Introduzione alla filosofia della libertà di Pietro Archiati. Note di Nereo Villa  - Questa pagina è pubblicata anche nel sito

"La percezione di Archiagottlieb"

 

Presentazione.

Ascoltando gli mp3 di Pietro Archiati, mi sono accorto di esagerazioni e assolutizzazioni che non hanno nulla a che fare con i contenuti dell'opera di Steiner, che egli invece predica. Egli scambia "La filosofia della libertà" di Steiner con la filosofia della libertà di Fichte, vale a dire con l'attivismo idealistico di quest'ultimo. La finalità di Archiati è a mio avviso dunque quella di “addomesticare” gli ascoltatori al comunismo giuridico proibizionista di Fichte, spacciato per “La filosofia della libertà” di Rudolf Steiner. Il termine “addomesticare” non lo uso qui a caso, dato che si tratta veramente di ascoltatori che di fatto, per la loro ignoranza crassa (almeno nella maggior parte degli interventi ascoltabili dagli mp3), per la loro incapacità di pensare autonomamente, e per il fatto che ciò impedisce di accorgersi delle castronerie dette da questo oratore, subiscono passivamente. Se si pensa che la società odierna ha solo un modo per uscire dalla crisi in cui è piombata, e che questo modo è la triarticolazione dei poteri dell’organismo sociale, la quale attende dai tempi di Schiller, Goethe, e di Steiner, la concentrazione e l’attenzione degli umani intesi come individualità, la cosa è molto grave. Ciò che avviene in questa introduzione alla filosofia di Steiner fatta da Pietro Archiati, qui trascritta, è comunque qualcosa che si ripete in varie forme nella maggior parte degli mp3, e non solo in quelli relativi alla filosofia di Steiner, ma anche in altri svariati sedicenti contesti scientifico-spirituali. Anche se qui vengono esaminati solo i primi due mp3 della lunga raccolta di questo oratore di professione, non temo smentite (basta ascoltare tutti gli altri) nel dire che essi sono come il prototipo di un tormentone che si ripete in ogni altra occasione. Per facilitare la lettura, ho posto le mie note in grassetto.

Nereo Villa, Castell'Arquato, 19 settembre 2013

 

Cari amici, buonasera a tutti, a tutte, benvenuti a questa serie di incontri sul testo migliore del mondo. Pensavo che ci sarebbe stata una sommossa, una qualche reazione, [e invece] nulla. Cosa intendo dire [con] “testo migliore del mondo”. È un testo fondamentale per fare esercizi di pensiero. Come un metodo. La filosofia della libertà di Steiner è come un metodo. Qualcuno di noi forse si ricorda. Ha il metodo per imparare a suonare il piano o l’armonium, e si fanno esercizi. C’è da imparare delle nozioni? No. Sa suonare bene l’armonium chi ha imparato il metodo a memoria? No. Si esercita, si esercita e si esercita, e si diventa sempre migliori nel suonare. La filosofia della libertà è fatta per esercitare i pensieri. Io farò unicamente, ve lo garantisco, dall’inizio alla fine, qui, esercizi di pensiero. Nella speranza che, sia io, sia ciascuno di noi, col passar del tempo, diventa sempre migliore nel pensare, nell’attività del pensare. Vedremo il perché il pensare ha una posizione di primo piano per l’essere umano, per l’evoluzione dell’essere umano. Perché il pensare - adesso butto lì un paio di cose così come introduzione - il pensare è l’attività fondamentale, essenziale dello spirito. Che sia lo spirito di Dio, lo spirito dei Cherubini, dei Serafini, dei Troni, o lo spirito umano, spirito è spirito. Che cosa fa dello spirito, spirito? Qual è la caratteristica fondamentale per essere spirito? Il pensare. Non i pensieri. Non i pensieri. I pensieri vengono prodotti dal pensare. Il pensare in quanto attività creatrice. Aristotele ha dato una definizione micidiale dello spirito divino. A quei tempi non lo chiamavano Dio. Questa parola un po’ trita è venuta dopo, quando man mano che lo spirito si è diluito, si sono inventate queste belle parole, neanche tanto belle. Per esempio, nel 12° libro della metafisica di Aristotele da una definizione del Creatore, quello che noi chiamiamo il Creatore: “Noesis noeseos”: il “pensare il pensare”, due volte, eh, non basta una volta sola, il pensare che si pensa, il pensare autocosciente, il pensare presente a se stesso, il pensare che sa di pensare, il pensare autocosciente, una creatività spirituale che è presentissima a se stessa mentre crea. Di meglio non c’è. Aristotele era convinto che di meglio non c’è. Trovate voi di meglio. Poi vedremo, nel corso delle nostre riflessioni, che la domanda si pone: beh, ma l’essere umano è mica fatto soltanto di testa. Qui sorge il primo problemino: che il pensare, col diluirsi dello spirito umano nel corso dei millenni, è diventato così diluito che noi, quando pensiamo al pensare, pensiamo che il pensare sia una cosa soltanto della testa. Invece per Aristotele, questo pensare il pensare, questo essere presente a se stesso nell’attività creatrice del pensare è, al contempo, la pienezza del cuore, dell’amore, dell’artistico, quindi pensare, la scienza, poi c’è l’arte, l’amore, il cuore, la sfera mediana, il cuore dell’uomo, e poi la volontà, la volontà che sfocia nelle azioni, nell’agire. Per Aristotele, questo pensare di spirito creatore è al contempo pura arte, amore artistico... Come ha creato il Creatore il mondo? Noi dicendo “pensandolo” intendiamo dire “solo pensandolo?”. Aristotele intendeva dire: “Non lo può pensare senza amarlo e volerlo, perché è così bello…”. Quando i pensieri sono belli, ti tocca amarli. E ti tocca volere per forza realizzarli. Se no fai a meno di pensarli. Il Creatore, lo Spirito Creatore non conosce pensieri di cui non si innamora. Conosce soltanto pensieri di cui si innamora. Come un artista che è talmente artista che sa fare soltanto cose belle. Nella misura in cui noi, spiriti umani, bene o male, anzi diciamo bene, riscontriamo in noi stessi, tutti noi, altrimenti non ci chiameremmo esseri umani, saremmo un gattino, un cagnolino, ma non esseri umani, nella misura in cui ci troviamo veramente capaci di pensare, ci tocca dire, ed è la nostra grande fortuna: dobbiamo venire da quell’albero. Dobbiamo venire da quell’albero. E la domanda che chiede: c’è qualcosa di più alto, di più bello, di più - io uso sempre la parola beatificante, non ne trovo una migliore in italiano - che non il pensare, no, veramente non c’è; naturalmente tenendo presente che questo pensare è un agire, è un operare, è un essere attivi a livello spirituale, è un creare, è un creare spirituale. Ma il creare spirituale è soltanto pensare? No. È un fare. Le cose che lo Spirito Creatore pensa diventano realtà. Il fatto che Lui le pensa son.. le fa realtà. Quindi pensare significa creare realtà.

