Il segno Gemelli, il senso dell'io,

e la tribù di Simeone

 

 

 

 

Il nome SIMEONE proviene dall'intuizione (o dalla convinzione o dalla fede) di sua madre Lia che יהוה abbia "udito" il suo dolore e le abbia risposto con un figlio: «[Dopo aver concepito Ruben] concepì ancora un figlio e disse: "Il Signore ha udito che ero trascurata e mi ha donato anche questo". E lo chiamò Simeone» (Genesi 29,33). Il participio passato del verbo udire, in ebraico SHAMÀ, forma perciò il nome "Simeone".

Tanto quell'intuizione di participio passato, quanto il figlio Simeone come risposta ad essa, riguardano dunque non la materia sonora, o le onde meccaniche del suono, o l’orecchio materiale o il mero figlio materiale, ma l'IMMATERIALE intuire di quell'atavica veggenza del FIGLIO DELL'UOMO, che la veggenza o l'intuizione contemporanea riguarda come IO UMANO (Urs von Balthasar, "Sponsa verbi", Ed. Jaca Book).

Da questo punto di vista, Simeone è la PREFIGURAZIONE DEL FIGLIO COSMICO, che si manifesterà a suo tempo quando il tempo della precessione indicherà l'Ariete come punto di primavera, cioè l’Agnello Cosmico, e i Pesci come necessario punto cosmico di CHIUSURA DEL VECCHIO e di riapertura del nuovo con l'Acquario: oggi.

Il nuovo infatti porta SEMPRE con sé il numero NOVE in cui nel buio dell’utero (utero - come abbiamo visto a proposito del SAGITTARIO che col GEMELLI forma il medesimo asse cosmico - si dice TET, che come lettera ha il valore numerico 9) si prepara l’essere che deve vedere la luce. Ecco perché da questo punto di vista, che non è teologico ma logico, anche tutti gli esseri umani che vennero prima dell'avvento del Golgota o dell’Ariete-Agnello, furono prefigurazioni dell’io cristico, in cui non si può più essere fratelli nella violenza, o nella vendetta, come nei periodi precedenti.

Simeone infatti governava il cielo dei Gemelli, dei quali si dice che litigassero già nel grembo materno.

Certamente questo non lo si può più dire dell'attuale Uomo-Gemelli, dato che agguerrito era in verità tutto il genere umano PRIMA dell'avvento dell’IO SONO. Nella medesima realtà dell'OCCHIO PER OCCHIO, tipica dell'antico Uomo-Gemelli, era infatti rappresentata l'antica umanità. E oggi, se non si sta attenti, si rimane comunque ancora TUTTI, nell'"arma" o nella spada, nella misura in cui non si accoglie l'IO come entità archetipica del pensare logico di tipo intuitivo. Da questo punto di vista la spada dell'io concepita nel modo antico come si concepisce ancora oggi la "guerra santa" da parte dell'ISIS contemporanea è un anacronistica cecità generatrice della primitiva legge dell'OCCHIO PER OCCHIO. Il non superamento di questo anacronismo equivale all'incapacità di risolvere la contraddizione tra Mt 10,34 e Mt 26,52 in cui da una parte si dice: io sono venuto per portare la spada, e dall'altra: mettila via perché io devo bere, cioè nutrirmi del nuovo...

L'esatta comprensione di questa nuova veggenza non può prescindere dalla conoscenza del fatto che anticamente la percezione dell’io era connessa a speciali prove iniziatiche e a segreti misteriosofici, dato che le forze dellio incominciano a incarnarsi sei, sette secoli prima dell'anno zero e compiutamente dal momento dell'anno zero in cui il sangue del Golgota feconda il pianeta. Prima di allora, l'uomo poteva avvicinarsi all’esperienza dell'io solo iniziaticamente, e ciò è testimoniato dal fatto che l’uomo antico tendeva ad indicare se stesso esattamente come fanno gli infanti: in terza persona, per esempio si diceva: "l'anima mia esulta", anziché "io esulto".

