In piccolo lo specchio della nostra Italia

(Nereo Villa, Quotidiano Libertà, Lettera al Direttore del 17/10/2013)

 

La risposta del sindaco di Castell’Arquato, al quale ho chiesto spiegazioni in merito all’abbattimento del pezzo dello storico muretto di via della Riva per consentire l’accesso alle auto (vedi la mia lettera al Direttore di Libertà di lunedì 7 c. m.), è la seguente: “L’edilizia odierna non compete più ai sindaci ma ai responsabili dell’ufficio tecnico, e solo come mera applicazione di norme del regolamento che di fatto rende legali tutti gli interventi su aree private che in quanto tali sono libere da vincoli della sovrintendenza dei beni architettonici, vincolata anch’essa comunque al Ministero dei Beni Culturali”.

 

Partendo dal presupposto che le cose stiano così, la situazione è dunque questa: sindaco, ufficio tecnico e sovrintendenza hanno solo il potere di intervenire su ciò che è illegale.

 

Mi pare allora che queste siano tre funzioni bloccate o annullate dall’ignoranza di Stato circa la differenza fra legittimità e legalità, tanto crassa e arrogante quanto potenzialmente mafiosa, dato che il legislatore si arroga il diritto di imporre leggi che impediscono la responsabilità amministrativa dell’edilizia appartenente ai nativi. La mera interpretazione formale della norma di legge però dimostra che ognuno può intervenire come vuole nella struttura del paese a seconda del suo portafoglio, come nel nostro caso: il privato agisce, sì, in modo “rigorosamente legale” in merito all’area che gli appartiene, avendola egli pagata, ma di fatto distrugge legalmente ma illegittimamente un pezzo di storia… Quel muretto abbattuto appartiene o no anche alla storia del paese, dato che fu costruito (e bene) da Nereo Villa, mio nonno?

 

Ma più che il lato affettivo della questione - e la “carta” è sempre senza cuore - ciò che più conta in questo misfatto è che l’intromissione della legge monopolizza di fatto gli atti esecutivi riguardanti l’edilizia. I soldi sono come le rivoltelle e i più abbienti come dei cow boys del far west. Questa insomma è la legge dei pistoleri: vince chi è più armato, perché ha dalla sua il diritto come forza di legalità, anche se illegittimo. Ciò che avviene in piccolo a Castell’Arquato - e questo è il vero scempio - avviene in grande nella nostra nazione, a discapito dei nativi, oramai schiavizzati perfino culturalmente.

 

Perché chi è in grado oggi di chiarire e distinguere bene il concetto di legalità da quello di legittimità? Quasi nessuno. Quindi vorrei dire, anzi ripetere (repetita iuvant!), che non perché qualcosa è imposto legalmente o democraticamente è legittimo: le leggi razziali nazi-fasciste erano illegittime, anche se legali. Oggi più che mai occorrerebbe riflettere sulla differenza fra legalità e legittimità. Se gli odierni “osservanti” della legalità rinunciano alla loro moralità personale, barattano la responsabilità per l’ubbidienza. Dovremmo allora chiederci cosa accadde nella Germania nazista.

 

Fino a che punto si può essere nazisti o “osservanti” della legalità? Cosa traccia la linea di demarcazione fra equo ed iniquo: la legalità? L’eclisse della ragione? No. È l’uomo soggiogato che esprime obbedienza a regole ingiuste e che, per affermare il diritto, permette in realtà la svendita e l’abbruttimento del paese. Credo che piegarsi passivamente all’autorità o accettare senza discutere leggi che appaiono contrarie alla giustizia e alla sopravvivenza, non è indice di forza, né di moralità.

 

Le leggi non sono l’ultima verità, infatti molte leggi inique furono cambiate in seguito a proteste. Se non si tiene conto della protesta pacifica e del rifiuto della legge se iniqua, non si può che prevedere il prevalere progressivo di episodi di violenza. Aggiungo per gli studiosi di diritto che due sono i tipi di diritto: quello emanato da un dato ordinamento giuridico dello Stato (detto “diritto positivo”) e quello antecedente la nascita stessa dello Stato perché poggiante su principi e valori universali antecedenti tale ordinamento (detto “diritto naturale”). Quando questi principi di legittimità coincidono col principio di legalità, così che le leggi ubbidiscano a principi e a valori universali di rispetto dei diritti e della dignità dell’uomo, propri del diritto naturale, abbiamo le democrazie liberali. Invece nei regimi totalitari conta solo il principio di legalità, che prevale - ecco l’arroganza - su quello di legittimità. Poi andrebbe considerata anche un’altra ignoranza che riguarda il soldo come cultura economica. Qui però occorre seguire l’accento della parola economia più che la parola.

 

E l’accento cade sulla sua “i” di “nomìa” perché proviene dal greco “nomòs”, che significa regione di pascolo, luogo di pascolo, o pecunia come gregge di pecore pascolanti in un luogo. Invece nelle università si predica che provenga da “nòmos”, che significa legge. Ma se provenisse da “nòmos”, l’economia dovrebbe avere un altro accento come nel linguaggio comicamente fasullo di Ollio e Stanlio: “econòmia”. L’economia è in crisi proprio perché è comicamente fasulla fin dall’inizio, e lo è in quanto la legge entra nell’economia per costringerla, anziché per garantirla. Così si ammala e muore. Ciò che non muore è la divisione del lavoro, che è un bene che non si ammala, e non si ammala perché è un bene che non viene dalla legge ma dalla logica dell’io. Non è logico infatti che il muratore per costruire una casa debba farsi i mattoni, o che un trombettista per suonare debba costruirsi la tromba. Allo stesso modo non è logico agire senza testa. E la testa è un capo che genera capitale, non qualcosa da ghigliottinare con la legalità perché colpevole di avere prodotto capitale. Questo è economicismo, cioè l’economia fasulla e comicissima che si studia come economia politica o politica economica. Il marcio parte dall’accento giusto mancante nella cultura.

 

Ecco perché in nome dell’economia fasulla legalizzata, muore il legittimo e di conseguenza ogni dignità. Ma allora tutto muore, perché muore l’essenza dell’economia che è quella fratellanza umana, che va oltre il sangue, il buonismo e la legalità.