 

Nota: Pensare significa creare realtà? Ciò vale solo per Fichte, la cui filosofia è la creazione di “una grandiosa immagine mentale del mondo, senza alcun contenuto sperimentale” (R. Steiner, “La filosofia della libertà”, cap. 2°). 

 

E man mano che noi andremo avanti nella filosofia della libertà, man mano che andremo avanti sarà sempre di più così che quando qualcuno verrà e mi dirà: ma è solo un pensiero, io gli darò uno schiaffo che poi terminerà di dire che è solo un pensiero! I pensieri sono realtà: i pensieri dello Spirito Creatore. Io adesso sto andando un po’ a ruota libera. Bisogna incominciare da qualche parte. Non volevo subito cominciare col testo.

 

Nota: Perché? 

 

Anche perché non è italiano.

 

Nota: qui si accenna solo ad una vera e propria operazione di induzione del bisogno del tedesco, che io chiamo operazione di marketing, che concluderà questa pagina ed il secondo mp3 introduttivo di Pietro Archiati alla filosofia di Steiner. 

 

Ma aggiungiamo anche questo pensiero, e cioè: sì, tu puoi fin che vuoi scalmanarti, fare questo panegirico del pensiero, però guarda un po’ gli esseri umani di oggi. Siamo poverini, poverelli. Se no, non avremmo bisogno di fare questa piccola scuola di pensiero.

Il cosiddetto peccato originale non è un fattore evolutivo morale. È un fattore evolutivo intellettuale. C’è soltanto una caduta nell’uomo, ed è la caduta del suo pensiero, il diluirsi del suo spirito. Man mano che si è inserito nella materia, man mano che è venuto alle prese con l’elemento corporeo, lo spirito umano si è sempre più diluito. Che poi diluendosi il pensiero, anche la volontà è diventata sempre più debole, e quindi si è lasciata prendere dai meccanismi ferrei della natura, ecc., ecc., è conseguenza del pensiero. Quindi ci troviamo in una fase di pensiero decaduto, nella fase intermedia dell’evoluzione, del peccato originale del pensiero, della coscienza umana pensante. Quindi la redenzione - in fondo c’è soltanto una redenzione possibile ed - è la redenzione del pensiero, per usare adesso termini più religiosi. Non è necessario, si possono usare termini più religiosi, più scientifici, come volete.

 

Nota: Se non è necessario perché li usa?

 

E vedremo nel corso degli incontri che man mano che ognuno entra in questa creatività propria,

 

Nota: “creatività propria”?

 

gestisce tutto lo strumentario culturale

 

Nota: “strumentario culturale”?

 

che la cultura gli da’ dal portato dell’arte,

 

Nota: “portato dell’arte”?

 

della religione,

 

Nota: “portato della religione”?

 

della scienza,

 

Nota: “portato della scienza”? 

 

se ne serve con piena sovranità, con piena libertà. L’importante è capire le cose!

 

Nota: Già, ma anche qui non siamo più in Steiner ma in Fichte: “Chi si impadronisce di questo concetto”, dice Fichte riferendosi al contadino o all'operaio che - “in grazia del suo dovere e per amor del tutto, esercita l’opera sua con vero attaccamento e attenzione, e la porta a compimento” (J. G. Fichte, “Lezioni di massoneria”) - “non solo valuterà con giustizia il mondo e le sue relazioni, ma anche innalzerà il proprio valore mediante il sublime punto d’appoggio che ha acquistato. Far sorgere, consolidare, vivificare questa maniera di pensare é il punto a cui deve sboccare tutta l’istruzione che io chiamo massonica” (ibid.). Si noti come Fichte, col suo principio di "Tathandlung", attività agente (Tat) e prodotto dell’attività agente (Handlung), non fa che portare alla sua massima espressione metafisica la visione dell'uomo come “libero e sovrano artefice di se stesso”, cioè come essere che costruisce o INVENTA se stesso tramite la propria libertà. Il primo principio della Dottrina della scienza stabilisce infatti che “l'io pone se stesso”, chiarendo come il concetto di io in generale si identifichi con quello di ATTIVITÀ auto-creatrice ed infinita: “L'uomo - dice Fichte -  non sarà perciò detto cattivo nella misura in cui è un essere sensibile bensì nella misura in cui è un essere immobile, inerte” (Sämmtliche Werke, vol. IV, pp. 198 sg., in Alexis Philonenko, "Storia della filosofia a cura di François Châtelet", Milano 1976, vol. V, p. 56), e ancora “la pigrizia è il vero male radicale, innato nell'uomo, che lo spinge nella via delle abitudini in cui s’impastoia la libertà” (ibid.). Ma Steiner ha davvero bisogno di essere spiegato con questi concetti moraleggianti e di orientamento religioso e misticheggiante di Fichte, ripetutti spesse volte da Fichte anche nelle seguenti opere: “La missione degli uomini” (1800), “Sull’essenza del dotto e le sue manifestazioni nel campo della libertà” (1805), “L’introduzione alla vita beata o dottrina della religione” (1806), “Cinque lezioni sulla missione del dotto” (1811)? Che bisogno ha “La filosofia della libertà” di Steiner di tutto ciò? 

