Il terreno della triarticolazione

 

Presentazione di Nereo Villa - Il terreno della triarticolazione di cui parla Steiner in questo articolo fu espresso a suo tempo anche dagli evangelisti a proposito del vino nuovo da non mettere in otri vecchi se non si vuole vederli esplodere, disperdendone il vino (Luca 5,37-38; Matteo 9,17; Marco 2,22).

 

Rudolf Steiner

“Il terreno della triarticolazione”

(“I punti essenziali della questione sociale”,

Ed. Antroposofica, Milano 1980, cap. 17° de

“In margine alla triarticolazione dell’organismo sociale”, p. 193)

Traduzione Schwarz-Bavastro a cura di Nereo Villa

Ogni capoverso (§) è qui numerato in base alla 4ª ed. italiana del 1980

 

1. L’essenziale nella triarticolazione è che con quest’ idea si considerino le condizioni sociali senza prevenzioni di classe e di partito dal punto di vista della domanda: “Cosa va fatto oggi in senso evolutivo per arrivare ad una struttura degli organismi sociali che offra possibilità di vita?”. Chi lotta seriamente e onestamente per trovare una risposta a questa domanda non può trascurare il fatto che oggi la vita economica e la vita politico-giuridica sono cadute in un reciproco contrasto distruttore. L’odierna divisione dell’umanità nelle classi in cui viviamo proviene da cause economiche. In grembo all’evoluzione economica, e per sua causa, uno diventa proletario, l’altro imprenditore, un terzo un uomo attivo nella sfera della cultura spirituale. Uomini di pensiero socialistico non si stancano di porre questo fatto sul primo piano delle loro rivendicazioni, per farle poi apparire in tale sfondo come qualcosa di ovvio. Non pensano però che ciò che più conta è vedere per quale motivo la vita economica abbia potuto agire con tanta preponderanza sulla divisione in classi dell’umanità. Non si vede che tale divisione avvenne in quanto all’azione economica non si fece fronte con alcuna azione politico-giuridica adeguatamente contrapposta. Dal giro economico l’uomo venne messo su un terreno che lo isolava, e si trovò a dover meramente sopravvivere nelle condizioni offertegli dalla situazione economica. Cosi un uomo non comprese più l’altro. Non poteva più intendersi con lui, e tutt’al più poteva sperare di batterlo e di sopraffarlo con l’aiuto di chi si trovava nelle sue stesse condizioni. Dalle profondità dell’evoluzione umana, non era sorta una vita politico-giuridica capace di riunire i gruppi umani isolati. Non si vide che continuare a pensare secondo gli antichi impulsi politico-giuridici contrastava con le nuove forze economiche [il grassetto è mio - ndc].

 

2. Ma non si può lavorare nell’economia nel modo richiesto dalle condizioni invalse negli ultimi due secoli, se si lasciano cadere gli uomini in condizioni sociali corrispondenti a un pensiero politico-giuridico inerente ad epoche precedenti. Né si può sperare che la divisione in classi, sorta senza nuove aspirazioni politiche, possa essere il punto di partenza di una riforma dell’organismo sociale. È naturale che le classi che si sentono oppresse non riconoscano giustificata quest’affermazione: “Già da più di mezzo secolo abbiamo nuove aspirazioni politiche!”. La dimostrazione che ciò non sia vero, nel mio libro “I punti essenziali della questione sociale” è posta a base delle ulteriori idee sulla forma adeguata di ricostruzione sociale. Karl Marx e i suoi seguaci chiamarono, sì, alla lotta gli uomini di una data classe sociale; ma diedero loro solo quei pensieri che avevano presi dalle classi che volevano combattere. Perciò anche se la lotta dovesse condurre al fine da molti auspicato, nulla di nuovo potrebbe risultarne, ma solo il vecchio, anche se guidato da uomini di una classe diversa da quella che ha retto il timone finora.

 

3. Il riconoscimento di ciò non condurrà certo all’idea della triarticolazione, ma potrà almeno prepararne la via. Finché un numero sufficiente di uomini non arriverà a capirlo si continuerà a pretendere di spremere invano dalle antiche idee politico-giuridiche impulsi che siano all’altezza delle condizioni economiche presenti. Se non ci si persuade di ciò, si rifugge dalla triarticolazione dell’organismo sociale perché essa ci appare in contrasto con ciò che ci siamo abituati a pensare.

 

4. È d’altronde comprensibile che, in un tempo così apportatore di tante sventure, gli uomini arretrino spaventati se si chiede loro di pensare secondo una forza propria, tratta dalle profondità della vita umana. Molti si sentono oppressi dalle vicende del tempo e disperano della forza di idee creative. “Attendono” finché le “condizioni” creino una situazione più favorevole. Ma le “condizioni” non creeranno mai altro, se non ciò che sarà stato immesso in esse da idee umane.

 

5. “Tuttavia”, dicono molti, “le idee migliori non possono praticamente produrre nulla se respinte dalle condizioni della vita”. L’idea della triarticolazione tiene conto appunto di questa obiezione; essa parte dalla conoscenza che né la pratica priva di idee, né l’idea se non è pratica, possono arrivare a un organismo sociale capace di vivere. Di conseguenza non presenta un programma all’uso antico. Di tali programmi ce ne sono già abbastanza per insegnarci che possono, sì, essere “buoni” o “nobili” o “pieni di spirito”, e tuttavia essere respinti dalla realtà. L’idea della triarticolazione tiene conto, nel campo economico, di realtà dell’epoca attuale date dalla natura e dalla vita umana; tiene conto della coscienza del diritto dell’umanità, quale risulta dall’evoluzione umana nel corso degli ultimi secoli, e di una vita spirituale che collochi, entro l’organismo sociale, uomini che ne comprendano le condizioni di vita, e le promuovano in modo che sia creata la possibilità d’esistere per l’organismo sociale stesso. Crede altresì di veder chiaro che, in un organismo sociale triarticolato, gli uomini possano cooperare nella vita, in modo che da questa collaborazione nasca quello non potrebbe mai nascere dall’idea astratta di un programma.

 

5. Chi non vuol vedere questa differenza di principio tra l’idea della triarticolazione e quelle dei programmi consueti, non potrà convincersi delle sue fecondità. È un’idea rispondente alla realtà, perché non vuol tiranneggiare la vita secondo un programma, ma si sforza innanzitutto di creare la

base su cui possa svolgersi poi liberamente quella vita da cui si sviluppano gli impulsi sociali. I problemi del presente e del prossimo avvenire sono tali che non possono essere proposti all’intelletto, ma devono risultare da una vita che prima occorre instaurare. L’umanità attuale ha per ora solo un presentimento dei problemi sociali. La loro vera forma apparirà solo quando la struttura dell’organismo sociale sarà costituita in modo che le tre forze vitali contenute nell’esistenza umana, possano sollevare la loro vera realtà dal livello di un sentimento istintivo a quello di un pensiero cosciente. Molte cose che si dicono oggi in proposito, di fronte a una vera conoscenza della vita, fanno un’impressione d’immaturità. Se ne trae la conclusione che gli uomini siano immaturi per configurare la loro vita secondo idee. No; gli uomini diverranno maturi per le risposte quando le domande saranno loro prospettate senza il velo degli antichi pregiudizi.

 

6. Cosi vede la situazione presente chi dall’esperienza della realtà totale si sforza di arrivare all’idea della triarticolazione. Egli vorrebbe che da questa visione delle cose movesse l’azione. Di scambi di parole ne avremo avuti abbastanza, quando dalle parole sarà stata generata l’azione.