Che cosa esige lo Spirito nuovo

 

Presentazione di Nereo Villa - Lo spirito del tempo attuale esige che ci si accorga consapevolmente che andare al mercato per acquistare o vendere una merce non può avere a che fare con previe decisioni democratiche, o partitocratiche, o burocratiche, dato che quando si compra o si vende qualcosa lo si fa solo in base a necessità, come avviene per il vegliare o il dormire di ognuno. Se per prendere un caffè al bar o una mela dall’ortolano, ecc., si dovesse prima richiedere burocraticamente il permesso a parenti o a conoscenti secondo legalità democratica, si rallenterebbe fino al blocco totale tale azione di acquisto o di cessione. Non tenerne conto, significa perturbare e distruggere l’economia. È quanto sta succedendo su tutto il pianeta.

 

Rudolf Steiner

«Che cosa esige lo “Spirito nuovo”»

(“I punti essenziali della questione sociale”,

Ed. Antroposofica, Milano 1980, cap. 9° de

“In margine alla triarticolazione dell’organismo sociale”, p. 160)

Traduzione Schwarz-Bavastro a cura di Nereo Villa

Ogni capoverso (§) è qui numerato in base alla 4ª ed. italiana del 1980

 

1. Le sterili discussioni che si fanno oggi in molti ambienti sui consigli di fabbrica possono chiaramente mostrarci quale scarsa comprensione ci sia ancora per le rivendicazioni sorte dalle necessità evolutive dell’uomo per il tempo attuale e per il prossimo avvenire. La maggior parte di chi partecipa a tali discussioni non ha la minima idea di come oggi nella democrazia e nella forma sociale della convivialità vogliano estrinsecarsi due impulsi riguardanti lo stesso essere umano. Entrambi questi impulsi esercitano sulla vita pubblica un’azione perturbatrice e distruttrice finché non si arrivi a stabilire condizioni in cui possano funzionare; ma l’impulso sociale che può vivere nella sfera economica non può, per sua natura, manifestarsi democraticamente: deve tenere conto della necessità che nella produzione economica gli uomini considerino i giustificati bisogni dei loro simili [il grassetto è mio - ndc]. Regolando l’economia secondo questo impulso, occorre fondarla su ciò che le persone in essa attive fanno l’una per l’altra, sulla base di contratti che scaturiscano dalle loro rispettive posizioni economiche. Se detti contratti hanno da operare socialmente, per concluderli sono necessarie due cose: innanzitutto devono scaturire dall’iniziativa dei singoli individui fondata sulla comprensione; in secondo luogo i singoli individui devono vivere in un complesso economico dove sia data la possibilità che, tramite contratti, la prestazione del singolo sia indirizzata nel modo migliore alla collettività. La prima esigenza si può soddisfare solo se nessun influsso amministrativo di carattere politico s’interponga tra l’uomo attivo nell’economia e il suo rapporto con le fonti e gli interessi della vita economica. La seconda esigenza si appaga se i contratti non siano conclusi secondo richieste di un mercato sregolato, ma secondo richieste risultanti quando, dati i bisogni, le branche della produzione si associno sia tra loro, sia coi consorzi del consumo, in modo che la circolazione delle merci si svolga secondo queste associazioni. Attraverso la loro esistenza sarà preindicata alle persone attive nell’economia la via da prendersi in ogni singolo caso per regolare contrattualmente la loro attività.

 

2. Una vita economica così formata non vuole parlamentarismi. Si fonda solamente su competenza e capacità nel dirigere un ramo dell’economia, e sull’unione della propria posizione con le altre, nel modo socialmente più adatto allo scopo. Quel che accade entro un tale corpo economico non è regolato da votazioni, ma dalla comprensione dei bisogni che valuta quanto è stato prodotto dagli uomini più capaci e competenti, e condotto al giusto luogo del suo consumo per accordo comune.

