Goethe, Newton e i fisici

La fisica moderna non ha alcun concetto della "luce"

 

Fonte: R. Steiner, "Introduzioni agli scritti scientifici di Goethe",

pp. 243-248, Ed. Antroposofica, Milano 2008

 

- A cura di Nereo Villa -

 

La luce è immateriale. In quanto tale non può essere misurata.

Ciò che si misura e che si crede luce non è altro che la reazione alla luce

della materia suscettibile di movimento, cioè del mezzo

(eterico o atmosferico) tramite cui il fenomeno luminoso appare.

Nereo Villa, Castell'Arquato 26 gennaio 2018

 

«Quando Goethe si accostò allo studio dell'essenza dei colori, fu mosso, in sostanza, da un interesse artistico. Il suo spirito intuitivo riconobbe presto che il colorito, nella pittura, soggiace a un complesso profondo di leggi. In che cosa queste leggi consistessero, egli non poteva né scoprirlo da sé, finché si limitava a muoversi teorizzando nel campo della pittura, né poteva ottenere informazioni soddisfacenti da pittori esperti in materia. Questi sapevano, sì, praticamente, come mescolare e applicare i colori, ma non erano in grado di parlarne in chiari concetti. Quando poi Goethe, giunto in Italia, si trovò dinanzi, non solo ai sommi capolavori del genere, ma anche alla natura più splendida in fatto di colore, sentì risvegliarsi nella propria anima, un anelito particolarmente ardente a conoscere le leggi naturali dell'essenza del colore.

Nella "Storia della teoria dei colori" egli stesso ha dato un'ampia relazione di tutta la parte storica del suo studio. Qui vogliamo trattarne solo il lato psicologico e pratico.

Subito dopo il suo ritorno dall'Italia, Goethe cominciò i suoi studi, i quali divennero particolarmente intensi negli anni 1790 e 1791, per continuare poi ininterrotti fino alla morte del poeta.


Rappresentiamoci la situazione della concezione goethiana del mondo nel momento in cui Goethe iniziò gli studi sui colori. Egli aveva già concepita la sua idea grandiosa della metamorfosi degli esseri organici, e, grazie alla sua scoperta dell'osso intermascellare, gli era sorta la visione dell'unità di tutta l'esistenza naturale. Il singolo particolare gli appariva come una modificazione speciale del principio ideale che regna nella totalità della natura. Aveva già affermato, nelle sue lettere dall'Italia, che una pianta è pianta solo per il fatto di portare in sé l'idea della pianta. Questa idea era per lui qualcosa di concreto, come un'unità piena di contenuto spirituale presente in ogni singola pianta. Essa non era percepibile con gli occhi del corpo, bensì con l'occhio dello spirito. Chi è capace di scorgerla, la vede in OGNI pianta.
 

Con ciò tutto il regno delle piante e, per estensione di tale veduta, l'intero regno della natura, appare come un'unità afferrabile con lo spirito.


Ma nessuno può, partendo dalla semplice idea, costruire tutta la molteplicità che si presenta ai sensi esteriori. L'idea può essere riconosciuta dallo spirito intuitivo; le SINGOLE configurazioni gli sono accessibili solo quando rivolge i sensi al mondo esterno, quando guarda e osserva. Il perché una modificazione dell'idea appaia come realtà sensibile proprio così e non altrimenti, non può essere escogitato col cervello, ma va CERCATO nel regno della realtà.


Tale è il peculiare modo di vedere goethiano che più appropriatamente si può chiamare IDEALISMO EMPIRICO, e riassumere con le parole: alla base degli oggetti di una MOLTEPLICITÀ SENSIBILE, in quanto sono congeneri, sta un'UNITÀ SPIRITUALE che produce quella similarità e appartenenza.


Partendo da questo punto, sorse per Goethe la domanda: quale unità spirituale sta alla base della molteplicità delle percezioni dei colori? Che cosa percepisco io in OGNI modificazione di colore? Gli riuscì subito chiaro che la base necessaria di ogni colore è la LUCE. Non c'é colore senza luce. I colori poi sono le modificazioni della luce. Ora gli restava da cercare quell'elemento della realtà che modifica e specializza la luce; e scoprì che era la materia priva di luce, l'oscurità attiva, in breve, ciò ch'é opposto alla luce. Così ogni colore gli divenne luce modificata dalla tenebra. È completamente errato credere che Goethe intendesse per luce, quella concreta luce solare che generalmente si chiama "luce bianca". Solo la circostanza che non ci si riesce a liberare da tale idea, e che si ritiene rappresentante della luce in sé la luce solare così complicatamente composta, impedisce la comprensione della teoria goethiana dei colori. La luce, come l'intende Goethe, contrapponendole la tenebra come suo opposto, è un'entità puramente spirituale; è semplicemente l'elemento comune a tutte le sensazioni di colore. Sebbene Goethe non lo abbia mai espresso chiaramente, pure tutta la sua teoria dei colori è costruita in modo che null'altro sia lecito ricavarne. Quando fa esperimenti con la luce solare per realizzare la sua teoria, lo fa soltanto perché la luce solare, pur essendo il risultato dei complicati processi che avvengono effettivamente nel corpo solare, ci si presenta come un'unità avente in sé le sue parti solo in quanto siano state superate. Quello che per la teoria dei colori otteniamo con l'aiuto della luce solare, non è però che, un AVVICINAMENTO alla realtà. La teoria di Goethe non va intesa come se in ogni colore egli vedesse realmente contenute la luce e la tenebra. La realtà che si presenta al nostri occhi è solo una data sfumatura di colore. Solo lo spirito è in grado di scomporre questo fatto sensibile in due entità spirituali: luce e non-luce.

