Ai promotori dell'antroposofia finanziata
dalle fondazioni di banche armate
La triarticolazione sociale
non esclude la coerenza sociale
In ogni fenomeno sociale vi sono sempre in ballo tre sistemi:
quello culturale, quello giuridico-politico e quello economico, l’insieme dei
quali forma l’organismo sociale, da non confondere con le caste, se non si vuole
perdere di vista la totalità dell’umano.
Le tre funzioni dell’organismo sociale sono presenti ovunque a livelli diversi e
non si può parlare dell’una senza coglierne anche i rapporti con le altre due.
Nell’idea di Steiner della triarticolazione dei poteri sociali, una scuola è per
esempio un organo collegato al sistema funzionale della libera vita culturale,
ma va considerata anche 1) come un’impresa di produzione, inserita nella vita
economica associativa, e 2) come ambito lavorativo in cui si realizzano rapporti
umani, radicati nel sistema funzionale della vita giuridica democratica.
Sempre nell’esempio della scuola queste tre funzioni (culturale, economica e
giuridica) sono, sì, essenzialmente diverse, ma affinché esista e funzioni la
scuola non solo come concetto ma anche come oggetto percepibile, è necessario
che esse coesistano in un medesimo luogo detto “scuola” combattendosi,
completandosi e armonizzandosi a vicenda.
In tal modo sarà possibile la conoscenza sociale della scuola come opposta
polarità rispetto alla coerenza, che altro non è se non azione sociale.
La conoscenza sociale della scuola (come di ogni cosa) priva di azione sociale,
cioè di coerenza, è mera astrazione, mediante la quale nulla si attua che non
sia pensiero dialettico, dialettica, parlamentarismo, arte di aver sempre
ragione, demagogia, ecc.
La conoscenza sociale e l’azione sociale (coerenza), essendo polarmente opposte,
esigono una certa pre-veggenza e post-veggenza (feedback) per armonizzarsi. Se
nella conoscenza di un fenomeno sociale vivente (poniamo il funzionamento di
un’istituzione) si vogliono distinguere quelle tre componenti, occorrerà
prevedere nell’azione sociale (coerenza) come quelle componenti si combinino tra
loro, e come, dai loro complessi rapporti, possa sorgere una forma sociale
concreta.
Nell’organismo sociale si sta già realizzando questa triarticolazione,
percepibile a due livelli di manifestazione: quello del micro-sociale e quello
del macro-sociale. Lo testimoniano, appunto, tutte le lotte interne, che sono
tutte finalizzate, ne siamo consapevoli o no, alla piena attuazione delle
possibilità o dei poteri di ognuna delle componenti la triade (fatta di cultura,
di economia e di diritto).
Il livello del micro-sociale è quello delle condizioni e delle forme interne di
un’impresa, di un’istituzione, o di una piccola società.
In cosa consiste il cosiddetto cambiamento in base all’idea della
triarticolazione divenuta consapevolezza? All’inizio ed alla fine non ci sarebbe
niente di diverso. Una società che fabbrica e distribuisce scarpe continuerebbe
a fabbricare e a distribuire scarpe con le stesse tecniche, la stessa divisione
dei compiti, con lo stesso personale e le stesse macchine.
Ciò che invece dovrebbe risultare diverso è il rapporto di ogni socio con
l’insieme dell’impresa (società), con la sua politica, le sue forme e le sue
condizioni. Infatti la divisione del lavoro e la consapevolezza di appartenere
ad uno stesso organo del corpo sociale porterebbe alla formazione di tre istanze
in seno all’impresa: nella prima si definirebbero le grandi linee-guida in
materia di ricerca, di innovazione, di macchinari, di idee, cioè tutto quanto
concerne la direzione e l’organizzazione, nonché la gestione del capitale; nella
seconda istanza, complementare alla prima, si realizzerebbero tutti i contatti e
gli scambi necessari alla commercializzazione, alla vendita, ai rapporti tra
produzione e consumo; la terza, costituirebbe il polo sociale propriamente
detto, cioè la definizione delle condizioni di lavoro e di rendita, la
designazione dei responsabili, e la messa a punto di tutti i dispositivi atti a
favorire la circolazione, la comunicazione, la mediazione tra tutti i settori
dell’impresa.
In queste tre istanze sono riconoscibili le tre funzioni sociali 1) culturale,
2) economica e 3) giuridica. Le prime due funzioni necessitano di competenze
specifiche nonché di deleghe riguardanti l’iniziativa e la responsabilità; la
terza si rivolge invece a tutti senza discriminazione di potere e di competenze.
