Fisiopatologia del corpus domini e rimedio
Ho intitolato questa pagina “Fisiopatologia del corpus domini e
rimedio” non perché il “corpus domini” sia malato in sé ma per intendere la
patologia dominante nei papolatri e nella chiesa che lo festeggiano indicandolo
come ostia o come corpo di se stessa, confessione religiosa, partito, fazione,
gruppo, crocchio, ecc..
La patologia del corpus domini è dunque la patologia del popolo bue di ogni
risma mentecattocomunista che incomincia nell’uomo col patologico rapporto tra
attività interiore e fisiologia corporea rispetto alla triplicità di funzioni:
pensare, sentire ed agire (o volere), percepiti come unità corporea: un’unità
corporea che percepirebbe dogmaticamente il “corpus domini” come trinità,
fideisticamente come “ostia” e misticamente come “chiesa cattolico romana”.
A non essere percepito è, di conseguenza, il tema della triarticolazione
dell’essere umano, tema che è anche contributo importante alla medicina da parte
di Rudolf Steiner, nella cui opera si trovano continui riferimenti ad esso.
Anche se nel libro “Enigmi dell’anima” (O.O. 21, 1917; Milano 1987) non vi è un
trattato di fisiologia e Steiner non vi espone in modo sistematico dati ed
esperimenti, pur affermando che i suoi contenuti si basano su uno studio
trentennale e che li si potrebbero dimostrare auspicandolo in base a dati
fisiologici e fisiopatologici, egli parla la prima volta di triarticolazione
sinteticamente in quel testo dal punto di vista psicologico: il riconoscimento
nella vita psichica di tale triplicità consente di riconoscere senza forzature
nella vita organica la triplicità dei processi con cui essa si articola,
stimolando il ricercatore ad indagini ulteriori.
In effetti Steiner non inventa niente, ma scopre. Tutto il suo lavoro
successivo, sia le conferenze ai medici, ma anche a non medici, sia il lavoro
clinico con loro, è una scoperta dimostrata e un arricchimento di una concezione
che può essere fatta risalire all’antica tricotomia platonica e paolina, in base
alle quali l’uomo era caratterizzabile in corpo, anima, e spirito.
Nell’869 d. C. tale tricotomia fu soppressa dal concilio di Costantinopoli.
L’opera mentecattocomunista, antiuomo ed anticristiana perché anti trinitaria,
ha in effetti radici profonde che risalgono alla concezione faraonica dello
schiavo.
Dall’869 d. C. in poi sparì letteralmente dalla “fede” l’uomo pneumatico, cioè
l’uomo dell’io, o dell’elemento sovrasensibile o spirituale o immateriale, che
sarà poi, con Marx, considerato “sovrastruttura della materia”.
Anche se gli antichi conoscevano l’uomo come un essere fatto di corpo, anima e
spirito, il concilio di Costantinopoli dichiava eretica questa dottrina,
stabilendo che la costituzione umana era fatta solo di corpo e anima, tentando
così di cancellare dalla coscienza umana, la realtà dello spirito, cioè dell’io.
Con Marx e Freud, la realtà cominciò ad essere creduta come costituita dal solo
mondo fisico e corporeo, percepito mediante i sensi. A questa visione malata,
Jung aggiungeva la realtà dell’anima, ma intrappolandola in un soggettivismo e
in un relativismo vanificanti “ogni speranza di dare risposta agli interrogativi
ultimi” (Lucio Russo, Intelletto d’amore, in “Massimo Scaligero. Il coraggio
dell’impossibile”, Ed. Tilopa, Roma, 1982).
Insomma, in un modo o nell’altro, il popolo bue dei papolatri non doveva
conoscere queste cose, vale a dire il Cristo come involucro dell’io, presente in
ogni uomo.
Precorrendo i tempi, nell’869 d. C., a Costantinopoli la chiesa cattolica si era
comportata esattamente come fanno oggi i politici quando, giocando con le
parole, mettono a punto ciò che i contribuenti devono fare per lo Stato, cioè
pagare.
La cosa è accennata più volte da Steiner nelle sue conferenze:
- “Negli ambienti in cui il cristianesimo era diventato ufficiale
alla maniera romana, si cercò sempre più di nascondere, di sopprimere il
concetto di spirito [...]. Questa tendenza conduce in ultimo al fatto che nell’VIII
concilio ecumenico di Costantinopoli, nell’anno 869, fu enunciata una formula,
un dogma, che nelle parole del testo forse non si esprime ancora chiaramente. Il
testo del relativo decreto conciliare - canone XI - non usa i termini “anima” e
“spirito”, ma si limita a condannare in modo equivoco coloro che attribuirebbero
all’uomo «due anime» ma che ha finito poi per dar luogo all’interpretazione che
non sia cristiano parlare di corpo, anima, e spirito: che sia invece cristiano
solo l’affermare che l’uomo consta di corpo ed anima. Nell’ottavo concilio
ecumenico, originariamente la cosa fu presentata con questa formula: l’uomo ha
un’anima pensante e un’anima spirituale. Per non PARLARE dello spirito come di
un’entità particolare [perché in tal caso avrebbero dovuto parlare
dell’io - ndr], fu coniata questa formula: l’uomo ha
un’anima pensante e un’anima spirituale. Ma tutto tendeva ad escludere lo
spirito dalla concezione del mondo” (R. Steiner, Berlino, 27 marzo, 1917).
