L'Ariete, Beniamino,
e il SENSO DEL LINGUAGGIO
(dalla Playlist delle dodici parti di cielo)
Prima di Pitagora esisteva già il "suo" teorema come teorema del Figlio, del 5², o della maritata... |
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Il figlio per
eccellenza, quello di cui si dice che non è generato da carne e sangue (Giovanni
1,13; 3,13; 6,53) e di cui si parla perfino nel Teorema di Pitagora, era
conosciuto prima di Cristo e molto prima di Pitagora. Fu poi detto "Teorema di
Pitagora" perché fu questo filosofo ad applicarlo a tutti i triangoli
rettangoli. Anticamente era però applicato a un solo triangolo. Tutto ciò lo
trovate in I. Ghersi, "Matematica dilettevole e curiosa", Ed. Hoepli, e
anche nel mio
libro "Il sacro simbolo dell'arcobaleno..." (... Numerologia biblica sulla
reincarnazione", SeaR Edizioni, Reggio Emilia, 1998, cap. 9). Perciò incomincio a
leggervi questi dati che riguardano molto da vicino l'Ariete, che
nell'astrologia ebraica era l'Agnello Cosmico, e per la cristianità il FIGLIO
DELL'UOMO e FIGLIO DI DIO.
Il famoso teorema del triangolo rettangolo, cioè dell'equivalenza fra la
superficie del quadrato costruito sull'ipotenusa e la somma di quelle
(superfici) costruite
sui suoi cateti, era dunque noto anche prima di Pitagora, limitatamente però ai
lati 3, 4 e 5. Il tre, il quattro e il cinque sono numeri. Li chiamo adesso "lati" in
senso proporzionale, cioè applicando una qualsiasi unità di misura
convenzionale (che può essere tanto decimale, quanto duodecimale, o
sessagesimale, o altro, dato che il risultato non cambia, e questa fu la
scoperta di Pitagora). Per l'uomo antico ancora capace di pensare in modo
autonomo l'unità aritmetica non era mescolata all'unità di misura come avviene
oggi in cui tutto è convenzione. Perciò anticamente si era ancora in grado di
percepire che il ritmo (racchiuso nell'etimologia stessa di aritmetica) era
generatore di unità di misura ma non viceversa, vale a dire che le unità di
misura o le convenzioni non sono in grado di generare ritmi.
Anticamente perciò si poteva parlare del 5 come figlio del 4 e del 3. In India questa
generazione (che poi diventò il TEOREMA DI PITAGORA) era indicata come la
"seggiola della piccola sposa" e sia i preti Indù che gli "arpedonapti"
egiziani, cioè i tenditori di cordicelle o i canneggiatori, se ne servivano per
innalzare la perpendicolare ad una retta nelle operazioni topografiche. In
Persia questo teorema costituiva la "figura della donna maritata"; in Grecia era
il "teorema della maritata" ed il triangolo "3, 4 e 5" era considerato simbolo
del Matrimonio. Ecco perché Platone lo inserì nella composizione del suo celebre
"numero nuziale" (Platone, Resp. VIII, III 545c-547c). Plutarco ne parla come del "più bello dei triangoli" e riporta
il detto che fosse il simbolo delle divinità egizie Osiris, Isis e Horus e di
tutta la natura in espansione. Queste proporzioni si trovano nella piramide di Chephren (esterno), in quella di Cheope (nell'interna camera dei Re), in molte
pietre usate come lapidi o come coperchi, in canali di aerazione, ecc; così pure
le grandi pietre di Baalbek in Siria sono larghe 3 e lunghe 4. In un papiro
magico sono disegnati due cuori uniti con righe, con la scritta: "3 è l'uomo, 4 è
la donna". Anche i Cinesi conoscevano questo teorema, poiché nel "Tceu-pei" sono
menzionate le proprietà di questo triangolo.
E adesso veniamo
all'Ariete.
L'Uomo Ariete è idealista. L'idealismo è la concezione in cui importa dimostrare
come il mondo sarebbe insensato e senza scopo se le idee fossero solo
figurazioni fantastiche prive di fondamento nel processo cosmico. Pertanto per
l'Uomo Ariete l’idea e l’ideale devono essere contenuti in tale processo, che
pertanto deve esserne pervaso. Quindi tutto va ascritto solo come un loro
tramite: idea e ideale sono come il motore espressivo dell'umano e del
linguaggio, la cui unità di misura è la parola.
