Inciampi sulla via della triarticolazione

 

Presentazione di Nereo Villa - Queste analisi di Steiner sulle condizioni psicologiche dei lavoratori e degli agitatori politici allindomani della prima guerra mondiale fanno emergere i motivi che fecero - e fanno ancora oggi (terzo millennio) - propendere la maggior parte delle persone a ritenere impossibile una nuova configurazione della vita economica in cui i lavoratori vi operino NON secondo rapporti politico-giuridici (cfr. §3), vale a dire secondo rapporti burocraticamente impostati secondo logica formale, BENSÌ secondo concreta immaginazione logica di risoluzione dei problemi che sorgano nell’attiva impresa economica. Questo “inciampo” sulla via della triarticolazione è ancora presente, soprattutto in chi oggi ci governa per esempio attraverso la misura giuridica di come debbano essere i cetrioli, o le banane, o le pizze, ecc., affinché queste merci possano essere immesse nel mercato col timbro “CEE”. Addirittura, con l’amministrazione politico-giuridica dell’economia, siamo arrivati al punto che i fallimenti della vecchia URSS si stanno reincarnando in quelli dell’UE, distruggendo e saccheggiando tutto. Basti pensare - a fronte della fame nel mondo - all’indennizzo concesso dalla Comunità europea per la distruzione degli agrumi in eccesso, indennizzo poi intascato regolarmente da Cosa Nostra (G. Falcone, Cose di Cosa Nostra, Ed. Rizzoli, Milano, p. 144). Ciò dunque continua - e “fatalmente” continuerà - a preparare terreni di rivolta, di terrorismo e di guerre su tutto il pianeta, finché non ci si accorgerà di ciò che è talmente grande da risultare invisibile (come può essere invisibile l’elefante per il pidocchio che vi salta sopra): la triarticolazione dei tre principali poteri dell’organismo sociale mondiale.

 

Rudolf Steiner

“Inciampi sulla via della triarticolazione”

(“I punti essenziali della questione sociale”,

Ed. Antroposofica, Milano 1980, cap. 8° de

“In margine alla triarticolazione dell’organismo sociale”, p. 157)

Traduzione Schwarz-Bavastro a cura di Nereo Villa

Ogni capoverso (§) è qui numerato in base alla 4ª ed. italiana del 1980

 

1. Certe idee orientate alle realtà da cui scaturirono le agitate rivendicazioni dell’uomo d'oggi, e pure all'armonia con le condizioni in cui si potrebbe convivere spiritualmente, politicamente ed economicamente, sono oggi schiacciate da altre idee, aliene dalla vita reale in entrambi questi orientamenti. Gli uomini che aspirano a condizioni vitali diverse da quelle ad oggi vigenti, o che ne sono in realtà già stati avulsi dai fatti mondiali, sono rimasti talmente lontani dalle dinamiche che fecero storicamente emergere le suddette condizioni, che manca loro del tutto la capacità di comprenderne l’azione e l’importanza. Da uno stato ottuso di coscienza le masse proletarie richiedono, sì, il mutamento delle condizioni di vita in cui si vedono poste, e in cui vedono un effetto della vita economica moderna retta da forze capitalistiche ma per il genere della loro partecipazione alla vita economica, non sono state ancora avviate al modo di operare di quelle forze; quindi non sanno arrivare a idee feconde su come quel modo operativo possa modificarsi. Gli intellettuali, capi e agitatori, delle masse proletarie sono a loro volta illusi da idee teoretiche ed utopistiche, derivanti da una scienza sociale ancora orientata da concezioni economiche urgentemente bisognose di trasformazione. Questi agitatori non si rendono minimamente conto del fatto che, in campo politico, economico e di vita spirituale, la pensano come i “pensatori borghesi” che avversano, e sostanzialmente mirano solo a far realizzare le idee finora dominanti da altre persone messe al posto di quelle che le realizzavano prima. Ma non nasce nulla di veramente nuovo solo se il vecchio è fatto da altri uomini in un modo un po’ diverso da prima.