- E ancora: “Dobbiamo ora pensare a quali interessi vi siano nella storia
spirituale moderna. Persino la triplice struttura dell’organismo umano o
dell’essere umano nella sua totalità, come ho spesso accennato, è stata in certo
senso eliminata per la civiltà occidentale, dall’ottavo concilio ecumenico di
Costantinopoli dell’anno 869: è stato elevato a dogma che il cristiano non debba
credere a un’entità umana ternaria, ma solo a una binaria. Credere in corpo,
anima e spirito è interdetto, e teologi e filosofi del medioevo che sapevano
ancora molto della verità ebbero una gran pena a distanziarsi da essa, perché la
cosiddetta tricotomia, l’articolazione dell’uomo in corpo, anima e spirito era
stata dichiarata eretica. Dovettero insegnare la dualità: l’uomo consisteva di
corpo e anima e non di corpo, anima e spirito. Quello che certi uomini, certi
esseri sanno bene è quale enorme importanza abbia per la vita spirituale umana
mettere la partizione binaria al posto della ternaria. Si deve guardare in tali
profondità se si vuol rettamente comprendere perché nel numero di novembre del
periodico “Stimmen der Zeit” (Voci del tempo) il padre
gesuita Zimmermann fa
presente che uno degli ultimi decreti del Santo Uffizio di Roma proibisce ai
cattolici, sotto pena di non ottenere l’assoluzione nella confessione, di
leggere scritti teosofici, di possederli o di prender parte a ogni attività
teosofica. Padre Zimmermann interpreta il decreto nelle “Stimmen der Zeit” [...]
nel senso che esso si applichi anzitutto alla mia antroposofia, che cioè si
debba curare che quei cattolici, che vogliono essere riconosciuti da Roma come
veri cattolici, non abbiano da occuparsi di letteratura antroposofica” (R.
Steiner, “La missione di Michele”, Milano, 1977).
Il gesuita Otto Zimmermann aveva polemizzato contro Steiner e contro
l’antroposofia su quel periodico cattolico di Friburgo, che fino al 1914 portava
il nome di “Stimmen aus Maria Laach”, e che nel numero di novembre del 1919,
nell’articolo intitolato “La condanna della Chiesa contro la teosofia”, il
gesuita aveva esteso quella condanna del “Sant’Uffizio di Roma” anche
all’antroposofia (cfr. ibid.).
Ancora due parole sul paleo mentecattocomunismo: in quel Concilio, organizzato
contro il patriarca Fozio, venne stabilito nei “Canones contra Photium”, al Can.
11, che l’uomo non ha due anime, bensi “unam animam rationabilem et
intellectualem” (cfr. Cornelio Fabro, “L’anima. Introduzione al problema
dell’uomo”, p. 127, Editrice del Verbo Incarnato, Roma 1955, p. 127).
Un filosofo cattolico Otto Willmann, stimato da Rudolf Steiner, aveva scritto
nella sua opera in tre volumi “Geschichte des Idealismus”, Braunschweig 1894, a
pag. 111 del II vol.: “L’abuso operato dagli gnostici della distinzione paolina
tra l’uomo pneumatico e quello psichico, dichiarando il primo espressione della
loro perfezione e il secondo rappresentante dei cristiani soggetti alle leggi
della Chiesa, decise la Chiesa stessa all’esplicito rigetto della tricotomia”
(“La missione di Michele”, op. cit.).
Steiner disse spesso che la chiesa cattolica, stabilendo in tal modo che la
costituzione umana fosse formata soltanto dall’anima e dal corpo, aveva in tal
modo tentato di cancellare lo spirito, cioè l’io, dalla coscienza umana, e che a
proseguire su questa aberrante strada dei padri conciliari, fu poi, grazie al
materialismo e alle scienze, inconsciamente asservite a ciò, Karl Marx, con un
secondo tentativo del genere: questa volta, però, dopo l’io, si tentò di
cancellare l’anima; e che pertanto da questo punto di vista Marx si era
comportato esattamente come quei padri conciliari dell’869 d. C.
Ecco perché ora interviene il fariseismo cattolico a dire: fate i
buoni, date il cuore a Gesù Cristo (AIDO) donate il sangue (AVIS), siate uomini
di buona volontà (volontariato, no profit, socioassistenza, ecc.). Infatti, nel
suo delirio di onnipotenza infallibilista, dopo aver condannato col modernismo
anche ogni nuova filosofia (l’antroposofia fu considerata modernismo), la chiesa
cattolica oggi non può fare altro che questo tipo di predicazione buonistica o
spiritual-materialistico-pratica, chiedendo scusa e perdono qua e là per
salvarsi ancora la faccia paonazza dalla vergogna… naturalmente dopo aver
inserito nella sua dottrina la liceità morale della pena di morte (art. 2266),
dopo aver introdotto nella nuova liturgia il rock mistico e nella nuova
pastorale i frati ballerini e le suore cantanti o telecroniste di calcio e -
perché no? - le pornodive pentite in clausura a “Domenica in”. Ricordate?
Se questo è il corpus domini ridotto all’ostia, la fisiopatologia del corpus
domini indica che il cristianesimo non esiste e che deve ancora incominciare ad
attuarsi mediante la triarticolazione sociale di cui parlerò usando le parole di
Steiner.
Steiner propone di vedere nella fisiologia umana il coesistere e l’interagire,
grazie al processo ritmico, respiro e circolo, del ricambio con il processo
nervoso.
Dall’elaborazione delle sostanze al movimento, il processo del ricambio ha
eminentemente luogo entro la vita del sangue, comprende tutto quello che attiene
al metabolismo e alla cinetica corporea, ed è espressione inconscia e cosciente
della volontà.
Nell’idea della triarticolazione sociale la volontà è l’aspetto culturale della
società non come intenzione a volere, che è ancora pensiero astratto, ma come
azione, volontà in atto, pensare in atto, metabolismo, consumo dell’ATP.
