Diritto ed economia
Presentazione di Nereo Villa - Viviamo costretti entro uno Stato unitario in base ad un monopolio della coercizione che lo Stato (Stato di diritto) si attribuisce in modo forzoso (“diritto” di Stato) in quanto i suoi “contribuenti” sono costretti ad accettarlo in tal modo forzoso (e/o mafioso). L’unità di un sano organismo sociale non si crea però ordinandola mediante potenze centrali di coercizione, bensì lasciandola sorgere da forze che, cooperando, richiedono di vivere singolarmente ciascuna per sé, “nell’intento di poter produrre la vita di un tutto” (§3). Solo in tal modo l’organismo sociale malato può essere risanato...
Rudolf Steiner
“Diritto ed economia”
(“I punti essenziali della questione sociale”,
Ed. Antroposofica, Milano 1980, cap. 12° de
“In margine alla triarticolazione dell’organismo sociale”, p. 170)
Traduzione Schwarz-Bavastro a cura di Nereo Villa
Ogni capoverso (§) è qui numerato in base alla 4ª ed. italiana del 1980
1. Tra le molte obiezioni che si possono muovere contro l’idea della triarticolazione dell’organismo sociale, ce n’è una che si può formulare così: “Finora gli sforzi dei pensatori politici hanno mirato a creare in un dato campo rapporti di diritto che contemplassero le condizioni della produzione economica risultate nel corso di questi ultimi tempi. Tutto il lavoro fatto in tal senso è trascurato dall’idea della triarticolazione che vuole solo staccare il diritto dall’economia”.
2. Chi solleva questa obiezione crede di poter rimuovere l’idea della triarticolazione come qualcosa che vanifica le esperienze di uomini pratici, e che intende cooperare alla conformazione della vita sociale senza considerare tali esperienze. In realtà però accade proprio il contrario. Gli avversari della triarticolazione dicono: “Dovreste pur tenere in considerazione le difficoltà che sorte durante tutti i tentativi fatti per cercare condizioni di diritto che fossero in armonia con quelle della produzione moderna. Pensate alle resistenze che furono opposte a chi fece simili tentativi!”. Ma l’operatore della triarticolazione risponde che proprio tali difficoltà attestano che si cercò nella direzione sbagliata. Si volle trovare ad ogni costo una forma di vita sociale in cui, da un ordinamento unitario del diritto e dell’economia, risultasse ciò che può appagare certe esigenze moderne. Invece si dovrebbe riconoscere che nella vita economica, se condotta in modo conforme al suo scopo, devono sorgere condizioni contrarie alla coscienza del diritto, se da fuori del giro economico non si lavora contro questi effetti [il grassetto è mio - ndc] [per esempio, in base alla mera vita economica risulterebbe del tutto conforme al suo scopo distruggere agrumi in eccesso per renderli scarsi in modo da innalzarne il prezzo, quindi se da fuori del giro economico non ci si opponesse agli effetti di tale distruzione di agrumi sorgerebbero condizioni contrarie alla coscienza del diritto, dato che con quel cibo molte bocche potrebbero essere sfamate - ndc]. Nella vita economica si ha interesse a che persone o gruppi di persone particolarmente capaci di gestire una branca di produzione, possano arrivare a raccogliere capitali per farlo, perché oggi può servire nel miglior modo la collettività solo ciò che uomini capaci siano in grado di fare in certi campi, grazie alla possibilità di amministrare grandi capitali. Ma per la natura della vita economica, questo servizio può consistere solo nel produrre al meglio possibile per la collettività le merci di cui questa abbisogna. Con la produzione di merci si mette in mano ai produttori una certa potenza economica. L’idea della triarticolazione tiene conto del fatto che non può essere altrimenti. Perciò vuole che si stabiliscano condizioni sociali in cui questa potenza possa, sì, sorgere, ma senza produrre danni sociali. Non vuole impedire l’accumularsi di capitali nelle mani dei singoli, perché riconosce che con tale impedire verrebbe meno anche la possibilità di porre le facoltà di questi singoli al servizio sociale della collettività. Vuole però che dal momento in cui il singolo non possa più provvedere all’amministrazione dei mezzi di produzione che si trovano in suo potere, questi passino ad altra persona capace. Questa non deve poterli acquistare grazie ai suoi mezzi di potenza economica, ma per il fatto di essere la persona più idonea allo scopo. Ciò si può conseguire solo se il trapasso avvenga secondo princìpi che coi mezzi della potenza economica non abbiano nulla a che fare. Questi princìpi risulteranno quando gli uomini si inseriscano coi loro interessi anche in altre sfere di vita diverse da quella economica. Se gli uomini sono legati fra loro sul terreno del diritto, che genera interessi non economici, questi interessi non economici potranno farsi valere. Se invece l’uomo ha interesse solo per cose prodotte dalla vita economica, tali altri interessi non economici non sorgeranno neppure. Se chi possiede mezzi di produzione deve sviluppare la consapevolezza che non opera nel migliore dei modi in una posizione economica chi la acquista per il proprio tornaconto, ma chi la acquista per il proprio ingegno, questa consapevolezza può svilupparsi su un terreno creato accanto a quello economico. Sul proprio terreno la vita economica genera, sì, il senso della potenza economica, non però anche quello del diritto sociale. Perciò dovettero fallire i tentativi di trarre il diritto sociale dal pensare economico.
3. Su fatti simili, radicati nella realtà della vita, poggia l’idea della triarticolazione dell’organismo sociale. Per questa idea, l’esperienza fatta da chi voleva creare rapporti moderni di diritto per le forme moderne dell’economia È importante, ma non la conduce ad aggiungere un altro tentativo analogo agli altri falliti. La triarticolazione non vuole far sorgere diritti sociali da un terreno su cui non possono sorgere, ma vuole che si formi una vita da cui realmente questi diritti possano generarsi. Nell’epoca moderna il giro della vita economica ha inghiottito quella vita; dovrà nuovamente liberarsene. L’idea della triarticolazione può essere intesa se si riesce a comprendere il bisogno che ha la vita economica di ricevere continuamente da fuori la correzione delle proprie forze, affinché non abbia a generare in sé effetti che la paralizzino. Le si procurerà una tale correzione se a ciò provvederanno, accanto alla vita economica, una vita spirituale autonoma e un’autonoma sfera del diritto. Con ciò non si distrugge l’unità della vita sociale, ma in realtà la si promuove nel giusto senso. Questa unità non si crea ordinandola mediante una potenza centrale, bensì facendola sorgere dalla cooperazione di forze che richiedono di vivere singolarmente ciascuna per sé, nell’intento di poter produrre la vita di un tutto. Le esperienze fatte attraverso i tentativi di creare per la vita economica moderna rapporti di diritto tratti dalla stessa vita economica non dovrebbero esser dunque considerate per ricavarne obiezioni contro la triarticolazione; si dovrebbe piuttosto riconoscere che queste conducono senz’altro a scorgere nella triarticolazione dell’organismo sociale proprio l’idea che le circostanze della vita moderna urgentemente richiedono.