Daltonismo psicologico

 

Presentazione di Nereo Villa - Il daltonismo psicologico è tipico di chi vive nel pregiudizio della capacità di amministrare ordini di cose essenzialmente diverse fra loro, secondo una sola prospettiva in nome dell'unità, affinché questa unità non si spezzi. Tale pregiudizio è simile a quello di chi dicesse che l’eredità genetica dell’uomo e la sua educazione, agendo sull’uomo da parti diverse, spezzano la sua unità (cfr. §2). Chi così ragiona non ha accesso alla piena realtà delle cose perché non ha la capacità di trovare le intuizioni ad esse corrispondenti, e si comporta come chi, a causa di acromatopsia, vede solo differenza di luminosità ma non qualità di colori. Quando questo pregiudizio vive nelle compagini dello Stato unitario (plenipotenziario e/o centralista), necessariamente si genera unamministrazione forzosa delle tre sfere dell'organismo sociale (economia, scuola, e diritto) di cui lo stesso Stato è una parte, le quali di conseguenza sono costrette a morire della loro sempre più crescente imperfezione. Allo stesso modo l’uomo resterebbe imperfetto e malato fino alla morte se la sua eredità genetica e la sua educazione lavorassero alla formazione della sua vita partendo da una sorgente unitaria (ibid.). Ecco perché così come esistono daltonici che vedono il mondo tutto grigio, allo stesso modo esistono “riformatori e rivoluzionari sociali psicologicamente daltonici (se cosi si può dire), che vorrebbero strutturare l’organismo sociale come un consorzio economico in cui gli uomini esistano come meccanismi” (§6). Ed ecco perché è così difficile farsi capire in questo contesto.

 

Rudolf Steiner

“Daltonismo psicologico”

(“I punti essenziali della questione sociale”,

Ed. Antroposofica, Milano 1980, cap. 7° de

“In margine alla triarticolazione dell’organismo sociale”, p. 154)

Traduzione Schwarz-Bavastro a cura di Nereo Villa

Ogni capoverso (§) è qui numerato in base alla 4ª ed. italiana del 1980

 

1. Molti non possono accettare - così sembra - l’idea della triarticolazione dell’organismo sociale perché temono che con questa si voglia spezzare ciò che in realtà deve operare da unità indivisa nell’assetto della vita sociale. Ora è giusto che l’uomo attivo nella vita economica venga a trovarsi in rapporti di diritto coi suoi simili e che la sua vita spirituale dipenda da quei rapporti come pure dalla sua condizione economica. Nell’uomo queste tre attività sono riunite; vivendo, egli è implicato in tutte e tre.

 

2. Ma è forse questa una ragione per affermare che queste tre attività debbano essere amministrate da un solo punto centrale? e che debbano essere amministrate tutte e tre secondo medesimi principi? Nell’uomo e nel suo agire confluiscono molte cose a partire dalle più disparate cause. Egli è soggetto alle qualità trasmessegli dai suoi antenati; ma pensa e agisce anche secondo quel che l’educazione ha fatto di lui, per opera di altre persone estranee alla sua famiglia. Sarebbe alquanto strano, se si volesse dire che per il fatto che eredità ed educazione agiscono sull’uomo da parti diverse si spezza la sua unità! Non si dovrebbe piuttosto dire che l’uomo resterebbe imperfetto, se eredità ed educazione lavorassero alla formazione della sua vita partendo da un’unica ?

 

3. Si comprende allora quanto debba fluire nell’uomo, ovviamente da parti diverse per rispondere ai bisogni del suo essere proprio grazie a questa diversità, perché il non comprenderlo sarebbe assurdo. Ma ci si rifiuta di riconoscere che lo sviluppo delle facoltà individuali, l’ordinamento dei rapporti giuridici e la formazione della vita economica possano giustamente accogliere l’uomo nelle rispettive sfere, solo se nell’ordine sociale in cui vive siano regolate da centri diversi [il grassetto è mio - ndc] e secondo diversi punti di vista. Una vita economica che ordini i diritti degli uomini in essa attivi secondo i propri punti di vista, e li faccia educare e istruire secondo gli interessi in essa dominanti, fa dell’uomo una rotellina del meccanismo economico. Atrofizza il suo spirito, che può svilupparsi liberamente sol quando lo faccia secondo i propri impulsi. Fa pure intristire i rapporti di sentimento dell’uomo coi suoi simili poiché quei rapporti non vogliono essere toccati dalla sua posizione economica, ma chiedono di esser regolati secondo uguaglianza di tutti gli uomini per quanto riguarda il lato puramente umano.