L'Uomo-Gemelli di oggi, o tutta la cultura pratica contemporanea, a seconda della propria chiusura o apertura al Nuovo, potrà interpretare come forma poetica quell'uso antico della terza persona, cioè quell'auto-presentazione di sé: "l'anima mia loda il Signore" (in luogo di "io lodo il Signore". Ma sbaglia. Non si tratta di poesia, così come non si tratta di poesia quando l'infante indica se stesso in terza persona: "Mario vuole giocare" ("io voglio giocare"). Certo, si può vedere l'infante anche come poesia ma solo perché tutta la vita lo è. La nascita dell'io nell'uomo, sia esso singolo o collettivo, è allora poetica in quanto non viene da carne e sangue, come afferma Giovanni, ma dall'alto (Mt 16,15-17; Gv 11-13). L'infanzia dell'umanità o del collettivo non è infatti diversa dall'infanzia del singolo uomo o dell'individuo. Ecco perché nei vangeli il termine tecnico dell’iniziazione all'io è espresso dall’idea di "FIGLIO DELL'UOMO" ("Sponsa verbi", op. cit.). Infatti, dopo l'Ariete e il Toro, l'energia Gemelli corrisponde alla terza fase del processo di manifestazione cosmica, quella del FIGLIO (cfr. M. Senard, "Lo zodiaco applicato alla psicologia", Ed. ECIG, Genova, 1989). Ed è solo grazie a questa energia, la quale NON proviene da carne e sangue che si può valorizzare la realtà, perfino la realtà del ritmo, dell'aritmetica che lo contiene e della matematica che lo contempla. E l'attuale Uomo dei Gemelli tende a dare valore di realtà solo a ciò che può essere ridotto a formule matematiche. Risulta da qui la concezione del mondo del matematismo, che da' veramente valore solo alla "formula matematica". La fisica teorica contemporanea è fisica matematica e riguarda, appunto, come concezione del mondo, il matematismo.
 

È pertanto difficile ricercare nei testi antichi la testimonianza della relazione fra il "SENSO DELL'IO", il segno dei Gemelli, e Simeone, dato che l’evento dell’io è un fatto relativamente nuovo, non solo rispetto al tempo antico dell’auto-presentazione di Dio mediante le parole "Io sono l’io sono" ("Eié ascèr eiè") ricevute da Mosé, ma anche rispetto ai tempi ancora più remoti ai quali si può risalire, vale a dire al periodo paleo-indiano dei cosiddetti "FIGLI DEL SOLE", che sono i gemelli divini più antichi, vale a dire gli ASHVINS VEDICI, figli di Dyaus, o Surya, e di Saranya, sua donna. Surya, e Saranya "rappresentavano verosimilmente i due astri luminosi sole e luna, intesi come i principi positivo e ricettivo dell’Ariete e del Toro che precedono il Gemelli" (ibid.).

Foneticamente, il termine "gemelli", riguardante i primordi dell'umano, risale al concetto di "zen", che in sanscrito corrisponde a "djana", "diana", principio in cui Dyaus, o il dio Giano, o Zeus, o Giove, o Geova, o il prete Gianni, e tutti gli déi o i Deva in genere, auspicano l’incarnazione di Yhwh o di Yah, cioè dell’IO nell’essere umano.

Inoltre la consonanza fonetica della settima lettera dell'alfabeto ebraico ZAIN, detta zodiacale dei Gemelli, e quella di tutti i nomi delle divinità citate, comprova l’importanza dell’IO per il segno dei Gemelli.

Ovviamente oggi consideriamo l’Uomo-Gemelli non come una persona violenta, dato che l’uomo-Gemelli è in genere considerato un intellettuale, e tutt'al più si potrà notare in lui della violenza intellettuale, dato che quando si infuria contro qualcuno, lo attacca verbalmente.

Ma il SENSO DELL'IO di Simeone, cioè dei Gemelli è ciò che in ogni essere umano, ovviamente a seconda del suo livello evolutivo, è in grado di percepire l’io altrui, non per mera deduzione poggiante su una conclusione mediata dal pensare, ma per percezione immediata del proprio simile, corrispondente alla sua personale forza "Gemelli", proveniente dall’organo immateriale della coscienza. È proprio questo senso che caratterizza aristotelicamente l'uomo come animale sociale, il quale nel rifugiarsi ancora nel VECCHIO o nell'ANTICO rifugge dalla sua natura, così che l'animale sociale diventa sempre più animale e sempre meno sociale
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