Il trenino di Michelson

Nella scienza fisica, il confronto del treno con la luce

(Albert Abraham Michelson) è del tutto errato (Karl Stockmeyer)

 

 

Trascrizione del video. Il trenino di Michelson e le sue conseguenze stimolano nell’uomo SANO l’esigenza di antroposofia, cioè di IDEALISMO OGGETTIVO, perché con l’astratta logica dell’antropos o antropologia, oltretutto degenerata, abbiamo toppato.

Siamo diventati mezze calze, intellettuali della mutua, scienziati della mutua, insoddisfatti della mutua e miserabili della mutua.

Chi sono le mezze calze? Sono i sedicenti scienziati convinti di essere scimmioni. Sono coloro che fanno analisi e vi si perdono senza mai raggiungere una sintesi o, al contrario, coloro che fanno solo sintesi senza una minima analisi o un minimo giudizio critico. In definitiva abbiamo accettato - senza neanche accorgercene - che l’astratto, cioè il logismo o l’intellettualismo, dominasse il concreto.

Il concreto è il mondo della terra in cui si può seminare e poi raccogliere i frutti della semina… Il concreto ha bisogno di sapere, di sapere concreto: come si deve seminare, come si fa il raccolto, come si fa la distribuzione del raccolto, come si fanno sapientemente i prezzi, e così via.

Il mondo concreto ha bisogno di SOFIA, cioè di sapienza.

Un esempio per tutti è l’economia. Oggi l’economia è mondialmente uccisa perché è politica, economia di Stato, economia politica, fatta di astrazioni e di giochi in borsa, i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti: gli Stati danno soldi alle banche affinché le banche li giochino in borsa rapinando la gente. Dov’è la logica? Se vedete un video sulle dinamiche truffaldine degli Stati per rimpinguare le banche, vedete nei dettagli come l’economia politica sia fatta di meri pensieri astratti. Però il discorso finisce lì. Occorre invece partire da lì per mostrare che l’economia politica può funzionare solo se muore. Se non morirà, continuerà a morire la politica da un lato e l’economia mondiale dall’altro. Perché l’idea di economia politica è fatta di due concetti antitetici. È un’idea spuria: c’è il concetto di economia e il concetto di politica, i quali rispondono a due logiche essenzialmente diverse. L’ho detto moltissime volte: l’economia non c’entra con le leggi. L’ho spiegato nell’etimologia di “economia” (etimologia-di-economia.htm): “nomòs” di economia in greco non significa “legge”; significa “pascolo”. “Legge” si dice “nòmos”, non “nomòs”. Dal pascolo delle pecore viene la pecunia, in latino “pecus”, non dalla legge. La legge quando viene? La legge viene se tu mi vendi una pecora malata o marcia allora io chiamo i carabinieri o il giudice, cioè lo Stato a fare giustizia. Quindi la legge è un servizio per la mia difesa.

È il socio dell’organismo sociale a tirare in ballo lo Stato, non lo Stato a imporre come si deve pascolare. Il sabato è per l’uomo (http://sabatoxuomo.altervista.org), non l’uomo per il sabato. Ci vuole molto a capirlo? Evidentemente ci vuole molto. Ma solo perché siete dei deficienti di pensare (pensare concreto). Perché solo la sapienza concreta, solo il pensare concreto può essere il rimedio.

“Ma come è possibile?”, dice la mezza calza, “Come fa il pensare ad essere concreto se non si vede? Concreto significa corporeo, tangibile, consistente, solido, positivo, ecc., tutte caratteristiche che il pensare non ha. Chi ha mai visto un’idea? Chi ha mai visto un concetto? Il pensare dunque è sempre astratto; non concreto”.

