Antilogica degli antroposofi marci
Se la realtà è data dal mondo come percezione da un lato, e dal
mondo come concettualizzazione dall'altro, assolutizzare uno di questi due mondi
è sbagliato. Assolutizzare il primo è infatti "materialismo", mentre
assolutizzare il secondo è "immaterialismo", cioè quell'idealismo o
spiritualismo assoluti, che condurrebbero ad essere perennemente "in un sogno
che nel sogno dipende da se stesso" (Johann Gottlieb Fichte, "La missione
dell'uomo").
Chi assolutizza i concetti come realtà assolute non può poi anche sostenere che
tali realtà sono incomplete perché, così facendo, dimostra di essere fuori dalla
realtà, cioè in quel sogno. I concetti di "supercazzola prematurata" o di "posterdato
di toio" presenti nel film "Amici miei" sono esempi di tale sogno, che in quanto
sogno ne costituiscono la comicità di mere convinzioni dialettiche prive di
contenuto.
Chi nel terzo millennio predica "La filosofia della libertà" di Steiner ancora
con le categorie del "darsi una mossa" e dell'assoluto del "Sistema della
dottrina morale" di Fichte (1798) è molto simile al sognatore della "supercazzola,
solo che non scherza come fanno i personaggi del film "Amici miei" ma nemmeno si
accorge di essere entrato nel sogno di quell'attivismo fichtiano.
Quando l'io entra in contatto col non-io si verifica per Fichte un "urto", per
cui l'io percepisce una resistenza.
Nasce da qui la sognante teoria fichtiana dello "sforzo". Questo sforzo
genererebbe l'attivismo che opporrebbe all'ostacolo (non-io) se stesso (io).
In tale contesto, questo sognatore della "supercazzola" chiama l'attività di
opposizione a se stessa il "darsi una mossa" che, plasmando l'indeterminato,
vale a dire l'aggregato sconnesso di sensazioni, colori, odori, impressioni,
ecc., del non-io urtante (l'oggetto di percezione prima che l'io gli abbia dato
un nome, per esempio quella data rosa), come Fichte, fa in modo che sia l'io a
plasmare il non-io, e non viceversa.
In base a queste premesse obsolete, il sognatore arriva poi ad affermare il
dovere morale come libertà, col quale l'io realizzerebbe la sua indipendenza dal
mondo naturale, anche se ogni volta che l'io supera un non-io, ne ricompare un
altro, e quest'altro sforzo, quest'altra tensione (o quest'altro darsi una mossa
verso la libertà) costituirebbe per lui come per Fichte un compito tanto
infinito e titanico, quanto romantico.
La morale di Fichte e del sognatore della "supercazzola" è l'idealismo etico, ed
è basata su attivismo, intraprendenza, e lavoro, cioè sul "darsi una mossa"
all'infinito fino all'infinita flessibilità dell'io.
Ma come la storia ha dimostrato, si tratta di una flessibilità che in realtà è
sostanzialmente schiavitù, creduta "immaginativa morale" o "fantasia morale",
che non c'entrano affatto con tale moralismo fichtiano.
La "morale" steineriana non esiste. Esiste tutt'al più come individualismo:
individualismo etico, in cui l'immaginativa morale è quella creata
dall'individuo all'occorrenza, e che può essere flessibilità in un caso ma può
essere anche inflessibilità in un altro caso, o può essere altro ancora se
l'individuo stabilisce per sé un altro libero comportamento morale.
In altre parole, l'individualismo etico non abbisogna di alcun dovere, neanche
del fichtiano "dovere morale-libertà", in quanto prende coscienza dell'antitesi
essenziale fra dovere e libertà...