 

Perché è decaduto il pensare umano? Il decadimento del pensare umano è la più grande fortuna dell’individuo. Perché se il pensare umano non fosse decaduto, non si fosse indebolito, non fosse diventato debole, esile, nei confronti della ineluttabilità della natura, l’essere umano avrebbe un pensare forte, un pensare essenziale, per grazia ricevuta. Se il pensare non fosse decaduto… Ma se l’essere umano avesse un pensare forte, essenziale, sostanziale, per natura, sarebbe la natura a pensare il lui, sarebbe il divino a pensare in lui. Dio o natura è la stessa cosa Sono soltanto due parole diverse per la stessa cosa.

 

Nota: Dio e natura sono la stessa cosa? Se un musicista crea un valzer, egli è il valzer? Prima aveva detto che l’artista è tale in quanto crea cose. Dunque vi è un soggetto creatore e un oggetto creato. Così anche l’analisi logica è fatta di un soggetto e di un complemento oggetto. Invece ora sparisce tutto? Mah!

 

È la conduzione sovraumana dell’evoluzione

 

Nota: Mah! Qui si pretende che l’umano cercatore creda al superumano conduttore? Ripeto: mah! 

 

Per rendere possibile all’individuo di prendere in mano il suo pensare, di gestirlo lui, di metterci dentro lui le forze del suo cuore, della sua volontà, le forze del suo intelletto, bisognava che i pensieri divini, i pensieri di cui è intrisa la natura, si ritirassero per far posto alla libertà dell’uomo. E la libertà dell’uomo si esprime sommamente nel pensare perché tutto ciò che la libertà fa è conseguenza del pensare.

 

Nota: “la libertà fa”? Qui addirittura si antropomorfizza la libertà, cioè la si tratta come se fosse una persona, un soggetto!

 

Come può l’uomo fare qualcosa senza pensarlo? Un sonnambulo non agisce. Non fa azioni. Non sono azioni. Perché? Perché ci manca il pensiero. Una sinfonia cos’è? Una serie di pensieri. Un dipinto? Una serie di pensieri. Essere mamma? Una serie di pensieri. Una serie infinita di pensieri. Quando una mamma dorme è mamma? Dire che è mamma come quando è sveglia è un barare. Che cosa fa in quanto mamma? Nulla. Quando dorme, Aristotele direbbe o Tommaso d’Aquino, direbbe: “Quando dorme è mamma in potenza”: potenzialmente ma non realmente. Se è sveglia, adesso sì che è mamma anche realmente. E perché? Perché è tornata la coscienza. È tornato il pensiero. Adesso pensa di che cosa il bambino ha bisogno, ecc., ecc., ecc., ecc. Il pensare, sempre e dappertutto, decisivo, fondamentale, essenziale. Un ultimo pensiero, una piccola prospettiva se volete prima di entrare, cominciare col testo, non voglio dilungarmi troppo: diversi di voi hanno fatto per diversi anni il cosiddetto vangelo di Giovanni.

 

Nota: Perché di Giovanni e non di Luca o di Matteo o di Marco? Semplicemente perché Fichte vede esposta nel vangelo di Giovanni una dottrina che reputa analoga alla propria, deducendone l’accordo del suo idealismo col cristianesimo. Solo in Giovanni infatti è detto che in principio era la Parola o Logos e, nel Logos, Fichte riconosce ciò che egli chiama esistenza o rivelazione di Dio, cioè il sapere, l’io, l’immagine, di cui la vita divina è fondamento. In tal modo per Fichte è concluso il ciclo di sviluppo della sua Dottrina della scienza, concluso e perfetto. Partendo dal riconoscimento dell’io infinito come principio di deduzione della natura finita dell’uomo, Fichte perviene da ultimo a riconoscere il principio infinito al di là dell’io, nell’Essere o Dio.

 

Adesso arriva la filosofia della libertà. Che c’entra l’uno con l’altra? Il vangelo di Giovanni, non ce lo siamo dimenticato, comincia dicendo: in principio, all’inizio di ogni cosa c’è il Logos. Ed è quello che vi ho appena detto: all’inizio c’è sempre il pensare. Logos è il pensare, la logica universale. Il vangelo di Giovanni è il vangelo del Logos. E il Logos, l’organismo di pensieri dell’universo in un essere, un essere spirituale con nella sua mente, nel suo pensiero tutto l’organismo dell’universo.

 

Nota: Dove sta scritto? Sta scritto semplicemente che all’inizio era il Logos. Non sta scritto di quell’essere. 

 

In questo essere solare,

 

Nota: quale essere solare? 

 

chiamatelo come volete. I cristiani lo chiamano Cristo. Affari loro…

 

Nota: “affari loro”? Più avanti è proprio Archiati a chiamarlo così!

 

Ognuno lo può chiamare come vuole.

 

Nota: ma chi? 

 

Gli ebrei lo chiamavano Iave

 

Nota: chiamavano Iave il Logos? Dove sta scritto? E dove si parla di questo essere o che il Logos era un essere?

 

Gli indiani, i sette santi rishi se riferivano questo essere solare lo chiamavano Vishva Karman.

 

Nota: ma tutte queste sono le varie denominazione di Dio, non del Logos di Giovanni. 