Così come col SENSO DELL'UDITO del segno dei Pesci si entra nell'elemento
acustico del linguaggio o nell'elemento acustico generale, allo stesso modo col SENSO DEL LINGUAGGIO si incomincia
ad entrare nel contenuto essenziale dell’onda sonora che arriva tramite l’udito.
Infatti solo il SENSO DEL LINGUAGGIO riconosce idealisticamente il linguaggio,
rendendolo tale. L'uomo ha in sé un "vocabolario", che si forma da tutto ciò che
il SENSO DEL LINGUAGGIO accoglie nel corso degli anni e dei decenni. Questo
organismo della parola o del linguaggio è ripartito in modo vario, è ricco e
molteplice. Nel poppante non è ancora presente. Nel bambino è ancora scarso. Il
bambino infatti impara a parlare prima di poter incominciare ad usare il suo
giudizio critico, e solo attraverso il linguaggio impara poi a distinguere il
bene dal male. Il SENSO DEL LINGUAGGIO è in fondo... un educatore, nella prima
età infantile, come lo sono pure i sensi dell'udito e della vista.
Un idioma, un linguaggio, nella sua interezza, appartiene ad un popolo. Il
giudicare spetta al singolo. La facoltà di assegnare senso agli oggetti di
percezione, dunque all'osservazioine del mondo, è l'arte della
concettualizzazione, contemplata nel "Padre Nostro" come "santificazione del
nome" e cioè dell'IO SONO o del LOGOS o della PAROLA per eccellenza. La
parola per eccellenza infatti: "All'inizio
era la parola" (Giov. 1,1).
Il SENSO DEL LINGUAGGIO è diverso dal SENSO DELL'UDITO, dato che non vi è motivo
di ritenere che per i suoni si abbia la medesima percezione che si ha per le
parole: si tratta di due cose completamente distinte, come il gusto per il
palato e la la vista per gli occhi.
Certamente si potrà obiettare che il suono di una nota musicale e quello di una
parola, sempre suono è. Però non si potrà negare che il suono di una serie di
note musicali evochi qualcosa di essenzialmente diverso da ciò che può evocare
una serie di parole.
L’arte di adeguare parole alla melodia musicale e l’arte di creare parole
"musicali" senza melodia sono infatti due arti completamente distinte.
Il segno dell’Ariete esprime la parola in senso cosmico. Ecco perché
nell’astrologia ebraica il segno dell’Ariete è il segno dell’Agnello
Cosmico.
Il Logos, cioè la Parola o il Verbo di cui parla Giovanni all’inizio del suo
vangelo, non è altro che la testimonianza dell’inizio cosmico dell’Agnello,
espresso anche dal cielo delle costellazioni. E questo è anche il motivo per cui
anticamente si diceva che il mondo era fondato sulla schiena del Pesce: perché
dopo i Pesci viene l’Agnello. Faccio notare che le più alte gerarchie vaticane,
anziché studiare e spiegare queste realtà, esprimono apertamente il loro NO
all'astrologia, cioè alla logica del cielo in nome di teologie che lo ricercano
come luogo di un padre (Padre nostro che sei nel cielo) non si sa bene se in
modo celato o occulto o occultato. Così facendo, si comportano come gli
scienziati contemporanei che delle cose che indagano prendono le misure,
scambiandole con le cose. Eppure la stessa parola "Vaticano" proviene da
"Vati": i vati,
che paradossalmente oggi vietano dal pulpito il vaticinio. Sarebbe come come se
il muratore per fare il muratore vietasse la costruzione dei muri o se il
pescatore per pescare vietasse la pesca.
Ma andiamo avanti.
Nell’antica astrologia biblica, l’Ariete era governato da
Beniamino che era, tra i 12 figli di Giacobbe, alias Israele, il più giovane. E ciò
si evince già dall'etimologia del suo nome.