Ad un certo punto di una sua conferenza, il sognatore della "supercazzola",
riassumendo nel terzo millennio il concetto di monismo del capitolo 10° de "La
filosofia della libertà" di Rudolf Steiner, fa le seguenti dichiarazioni:
"Questa è la VERTIGINE del pensare puro [...] nel
pensare puro mi trovo all'inizio del mondo dove io dico "Il triangolo sia" e il
triangolo fu [...] Il primo che ha creato il concetto di triangolo, da dove l'ha
creato? Non c'era. Da lì si vede che il pensare è creazione in assoluto. Perché
prima che il Logos creasse il concetto di triangolo, il concetto di triangolo
non c'era. Da dove lo crea? Dal nulla lo crea. Dal nulla. Quindi il pensare puro
è la creazione dal nulla" (11° Seminario tenuto a Rocca di Papa,
Roma, tenuto da Pietro Archiati, 3-5 febbraio 2012).
Più che una "VERTIGINE", questa è una menzogna! Infatti per Steiner "la
matematica tutta quanta, la geometria, nascono dal nostro sistema di movimento"
(R. Steiner, "Nascita e sviluppo storico della scienza", Milano, 1982).
Ciò significa che matematica e geometria sono estratte DAL NOSTRO SISTEMA
LOCOMOTORIO (ibid. 3ª conf., Dornach, 26 dicembre 1922), dunque NON dal
"nulla".
Certamente il cattolico potrà anche obiettare che matematica e geometria
provengono dal "nulla" in quanto ritiene che anche il nostro sistema locomotorio
sia creato dal nulla. Davvero "VERTIGINOSO"!
Questa obiezione può però essere valida solo per un credente! Un credente nella
creazione dal nulla.
La scienza della libertà di Steiner non ha però nulla a che fare con contenuti
di fede o con confessioni religiose. Se no che scienza sarebbe?
Dunque se vogliamo attenerci alla logica di realtà, la matematica e la geometria
non nascono PER NULLA dal nulla!!! Il neonato impara la retta già nella suzione
del latte materno… È un apprendere ancora in un mondo di sogno ma è un
apprendere, tant'è vero che poi si risveglia subito quando incomincia a
tracciare un'asta su un foglio… La mera logica formale del sognatore, mediante
la quale egli si crede un padre eterno nel poter dire tutto e il contrario di
tutto, è ben altro!
Che poi un essere - come sostiene il sognatore - abbia detto "il triangolo sia",
e che poi il triangolo sia comparso dal nulla, questa è pura elucubrazione,
sogno non consapevole in cui d'abitudine egli assolutizza fichtianamente i
concetti.
Tranne che per gli assolutisti, i concetti non furono, non sono e non saranno
mai degli assoluti, dato che furono, sono, e sempre saranno perfettibili.
Un esempio: oggi viviamo un più perfetto concetto della nostra posizione
cosmica: il geocentrismo ha lasciato il posto all'eliocentrismo, e
l'eliocentrismo ha lasciato il posto alla comprensione del fatto che ci troviamo
in un universo in espansione.
Invece stando alle parole del sognatore, l'evoluzione sembra non esistere
proprio. Per esempio, ad un certo punto, qualcuno del pubblico gli chiede
maggiore concretezza in merito a matematica e geometria. Ne nasce una diatriba
che si conclude con la negazione della percezione e della rappresentazione, e
con l'esaltazione del concetto assoluto di concetto:
"È nel concetto di concetto che il concetto concepisce l'unità di un'infinità
di elementi che altrimenti, senza il concetto sarebbero dispersi [...]".
Ma che risposta è mai questa?
Per me è davvero esilarante pensare che oggi al mondo ci sia ancora un fichtiano
talmente convinto dell'esistenza di un essere assoluto, creatore del concetto di
triangolo dal nulla, da dire che nel concetto di concetto, il concetto
concepisca qualcosa, cioè un altro concetto! È semplicemente pazzesco!
Poi afferma: "Stando alla filosofia della libertà
[...] per avere la rappresentazione devi avere la percezione, ma per avere il
concetto di triangolo non hai bisogno di nessuna percezione; basta il concetto
[...]. Nella filosofia della libertà c'è questa frase: "Si può avere il concetto
di leone senza mai avere percepito un leone".