 

Gli egiziani lo chiamavano Osiris.

 

Nota: era appunto il nome del loro Dio che non c’entrava nulla col Logos di Giovanni, tanto più che Giovanni non era ancora nato a quel tempo. 

 

Si riferisce a questo stesso. Zaratustra lo chiamava Aura Mazdao: Aura, la grande aura, mazda, grande.

 

Nota: idem. 

 

Si riferiscono tutti a questo essere supremo, sovrano, complessivo,

 

Nota: ?

 

lo spirito del sole, e nello spirito del sole ci son tutti i pensieri, l’organismo di pensieri del cosmo in cui noi viviamo e di cui fa parte anche la terra…

 

Nota: fine del primo introduttivo mp3 di Archiati sulla filosofia di Steiner. 

 

Una presenza di spirito assoluta, in cui non manca nulla. La nostra presenta di spirito, anche quando siamo concentrati, insomma, abbraccia quello che abbraccia. La presenza di spirito del Logos abbraccia tutto.

 

Nota: Ma chi lo dice? Archiati parla qui del Logos come se il Logos fosse un persona. Perché mai io che studio la filosofia della libertà di Steiner devo nel 3° millennio, ancora credere alla persona di Dio o del Logos, o di Manitù, ecc.?

 

Vertiginoso!

 

Nota: Sì, sarà anche vertiginoso, ma è fede! Fede vertiginosa!

 

E il termine greco, anche perché da lì è venuta la logica italiana, la parola “logica”, ecc., è un termine molto bello perché è pulito, dice “il pensiero”.

 

Nota: qui sembra di essere ad una lezione di estetica terminologica e/o filologica della fede. 

 

Immaginiamo quanti problemi saltano fuori quando usiamo la parola “Cristo”, quanti patemi religiosi, quanta gente che ha, come dire, fatta una proprietà privata di questo: “Noi ce l’abbiamo, voi non ce l’avete”, ecc., no? Logos!

 

Nota: Ma non crea gli stessi confessionali patemi d’animo un Logos creduto Dio in persona?

 

Logos! All’inizio c’era il Logos! L’essere intriso dei pensieri del cosmo!

 

Nota: E chi lo dice se non una fede? 

 

Che li crea Lui, nella Sua presenza di spirito.

 

Nota: idem. 

 

Di questo Logos, sto andando un po’ a ruota libera,

 

Nota: Archiati forse accorgendosi subconsciamente di dire cose che per la scienza dello spirito sono solo castronerie aggiunge di stare andando a ruota libera?

 

perché le cose sono troppo grosse adesso in questa specie di visuale un po’ macrocosmica.

 

Nota: “un po’”? Come può una visuale essere “un po’ macrocosmica” o “un po’ microcosmica”?

 

Questo Logos fa due ingressi nell’umanità: una prima venuta e una seconda venuta. Si è sempre parlato di due venute. Una dev’essere avvenuta 2000 anni fa. Guardate che non vi dico “È avvenuta”. Non voglio essere dogmatico. E la seconda venuta? Il vangelo di Giovanni è la fenomenologia pura della prima venuta del Logos nell’umanità,

 

Nota: “Il vangelo di Giovanni è la FENOMENOLOGIA PURA della prima venuta del Logos nell’umanità”? Non dovrebbe essere casomai quella di Giovanni la scrittura relativa a tale fenomenologia?

 

la “Filosofia della libertà” di Steiner, questo testo, e non ne conosco un secondo paragonabile a questo, è la fenomenologia, ma proprio in tutto e per tutto, non esagero, in tutto e per tutto la fenomenologia della seconda venuta del Logos nell’umanità.

 

Nota: anche qui Archiati assolutizza un testo, già da lui stesso caratterizzato come metodo; ma quando mai un metodo per imparare a suonare uno strumento può essere caratterizzato come fenomenologia del suono emesso da quel dato strumento? Il suono è fatto di onde. Dal testo di carta sul quale sono scritti gli esercizi per tromba non saltano fuori le onde sonore emesse dalla tromba; fenomenologia significa logica del fenomeno; il fenomeno si ottiene quando si esegue logicamente l’esercizio scritto, ma la scrittura “in tutto e per tutto” - e perfino questa antica frase: “in tutto e per tutto” è di Fichte - non emette di per sé alcuna onda! Infatti il testo non può che essere una scrittura sopra una fenomenologia, ma mai la fenomenologia stessa. Se la "Phänomenologie des Geistes" di Hegel fosse non la narrazione dei modi e delle forme in cui lo spirito appare, ma la comparsa stessa dello spirito “in tutto e per tutto”, basterebbe acquistare il libro per averne, anche senza leggerlo, l’esperienza dello spirito. 

 

La prima venuta è avvenuta 2000 anni fa, il Logos si è fatto carne:

 

Nota: ma Archiati qualche secondo prima non ha forse detto di non voler procedere dogmaticamente? Qui, invece, qualche secondo dopo, egli già pontifica.

 

si è espresso attraverso la cruna dell’ago del divenire universale che noi chiamiamo “l’uomo” per documentare il fatto storico che ogni spirito umano è chiamato a diventare un portatore del Logos.

 

Nota: e questo è di nuovo il Fichte dei libri sopra citati. 

 

La prima venuta del Logos è un atto suo,

 

Nota: suo di chi?

 

una decisione sua

 

Nota: una decisione di chi? 

 

di questo essere.

 

Nota: di questa fede in questo essere del Logos!