Metabolismo è cultura nella triarticolazione sociale, mentre il processo nervoso
ed il pensare sono economia. Fra sistema metabolico e sistema nervoso c’è lo
stesso rapporto che dovrebbe essere presente nell’organismo sociale sano fra
scuole, libere dallo Stato, ed economia, libera dallo Stato (o
free banking).
Giuseppe Leonelli (Aosta 1942 - Milano 2010), col quale collaborai
artisticamente negli anni ottanta nelle rappresentazioni di Natale della scuola
steineriana milanese, esprime chiaramente, essendo medico, il rapporto fra
processo nervoso e pensare: “Per processo nervoso si intende il correlato
neurologico della facoltà di rappresentare e di pensare, un’attività di cui è
evidente la difficoltà di farsi una rappresentazione paragonabile a quella di
ogni altra funzione, non potendoli separare. Se si esamina un preparato di
tessuto nervoso, ciò di cui ci si fa una rappresentazione e si conosce non è
propriamente l’attività corrispondente al pensare, assente nel nervo in quello
stato, ma quella del suo ricambio. Se si esamina il pensare, esso ha in sé la
giustificazione dei propri processi e in nessun punto è necessario giustificarli
con un processo fisico, né è possibile. Quasi tutto quello che conosciamo della
fisiologia del tessuto nervoso è in realtà fisiologia del suo ricambio”
(G. Leonelli, “Medicina antroposofica. Lezioni ordinate del Corso di formazione dei
medici”, Vol. 2°, p. 133 e seguenti, Aedel Edizioni Torino, 2011).
Quando l’economia di un organismo sociale non funziona ciò è un sintomo ben
preciso di un suo patologico metabolismo. Ciò che non funziona è sempre il ritmo
del proprio ciclo economico. Non funziona perché credendo che il ritmo sia la
sua misurazione, lo si vuole imporre come convenzione conveniente solo a chi
governa, per cui confondendo il ritmo con la misura gli economisti del regime si
arrampicano inutilmente sugli specchi per “far girare” i soldi con astrazioni di
pensiero prive di realismo logico.
Il ritmo, che non c’entra nulla con la sua convenzionale misura, è ciò che
scaturisce dall’incontro di due processi opposti, quello del ricambio e quello
nervoso; scaturisce pertanto dal crearsi di un’alternanza, che nel modo più
esplicito si manifesta a livello del respiro e del cuore, ma che di fatto è
presente in tutti i distretti dell’organismo (cfr. G. Leonelli, op. cit.).
“Caratteristiche del ritmo sono la ripetizione, le pause, la variabilità nel
tempo, la costanza. L’onda con il suo succedersi di convesso e concavo ne è la
rappresentazione usuale, ma non unica. In musica per esempio si ricorre ad
un’altra rappresentazione” (ibid.).
Nell’idea di triarticolazione sociale il ricambio metabolico è, ripeto, la
cultura, mentre il processo nervoso è l’economia.
“Da un altro punto di vista, si può osservare che il processo del ricambio
riguarda eminentemente le sostanze e quello nervoso le forme. Il ritmo ha
qualche cosa di inafferrabile: non ha un substrato materiale proprio, e non lo
si può identificare con la sua rappresentazione grafica” (ibid.).
Tutto il processo digestivo confina in ogni punto dell’organismo con quello
respiratorio. Nel processo digestivo e nel processo respiratorio il ricambio e
l’attività nervosa si avvicinano l’uno all’altra. Il ritmo si instaura tra le
due attività e si esprime macroscopicamente nel respiro e nel battito, ma
investe l’organismo in ogni sua parte. Anche l’attività digestiva è ritmica, e
la manifestazione ritmica più evidente nel processo nervoso consiste
nell’alternanza di veglia e di sonno.
Ma che cos’è propriamente il SISTEMA RITMICO nell’organismo sociale?
Nei tentativi per risolvere secondo realtà le questioni e necessità sociali
imposte dalla vita, Rudolf Steiner afferma che per poterci formare
rappresentazioni sul risanamento dell’organismo sociale bisognerebbe osservare
l’organismo umano, e rilevare “che esso palesa la sussistenza di tre sistemi,
operanti l’uno accanto all’altro, ciascuno però con una certa autonomia rispetto
agli altri” (R. Steiner, “I punti essenziali della questione sociale”, cap. 2°).
“[...] uno dei tre campi è costituito da quel sistema che comprende in sé la
vita dei nervi e degli organi sensori. Si potrebbe anche chiamarlo organismo
della testa, dato che in questa importantissima parte dell’organismo la vita dei
nervi e dei sensi ha, in certo modo, il suo centro. Come secondo sistema
dell’organismo umano va considerato [...] il SISTEMA RITMICO, consistente nella
respirazione, nella circolazione del sangue, e in tutto quanto si esprime in
processi ritmici dell’organismo umano. Come terzo sistema, va considerato tutto
il complesso di organi e di attività connessi col vero e proprio ricambio della
materia. In questi tre sistemi si contiene tutto quanto e necessario, se
organizzato con reciprocità d’azione, al sano funzionamento complessivo
dell’organismo umano.
Ho tentato di descrivere, in pieno accordo con quanto già oggi può dire
l’indagine scientifica naturale, questa triplice organizzazione dell’essere
naturale umano, nel mio libro “Enigmi dell’anima”, per ora molto sommariamente.