Steiner scrive: "Il mio concetto di un leone non è formato a partire da mie
percezioni di leoni; ciò che invece devo alla percezione è la mia
rappresentazione del leone. A chiunque non abbia mai visto un leone io posso
INCULCARE il concetto di un leone. Di trasmettergli una rappresentazione vivente
non mi riuscirà senza la sua propria percezione" (R. Steiner, "La filosofia
della libertà", cap. 6°, §4: "Mein Begriff eines Löwen ist nicht aus meinen
Wahrnehmungen von Löwen gebildet. Wohl aber ist meine Vorstellung vom Löwen an
der Wahrnehmung gebildet. Ich kann jemandem den Begriff eines Löwen beibringen,
der nie einen Löwen gesehen hat. Eine lebendige Vorstellung ihm bei-zubringen,
wird mir ohne sein eigenes Wahrnehmen nicht gelingen").
A me pare che Steiner scriva non per assolutizzare il fatto che per il mio
concetto di leone io non abbia bisogno di percepirlo, bensì per dire che non
posso derivarlo "da mie percezioni di leoni". Infatti solo
sperimentandolo prima come rappresentazione, vale a dire come concetto
individualizzato - cosa che avviene solo grazie al percepire l'oggetto di
percezione, cioè quel dato leone - posso sperimentarlo poi come concetto. In
altre parole, se io vedo una cosa, posso, sì, raccontarla concettualmente a te
che non l'hai mai vista, ma non potrò mai far passare da me a te la
rappresentazione vivente di quella cosa senza la tua viva percezione di essa.
Questo però è l'esatto contrario di quanto comprende il sognatore quando
dichiara che in quell’affermazione di Steiner (ibid. cap. 6°, §4) starebbe
scritto che per avere un concetto non c'è bisogno di percezione. Se ciò fosse
vero, come mai allora, al 12° capitolo, Steiner scrive che a nessuno dovrebbe
venire in mente "di affermare che può derivare dal proprio concetto di
protoamnioto quello di rettile con tutte le sue caratteristiche, pur non avendo
mai visto un rettile"? (R. Steiner, op. cit., Cap. 12°, §5).
Se in questa affermazione di Steiner si prova a sostituire il rettile col leone
si potrebbe ottenere quest’altra, vale a dire che a nessuno dovrebbe venire
in mente di affermare di poter derivare da un proprio concetto quello di leone
pur non avendo mai percepito un leone! Ebbene, al sognatore della
supercazzola viene proprio in mente di poter affermare ciò quando dice di
leggere in Steiner che "Si può avere il concetto di
leone senza mai avere percepito un leone"!!!
Se questo mio ragionamento è giusto, ho appena dimostrato che si può predicare e
spiegare la scienza di Steiner facendo dire ad essa esattamente l'opposto di
quanto vi si trova scritto. In che modo? Basta assolutizzare i concetti e il
gioco è fatto, un giorno si può dichiarare una cosa e il giorno dopo il suo
contrario. Tutto e il contrario di tutto. Ma questa è la scuola di Fichte, e in
genere dell’eristica (arte di avere sempre ragione con le parole), non di
Steiner.
Per Steiner ogni concetto è caratterizzabile sempre meglio perché anche questo
aspetto migliorativo dei concetti rientra nell’evoluzione. I concetti non sono
mai degli assoluti per chi sa orientarsi in senso evolutivo.
Invece il concetto del sognatore non è altro che una definizione, cioè qualcosa
di morto, o di esaustivo avente in sé la fine della propria perfettibilità.
Come mai il sognatore fa questo errore di credere definizione il concetto? A me
pare che le cose stiano così: il concetto è forma che non possiede una forma
specifica. Perciò parlare, come fa il sognatore, di "concetto di
concetto"risulta alienante. I concetti non hanno forma. Sono le forme essenziali
delle cose. Io posso rappresentarmi UN leone ma non IL leone come
concetto assoluto. Il concetto è forma in potenza ma non in atto. Affinché IL
leone possa prendere concettualmente forma in me, devo per forza di cose passare
dal piano concettuale a quello immaginativo o rappresentativo. Questa è la
dinamica caratterizzata da Steiner là, dove scrive che il concetto di un leone
non lo si può derivare da percezioni del leone (R. Steiner, op. cit., cap. 6°,
§4).