 

È un fatto di amore, perché la prima venuta del Logos crea le condizioni, rende ogni essere umano - ha lavorato 2000 anni - per preparare, per rendere possibile la seconda venuta. In altre parole, la prima  venuta del Logos crea col suo operare in ogni essere umano la potenzialità al pensare libero creatore. Grazie all’amore infinito del Logos, fatto uomo, operante da 2000 anni da questa parte in ogni essere umano, noi possiamo dire: ogni essere umano 2000 - chi di voi le cose le sa più precisamente, diciamo, oppure 2160 anni più tardi, un segno dello zodiaco, però siamo proprio in questo, diciamo, grande trapasso dove la prima venuta sfocia nella seconda venuta - grazie all’operare del Logos in ogni essere umano, ogni essere umano è stato reso capace di gestire liberamente, individualmente, creativamente, le forze del pensare.

 

Nota:  come se prima di tale “trapasso” non vi fossero esempi di tale gestione del pensare verso la libertà! Forse che gli antichi ebrei scapparono via dal Faraone senza essere capaci “di gestire liberamente, individualmente e creativamente le forze del pensare”? Gli antichi avevano semplicemente una veggenza atavica, ancora basata sui legami di sangue, e si ingegnavano con tale veggenza a passare dalla schiavitù alla non schiavitù. Oggi invece, grazie alla bufala di Archiati, dovremmo renderci schiavi di una terminologia settaria o massonica, neanche tanto per essere liberi, ma addirittura per comprendere "La filosofia della libertà" di Steiner? Ma andiamo! 

 

La filosofia della libertà è il modo in cui l’individuo umano, nella misura in cui vuole e se non vuole non lo fa, interiorizza, individualizza, le forze del Logos, il Logos che viene interiorizzato dalla libertà del singolo.

 

Nota: questa, che Archiati fa passare per filosofia della libertà di Steiner è la filosofia della libertà di Fichte, cioè l’idealismo di Fichte, lo spiritualismo dell’ultimo Ficthe, accennato nelle opere sopraddette. 

 

Il Logos, l’attività pensante, che viene gestita dall’individuo, a partire dalla sua libertà, perché non è costretto a farlo, nessuno lo costringe a farlo, a partire dalla sua libertà, questo Logos, individualizzato, interiorizzato, e quindi reso diverso in ogni essere umano, viene chiamato lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo è il Logos in quanto viene liberamente recepito, interiorizzato, individualizzato dall’individuo, se lo vuole, nella misura in cui vuole. E questa è la seconda venuta del Cristo, del Logos, in forma di Spirito Santo.

 

Nota: Il Logos è reso diverso? È falso! La diversificazione del Logos, o dell’“organismo di pensieri del cosmo” come Archiati ama chiamare lo spirito del Sole, riguarda   c i ò   che   N O N   è   l’ i o!   L’io è identico in tutti. Certamente esiste un io cosmico, o il Logos, o lo spirito del Sole, come di ogni stella. Quindi esiste certamente un io che è in tutti e che diventa - dice Massimo Scaligero - “un io personale, un io individuale, poi si individua ulteriormente, divenendo un io razionale, astratto, poi ancora di più e diventa l’ego, ma è sempre lo stesso io” (M. Scaligero, “Graal. Rivista di scienza dello Spirito”, Ed. Tilopa, Anno XX - N. 79-80 - 2002, “p. 107). Inoltre "la seconda venuta del Cristo, del Logos, in forma di Spirito Santo" è solo l'ennesimo contenuto di una fede in un Dio umanamente personale, che non c’entra nulla col contenuto della filosofia della libertà di Steiner, nella quale anzi troviamo scritto: “Non un Dio umanamente personale, né energia o materia, né la volontà senza idee di Schopenhauer, possono far da unità universale” R. Steiner, “La filosofia della libertà”, cap. 5°. 

 

Anche questa è una parola trita, da tradurre. “Santo” vuol dire “intoccabile”, “non gestibile dal di fuori”.

 

Nota: ma chi lo dice? Siamo ancora alle solite. Io devo CREDERE a chi lo dice, oppure posso sperimentare che “santo” ha tale significato? Dunque per quale motivo Archiati inserisce contenuti di fede? Per spiegare la libertà da ogni confessione di fede? Non vede che è un controsenso?

 

Questo tipo di spirito è talmente individuale, e talmente fondato sulla libertà del singolo, che una gestione dal di fuori sarebbe una contaminazione assoluta, una dissacrazione.

 

Nota: e allora perché proprio egli stesso continua a predicarlo dal di fuori?

 

Quindi santo è lo spirito nella misura in cui è gestibile soltanto dal di dentro, a partire dall’individuo, dalla sua libertà.

 

Nota: idem. 

 

I peccati contro lo Spirito Santo non possono essere rimessi perché sono il peccato contro la propria libertà, e nessuno dal di fuori ha il diritto di farci qualcosa.

 

Nota: idem. 

 

Soltanto l’individuo che commette peccati di omissione

 

Nota: e questo è di nuovo Fichte. Ripeto: “L'uomo - dice Fichte -  non sarà perciò detto cattivo nella misura in cui è un essere sensibile bensì nella misura in cui è un essere immobile, inerte” (Sämmtliche Werke, vol. IV, pp. 198 sg., in Alexis Philonenko,   “Storia della filosofia a cura di François Châtelet”,   Milano 1976, vol. V, p. 56), e ancora “la pigrizia è il vero male radicale, innato nell'uomo, che lo spinge nella via delle abitudini in cui s’impastoia la libertà” (ibid.).

 

rispetto al suo spirito è capace di recuperare i colpi perduti. Ma una remissione dei peccati contro il proprio spirito pensante individuale dal di fuori sarebbe un trattare l’essere umano da bambino.

