Autoconoscenza dell'Io
in rapporto al Sé cosmico
- Trascrizione del video omonimo (https://youtu.be/jkrTGwxmmUU -
Oggi vi parlerò della conoscenza della storicità del Cristo senza documenti.
Se fosse possibile eliminare l'io o allontanarlo dall'uomo, cioè dal suo corpo
fisico, dalla sua vita, dalla sua vitalità e dal suo muoversi, commuoversi o
emozionarsi, quell'uomo morirebbe. E morirebbe entro tre anni. Questo dato è
evidente cioè è percepibile ma in modo sovrasensibile (e anche in modo
sensibile, ma lo spiegherò cammin facendo) se si ha la pazienza di rifletterlo
in sé: nel passaggio dall'età infantile a quella adulta, la capacità di essere
nell'organismo umano, la capacità di vivere che ha l'organismo umano si conserva
perché l'organismo è in grado di modificarsi. Poi si invecchia e con l'avanzare
dell'età l'organismo perde questa capacità e da un certo punto in avanti non è
più capace di modificarsi, perciò non è più nemmeno in grado di continuare a
essere lì come io, dato che l'io è eterno e quindi non invecchia. Questo è anche
il motivo per cui invecchiando nel corpo fisico ci si sente interiormente sempre
giovani. Personalmente non ho mai trovato un vecchio che si sentisse, dentro,
interiormente vecchio. Quasi tutti i vecchi si sentono giovani, dentro.
Solo alla fine di tutte le vite terrene l'uomo potrà avere quello che gli
consentirà di vivere per più di tre anni con quell'entità immateriale ed
immortale detta io, o "sé" in riferimento a tutto l'universo, a questa entità
che è l'io di tutto l'universo. Ma allora l'uomo sarà anche in grado di dire:
ciò che ora opera in me non sono io, ma quell'elemento molto più grande, che fu
sempre presente! Fino a quel momento non potrà ancora affermare questo; tutt'al
più potrà sentire quell'elemento superiore, senza però essere capace di farlo
realmente vivere in sé col suo vero io umano.
Ora, l'ipotesi che ho fatto non è astratta, perché è accaduta veramente nella
storia. L'ipotesi che ho fatto è quella in cui sia possibile - prima del
compimento dell'evoluzione terrestre, per esempio a metà del suo compimento o
"nel mezzo del cammin di nostra vita" - un organismo umano, che in età adulta
sia libero dal suo io grazie a certe forze cosmiche, e che abbia invece accolto
l'io che agisce di solito nei soli tre anni, nei primi tre anni dell'infanzia,
essendo quindi in rapporto col mondo immateriale in cui è l'uomo fra la morte e
una nuova nascita, e che perciò comporterebbe di vivere nel corpo solo tre anni,
dato che per effetto del karma universale dovrebbe accadere qualcosa che
distruggerebbe quell'organismo.
Ecco, tutto questo che ho detto come ipotesi è ciò che è avvenuto storicamente.
Prima di mostrarlo, chiarisco il significato linguistico del karma. Karma
significa in sanscrito "azione" e si intente con questo termine anche la
"reazione" che l'azione comporta nel "ghilgal" ebraico, cioè nel CICLO, o nel
SAMSARA indiano, cioè nel ciclo delle ripetute vite terrene. Per esempio, quando
il bambino dice la parola io, diventa consapevole di sé. Prima diceva "Mario
vuole il giocattolo", poi dice "Io voglio il giocattolo". Diventa consapevole di
sé che prima chiamava "me" (anziché dire "io" diceva "me") ma proprio in quel
momento l'io cosmico si ritrae come l'occhio si ritrae dalla lumaca. L'io
cosmico si ritrae perché adesso è il bambino, è nel bambino. Nessuno sa questo,
perché il contesto socio-culturale e/o pseudo-sociale e/o pseudo-culturale in
cui siamo immersi nega la realtà dell'io. La nega perché l'io è immateriale, e
quindi impercepibile materialmente, così come sono materialmente impercepibili
la vitalità della nostra vita, cioè la vitalità del corpo fisico e la facoltà di
muoverci e di commuoverci. Perché il movimento non lo percepiamo se non come
mosso. Noi percepiamo sempre il mosso non il muoversi.
Ciò premesso, sì, è vero: quaello che ho detto prima, l'ipotesi, si è realmente
avverato nella storia. L'organismo umano che si trovava in riva al Giordano
quando l'io di Gesù di Nazaret attraverso l'immersione nell'acqua si allontanò
dal fisico - quindi prima non ho parlato di testi dell'antico o del nuovo
testamento; adesso li verifichiamo - quando l'io di Gesù - attraverso
l'immersione nell'acqua si allontana dal fisico, dalla vitalità e dal moto,
accoglie in toto e liberamente durante e dopo il battesimo quel superiore io
dell'umanità che di solito opera nel bambino con cosmica saggezza, senza che
l'uomo ne abbia consapevolezza, coscienza.