Un leone, come ogni altra cosa, ha una forma.
Ciò che conferisce l’essenziale a una cosa è la sua forma.
Contrapponendo un concetto a ciò che i miei sensi colgono di quella cosa trovo
la sua forma essenziale solo se quel concetto riesce ad evocare universalmente
quella data cosa.
Infatti l'universalità di un concetto non è altro che la forma essenziale di
quella data cosa a cui il concetto fa riferimento.
Ciò che il concetto ha come vera e propria sua forma proviene da me in quanto
soggetto, quello che invece il concetto ha, come contenuto, proviene dalla cosa
in quanto oggetto.
Infatti, ai tempi della Scolastica si sarebbe detto che il concetto è fondato "formaliter"
nel soggetto, e "fundamentaliter" nell'oggetto. Allora occorreva avere un'idea
precisa dei limiti di un concetto, ed era stata perfino trovata una via verso
una tecnica concettuale altrettanto precisa: "Se questa via fosse stata
seguita, senza lasciarsi imprigionare, prima dall'averroismo, e poi dal
kantismo, si sarebbero raggiunte due cose. Prima cosa: una teoria della
conoscenza, sicura in se stessa. Seconda cosa: la comprensione al posto del
fraintendimento di spiriti come Ficthe, Shelling,
ed Hegel, dei quali si dice ancora oggi che essi hanno intessuto un mondo di
concetti astratti, proprio perché si è ancora irretiti nel kantismo" (R.
Steiner, "Filosofia e antroposofia", Ed. Antroposofica, Milano, 1980).
Questo diceva Steiner nel 1904 ma le cose dette allora sono ancora attuali,
soprattutto per i "sognanti" di oggi che assolutizzando eristicamente i
concetti rifiutano il risveglio!
Proprio perché il concetto è sempre perfettibile: "ogni ampliamento della
cerchia delle mie percezioni rende necessario che io corregga la mia immagine
del mondo" (R. Steiner, op. cit., cap. 4°, §13: "Jede Erweiterung des
Kreises meiner Wahrnehmungen nötigt mich, mein Bild der Welt zu berichtigen").
Dovremmo quindi sempre trasmettere i nostri concetti mediante il nostro
percepire, dato che solo in tal modo si entra nella logica della realtà
consistente di percezione e concetto là, dove per "percezione" si intende non un
concetto astratto ma la cosa, l'oggetto percepibile ("Dato che vi sono
oscillazioni di significato nell'uso della lingua, mi sembra imperativo
intendermi col mio lettore circa l'uso di una parola che devo usare qui di
seguito. Sopra ho nominato gli oggetti di sensazione immediati: chiamerò questi
- in quanto il soggetto cosciente ne prenda atto tramite l'osservazione -
PERCEZIONI. Perciò designo con questo nome non il processo di osservazione, ma
l'OGGETTO di questa osservazione"; R. Steiner, op. cit., cap. 4°).
Questa spiegazione di Steiner, se la si vuol vedere, è l'esatto opposto della
comprensione assolutizzante del sognatore.
E ciò è avvalorato anche dalla conclusione del capitolo in cui si parla del
concetto di leone citato da detto sognatore: "Il sentimento è il mezzo
attraverso cui i concetti anzitutto acquistano VITA concreta" (R. Steiner,
op. cit., cap. 6°), dato che il sentimento non è altro che un elemento del
percepire!