 

Nota: esattamente quello che si fa spiegando “La filosofia libertà” di Steiner con termini teologici eterodiretti, e soprattutto eterodiretti da attivismo obsoleto, cioè fichtiano, dato che Archiati chiama “colpo” (“colpi perduti”) lo “Streben”, cioè lo “sforzo”, che assieme al sopra citato “Tathandlung”, è l’elemento più caratteristico di Fichte che riguarderebbe la missione dell’io. Non è forse questa filosofia dello “Streben” e del “Tathandlung” un'eterodirezione dell’io? Oltretutto questo determinare da fuori la missione dell’io riguarderebbe una missione mai conclusa, poiché se l’io, la cui essenza è per Fichte lo sforzo, che è poi anche il medesimo Streben dei Romantici, riuscisse davvero a fagocitare tutti i suoi ostacoli, cesserebbe di esistere, e in luogo del movimento della vita, che è lotta ed opposizione, subentrerebbe la stasi della morte. Ecco perché Fichte è costretto poi ad assolutizzare il concetto di perfezione come sforzo indefinito di auto-perfezionamento, dicendo che “essere libero è niente, divenirlo è cosa celeste” (“Frei sein ist nichts, frei werden ist der Himmel”, la frase è rintracciabile alla voce "Fichte", nella “Entsiklopediceskij slovar”, vol. XXXVI, pag. 50, col. 2, San Pietroburgo, 1890-1907; cfr. anche X. Léon, “Fichte et son temps”, vol. I, pag. 47, Colin, Parigi 1922-27) illudendosi così di superare il concetto statico di perfezione, tipico della filosofia classica. Dico illudendosi perché l’assolutizzazione della dinamicità non è per nulla dinamicità, ma ancora una volta staticità, anche se mascherata. 

 

Sarebbe un ri-catapultare l’individuo di millenni indietro nell’evoluzione.

 

Nota: appunto.

 

Naturalmente, certo, benché io mi stia un po’ arrabattando qui

 

Nota: ecco: si è appena accorto di avere predicato non la libertà ma una teologia della libertà, e cerca di metterci un “cerotto” tanto per aggiustare un po’ il tiro.

 

a dire cose che  da diversi anni dico molto meglio in tedesco che in italiano, credo che ci rendiamo conto che in tutta la terminologia religiosa ce n’è di polvere da spolverare. Non credo che vi sia, come dire, che l’abbiate sentito molte volte spiegato in questo modo lo Spirito Santo.

 

Nota: e chi se ne frega?

 

Però, nella misura in cui vi convince…

 

Nota: Appunto nella misura in cui gli ascoltatori sono così rimbecilliti da convincersi di queste fregnacce fichtiano-massonico-cattolicistiche...

 

Lo dicevo che i miei pensieri si espongono in assoluto e vogliono esporsi in assoluto

 

Nota: “Lo dicevo”? Che significa? I pensieri di Archiati hanno dunque il potere e la volontà di esporsi in assoluto da se stessi? Ma andiamo! Che espressione è mai questa? Come fa un pensiero ad esporsi senza che ci sia un portatore di tale pensiero, un io che lo espone?

 

all’istanza giudicatoria dello spirito

 

Nota: istanza giudicatoria?

 

di ognuno qui presente! È chiaro

 

Nota: Che cosa è chiaro qui? Cosa intende dire Archiati con quel “è chiaro”?

 

Come può essere altrimenti?

 

Nota: Questa è alienazione essenziale soggettiva o del gruppo ignavo? 

 

Se le cose vi convincono o non vi convincono lo deve dire ognuno di voi col suo spirito.

 

Nota: ma come fanno questi ascoltatori a dire che queste cose sono esatte o vere e proprie scempiaggini, se sono tutti ignoranti come capre? Ecco perché da anni dico che anche la realtà dell’antroposofia di Steiner è stata manipolata, impazzita anch’essa come una maionese… per troppo “olio” aggiunto, e qui l’olio è Fichte e l’idea cristiana di Fichte, che non c’entra nulla con la filosofia di Steiner. 

 

E poi quando veniamo, diciamo, quando ci sono momenti di domande e risposte, di dialogo, naturalmente potete, lo sapete, era così anche nel vangelo di Giovanni, chiedere, o “questo non mi ha convinto”, “come hai inteso questo”, ecc., ecc., ecc. In questi incontri, soprattutto sulla filosofia della libertà, c’è soltanto un’istanza che vale, che è ammessa: lo spirito pensante di ognuno.

 

Nota: qui è davvero il caso di dire: senti chi parla, dato che qui l’oratore non espone mai il suo “spirito pensante” (e le poche volte che lo espone dice corbellerie una dietro l’altra), bensì per lo più quello di Fichte; però gli ascoltatori non lo sanno in quanto essendo ignoranti come capre non hanno lette Fichte, né Steiner, e quindi restano rintronati dalle affermazioni di questo saccente palestrato fichtiano.

 

Qualcuno forse vuol sapere un po’ la metodologia? Affronterò il testo frase per frase. Fate conto, come orientamento generale, un capitolo per incontro, circa. Poi non so come sia in italiano.

 

Nota: È una bugia grande come una casa questa, una retorica. Archiati sa benissimo com'è il testo italiano della filosofia della libertà di Steiner. È esattamente una traduzione come tutte le altre. Ma lui è un predicatore di professione, cioè un mercante di parole, e la prima cosa che è abituato a vendere è se stesso, come merce necessaria. Dunque qui egli incomincia la vera e propria operazione di marketing sopra accennata: si tratta della creazione del bisogno della lingua tedesca, bisogno indotto da Pietro Archiati nel suo marketing ermeneutico della filosofia. Per la comprensione dei termini “bisogno” e “marketing” vedi la breve pagina “Il marketing e la creazione del bisogno”. E la falsità di marketing prosegue...

 

Ho qui il testo tedesco. L’originale è in tedesco. Vogliamo intenderci un po’ anche su questo fatto? Col vangelo di Giovanni c’era un testo greco, però un testo greco scritto 2000 anni fa. La filosofia della libertà è un testo scritto in tedesco 100 anni fa. Ora, 100 anni fa,siamo più o meno nello spirito dell’uomo moderno. Non c’è, diciamo, questa cesura enorme del tempo, però c’è, diciamo, un piccolo abisso...

