificato su condizioni risultanti da fondamenti economici e dallo Stato dipendente da questi. Si è radicato in lui il pregiudizio funesto che ogni vita giuridica e spirituale debba necessariamente derivare dalle forme dell’economia. Anche larghe sfere di gente non proletaria sono oggi vittime di questo pregiudizio. La dipendenza della vita spirituale e giuridica da quella economica, sviluppatasi negli ultimi secoli come fenomeno del tempo, è oggi ritenuta una necessità di natura. Non ci si accorge della verità, che appunto questa dipendenza ha spinto l’umanità alla catastrofe; ci si abbandona al pregiudizio che basti cambiare l’ordinamento economico attuale in un altro che generi da sé una nuova vita giuridica e spirituale. Si vuol modificare soltanto l’ordinamento economico, invece di riconoscere che va soppressa la dipendenza delle altre due sfere della vita sociale dalla forma economica [il grassetto è mio - ndc].
9. Nel momento attuale dell’evoluzione storica del mondo, non si tratta di mutare semplicemente il genere di dipendenza della vita spirituale e della vita giuridica dalla vita economica; si tratta di configurare la vita economica tramite provvedimenti che, con conoscenza di causa, provvedano alla produzione ed alla circolazione dei beni senza esercitare, da questo punto di vista, la minima azione su posizioni giuridiche rispetto agli altri uomini, né sulla possibilità di svolgere le loro attitudini mediante l’educazione e la scuola. Nell’epoca storica appena trascorsa, sia la vita giuridica, sia quella spirituale, furono una “sovrastruttura” della vita economica; in avvenire dovranno essere organi dell’assetto sociale indipendenti, accanto a quello dell’economia. I provvedimenti da prendersi nell’ambito di quest’ultimo devono risultare dall’esperienza in questo campo e dall’essere gli uomini congiunti con questa o quella branca della vita economica. Dovranno formarsi associazioni tra persone appartenenti alle diverse professioni, tra gli intrecciati interessi dei produttori e dei consumatori, culminando il tutto in un’amministrazione economica centrale. Le persone che appartengono a questa organizzazione economica formano anch’esse una comunità giuridica, indipendente quanto ad amministrazione e rappresentanza proprie, in cui si regola tutto quanto concerne la sfera giuridica di ogni essere umano maggiorenne. Lì si configurerà tutto quanto rende l’uomo simile ad ogni altro suo simile. Ad esempio, in tale comunità dovrà regolarsi il diritto del lavoro (genere, misura, durata del lavoro). Questo complesso di leggi sarà completamente avulso dal giro della vita economica. Nella vita economica il lavoratore si troverà come libero contraente di fronte a coloro nella cui unione è chiamato a produrre. In merito alla sua collaborazione economica ad uno dei rami della produzione decide la competenza economica; ma in merito alla sua forza lavorativa ha voce in capitolo egli stesso, come essere umano maggiorenne, sul terreno democratico del diritto, fuori del giro della vita economica.
10. Come la vita giuridica (amministrazione statale) sarà regolata da un organo giuridico indipendente dell’assetto sociale, così la vita spirituale (educazione, scuola, ecc.) sarà pure regolata in piena libertà da un altro organo indipendente della comunità sociale, perché, così come una sana vita economica non può fondersi in uno con l’organo giuridico, in cui tutto deve procedere dai giudizi di tutti i maggiorenni l’uno all’altro equivalenti, allo stesso modo la direzione della vita spirituale non può sottoporsi a leggi, ordinamenti, sorveglianza e simili, che emanino dal mero giudizio di uomini maggiorenni. La vita spirituale ha bisogno di dirigersi da sé, secondo punti di vista puramente pedagogici ed umani. Solo in una simile auto-direzione si possono veramente coltivare a favore della vita sociale le facoltà individuali predisposte in una comunità umana.
11. Chi in una pratica reale della vita è in grado di esaminare spassionatamente quali siano le condizioni d’esistenza dell’organismo sociale al gradino attuale dell’evoluzione umana, non potrà fare a meno di arrivare al risultato che per il risanamento dell’organismo sociale è necessaria la sua triarticolazione in un organismo indipendente spirituale, in un altro giuridico e in un terzo economico. Da ciò l’unità dell’organismo intero non è certamente compromessa, essendo essa fondata nella realtà, per il fatto che ogni uomo appartiene, coi suoi interessi, a tutti e tre gli organismi parziali, e che le loro tre amministrazioni centrali possono, nonostante la loro autonomia, armonizzare i loro provvedimenti.
12. Nell’articolo seguente vedremo che le relazioni internazionali non costituirebbero un ostacolo, anche nel caso in cui un solo Stato fosse un organismo sociale triarticolato.