Il monismo di pensiero mostrato da Steiner nella sua filosofia NON è
dunque un pensare assoluto, cioè disciolto ("ab-solutus" = "di-sciolto") dal
sentire, ma un PUNTO DI ARRIVO in cui il pensare ed il sentire generano
evoluzione dell'essere umano, essenziale se non ci si vuole perdere in mere
astrazioni di un "pensare puro" astrattizzato senza alcuna connessione con la
relativa esperienza reale nella nostra propria vita. Infatti senza l'elemento
della percezione non è possibile accogliere l'evoluzione a cui ha portato il
copernicanesimo: "L'immagine che gli antichi si erano fatti riguardo alla
relazione della terra col sole e con gli altri corpi celesti, dovette, da
Copernico, essere sostituita con un'altra, perché non coincideva più con
PERCEZIONI che non erano state conosciute prima" (R. Steiner, op. cit., cap.
4°).
Steiner parla dunque di percezioni che non hanno caratteristiche di
impercepibilità come quelle predicate dal sognatore quando afferma la non realtà
dell'eliocentrismo (11° Seminario tenuto a Rocca di Papa, op. cit.).
L'eliocentrismo dal 1851 fu infatti considerato reale grazie al famoso
esperimento del pendolo di Foucault, che realizzò poi, dopo solo un anno, nel
1852, il giroscopio, nel quale divenne percepibile che l'asse del suo rotore
segue sempre le stelle fisse. E proprio perché perfino la teoria eliocentrica
dimostratasi reale, oggi risulta anch'essa inesatta perché siamo arrivati a
conoscere che nella realtà dei fatti nemmeno il sole, il sistema solare, né la
Via Lattea sono immobili, ma che l'intero universo è in via di espansione, non
bisognerebbe mai assolutizzare i concetti.
Assolutizzare i concetti è un errore: è eristica del trasformismo dell'animale
sociale, sempre più animale, e sempre meno sociale!
E il pensare puro?
Certamente il pensare puro non va creduto, né assolutizzato attraverso un non
percepibile creatore dal nulla.
Il pensare puro può solo essere SPERIMENTATO.
Per la giusta considerazione di come sorga il concetto puro in contrapposizione
alla percezione, ripropongo la seguente immaginazione di Steiner (non ricordo
ora la citazione).
Si immagini di voler formare il concetto del cerchio. È possibile fare questa
esperienza in due modi, attraverso i soli cinque sensi riconosciuti dalla
fisiologia ufficiale, oppure attraverso gli altri sette sensi che la fisiologia
ufficiale deve ancora riconoscere. Nel primo caso, si può sperimentare il
cerchio navigando per esempio sul mare finché tutt'intorno non si veda che
acqua. In questo modo, è tramite l'oggetto di percezione che ci si può formare
la rappresentazione di un cerchio. Nel secondo caso, si può arrivare al concetto
di cerchio senza fare alcun appello ai cinque sensi ordinari, ma costruendo nel
proprio spirito, la somma di tutti i punti che sono ugualmente distanti da un
punto dato. Per formare questa costruzione che si svolge totalmente nell'intimo
della vita del pensiero, non c'è bisogno di fare appello a qualcosa di
esteriore; e poiché questo è assolutamente pensiero puro, in senso aristotelico,
"pura attualità", c'è bisogno soltanto del senso del pensiero, che è uno dei
sette sensi, che la scienza ufficiale della scuola dell'obbligo deve ancora
riconoscere.
Certamente si può parlare anche teologicamente di universali.
Però oggi parlare di Dio è parlare di aria fritta.
Solo qui il sognatore ha ragione, ma dovrebbe essere così coerente da
considerare che anche il parlare di un creatore che crea dal nulla è aria
fritta, dato che NON un creatore dal nulla può unificare oggi gli uomini, ma
solo il pensare.
E il pensare può attuarlo solo a condizione di non scambiarlo col pensare
assoluto o con l'idealismo assoluto pensato da Fichte, che comporterebbe un
nuovo oscurantismo di tipo moraleggiante in quanto nuovo "pensato", sostitutivo
del pensare.
A questo proposito, la questione, tirata in ballo dal sognatore circa
l'"immoralità" dell'eliocentrismo o del... telefonino (11° Seminario tenuto a
Rocca di Papa, op. cit.) è solo oscurantismo, oscurantismo del terzo millennio!