 

Nota: qui lo chiama “piccolo abisso.

 

... che è quello che c’è da linguaggio a linguaggio. Per capirci forse più velocemente, uso un paragone. Supponiamo noi, noi siamo di lingua italiana, io devo dirvi, ogni volta, devo fare un piccolo sforzo per rituffarmi dentro, ho alle spalle la formazione, se volete, bella, classica, poi micidiale di filosofia, diverse volte, però mi rendo conto che, insomma, sono abituato a dire le cose in tedesco, a leggere in tedesco, ecc. Supponiamo che ci sia un gruppetto di tedeschi che viene qui e chiede a noi “Spiegami questo inizio, traducimi questo inizio dell’ultimo canto della Divina Commedia: ‘Vergine madre, figlia del tuo figlio, umile ed alta, più che creatura, termine fisso d’eterno consiglio’. Dimmi in tedesco cosa vuol dire. Traduci!”.

 

Nota: L’esempio fatto è però forzoso e non calza, in quanto “La filosofia della libertà” non è un libro di canti poetici di 800 anni fa, ma un testo dell’epoca moderna, come è appena stato detto. Che un frigorifero sia costruito in Italia o in Germania è sempre un frigorifero. Non è che il frigorifero tedesco sia più frigorifero di quello italiano per il fatto che le istruzioni per costruirlo siano scritte in tedesco. Invece per Archiati le cose non stanno così. Egli fa un esempio del 14° secolo per inserire il bisogno di lui stesso in quanto conoscitore del tedesco. E se prima ha chiamato “piccolo abisso” la differenza di linguaggio ora mostra un abisso tutt’altro che piccolo. Sentite quello che dice poi:

 

Beh, cosa fareste? La prima cosa che gli dovremmo dire è “Figlio mio, non si può tradurre”. La Divina Commedia non c’è in tedesco. E non ci sarà mai. Perché una Divina Commedia in tedesco non è più la Divina Commedia.

 

Nota: Con ciò è sottinteso che una filosofia della libertà in italiano non è più “La filosofia della libertà”. 

 

“Però se tu sei proprio così interessato a Dante e alla Divina Commedia, lascia via l’elemento poetico, lascia via l’elemento artistico, che lo puoi cogliere e vivere soltanto se sei dentro al linguaggio italiano, posso spiegarti, a livello un pochino più intellettuale, che cosa dice. Allo comincio: ‘Vergine madre, figlia del tuo figlio’ è impossibile dargli un’idea di ciò che queste parole dicono per noi, usando una parola sola.

 

Nota: E allora dove sarebbe il problema? Usane due o tre o quattro o quante ne vuoi, ma la quantità delle parole usate non è un problema per la comprensione della qualità del testo. 

 

Il modo migliore è di usare diverse parole: guarda ‘Vergine madre, figlia del tuo figlio’, quindi useremmo, diciamo, parafrasi. Gli spiegheremmo. Spiegare significa usare parafrasi. Adesso cosa direste voi? Lo aiutiamo meglio a capire la Divina Commedia dandogli soltanto una traduzione, ogni parola soltanto una parola in tedesco o spiegandoglielo? Gli diamo un accesso migliore spiegandoglielo. Perché spiegandoglielo gli diciamo: guarda, questa parola qui, non ti basta quest’altra parola in tedesco, usa anche quest’altra, quest’altra, e quest’altra, e quando ce le hai tutte insieme, cogli un pochino cosa sente, cosa vive l’italiano quando: “umile ed alta”.  Umile ed alta. Che vuol dire “umile”? Guarda, “umile” in tedesco si dice “demütig”. E no eh, è soltanto la metà, perché “umile” significa anche “bassa” ed “alta” in questo caso, “umile ed alta”.

 

Nota: Appunto allora traduci entrambi i termini, dato che anche in italiano vi è contrasto fra “umile” ed “alta”, no?

 

Quindi “umile” non è soltanto animico!

 

Nota: “animico”? qui la spiegazione diventa pedante fino allo schifo, almeno per me l’effetto è questo, e personalmente non vorrei mai un traduttore come costui, perché mette le cose in modo troppo evanescente, con esempi non calzanti, quindi non mi fido per nulla di una simile procedura di traduzione.

 

è proprio “bassa”

 

Nota: ma cosa c’entra?

 

Allora gli dico: guarda, significa “demütig” però anche “niedrig”. Ah! Questi due significati! Allora si rende conto che usando uno solo… Se io dico “bassa” e non c’è l’“umile”… Se io dico soltanto “umile” in chiave cattolica, manca il “basso”, e gli devo spiegare!

 

Nota: Ma così è per ogni lingua! Si veda ad esempio questa pagina di dizionario «Traduzione italiano-tedesco per “umile”». In essa appaiono ben sedici esempi di utilizzo della parola “umile”. Che significa allora? Che non si può tradurre un testo dal tedesco all’italiano o dall’italiano al tedesco se non c’è un esperto glottologo di tedesco? Ma andiamo! Queste manie da megalomane lasciamole ai seguaci di Fichte, che nei suoi roboanti “Discorsi alla nazione tedesca” affermava la superiorità linguistica tedesca come superiorità culturale, spirituale e filosofica. Chi crede a queste cazzate non può dirmi nulla della filosofia della libertà di Steiner. 

 

Voglio dire: qual è la traduzione migliore della filosofia della libertà in italiano? Non esiste la traduzione migliore!

 

Nota: Ecco dunque finalmente dove Archiati aveva voluto arrivare! Voleva a dire che NON ESISTE UNA TRADUZIONE MIGLIORE!