 

I fatti esteriori per cui ciò avviene, i processi materiali nella materia, non ne sono minimamente toccati. Questa è tutt'altra cosa. Non si vuole affatto negare che, mentre davanti a noi appare il "rosso", nell'etere avvenga un processo ondulatorio. Ma ciò che NELLA REALTÀ  produce una percezione non ha nulla a che fare, come già abbiamo mostrato, con l'ESSENZA DEL CONTENUTO.


Mi si obietterà che però si può dimostrare che nella sensazione tutto è soggettivo, e che solo il processo di movimento che sta alla base di questa è ciò che realmente esiste fuori dal nostro cervello. In tal caso però non si dovrebbe nemmeno parlare di una TEORIA FISICA DELLE PERCEZIONI ma solo di una teoria dei processi di movimento che ne stanno alla base. Si può dimostrarlo forse con questo esempio: se qualcuno, dal luogo A, mi spedisce un telegramma mentre io risiedo in B, ciò che giunge nelle mie mani è originato totalmente in B. È in B il telegrafista, il quale scrive sopra un foglio di carta e con un inchiostro che non sono mai stati in A; egli stesso non conosce A, ecc.; insomma si può dimostrare che nel telegramma che sta davanti a me nulla proviene da A. Eppure tutto quanto proviene da B è completamente indifferente per il CONTENUTO, per l'essenza del telegramma; quel che per me importa è soltanto trasmesso da B. Se io voglio spiegare l'essenza del contenuto del telegramma, devo totalmente prescindere da quanto proviene da B.


Lo stesso è del mondo dell'occhio. La teoria deve estendersi a ciò che é percepibile all'occhio e IN quell'ambito cercare i nessi. I processi materiali spaziali-temporali possono essere importantissimi per il PRODURSI delle percezioni, ma non hanno nulla a che fare con l'ESSENZA delle medesime.


Altrettanto avviene nella questione oggi tanto dibattuta, se alla base dei diversi fenomeni naturali: luce, calore, elettricità, ecc., non stia una sola e identica forma di movimento nell'etere. Recentemente Herz ha appunto mostrato come la propagazione delle attività elettriche nello spazio soggiaccia alle stesse leggi della propagazione delle attività luminose. Da ciò si può arguire che anche alla base dell'elettricità stiano delle onde simili a quelle portatrici di luce. Finora si è pure presunto che nello spettro solare sia attiva solo UNA specie di movimento oscillatorio, il quale, a seconda che cade su reagenti sensibili al calore, alla luce, o, ad attività chimiche, fa sì che si producano effetti di calore, luce, sensibilità chimica ecc.


Ma questo è chiaro fin da subito. Se si investiga che cosa accade nell'estensione spaziale mentre vengono trasmesse le entità in questione, si deve arrivare a un movimento UNITARIO. Perché un mezzo, in cui SOLTANTO il movimento è possibile, deve reagire a tutto col movimento; e compirà anche a mezzo di movimenti tutte le trasmissioni a cui è chiamato. Se poi io investigo le forme di quel movimento, non apprendo CHE COSA sia la cosa trasmessa, bensì in che modo essa mi sia trasmessa. È semplicemente assurdo dire che il calore o la luce siano movimento [l'evidenziazione in grassetto è mia - ndc]. Movimento è soltanto la reazione alla luce della materia suscettibile di movimento.


Goethe stesso ebbe ad assistere al nascere della teoria ondulatoria, e non vi scorse nulla che fosse impossibile mettere d'accordo con le sue vedute sull'essenza del colore.


Basta liberarci dell'idea che per Goethe luce e tenebra siano entità reali e riguardarle come SEMPLICI principi, come entità spirituali; allora si acquista un'opinione ben diversa dalla solita, sulla sua teoria dei colori. Quando, come Newton, s'intende la luce come un semplice miscuglio di tutti i colori, ogni concetto del concreto essere "luce" svanisce; si volatilizza totalmente in una vuota rappresentazione generica a cui nella realtà nulla corrisponde. Simili astrazioni erano estranee alla concezione goethiana del mondo. Per Goethe ogni rappresentazione doveva avere un contenuto concreto; solo che per lui il "concreto" non s'identificava col "fisico".


La fisica moderna non ha veramente nessun concetto della "luce"; non conosce che luci specificate, colori che, in determinate combinazioni, suscitano l'impressione di "bianco". Ma anche questo "bianco" non va identificato con la "luce" in sé. Anche il bianco non é, in fondo, altro che un COLORE COMBINATO. La "luce", nel senso goethiano, non è nota alla fisica moderna; e nemmeno la "tenebra". Sicché la teoria dei colori di Goethe si muove in una sfera che non tocca nemmeno le determinazioni concettuali dei fisici.
La fisica semplicemente IGNORA tutti i concetti fondamentali della teoria goethiana dei colori; sicché, dal suo punto di vista non può giudicarla affatto. Goethe comincia là dove la fisica finisce.


Il fatto che si parli continuamente del rapporto di Goethe con Newton e con la fisica moderna, senza minimamente accorgersi che si tratta di due modi tra loro totalmente diversi di considerare il mondo, testimonia di una comprensione molto superficiale della cosa.


Siamo convinti che chi abbia compreso nel senso giusto le nostre considerazioni sulla natura delle sensazioni, non potrà riportare altra impressione dalla teoria goethiana dei colori se non quella da noi indicata. Naturalmente, invece, chi NON consenta con queste nostre teorie fondamentali si fermerà al punto di vista dell'ottica fisica e dovrà quindi respingere anche la teoria dei colori di Goethe».