 

4. Una vita statale o giuridica che governi lo sviluppo delle facoltà umane individuali [come avviene ancora oggi, terzo millennio, col “Ministero della Pubblica Istruzione - ndc] grava pesantemente su tale sviluppo perché, dagli interessi vigenti in quella sfera, si formerà ovviamente la tendenza a far sviluppare sempre quelle facoltà secondo i propri bisogni e non secondo quelli inerenti alla loro natura, anche quando ci sia da principio la migliore volontà di tener conto delle peculiarità degli uomini. Una simile vita giuridica impone alle branche dell’economia un carattere non proveniente dai bisogni dell’economia che regola. In quella vita giuridica l’uomo è spiritualmente oppresso e impedito, per la tutela economica esercitata, di svolgere interessi adeguati al suo essere. Una vita spirituale che di per sé volesse stabilire rapporti giuridici, dall’ineguaglianza delle facoltà umane, verrebbe indotta anche a un’ineguaglianza dei diritti; e dovrebbe rinnegare la sua vera natura se, nella sua attività, si lasciasse determinare da interessi economici. In una siffatta cultura spirituale [idem est: cultura riguardante l’immaterialità dell’io - ndc] l’uomo non potrebbe giungere a una giusta coscienza di ciò che lo spirito [i.e.: l’io - ndc] può essere veramente nella sua vita perché lo vedrebbe profanato dall’ingiustizia e snaturato da scopi economici.

 

5. L’umanità del mondo civile è arrivata alla sua condizione attuale per il fatto che per molte cose i tre campi della vita, nel corso degli ultimi secoli, sono concresciuti in modo da formare uno Stato unitario. E l’inquietudine del momento attuale sta nel fatto che moltissime persone, inconsapevoli del vero carattere dei propri sforzi, urgono verso una costituzione dell’organismo sociale, tale che in tale organismo i tre organi possano svolgersi separatamente, e cioè: la vita dello spirito, liberamente, partendo dai propri impulsi speciali; la vita giuridica, democraticamente, erigendosi sull’accordo diretto o indiretto di uomini tra loro equivalenti; la vita economica in uno svolgimento che comprenda unicamente la produzione la circolazione e il consumo di merci.

 

6. Da diversi punti di partenza si può arrivare a riconoscere la necessità della triarticolazione dell’organismo sociale. Uno di questi è la conoscenza della natura umana al tempo nostro. Nella prospettiva di una certa teoria sociale e opinione di partito, si potrà ritenere assai poco scientifico e pratico dire che nell’ordinamento della convivialità umana, si debba interrogare la psicologia su ciò che essa stima adatto alla natura umana. D’altra parte sarebbe una sventura incalcolabile se si volesse vietare a tutti coloro che vogliono difendere il diritto della psicologia “sociale” di dir la loro nei riguardi della configurazione della vita sociale. Come esistono daltonici che vedono il mondo tutto grigio, cosi ci sono riformatori e rivoluzionari sociali psicologicamente daltonici (se cosi si può dire), che vorrebbero strutturare l’organismo sociale come un consorzio economico in cui gli uomini esistano come meccanismi. Questi agitatori ciechi per la psicologia nulla sanno della loro stessa cecità. Sanno solo che sono sempre esistite una vita giuridica e una vita spirituale accanto alla vita economica; e credono che, organizzando quest’ultima secondo i loro criteri, tutto il resto venga poi da sé. No, non verrà; tutto il resto sarà mandato in rovina. Ma farsi comprendere è molto difficile [!!! - ndc]; perciò è purtroppo necessario ingaggiare con loro una battaglia che non è promossa da veggenti in fatto di psicologia, ma da loro stessi.