Sono certo che la biologia, la fisiologia e tutta la scienza naturale
concernente l’uomo, saranno portate a riconoscere, in un futuro molto prossimo,
come questi tre sistemi: della testa, della circolazione (o del petto), e del
ricambio, mantengano il funzionamento generale dell’organismo umano perché
operano con una certa autonomia, senza che vi sia un assoluto accentramento
nell’organismo umano; e perché ciascuno di questi 3 sistemi abbia un rapporto
speciale, per se stante, col mondo esterno; il sistema della testa, per mezzo
degli organi di senso; il sistema della circolazione o ritmico, per mezzo della
respirazione; e, il sistema del ricambio mediante gli organi della nutrizione e
del movimento.
I metodi delle scienze naturali non sono ancora abbastanza avanzati da portare a
un riconoscimento generale, anche negli ambienti scientifici, nella misura che
sarebbe desiderabile per il progresso della conoscenza, quanto ho qui accennato
e che, partendo dai fondamenti scientifico spirituali, ho cercato di applicare
alle scienze naturali.
Ciò significa, però, che le nostre abitudini di pensiero, tutto il nostro modo
di rappresentarci il mondo, non sono ancora interamente adeguati a quanto, ad
esempio, nell’organismo umano si presenta come l’intima essenza, dell’opera, di
natura.
Si potrebbe rispondere: «Ebbene, la scienza naturale può attendere! Essa si
avvicinerà a poco a poco ai suoi ideali e arriverà anche a riconoscere e ad
appropriarsi una tale maniera d’indagine». Ma riguardo alla considerazione, e
specialmente all’azione, dell’organismo sociale non si può aspettare. In questo
campo occorre che non soltanto in qualche specialista, ma in ogni anima umana
(poiché ogni anima umana partecipa all’attività in pro dell’organismo sociale),
esista almeno una conoscenza istintiva di ciò che ad esso è necessario.
Un sano pensare e sentire un sano desiderare e volere rispetto all’assetto
dell’organismo sociale, può svolgersi soltanto se ci si renda chiaramente conto,
sia pure in modo più o meno istintivo, che questo organismo, se ha da esser
sano, deve esser scisso in tre sistemi al pari dell’organismo umano naturale”
(ibid.).
Per Steiner è inutile se non dannoso parlare del sociale se non in ordine alla
tripartizione dell’organismo sociale:
“[...] la socializzazione non sarà di risanamento, ma una cura ciarlatanesca e
fors’anche un processo di distruzione per l’organismo sociale, se non si
richiama nel cuore e nell’anima degli uomini la conoscenza, almeno istintiva,
della necessità della tripartizione dell’organismo sociale” (ibid.).
Il corpus domini inteso astrattamente come chiesa dell’ostia è pertanto una
patologica finzione di un organismo sociale sano.
L’organismo sociale “se deve operare sanamente, deve sviluppare in se tre
strutture diverse, secondo le leggi che sono proprie a ciascuna.
Una di queste è la vita economica; ed è la prima che vogliamo qui considerare,
perché è evidente ch’essa è divenuta predominante, attraverso la tecnica ed il
capitalismo, in tutta la moderna società umana.
Questa vita economica ha da essere nell’organismo sociale una struttura
relativamente autonoma, come è il sistema nervo-sensoriale nell’organismo umano.
La vita economica comprende tutto quel che ha da fare con la produzione, la
circolazione e il consumo delle merci.
Come seconda struttura dell’organismo sociale è da considerarsi la vita del
diritto pubblico, la vita politica, quella che nel senso dell’antico Stato
politico, poteva essere designata come la vera e propria vita statale
[la triarticolazione sociale di Steiner non è quindi l’anarchia che sedicenti
antroposofi ignoranti gli attribuiscono col termine “anarchia consapevole”, dato
che anche l’“anarchia” per quanto consapevole sarebbe sempre etimologicamente il
contrario di una vita statale come è qui delineata - ndr].
Mentre la vita economica comprende tutto quanto l’uomo ricava dalla natura e
dalla propria produzione, cioè le merci, la loro circolazione e il loro consumo,
questa seconda struttura dell’organismo sociale può abbracciare soltanto quel
che sorge da sostrati puramente umani e riguarda i rapporti tra uomo e uomo.
Per la conoscenza delle tre strutture dell’organismo sociale è essenziale
approfondire la differenza tra il sistema del diritto pubblico, che può
contemplare soltanto le relazioni tra uomo e uomo, poggiate su profondi sostrati
umani, e il sistema economico che ha solamente a che fare con la produzione, la
circolazione e il consumo di merci.
Nella vita si deve fare questa distinzione col sentimento, affinché, come
conseguenza, la vita economica si scinda da quella politica, come nell’organismo
naturale dell’uomo l’attività dei polmoni per l’aspirazione e l’espirazione
dell’aria esterna si scinde dai processi della vita nervo-sensoriale.
Come terza struttura che, altrettanto autonoma, deve porsi accanto alle altre
due, si ha da comprendere nell’organismo sociale quel che riguarda la vita
spirituale; o, per dire più esattamente, tutto quanto poggia sulle doti naturali
del singolo individuo umano, e che deve
entrare nell’organismo sociale sulle basi di tali sue facoltà naturali, sia
spirituali, sia fisiche.
La prima struttura, il sistema economico, ha da fare con tutto quel che deve
esistere affinché l’uomo possa regolare il rapporto della sua vita materiale col
mondo esterno.
La seconda struttura ha a che fare con quel che deve esistere nell’organismo
sociale per regolare i rapporti tra uomo e uomo.
La terza struttura ha a che fare con quel che deve germogliare da ogni singola
individualità umana per poi inserirsi nell’organismo sociale.