Certamente il pensare è anche astrazione. Però è un pregiudizio delle mezze calze credere che sia sempre SOLO astratto. È il pregiudizio dell’economia politica, dell’economia di Stato, appunto. Dal 1935 l’economia di Stato, l’economia politica - poi dirò perché è il ’35 –assolutizza, per es., l’eccezione: l’eccezionalità di un accelerare in curva per non uscire di strada, simboleggiando di stampare tranquillamente soldi, cioè di premere tranquillamente l’“acceleratore della stampa del denaro”, generando inflazione e indebitando tutti. Poi nel dopoguerra, l’esempio di quell’espediente automobilistico sembrava calzare, ma non ci si rendeva minimamente conto e nemmeno oggi ci si rende conto che quando un’eccezione è assolutizzata (come quella dell’accelerare in curva), non è più un’eccezione ma è la norma. È normale, diventa una regola fissa, un dogma. Come se fosse normale accelerare SEMPRE in curva. Ma in realtà se trovi una curva rallenti, non acceleri. Perché se acceleri non sei uno scimmione intelligente. Sei uno scimmione NON intelligente. E quindi lo scimmione intelligente che credi di essere è in verità un imbecille. SEI UN IMBECILLE.

Oggi l’imbecille è scambiato per genio.

La famosa “genialità” di John Maynard Keynes (1883-1946), creduto il padre dell’economia politica, nel suo libro “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta” (pubblicato nel 1935, ecco l’anno di cui parlavo prima) presentò l’economia come dominata da “spiriti animali” e la cooperazione umana come istinto animalesco: “gli uomini si aggregano come scimpanzé o macachi” diceva! Dunque abbiamo qui una “genialità”, riducibile in definitiva all’applicazione di quell’espediente automobilistico (o meccanicistico) di accelerare in curva, applicato al campo economico.

Ripeto perché è importante: se imbocchi un curva a velocità eccessiva, rischiando quindi di andare fuori strada, non devi frenare (perché ti viene naturale ma non devi farlo; devi casomai accelerare ulteriormente). Solo così si può sperare di rientrare in carreggiata. Certamente questo è vero. Ognuno prima o poi lo sperimenta. Quando però si propone questo per legge mediante economia politica o politica economica, quel rischio diventa la regola. Dunque si legifera un’idiozia.

Infatti all’inizio di questa idiozia legale, il rapporto fra il cosiddetto debito pubblico, che è una truffa, ed il cosiddetto PIL, che è il pilastro di questa stessa truffa, era in Inghilterra del 20%. Oggi in Italia ammonta (alla fine del 2015 - non ho trovato quello del 2016 perché qui andiamo sempre avanti di un anno: non si dice mai quello che succede nel presente - quindi, cercando in Internet, ho trovato solo quello del 2015; alla fine del 2015 era) a quota 132,7%. Ora diranno che tutto va bene se si abbasserà a 132, 6 o a 132,5. Ma rendetevi conto che è una grande cifra. Ed è destinato a salire in modo esponenziale proprio perché se si imbocca una curva che regge i 50 km orari, e la si imbocca ai 70, certamente si può e si deve accelerare (per uscire dalla curva). Se però ci si arriva come dei deficienti pieni di cocaina andando ai 150 o ai 180, resta solo da farsi il segno della croce.

E questa regola fissa dell’idiozia dura ormai quasi da un secolo, dunque non è per nulla un’eccezione ma è divenuta, appunto un dogma, anzi IL DOGMA, che ha portato e continua a portare tutti “NORMALMENTE” fuori strada, proprio perché tale accelerazione è un non senso. NON SI PUÒ SPENDERE SE NON SI ha la pecunia, o il pascolo che permette di avere pecunia.

Così oggi è l’Italia: menomata dallo Stato che vorrebbe salvarla attraverso continui finanziamenti alle banche emittenti alle quali ha concesso a suo tempo il monopolio di stampare denaro dal nulla! Dunque lo Stato è come il boss, il mandante; la banca è il killer. Fra i due, cioè fra il gatto e la volpe, c’è Pinocchio che semina soldi nel campo dei miracoli. E ogni volta che metti soldi in banca sei come Pinocchio.

Quando è ora di frenare e non freni, sbatti contro qualcosa. E quella cosa fa male anche se te la sei rappresentata astratta.

Chi ha mai visto una rappresentazione?

Al cinema!

La cinematica può essere confusa con la meccanica solo come astrazione. “Ma cosa c’entra il cinema con la cinematica?” chiede la mezza calza.

Ora bisogna spiegare questo alle scimmie.