 

2. Fa parte delle “idee antiche” quella di voler dominare la vita economica mediante il potere politico-giuridico. È un’“idea antica” perché ha messo gran parte di umanità in una condizione la cui insostenibilità è stata effettivamente dimostrata dalla catastrofe della guerra mondiale. L’idea nuova che deve sostituire quella vecchia è la liberazione dell’amministrazione economica da ogni potere politico-giuridico, vale a dire la direzione dell’economia secondo direttive risultanti solo dalle fonti dell’economia stessa e dai suoi interessi.

 

3. “Non si può pensare ad una configurazione della vita economica in cui gli uomini che vi lavorano non la svolgano in rapporti politico-giuridici!”. Cosi obietta certa gente, credendo che il sostenitore della triarticolazione dell’organismo sociale non veda una cosa così ovvia. In realtà però, chi solleva quest’obiezione, non intende soppesare tutta la portata che avrebbe per l’intera vita economica, se le vedute e le istituzioni politico-giuridiche che vi regnano non fossero regolate in grembo all’economia stessa, secondo i suoi interessi, ma da una direzione situata fuori di essa, che si determinasse unicamente da punti di vista propri alla sfera di giudizio di ogni essere umano maggiorenne. Per quale ragione anche tanti uomini di pensiero socialista non vogliono riconoscere questo fatto? Perché, partecipando alla vita politica, costoro si sono, sì, formate rappresentazioni sul modo in cui si dirigono le cose in merito a politica e diritto, ma non sulla natura essenziale delle forze operanti nella vita economica. Perciò possono, sì, pensare un regime economico la cui direzione proceda secondo principi amministrativi politico-giuridici, non possono pensarne un altro che si ordini secondo premesse e necessità sue proprie, e in cui intervengano regolamenti giuridici provenienti da altra parte. La massima parte dei capi e degli agitatori del proletariato si trova nella situazione così caratterizzata. Se la massa del proletariato, per i fatti sopra citati, non ha comprensione sufficiente per una possibile trasformazione della vita economica, i suoi capi non si trovano in miglior condizione. E se ne allontanano, perché non riescono a disincagliare il loro pensare dalla sfera della vita politica.

 

4. Una conseguenza di come il pensiero sia incagliato nell’elemento politico unilaterale, si ha nel modo in cui da diverse parti si vuol dar vita all’istituzione dei consigli d’industria. Al momento attuale, un’istituzione del genere dovrebbe farsi nel senso del “nuovo pensiero” citato, altrimenti sarà tutto lavoro sprecato. Il “nuovo pensiero” richiede che detti consigli d’industria siano una prima istituzione di cui lo Stato non abbia ad occuparsi, e che proceda da un puro pensare economico da parte delle persone attive nella vita economica. Si affidi all’istituzione, sorta in tal modo, il compito di promuovere le associazioni, dalla cui cooperazione sociale nell’economia dovrà compiersi d’ora innanzi ciò che prima era creato dalla concorrenza egoistica di singoli. Importante è la libera consociazione delle singole branche della produzione e del consumo, non la sua amministrazione da parte di uffici centrali secondo prospettive politiche. Si tratta di promuovere l’iniziativa economica degli uomini che lavorano, non già di tutelarla attraverso la burocrazia. È indifferente che mediante una legge di Stato, fatta secondo prospettive politiche, si sovrapponga un’amministrazione alla vita economica, o che si escogiti per l’economia un “sistema di consigli” retto da uomini che sappiano pensare unicamente secondo una prospettiva politica, e quindi organizzare tutto di conseguenza. Può darsi persino che, tra questi, vi sia chi teoreticamente richieda una certa autonomia della vita economica; in pratica da queste richieste potrà risultare solamente un sistema economico strozzato dentro un sistema politico, poiché è architettato secondo un pensare politico. In merito a una istituzione del genere, si penserà in modo corrispondente alle attuali condizioni di vita dell’umanità solo quando ci si sarà formata una rappresentazione adeguata di come, accanto al sistema economico, debbano praticamente svilupparsi l’organo statale-giuridico e l’organo spirituale dell’organismo sociale. Potremo infatti farci un’immagine della vita economica indipendente solo se vedremo giustamente collocato al suo posto, nella struttura complessiva dell’organismo sociale, ciò che non deve esistere nell’ambito della vita economica. Se non si vede il posto giusto per lo sviluppo della vita spirituale e della vita giuridica, si sarà sempre tentati di fonderle e confonderle insieme, in qualche modo, con la vita economica.