Come è vero che la tecnica moderna e il moderno capitalismo hanno dato
l’impronta alla nostra vita sociale, così è necessario che le ferite ad essa
inferte da quella parte vengano risanate col mettere l’uomo e la vita collettiva
umana in un giusto rapporto con le tre strutture dell’organismo sociale.
Ai nostri tempi la vita economica ha, semplicemente per forza propria, preso
forme ben determinate.
Per la sua attività unilaterale s’è inserita nella vita umana con una potenza
tutta speciale.
Le altre due strutture della vita sociale non sono state finora in grado di
farsi valere giustamente nell’organismo sociale, secondo le leggi loro proprie,
in modo altrettanto ovvio.
Per esse occorre che gli uomini, mossi dai sentimenti sopra accennati,
intraprendano la partizione della struttura sociale, ciascuno al suo posto, cioè
al posto nel quale si trova.
Poiché, riguardo ai tentativi che qui si propongono per la soluzione delle
questioni sociali, ogni singolo individuo ha, nel presente e nell’avvenire, il
suo proprio compito sociale.
Quel che costituisce la prima parte dell’organismo sociale - la vita economica -
si basa innanzitutto sul fondamento della natura, come il singolo individuo, in
rapporto a ciò ch’egli può divenire da sé mediante l’istruzione, l’educazione,
la vita, dipende dall’attitudine del suo organismo spirituale e corporeo.
Questo fondamento di natura è quello che da’ la sua impronta alla vita economica
e con ciò a tutto l’organismo sociale.
Ma questo fondamento naturale esiste, e non può essere creato nelle sue radici
da alcuna organizzazione sociale né da alcuna socializzazione.
Esso deve essere posto a base dell’organismo sociale nel modo stesso che
all’educazione dell’uomo deve essere messa a base l’attitudine ch’egli ha nei
diversi campi, la sua capacità naturale del corpo e della mente.
Ogni socializzazione, ogni tentativo di dare una configurazione economica alla
vita collettiva umana deve tener conto del fondamento naturale.
Poiché a base d’ogni commercio e d’ogni genere di lavoro umano, come anche di
ogni coltura spirituale, si trova, come primo elemento originario, ciò che lega
l’uomo a una parte determinata della natura.
Si deve pensare alla connessione dell’organismo sociale col fondamento che
natura pone, al modo stesso che rispetto all’apprendimento, per ogni singolo
individuo, si deve tener conto delle condizioni della sua attitudine naturale”
(ibid.).
Per Steiner tutto il complesso di processi, che cominciano con il rapporto
dall’uomo alla natura e proseguono in tutto ciò che l’uomo deve fare per
trasformare i prodotti della natura e per portarli fino allo stato di generi di
consumo, “tutto questo lavorìo, e soltanto esso, costituisce la parte economica
di un sano organismo sociale.
Questa parte economica sta nell’organismo sociale come il sistema della testa
sta nell’insieme (da cui dipendono le attitudini individuali) dell’organismo
umano.
Come questo sistema della testa dipende da quello del cuore e dei polmoni, così
il sistema economico dipende dal lavoro dell’uomo.
Come però la testa non può di per sé regolare la respirazione, così il sistema
del lavoro umano non dovrebbe venir regolato dalle stesse forze operanti nella
vita economica.
Nella vita economica l’uomo si inserisce per soddisfare i propri interessi.
Questi hanno il loro fondamento nei bisogni della sua anima e del suo spirito.
Come agli interessi possa essere corrisposto nel modo più soddisfacente in seno
all’organismo sociale, sicché il singolo individuo pervenga, a mezzo di questo
organismo, alla migliore soddisfazione del suo interesse, e possa anche, nel
modo più vantaggioso, collocarsi entro l’economia, è una questione che dev’essere
risolta praticamente coi provvedimenti dell’organismo economico.
Il che può verificarsi soltanto se gli interessi possano farsi liberamente
valere e se sorga pure la volontà e la possibilità di fare ciò che è necessario
alla loro soddisfazione.
L’origine degli interessi sta al di fuori dei limiti o della vita economica.
Si formano con lo svolgersi dell’essere umano, spirituale e corporeo.
È compito della vita economica prendere i provvedimenti atti a soddisfarli.
Questi provvedimenti non possono riguardare altro, che la produzione e lo
scambio delle merci, cioè di beni che ricevono il loro valore dal bisogno
dell’uomo.
La merce infatti riceve il suo valore da colui che la consuma.
Dal fatto che la merce riceve il suo valore dal consumatore, deriva ch’essa si
trovi collocata nell’organismo sociale del tutto diversamente da altre cose che
hanno valore per l’uomo come membro di questo organismo.
Chi consideri senza preconcetti la vita economica, alla cui sfera appartengono
la produzione, lo scambio e il consumo delle merci, riconoscerà - non per via di
semplice speculazione - la DIFFERENZA ESSENZIALE
che passa fra il rapporto da uomo a uomo, in quanto
l’uno produce merci per l’altro, e quello che deve fondarsi sui diritti degli
esseri umani come tali” (ibid.).
Questa DIFFERENZA ESSENZIALE impedisce a Steiner di considerare normale l’idea
di economia politica o di politica economica, dato che la DIFFERENZA ESSENZIALE
tra economia e politica non può che rendere evidente che tale idea è spuria,
bastarda:
“Da tale considerazione si arriverà alla pratica esigenza che nell’organismo
sociale tutto ciò che è diritto debba essere assolutamente separato dalla vita
economica” (ibid.).
Ecco anche perché le articolazioni fra metabolismo e nervi rispetto a quella del
sistema cardiaco ritmico sono, nell’organismo umano sano, le stesse che
nell’organismo sociale sano dovrebbero manifestarsi fra scuole (che per Steiner
sono ambito dell’immateriale o dello spirituale) ed economia rispetto allo
Stato.