 

Perché ogni traduzione, giustamente, è costretta quando, per capire bene una parola tedesca, sarebbe meglio usarne due, tre, quattro, insieme, e giocarci, il che presuppone che chi sta spiegando conosce veramente bene il tedesco, e nel caso di questo testo anche un minimo di formazione filosofica, è importante, no? Allora non è una traduzione la cosa che meglio aiuta ma una spiegazione.

 

Nota: No. Non è così. “La filosofia della libertà” non può essere spiegata in modo eterodiretto, cioè da fuori. Va spiegata in modo autonomo. Ognuno può e deve spiegarla a se stesso. Per un italiano sarà anche un po’ più difficile in italiano di quanto non lo sia in tedesco per un tedesco, ma non c’è davvero bisogno di contraffattori fichtiani spretati e mascherati da antroposofi! Ci sono i dizionari, coi quali si può costruire tutto quello che si vuole dentro o fuori di noi. Con le istruzioni, tedesche o italiane che siano, si può costruire o no una Volkswagen, avendone le varie parti? Io dico di sì. Del resto più volte Archiati (in vari altri mp3) non fa proprio questo esempio di costruzione dell’auto di suo fratello col solo aiuto del libretto delle istruzioni? 

 

Ed è questo che io mi propongo di fare con voi. E questo tipo di spiegazione per me è un esercizio di pensiero, perché è il testo fondamentale sul pensiero. È fatto per diventare sempre migliori nel pensare. Se poi voi mi chiedete: mah, questo non è per, non lo diciamo per esaltare gli uni o umiliare gli altri, vedremo che il pensiero è un esercizio dall’inizio alla fine di pulizia oggettiva, e il pensiero o è oggettivo o non è pensiero,

 

Nota: questa affermazione è davvero di una stupidità immane!

 

è farragine del sentimento magari, no?

 

Nota: No! 

 

Allora oggettivamente parlando dobbiamo dire che il linguaggio tedesco, la lingua tedesca è, diciamo, tutti i linguaggi, in tutte le lingue dell’umanità moderna, quella che più, in un certo senso, diciamo, meglio di tutte, si fa da ricettacolo dei misteri, ed anche dei cammini del pensiero.

 

Nota: Ma quando mai? Perché mai nel terzo millennio uno arriva a dire simile cazzate e tutti tacciono? Semplicemente perché sono tutti impazziti come una maionese tedesca.

 

L’ho sempre detto. Dove si tratta dei fenomeni dell’anima, del vissuto dell’anima, l’italiano è più ricco del tedesco

 

Nota: fine del secondo mp3. 

 

Quindi non è a caso, non è a caso che questo testo, diciamo, fondamentale del pensiero, è stato scritto in tedesco…

 

Nota finale: Quindi secondo questa affermazione lo scrittore della filosofia della libertà l’avrebbe scritta in tedesco non perché la sua madre lingua era il ma perché scriverla in italiano non avrebbe reso l’essenziale, dato che l’italiano è troppo animico? No. La realtà è un’altra. Steiner scrive in tedesco perché la sua lingua madre è il tedesco. Non vi è un altro motivo. 

 

Oltretutto, la maggior parte delle esternazioni di Archiati sono massimamente emotive, o per usare il suo linguaggio “animiche”, e sono simili a quelle di un nevrotico. 

Basta ascoltare i suoi mp3 per accorgersene. 

 

Archiati, prima di pensare a correggere Steiner (cfr. “Ingannosofia ovvero la filosofia che fraintende se stessa”) dovrebbe cercare di auto-educare se stesso e, prima di pretendere di rendere il tedesco indispensabile per la comprensione della filosofia, dovrebbe almeno accorgersi di due cose: 1°) che quella di Steiner, più che una filosofia, è il risultato di osservazioni dell'attività interiore umana, è sostanzialmente esperienza, esperienza del concetto, quella che manca sia a lui che a Fichte; e 2°) che Steiner in merito alla indispensabilità dell'elemento tedesco, la pensava in modo abbastanza diverso, dato che il tedesco se non si auto-educa comporta in sé il mentire, la menzogna, la parvenza. 

 

E proprio a questo proposito, concludo con dichiarazioni di Steiner: «[…] L’elemento tedesco non possiede un’attitudine istintiva allo sviluppo dell’anima cosciente; ha solo la disposizione per educarsi all’anima cosciente […] deve essere educato a farlo […]  può conquistarla solo a mezzo dell’educazione» (R. Steiner, “Esigenze sociali dei tempi nuovi”, 6ª conf. di Dornach dell’8/12/1918). 

 

Assolvono a tale compito “solo coloro che hanno attuato la loro autoeducazione. La gente meramente istintiva non resta toccata dal muoversi dell’anima cosciente; resta per così dire distaccata”. […] i tedeschi [...] hanno foggiato la natura intellettualizzante […]. Delle tre cose caratterizzate nella favola di Goethe: la potenza, la sembianza, la conoscenza, al tedesco è toccato il compito, nell’epoca dell’intellettualità, di foggiare la sembianza dell’intellettualità […]. Il tedesco mente non solo quando è cortese […] può mentire anche quando vuol applicare le sue migliori inclinazioni in un campo per il quale non ha attitudini innate, per il quale le attitudini possono essere educate con sforzo individuale […]. La popolazione di lingua tedesca viene portata dalla sua politica a quanto in realtà non è disposta; quando si affida agli istinti può quindi venir portata facilmente in una situazione poco chiara, insincera; non si troverà invece mai in situazioni oscure, se i suoi rappresentanti, che si sforzano di pervenire all’intellettualità, si sottoporranno ad adeguata autodisciplina […]. La politica tedesca diventerà idealismo sognante che non avrà molto a che fare con la realtà; avrà a che fare con tutto ciò che è falso, con ogni teorizzazione - e qui non si intende moralmente - perché ogni teorizzazione è falsa» (ibid.).