E poiché per karma era necessario che quell'io universale potesse vivere solo
tre anni nell'organismo umano, i fatti dovettero svolgersi in modo che dopo tre
anni la vita terrena di Gesù, detto Cristo (dopo tre anni dal battesimo nel
Giordano), avesse termine.
Gli eventi esteriori della vita del Cristo sono necessariamente da interpretarsi
come determinati dalle cause interne di cui ho detto, e si presentano come la
loro espressione esteriore.
Ne risulta il rapporto profondo tra l'elemento guida dell'uomo, elemento guida
che risplende in modo velato nell'infanzia di tutti e che opera in modo
subcosciente come la parte migliore di tutti e l'elemento che penetrò una volta
nell'intera evoluzione dell'umanità, vivendo per tre anni in un corpo umano, non
in modo subcosciente ma cosciente, in quanto Cristo.
Fu infatti questo io superiore, connesso con le gerarchie spirituali a penetrare
nel corpo umano di Gesù, così che il suo ingresso è simbolicamente rappresentato
sotto la figura dello Spirito Santo che discende in forma di colomba,
accompagnato dalle parole "Questo è il mio Figlio diletto, oggi l'ho generato"
(perché così suonavano originariamente quelle parole).
Questa immagine, che è il massimo ideale umano, significa che nella storia di
Gesù è riferito che in ogni uomo si può riconoscere il Cristo.
Se anche non esistessero i vangeli o la tradizione, che affermano che un tempo
visse un Cristo, la conoscenza della natura umana permetterebbe di apprendere
che il Cristo vive nell'uomo. Perché lo Spirito Santo non è altro che lo spirito
scientifico che nasce nell'umanità: esperimento e prova della croce, segno
dell'addizione e di moltiplicazione, provenienti dal ritmo della precessione
solare, calcolata dai re magi per conoscere che in quel tempo il segno
dell'Ariete (in ebraico era l'Agnello) era simultaneo alla costellazione
dell'Ariete, sono infatti, tutto questo è la più alta Conoscenza che l'uomo può
scientificamente avere: l'io umano e l'io del cosmo, che è ordine, coincidono.
Conoscere le forze operanti sull'uomo nell'infanzia significa riconoscere il
Cristo nell'uomo.
Questa conoscenza porta anche al riconoscimento del fatto che il Cristo è
realmente vissuto una volta sulla terra in un corpo umano. Ed anche questo
riconoscimento non ha bisogno di DOCUMENTI. Perché una reale autoconoscenza
capace di osservare conduce l'uomo di oggi a riconoscere che nella sua attività
interiore che lo anima si trovano forze che provengono dal Cristo, che emanano
dal Cristo.
Nei primi tre anni dell'infanzia queste forze agiscono, ripeto, senza alcun
intervento da parte dell'uomo. Più tardi possono agire in lui solo se lui cerca
il Cristo in se stesso o Dio in se stesso, mediante concentrazione nella propria
attività interiore e nel proprio intimo. Ma NON FU SEMPRE COSÌ. Non in tutti i
tempi l'uomo era in grado di trovare da solo il Cristo in sé come lo può trovare
oggi. Vi furono tempi in cui nessuna concentrazione nel proprio intimo poteva
condurre l'uomo al Cristo. Anche questo è insegnato dalla coscienza umana in
grado di osservare le cose. Infatti, così come l'uomo di oggi nell'infanzia
indica se stesso in terza persona, allo stesso modo nell'umanità antica si
esprimeva con frasi come: "Il mio cuore dice che…"; i sapienti dicevano "Il mio
cielo dice al tuo cielo", "L'anima mia magnifica il Signore", ecc.; i
superficiali dicono che questa non fu altro che un'espressione poetica. Ma non
si tratta di poesia. Si tratta di vita reale reale in quanto questa cosa è
connessa con l'espressione normale di un'umanità più antica. Come faccio a
provarlo? Osservando. Basterebbe per esempio vedere il film "Ombre bianche" per
accorgersene e si vedrebbe che il libro di Hans Ruesch intitolato "Paese dalle
ombre lunghe" (Ed. Garzanti), da cui è stato tratto il film, racconta il
risultato delle osservazioni di
Hans Ruesh
circa la vita degli eschimesi, i quali, come i bambini nei primi tre anni di
vita, indicano se stessi in terza persona, pur essendo adulti. Cioè non dicono
io a se stessi ma usano il termine "quest'uomo", "questo cacciatore", "questa
donna", come è testimoniato nel film. Qui vi è anche il passaggio ultimo o
l'ultimo retaggio di vita matriarcale (negli eschimesi intendo) verso la vita
patriarcale dell'umanità, in cui nasce il senso di proprietà, basilare
fondamento dell'intuizione di Serafino Massoni, a cui sono grato per la sua
scoperta scientifica e spirituale, così come sono grado a Umberto Bartocci per
le sue scoperte in campo matematico. Lo stesso vale per Roberto Monti e Alberto
Bolognesi, che purtroppo non ho fatto in tempo a conoscere. Ciao...