Ricambio delle sostanze e attività nervosa, che nella similitudine di Steiner
per l’organismo sociale rappresentano rispettivamente il sistema culturale e
quello economico, non vanno concepiti come processi uno di fianco all’altro, ma
compenetrantisi.
Normalmente, per comodità di rappresentazione e anche perché l’organismo umano
si presta a questo, “si riconosce il polo nervoso come centrato nel capo e
quello del ricambio come centrato nella sfera degli organi sotto-diaframmatici,
ma bisogna tener presente che entrambi sono diffusi in tutto l’organismo”
(G. Leonelli, op. cit.).
Così l’organizzazione ritmica, che nella similitudine di Steiner, è quella
politica o dello Stato di diritto, “ha il suo centro negli organi del torace, ma
sarebbe un errore pensare che sia presente solo lì” (ibid.).
“Dalle attività che gli uomini devono svolgere nell’ambito degli ordinamenti che
riguardano la produzione e lo scambio di merci, non possono derivare in modo
immediato gli impulsi migliori per i rapporti di giustizia che devono esistere
fra loro.
Negli ordinamenti economici l’uomo si rivolge all’uomo, perché l’uno serve agli
interessi dell’altro; negli ordinamenti della giustizia il rapporto che passa
fra un uomo e l’altro è fondamentalmente diverso.
Si potrebbe credere che per realizzare questa distinzione richiesta dalla vita
fosse già sufficiente che negli ordinamenti della vita economica stessa si
provvedesse anche ai diritti che devono esistere nei reciproci rapporti degli
uomini che vi partecipano.
Ma una tale credenza non ha le sue radici nella realtà della vita.
L’uomo può sentire vitalmente il vero rapporto di giustizia che deve sussistere
fra lui e gli altri uomini soltanto se lo sperimenta, non sul terreno economico,
ma su di un terreno del tutto separato da quello.
Si deve perciò svolgere, nel sano organismo sociale, accanto alla vita economica
e indipendentemente da essa, una vita nella quale vengano stabiliti e regolati i
diritti tra uomo e uomo.
Questa sfera della giustizia è però quella propriamente politica, statale”.
(Steiner, “I punti essenziali…”, op. cit.).
È però chiaro che se portiamo gli interessi della vita economica nella
legislazione e nell’amministrazione statale della giustizia, nasceranno solo
diritti dannosi in quanto esprimenti solo tali interessi economici:
“Se lo Stato provvede esso stesso alla vita economica, perde l’attitudine a
regolare i diritti degli uomini; giacché in tal caso le sue norme ed istituzioni
dovranno servire al bisogno umano di merci, e con ciò saranno distolte dagli
impulsi diretti verso la giustizia.
Il sano organismo sociale esige, come sua seconda struttura, uno Stato politico
autonomo, accanto all’organizzazione economica.
In questa organizzazione, essa pure autonoma, gli uomini, con le forze della
vita economica, provvederanno a quegli ordinamenti che rispondono, nella
migliore maniera possibile, alla produzione e allo scambio di merci.
Nella organizzazione statale politica saranno invece stabilite delle
disposizioni che valgano a orientare i rapporti vicendevoli tra uomini e gruppi
di uomini in maniera corrispondente alla coscienza umana della giustizia.
Il punto di vista che qui viene prospettato sulla necessità di una assoluta
separazione dello Stato politico dal campo economico risiede nella vita reale
dell’uomo; non così il punto di vista di chi vuole riunire l’una all’altra
funzione.
Gli uomini che si trovano in mezzo alla vita economica, hanno pure, si capisce,
il senso della giustizia, ma essi cureranno la legislazione e l’amministrazione
della giustizia ispirandosi soltanto a tale coscienza e non, agli interessi
economici, quando ne avranno da giudicare nello Stato politico che, come tale,
non abbia alcuna ingerenza nella vita economica.
Tale Stato politico avrà un suo proprio corpo legislativo ed amministrativo,
ambedue organizzati secondo i principi fondamentali dettati dalla coscienza dei
diritti umani del nuovo tempo” (ibid).
Gli anacronisti, anelando alla permanenza del vecchio tempo, sia come credenti o
papolatri, sia come sudditi credenti e contribuenti ad uno Super Stato
faraonicamente plenipotenziario, basato sull’insensatezza della mopolizzazione
rispettivamente del “Cristo” e dell’emissione monetaria, sono i veri
responsabili del problema sociale che di fatto dimostrano di non voler
risolvere, e che continua a palesarsi nelle tasche di tutti incominciando dai
meno abbienti.
Il problema economico potrà risolversi solo autonomizzandosi rispetto allo
Stato.
“Il sistema economico deriverà i suoi organi legislativi ed amministrativi dagli
impulsi della vita economica.
Il necessario rapporto tra le direzioni dei corpi giuridico ed economico si
svolgerà press’a poco come al presente si svolgono i rapporti fra i governi di
Stati sovrani [sovranità che oggi, con l’UE, impulsi antisociali vorrebbero
eliminare in nome di un sedicente nuovo ordine mondiale - ndr].
Con questa separazione, ciò che si svolge in uno di tali corpi, potrà esercitare
la dovuta azione su ciò che si forma nell’altro.
Tale azione viene invece impedita se l’uno vuole svolgere in se stesso, ciò che
gli deve provenire dall’altro.
Come la vita economica è soggetta da un lato alle condizioni naturali (clima,
natura del suolo, ricchezza del sottosuolo ecc.), cosi, dall’altro, dipende dai
rapporti di diritto che lo Stato crea fra persone e gruppi di persone dediti
alla economia.