La cinematica è la descrizione del movimento esclusivamente in termini di misura, non in termini collegati alla VITA del moto. Il cinema è la proiezione di quel movimento in termini di misura, attraverso fotogrammi presentati secondo velocità di sequenza, che danno l’impressione del moto.

Ma l’impressione del moto è il moto?

L’impressione del movimento non è il movimento. E allora cos’è? È l’illusione: l’illusione che lì sullo schermo ci sia del movimento. Questa è appunto la magia del cinema. Chi però crede che lo schermo del cinema sia come lo schermo del nostro essere al mondo è un credulone o un logista (il logismo è la degenerazione della logica), o un sognatore, cioè un uomo ingenuo che semplicemente crede che la vita sia come un film. In lui, sì, che c’è il soggettivismo del rappresentarsi le cose.

La forma soggettiva del rappresentarsi le cose è la forma in cui per l’atto conoscitivo sorge l’immagine del mondo. Tutto questo però avviene PRIMA che l’elaborazione scientifica di quella forma rappresentata sia trasformata in concetti e idee. La trasformazione delle nostre rappresentazioni in concetti e idee è necessaria. È necessaria per intendersi. Quando io dico “albero” non intendo l’albero che ho davanti a casa mia, che è la mia rappresentazione dell’albero, ma intendo il concetto di albero. Con questo concetto io posso parlare con te: “Ho visto un albero”, e tu capisci quello che ho visto. Quindi la trasformazione delle rappresentazioni è la necessaria transizione della forma SOGGETTIVA del rappresentarsi le cose, che nel processo conoscitivo è appunto superata nel concetto o nell’idea (l’idea è un insieme di concetti).

La scienza, la scienza vera, conduce a idee e a concetti sempre più perfetti, che sono il necessario superamento dell’illusione o della rappresentazione.

Ma come la mettiamo se il genio della scienza fa esperimenti solo mentali fatti di mere rappresentazioni e per di più fantasiose o erronee?

Prendiamo le rappresentazioni che hanno condotto alla teoria della relatività e osserviamole secondo logica di realtà. Ora, il il fenomeno luce, se lo si vuole vedere in modo concreto, comprende una FONTE DI LUCE, l’OSCURITÀ ILLUMINATA, e lo SPAZIO DI LUCE.

Domanda: com’è che se la luce di un medesimo sole colpisce due corpi celesti, di cui uno si muove verso il sole mentre l’altro se ne allontana, si riscontra tuttavia uguale la velocità della luce in arrivo su ambedue i corpi? Questo fatto, che in effetti si può dedurre dagli esperimenti di Michelson, fu rappresentato e formulato nel senso che DUE OSSERVATORI che si muovono in modo diverso relativamente alla fonte di luce riscontrano uguale la velocità della luce. Ma questa rappresentazione è già un errore. È una interpretazione alterata per mezzo della quale si nasconde la cosa più importante. Se infatti si parla di DUE OSSERVATORI, si tratta del fatto che il medesimo fenomeno-luce è osservato DUE VOLTE E IN CONDIZIONI DIVERSE - che però non avrebbero nulla a che fare con la luce. Infatti è ovvio che non c’entra con l’essenza della luce ciò che fa colui che la osserva.

Ci si trova posti davanti a una contraddizione insolubile: come può avvenire che ambedue gli osservatori, di cui uno va incontro alla luce e l’altro l’accompagna, trovino uguale la “velocità” della medesima quantità di luce? Logicamente a questi osservatori dovrebbero risultare velocità diverse.

E allora come la mettiamo? Si trova allora scampo nelle cosiddette “Trasformazioni di Lorentz”, che rovesciano il pensare, perché frantumano il tempo.

Facendo ciò, NON SI OSSERVA però CHE SI SONO POSTE DELLE PREMESSE CHE anche qui NON CORRISPONDONO alla realtà: si parte cioè dalla rappresentazione che i due osservatori misurano la velocità della luce come si misura la velocità di un treno.

Questo misurare si può fare senz’altro facendo passare davanti a sé il treno stando ad osservare da parte, cioè da un lato (perché se no il treno ti investirebbe), e rilevando il tempo che impiega un singolo vagone, la cui lunghezza sia nota, a superare un determinato segno. Certamente si può usare anche il medesimo metodo se chi osserva sta in un vagone in movimento e riferisce il passaggio del vagone a un segno sulla vettura su cui si trova. Allora certamente determinerà, appunto, la velocità relativa del treno in rapporto alla sua carrozza.

