Capitalismo e corporativismo
Oggi molti anticapitalisti non si rendono conto della distinzione fra “capitalismo” e “corporativismo” e procedono a combattere ed a rimuovere in realtà col capitalismo ciò che proviene da loro stessi (dal loro “capo”, dalla loro testa): il giudizio critico.
Il corporativismo (organizzazione statale delle persone giuridiche come strumenti politici) garantisce a chi sa impadronirsi del suo complesso armamentario un’illimitata possibilità di sfruttamento della ricchezza prodotta tramite i mezzi economici. Il corporativismo nasce quindi come chiave di ogni relazione parassitaria in ogni convivenza politica, ed è sostenuto da una legale ma non legittima classe di professionisti del parassitismo.
George Orwell nella neolingua del suo romanzo “1984” chiamava tale classe “miniver”, cioè “Ministero della Verità” che era invece ministero della menzogna, come è oggi ogni ministero di qualcosa; ad esempio chiamiamo Ministero dell’Economia qualcosa che di fatto genera debito, altro che economia! In tale contesto si sviluppa una vera e propria civiltà della menzogna poggiante su tre slogans: 1) la guerra è pace; 2) la libertà è schiavitù; 3) l’ignoranza è la forza. Come mai?
A partire dall’1989 - anno del crollo del muro di Berlino - si predica una nuova ideologia “marxista ma non marxista”, che confonde le idee alla gente prendendo come capro espiatorio il capitalismo inteso come causa di ogni male.
Così facendo, si chiama capitalismo il corporativismo, che è la degenerazione
statalistica del capitalismo sano.
Il trasformismo nominalistico per cui si chiamano le cose con un altro nome
(trasformismo) non è forse la primigenia operazione che Marx praticò rispetto
alle idee di Hegel, generando la medesima confusione che continua ancora oggi
soprattutto nella sinistra e in ogni portatore del pensiero debole, sempre più
debole? Tale trasformismo ricorda appunto l’operazione del sopracitato “miniver”!
E oggi tale operazione vorrebbe condurre l’individuo all’accettazione del debito
pubblico come normale economia del debito. La logica dei fatti reali vorrebbe
invece che il debito fosse pagato. Abbasso il capitalismo?
Il capitalismo è un bene, non un male. Oggi pochissimi afferrano questa verità
perché non comprendono che il capitalismo nasce (anche etimologicamente) dal
capo umano e dal logos del pensare che vi risiede. In ebraico “cranio” si dice
“golgota” (Giovanni 19,17), che è anche il nome del luogo in cui il sangue del
figlio dell’uomo (il sangue è veicolo dell’io) feconda la terra di nuovi
impulsi: con la croce del Golgota nasce il segno “più” (+) dell’addizione ed il
segno “per” (x) della moltiplicazione. Ma non solo. Nasce la tecnica, la
tecnologia… Eppure l’economia, che avrebbe dovuto generare credito e beni
economici, è stata ridotta - dal corporativismo - ad ingigantire un debito
pubblico che in realtà è inesistente in quanto creato artificialmente dalle
banche, emittenti denaro creato dal nulla, ma prestato poi a costo nominale!
Questo è corporativismo! Legame poltiglioso fra Stato e banche centrali,
funzionali al parassitismo del primo. Parassitismo che consiste nella pretesa di
avere denaro senza dover lavorare per ottenerlo (ed è appunto questo che i
governatori delle banche centrali forniscono ai vari governi).
Nutrendosi di menzogne, il pensiero debole crede e fa credere che il capitalismo
sia un male in quanto proveniente dal capo dell’uomo anziché dalla “legge” (come
se le leggi fossero fatte dagli dei)! E questa è alienazione.
Invece, a differenza di ciò che accadde nelle società socialiste pianificate
(che condusse al crollo del muro perché il calcolo dei bisogni precedeva e
predeterminava l’offerta) nel capitalismo l’offerta è un dono, rispetto al quale
il donatore non sa mai con certezza cosa riceve in cambio. L’offerta mercatoria
è in realtà carità, congiunta alla fede ed alla speranza che dando, si riceva
pure! (cfr. G. Gilder “Ricchezza e povertà” , Milano,1982).
L’artista non crea per denaro ma per mettere al mondo qualcosa di sé che ancora
non c’è, come un dono al mondo. E così è per qualsiasi altro produttore di
qualsiasi bene (dal CD musicale a un pomodoro, o da un quotidiano on line ad un
giornale cartaceo). Chi produce non immette nel mercato i suoi prodotti per mero
denaro ma per offrire al mondo il suo dono, e quasi per sfidare il proprio
futuro con le sue capacità creative, coi suoi talenti. Il senso di ciò è
soprattutto quello di estrinsecare al massimo grado l’elemento creativo della
natura umana che, essendo a immagine di quella divina, crea. Questo è il vero
spirito imprenditoriale. L’imprenditore è un creativo che opera economicamente.
Chi invece opera solo secondo la logica delle ricchezze - cioè secondo mera
economia politica - non è un imprenditore, ma un parassita.
Oggi il vero capitalismo è imprigionato in un vuoto conoscitivo, generatore di
rinuncia rispetto all’unica risorsa umana possibile: la creatività.
In definitiva oggi il socialismo è fallito ma il capitalismo è visto come un
male. Da chi? Dal parassitismo, cieco-volontario rispetto al fatto che il male
vero non risiede nel capitalismo ma nel corporativismo dello Stato-padrone.
Oggi continuiamo ad essere infatti governati da keynesiani, ed il keynesianesimo
continua ad ingrandire lo Stato monopolistra e plenipotenziario, assieme al
debito! Ovviamente i parassiti non sono soltanto i portatori di pensiero debole
di sinistra ma anche i portatori di pensiero debole di destra, insomma sono
tutti coloro che hanno il grave torto di non capire che le forze creative e
innovatrici agenti nel campo umano e nella natura sono le stesse che sempre
condussero imprenditori e commercianti ad avventurarsi oltre ogni situazione
statica, assicurando all’umanità il capitalismo come strumento più efficace per
la sopravvivenza.
Invece di odiare il capitalismo proclamando paradossalmente al mondo tale odio
tramite computers e tecnologia (meravigliosi prodotti del capitalismo) sarebbe
meglio incominciare a capire che la più bella forza del capitalismo è il suo
carattere individualistico etico. A me pare che l’ostilità verso il capitalismo
non c’entri nulla col benessere. L’umanità ha infatti migliorato - grazie al
capitalismo - il proprio tenore di vita. Tale ostilità mi pare più che altro
dovuta al risentimento del falliti.