Con questo vengono designati i limiti di ciò che l’attività della vita economica
può e deve abbracciare.
La natura crea le condizioni prime che si trovano fuori della sfera economica, e
che l’uomo deve accettare come qualcosa di dato, sulle cui basi soltanto
[quindi
non anche su quelle di interessi di Borsa - ndr]
egli può costruire la sua vita
economica.
Nello stesso modo, tutto ciò che nel dominio economico stabilisce un rapporto di
diritto da uomo a uomo, nel sano organismo sociale deve venir regolato dallo
Stato politico, il quale, al pari del fondamento naturale, si svolge come
qualcosa di autonomo, di fronte alla vita economica.
Nell’organismo sociale che si è formato nel divenire storico dell’umanità, e
che, col dominio delle macchine e con la moderna forma economica del
capitalismo, ha dato la sua impronta al movimento sociale, la vita economica
abbraccia più di quello che deve abbracciare nell’organismo sociale sano [...]
si tratta di questo: che nello scambio di diritto contro merce, il diritto
stesso diviene merce, se sorge entro la vita economica”.
Qui sta il marcio che oggi viviamo.
“Ciò si potrà evitare solo se nell’organismo sociale ci siano, da una parte,
delle disposizioni che abbiano per scopo soltanto di effettuare nel miglior modo
il giro delle merci e, dall’altra, ve ne siano altre che regolino i diritti
vigenti nello scambio delle merci tra le persone che producono, commerciano e
consumano.
Questi diritti non si differenziano per la loro natura dagli altri che devono
sussistere tra persona e persona nei rapporti del tutto indipendenti dallo
scambio di merci.
[...] L’uomo attuale interessato alla vita pubblica rivolge ordinariamente lo
sguardo a cose che vanno considerate solo in seconda linea.
Ciò avviene perché la sua abitudine di pensiero lo porta a riguardare
l’organismo sociale come una istituzione unitaria.
Per una tale istituzione però non si può trovare un
SISTEMA ELETTORALE
conveniente
[si pensi solo alla mai attuata riforma della legge elettorale
italiana - ndr], poiché in ogni sistema elettorale gli interessi economici e gli
impulsi della giustizia si debbono disturbare nei corpi rappresentativi.
E ciò che da questo perturbamento emana per la vita sociale deve portare a
sconvolgimenti della compagine della società.
È necessario che oggi la vita pubblica si sforzi in prima linea di raggiungere
la meta di una decisa separazione della vita economica dalla organizzazione
politica.
Nell’adattamento a questa separazione le organizzazioni che devono separarsi
troveranno nelle loro proprie basi le modalità più adeguate per le elezioni dei
loro legislatori e amministratori.
In ciò che presentemente urge verso una soluzione vengono pertanto in seconda
linea le questioni di modalità elettive, sebbene come tali siano anch’esse di
capitale importanza.
Dove persistono ancora le vecchie condizioni si dovrebbe, partendo da esse,
rivolgere l’opera alla detta separazione.
Dove invece l’ordine antico è già scomparso o è in procinto di dissolversi, i
singoli individui e le leghe dovrebbero tentare l’iniziativa di un rinnovamento
che s’incammini nella direzione designata.
[...] Chi ritiene «praticamente fattibile» soltanto ciò a cui si è abituato a
pensare in un ristretto orizzonte di vita, riguarderà come «non pratico» quanto
si prospetta qui.
Se costui non è capace di convertirsi e nondimeno conservi un’influenza su
qualsiasi ramo della vita, egli non coopererà al risanamento, ma a un ulteriore
peggioramento dell’organismo sociale, come hanno fatto le persone del suo modo
di vedere e sentire nel prodursi delle presenti condizioni.
Alla tendenza presa dalle classi dirigenti dell’umanità, che aveva portato a
trasferire certi rami della vita economica (poste, ferrovie, ecc.) nell’orbita
dello Stato, deve sostituirsi il distacco sempre più completo di ogni azienda
economica dalla sfera dello Stato politico.
[...] Si può riconoscere come i pensieri qui svolti abbiano il loro fondamento
nella vita reale dell’umanità, quando si rivolga lo sguardo al lavoro che l’uomo
compie con la sua forza fisica a favore dell’organismo sociale.
Nella forma economica capitalistica questo lavoro si è incorporato
nell’organismo sociale, in modo che il padrone lo compera dall’operaio come una
merce [chi oggi parla di “costo del lavoro” non si rende nemmeno conto di
parlare di schiavitù” - ndr].
Si effettua così uno scambio tra il denaro (come rappresentante di merci) e il
lavoro.
Ma un tale scambio non può affatto effettuarsi in realtà
[alla faccia di coloro
che affermano che Steiner non concepisce reddito che non sia da lavoro; vedi
l'immagine a destra presa da un blog di sedicenti antroposofi - ndr].
Sembra soltanto che si effettui (è assolutamente possibile che, nella vita,
certi processi vengano non soltanto spiegati in senso falso, ma anche compiuti
in senso falso.
Denaro e lavoro non sono valori che si possano tra loro scambiare
[idem come
sopra - ndr]; solo denaro e prodotto del lavoro, lo sono. Quindi se io do’ del
denaro per del lavoro, «faccio» qualcosa ch’è falso;creo un processo apparente,
illusorio. Perché in verità non posso dare se non denaro per un PRODOTTO di
lavoro).
In realtà il padrone riceve dall’operaio delle merci, che possono essere
prodotte solo se l’operaio per la loro produzione fornisce la sua mano d’opera.