L’etimologia di Beniamino comporta il termine ebraico BEN, che vuol dire
FIGLIO, e iamìn che vuol dire PREDILEZIONE. Letteralmente
iamìn significa anche
mano destra. L'uso della mano destra non era solo dovuto all'abitudine di usare la destra ma
era considerato simbolo di predilezione e di fortuna. BENIAMINO era infatti
chiamato "figlio prediletto".
E Beniamino divenne davvero il preferito, non solo perché fu l'unico figlio
rimasto dall'unione di Giacobbe con Rachele ma anche perché fu trattato nel
migliore dei modi dai suoi fratelli, i quali conoscevano il suo valore agli
occhi del padre Giacobbe. Dalle parole e dalle azioni di Beniamino si evincono
due importanti caratteristiche dell'Uomo dell'Ariete, l'impulsività e l'assoluta
lealtà. La benedizione impartitagli da Giacobbe accenna infatti a questa veemenza e
impulsività: “Beniamino è come un lupo rapace che al mattino caccia la preda e
ne divide a sera le spoglie” (Genesi 49,27). La benedizione di Mosè invece è la
seguente “La tribù prediletta dal Signore possa vivere in sicurezza: il Dio
Altissimo la protegge ogni giorno, e abita in mezzo a essa” (Deuter.
33,12).
Da quanto precede risulta allora facile capire “da dove i nati in Ariete
traggano l'assoluta fiducia in se stessi, la convinzione che nulla può andare
storto, la grande lealtà e l'impulsività che li domina” (Joel C. Dobin,
“Kabbalistic astrology”, Inner Traditions International, Rochester, Vermont,
USA, 1977).
L'Ariete, cioè l'AGNELLO COSMICO è dunque il beniamino per eccellenza, il figlio
(BEN) per eccenza. Ecco perché il termine beniamino è anche, come aggettivo, il
sinonimo di "cocco", "figlio prediletto", "pupilla", "amato", "diletto",
"beneamato", "favorito", "protetto", ecc.
Anticamente questa cultura del nome era importante e ne abbiamo testimonianza
sia nel "Padre Nostro", là dove si dice "sia santificato il tuo nome", sia nel
Teorema di Pitagora, là dove la sequenza di numeri progressivi 3, 4 e 5, a
differenza di qualsiasi altra sequenza di numeri progressivi, può esprimerlo.
L'uomo antico infatti sentiva il 3 come espressione dell'elemento maschile ed il 3 come
espressione di quello femminile, dai quali sentiva provenire il 5, espressione
dell'elemento "prole". Perché ciò potesse accadere il 3 ed il 4 dovevano
ritrovare nel 5 il loro compimento, così come un uomo e una donna lo ritrovavano
nella loro prole. Era così che i pitagorici esprimevano quanto oggi viene
studiato come Teorema di Pitagora: il 9 e il 16 erano e sono rispettivamente il
compimento "individuale" in cui il 3 ed il 4 ritrovavano e ritrovano se stessi,
mentre il loro massimo compimento possibile o "d'unione" stava e sta nel compimento del
5 nel 5 x 5, dato appunto da 16 + 9. Per tutti i rimanenti numeri consecutivi,
l'equivalenza fra quadrati minori e quadrato maggiore non vale. In altre parole
non esiste alcuna possibilità di esprimere il suddetto teorema per numeri
diversi da questi, aventi la medesima peculiarità, cioè che uno sia immediata
successione del precedente, come avviene per il 3, il 4 e il 5.
Oltre a ciò si consideri altresì che il concetto di FIGLIO espresso dal 5 dai
pitagorici, era proprio il valore numerico della quinta lettera dell'alfabeto
ebraico. Questa lettera è la HE, detta appunto lettera zodiacale dell’Ariete,
segno astrologico dell'Agnello Cosmico, detto anche FIGLIO DELL'UOMO, governato
da Beniamino per l'antica astrosofia dei Re astrologi o "Re magi". Il FIGLIO
DELL'UOMO era un nome tecnico, come lo era la parola CRISTO, per indicare l'io
umano superiore, generato dall'egoità unigenita dal Padre. Ecco perché la parola
chiave dell'Ariete era IO SONO. Ed ecco perché anche la parola CRISALIDE ha in
greco la stessa radice della parola CRISTO: l'io superiore si manifesta come la
farfalla dal bruco, grazie alla sua crisalide protettiva che non ne impedisce la
liberazione.