NON SI PUÒ PERÒ FARE LA STESSA COSA SOSTITUENDO LA LUCE AL TRENO. Prima ci siamo posti lateralmente al treno per rilevarne la velocità (perché se no il treno ti investe). Però con la luce non si può fare questo. Non si può stare lateralmente alla luce, considerare un’unica vibrazione, e osservare quanto tempo la luce impiega a passare davanti al segno che abbiamo fatto. C’è forse qualcuno in grado di mettersi lateralmente alla luce? Io mi posso, anzi, io DEVO mettermi da un lato rispetto al treno, se no - ripeto - il treno mi investe. Ma come posso rappresentarmi di mettermi da parte rispetto alla luce? Non posso quindi, stando lateralmente alla luce, considerare un’unica vibrazione e osservare quanto tempo impiega a passare davanti al segno che ho fatto.

Perciò non lo possono fare nemmeno DUE osservatori che abbiano DUE diverse velocità. In realtà si può misurare la “velocità” della luce (ma questa è un’ipotesi assurda; si potrebbe “misurare” la velocità della luce) soltanto facendola “arrivare” in qualche modo su una superficie, bloccandola come luce, cioè impedendole ovviamente di essere luce col bloccare il suo “proseguimento”. A questo punto un osservatore potrebbe poi dedurre la velocità da certe circostanze. Però se un altro osservatore volesse fare la stessa cosa in un altro punto del medesimo tragitto percorso dalla luce, il primo non lo potrebbe più fare nello stesso istante, perché il secondo gli toglierebbe la luce con le predisposizioni per il suo esperimento. Se però il secondo lasciasse passare un po’ di luce attraverso le sue predisposizioni per l’esperimento, i due sperimentatori avrebbero DUE diversi quantitativi di luce, mentre ambedue avrebbero dovuto esaminare la MEDESIMA luce!

IL CONFRONTO COL TRENO È quindi DEL TUTTO ERRATO.

Oltretutto, i due termini del confronto non sono nemmeno paragonabili secondo logica di realtà, dato che non sono paritetici.

In base alla concreta triade comprendente FONTE DI LUCE, OSCURITÀ ILLUMINATA (o illuminabile), e SPAZIO DI LUCE, l’oggetto-treno, a differenza dell’oggetto-luce, rientra nell’idea di OSCURITÀ ILLUMINABILE. Invece l’oggetto-luce, in quanto OSCURITÀ ILLUMINABILE, sarebbe l’esatto contrario di se stesso. Infatti ciò che è illuminato non può essere simultaneamente ciò che illumina.

Il confronto non è dunque possibile, o è possibile solo per un pensare astrattizzato o fantasmagorico, simile a quello che per esempio volesse mettere insieme delle pere con degli occhiali in quanto merci.

Perciò secondo logica di realtà non c’è nulla nel fenomeno della luce che obblighi a impostare le cosiddette trasformazioni di Lorentz.

La luce risulta dunque essere IMMATERIALE PRESENZA COSMICA, e quindi NON MOVIMENTO. La luce è. È dappertutto. Nella sua “velocità” (velocità fra virgolette) si adegua NON alla fonte di luce… Si adegua al corpo che la intercetta. Questo ragionamento è sensato nella misura in cui si è disposti a considerare il fenomeno-luce nel contesto della TRIADE sopra citata. À un contesto completamente REALE della TRI-UNITÀ LUCE.

Per studiarvelo potete andare nel mio blog “Basta monopolio” (http://bastamonopolio.over-blog.com/). Cercate tre fisici, che dicono la stessa cosa, partendo da punti di vista differenti. Il primo è Karl Stockmeyer, il secondo è Silvano Borruso, ed il terzo è Vasco Ronchi.

Dunque il fenomeno-luce, se lo si vuole vedere in modo concreto e non astratto, è TRI-UNITO, come tutta la realtà, sensibile e sovrasensibile, è tri-unita.