Dell’equivalente di queste merci l’operaio riceve una parte, il padrone l’altra.
La produzione si effettua grazie alla collaborazione dell’operaio e del padrone.
Soltanto il prodotto del lavoro comune entra nel giro della vita economica.
Per la produzione della merce occorre un rapporto di diritto fra operaio e
padrone.
Questo però può essere trasformato dall’economia capitalistica in un rapporto
determinato dalla superiorità economica del padrone sull’operaio.
Nel sano organismo sociale deve riuscire palese che il lavoro non può essere
pagato.
Poiché al lavoro non può essere attribuito un valore economico in confronto con
una merce.
Un tal valore può averlo soltanto la merce prodotta dal lavoro in confronto con
altre merci.
La maniera e la misura in cui un uomo ha da lavorare per la sussistenza
dell’organismo sociale, devono essere regolate secondo la sua capacità e secondo
ciò che è condizione di un’esistenza degna dell’uomo.
Il che può avvenire soltanto, se questa coordinazione viene regolata dallo Stato
politico INDIPENDENTEMENTE dalle amministrazioni della vita economica.
Mediante una norma di questo genere viene creata alle merci una base di
valutazione, che può essere confrontata con l’altra, dovuta alle condizioni
naturali.
[...] La vita spirituale [leggi: sistema scolastico e di ricerca culturale -
ndr], con la quale nella vita umana si collega per innumerevoli fili anche lo
sviluppo delle altre attitudini individuali, avrà una sana possibilità di
sviluppo soltanto se ogni produzione poggi sui suoi propri impulsi e stia in un
rapporto di piena comprensione con gli uomini che ne ricevono le prestazioni.
Quella che è indicata qui come sana condizione di sviluppo della vita
spirituale, non viene attualmente riconosciuta, perché la giusta visione è
offuscata a causa della fusione di una gran parte di questa vita con quella
dello Stato politico, fusione che si è prodotta nel corso degli ultimi secoli e
alla quale ci siamo assuefatti.
Si parla, è vero, di «libertà della scienza e dell’insegnamento», ma si
considera naturale che lo Stato politico amministri la «libera scienza» e il
«libero insegnamento».
Non si avverte come questo Stato metta così la vita spirituale in dipendenza dei
suoi bisogni statali.
Si pensa: lo Stato crea i posti nei quali si impartisce l’insegnamento, ma poi
coloro che coprono questi posti possono svolgere «liberamente» la vita
spirituale.
Abituati a un tale modo di pensare, non si tiene conto di quanto strettamente il
contenuto della vita spirituale sia legato con la più intima natura dell’uomo,
in cui esso si svolge; e di come questo svolgimento possa essere libero soltanto
se non venga inserito nell’organismo sociale da altri impulsi che non siano
quelli derivanti dalla vita stessa dello spirito [leggi: dell’io - ndr].
Il fatto è che, per la fusione con la vita dello Stato, non solo
l’amministrazione della scienza e della parte della vita spirituale che vi è
connessa, ha ricevuto l’impronta di esso Stato, ma l’ha ricevuta altresì la
sostanza medesima.
Certamente ciò che si produce in matematica o in fisica non può subire
un’influenza immediata da parte dello Stato.
Ma si pensi alla storia e alle scienze filosofiche!
Non sono state forse un riflesso di ciò che, per i bisogni della vita politica,
è risultato dalla connessione dei loro rappresentanti con la vita dello Stato?
Appunto per questo loro carattere gli attuali concetti di colorito scientifico,
dominanti la vita spirituale, hanno agito sul proletariato come un’ideologia.
Esso ha osservato come ai pensieri umani venga impresso, dai bisogni della vita
dello Stato, un dato carattere che corrisponde agli interessi delle classi
dirigenti.
Il pensiero proletario ravvisò un riflesso degli interessi materiali e della
lotta d’interessi, e ciò generò in esso la convinzione che tutta la vita
spirituale non sia altro che ideologia, non sia altro che un riflesso
dell’organizzazione economica.
Una tale opinione, che inaridisce la vita spirituale dell’uomo, viene meno, se
si può far sorgere il sentimento che, nel campo spirituale, domina una realtà
che va al di là della vita materiale esteriore, e porta in se stessa il suo
contenuto [“2-1 = 1” indipendentemente dalla pienezza della mia pancia - ndr].
Ma non è possibile che si formi questo sentimento, se la vita spirituale non sia
liberamente svolta e regolata dai suoi propri impulsi entro l’organismo sociale.
Soltanto nell’àmbito di una tale direzione, gli uomini fattivi nella vita
spirituale possono avere la forza di procurarle la dovuta importanza
nell’organismo sociale.
Arte, scienza, filosofia, e tutto ciò che a queste si connette, abbisognano di
tale posizione indipendente nella società umana.
La libertà dell’una non può prosperare senza la libertà dell’altra, poiché nella
vita spirituale tutto è collegato.
Anche se la matematica e la fisica, nel loro contenuto, non sono immediatamente
influenzabili dai bisogni dello Stato, ciò che da esse si ricava, il modo come
gli uomini pensano sul loro valere,
l’effetto che la loro coltura può avere su tutto il resto della vita spirituale,
e molto altro ancora, viene assoggettato ai bisogni dello Stato, se esso regola
i diversi rami della vita spirituale.
[...] La vita religiosa della moderna umanità, in unione con tutta la vita
spirituale liberata, svilupperà la sua forza sostenitrice per l’anima umana
[...]” (ibid.).
Solo allora avrà senso parlare di “corpus Domini” o di “corpus Dei” di tutto
l’organismo sociale triarticolato in quanto “tri-unità” o Trinità che dir si
voglia.