 

3. Ma così come nell’organismo naturale un sistema di organi, per la sua stessa attività dovrebbe dissolversi, se non fosse regolato da un altro, allo stesso modo anche ciascuno degli organi componenti l’organismo sociale deve essere regolato dagli altri. Quanto avviene nel sistema economico per opera degli uomini che vi lavorano, dovrebbe condurre nel corso del tempo ai danni inerenti alla sua natura, se non vi si opponesse con la propria opera l’organizzazione politico-giuridica, la quale deve fondarsi su basi democratiche altrettanto sicuramente di quanto la vita economica non lo può: nello stato giuridico democratico il parlamentarismo è giustificato. Ciò che vi nasce opera sull’attività economica degli uomini patteggiando la tendenza della vita economica a produrre danni. Volendo invece imprigionare la vita economica stessa nell’amministrazione della struttura giuridica, le si toglie la sua mobilità e la sua efficienza. Gli uomini che lavorano nell’economia devono ricevere il diritto da fuori della sfera economica, e

limitarsi ad applicarvelo.

 

4. Dovrebbe farsi l’esame di queste cose là dove si vogliono istituire consigli di fabbrica. Invece vi dominano dibattiti da punti di vista rispondenti all’antico principio di formare la legislazione politica secondo gli interessi di gruppi economici. Se attualmente sono cambiati i gruppi che vogliono procedere secondo l’antico principio, non è però cambiato il fatto che uno spirito nuovo manca ancora là dove ce ne sarebbe più urgente bisogno.

 

5. Oggi le cose sono messe in modo che un risanamento della vita pubblica può esserci solo se un numero sufficiente di uomini riconosca le vere attuali esigenze, sociali, giuridiche e spirituali, di uomini che abbiano la buona volontà e la forza di trasmettere anche ad altri la comprensione necessaria in questo campo. Ma gli ostacoli ancora esistenti per tale risanamento scompariranno nella misura in cui si diffonderà la comprensione qui caratterizzata, dato che è solo una superstizione politico-sociale ritenere di natura oggettiva tali ostacoli, fuori della comprensione umana. Affermano ciò solo coloro che non riescono mai a capire quale sia il vero rapporto tra idea e pratica. Pensano nel modo seguente: gli idealisti hanno, sì, idee buone e buone intenzioni, però “così come stanno le cose, quelle idee non possono realizzarsi”. Ma non è così. Per poter realizzare certe idee oggi, l’unico impedimento è costituito da chi pensa a questo modo e che ha pure il potere di opporre ostacoli in tal senso. Di un tale potere dispongono anche quei “capi” ai quali si uniscono masse di popolo, provenienti dai partiti tradizionali, che li seguono obbedienti. Perciò è condizione fondamentale del risanamento che quei raggruppamenti di partito si sciolgano, e si dia luogo alla comprensione di idee derivanti dalla medesima comprensione pratica, senza riallacciarsi alle opinioni dei gruppi e dei partiti di una volta. È una questione scottante del momento attuale trovare le vie e i mezzi per porre, al posto delle opinioni di partito, queste idee indipendenti che possano formare il “clou” per unire uomini di ogni partito, capaci di riconoscere che i partiti esistenti sono ormai dei sopravvissuti e che le condizioni sociali odierne ne sono la prova irrefutabile.

 

6. Si può capire che questo riconoscimento non riesca facile a chi ne avrebbe così bisogno; né alle masse, perché manca loro il tempo, l’agio e spesso anche la preparazione necessaria; né ai capi, perché il loro potere e i loro preconcetti sono radicati in ciò che hanno sostenuto finora. L’esistenza di questi due atteggiamenti rende tanto più urgente il dovere di cercare il vero progresso dell’umanità non dentro ma fuori delle tradizioni di partito. Non basta oggi sapere che cosa debba sostituire le istituzioni passate; bisogna lavorare per porre le nuove idee in una direzione tale da portare il più presto possibile allo scioglimento dei vecchi partiti, e da portare gli uomini a tendere verso nuove mete. Chi difetta di questo coraggio non può contribuire al risanamento della vita sociale; e chi ha la superstizione che tale tendenza sia un’utopia, costruisce su terreno cedevole.