Le leggi funzionali della libertà d’iniziativa, della fraternità nella
complementarità dei compiti, e dell’uguaglianza per tutti dei diritti, si
applicano rispettivamente alla sfera culturale, alla sfera economica e alla
sfera giuridico-sociale. Dedurne che la libera iniziativa riguardi solo il
settore della direzione, o che la fraternità si applichi solo al produrre,
sarebbe controproducente e fallimentare. È invece necessario che questi impulsi
trovino la loro collocazione in ogni luogo di lavoro, che l’operaio abbia la
possibilità di sviluppare il germe della libertà, e che il dirigente guidi la
propria azione sulla base della fraternità. Si può aggiungere che né gli uomini
né l’impresa - considerata nel suo insieme come un organo o cellula del corpo
sociale - devono specializzarsi in una soltanto delle tre funzioni. Sia negli
uomini che nell’impresa c’è una combinazione vivente ed organica di tutte e tre
le tre funzioni.
L’unità dell’impresa consegue alla molteplicità delle funzioni, così come
l’unità di ciascuna delle tre funzioni consegue alla molteplicità degli uomini e
dei loro compiti.
La triarticolazione sociale non è dunque né un dato di partenza né un punto di
arrivo. Può solo intervenire nella dinamica del processo sociale come
consapevolezza.
Come nell’organismo umano l’occhio, per esempio, appartiene al sistema nervoso e
sensoriale pur essendo attraversato da processi che lo collegano anche al
processo circolatorio ed a quello metabolico-motorio, così ogni membro di un
gruppo di lavoro partecipa dei tre campi funzionali dell’organismo sociale.
L’essenziale è che ci sia movimento tra le tre funzioni, e che esse si
affrontino a vicenda. Se manca il movimento fra le tre funzioni, tutto diventa
fittizio e sui spegne nell’ipocrisia. Ecco perché ogni impresa o istituzione
dovrebbe anche essere un luogo di formazione dell’essere umano, per sé e con gli
altri, una sorta di università in cui le qualità funzionali sociali sono per
ciascun individuo forza interiore, attività interiore, colorazione interiore; è
per esempio necessario che chi è libero coltivi con gli altri l’uguaglianza e la
fraternità, e che chi non ha nient’altro che l’uguaglianza riceva la fraternità
per potersi anche affermare come essere libero.
L’organismo sociale è formato da tessuti talmente complessi che la sua
triarticolazione è potente sia a livello micro-sociale che macro-sociale. Così
come una cellula dell’organismo può essere più particolarmente specializzata
nella digestione, e ciò non impedisce che sia collegata anche a funzioni
neuro-sensoriali e circolatorie-respiratorie mediante i circuiti nervosi e
sanguigni che l’attraversano, allo stesso modo un’impresa economica è collegata
in modo triplice al resto dell’organismo sociale. Un’impresa è infatti allo
stesso tempo consumatrice nei confronti dei suoi fornitori (macchine, energia,
materie prime e prodotti trasformati) e produttrice in rapporto ai suoi clienti.
In questa coerenza, simile all’ordito di una stoffa, risiede l’essenziale del
suo rapporto economico con il resto dell’organismo sociale: per esempio
nell’essere attraversata da una corrente di merci, ma se non vuole rischiare il
soffocamento, deve essere anche percorsa dal circuito della vita culturale.
Si prenda, ad es., l’alto livello di evoluzione tecnologica richiesto
dall’industria moderna. Questo non si crea per magia. Le invenzioni, i processi
rivoluzionari, le innovazioni, le scoperte sono possibili solo perché tutte
queste idee sono segni dei tempi, dello spirito del tempo, sono nell’aria
insomma, grazie allo sviluppo di una cultura scientifica e di universalità del
pensare. La ricerca ha bisogno di équipes internazionali e multidisciplinari, di
laboratori, e di mezzi che superano di gran lunga le possibilità di una sola
impresa.
Lo stesso accade con le nuove forme d’arte, con la creatività, con lo spirito di
iniziativa, con la libertà: tutto questo è espressione di individui o di piccoli
gruppi nella loro dimensione più originale, ed è necessario che creatività,
spirito di iniziativa e libertà circolino, così come circolano le idee, che
esista la possibilità di interventi sia dall’esterno che dall’interno
dell’impresa.
Quanto al polo giuridico-sociale, la definizione collettiva delle condizioni di
lavoro e di rendita suppone anche una comunicazione con le istituzioni a livello
macro-sociale che permetta di farsi un’idea di ciò che è ragio-nevolmente
possibile.
Una precisa idea dell’interazione in una impresa del micro-sociale col
macro-sociale la si può avere considerando i processi concreti della vita
dell’impresa stessa. Si prenda, ad es., il caso della designazione dei
dirigenti. Si tratta di mettere al posto giusto persone in funzione delle loro
capacità e attitudini. Queste qualità sono individuali, e derivano dalla
combinazione di fattori ereditari (ed anche biografici) con l’educazione, gli
studi, e la formazione. Insomma, la loro collocazione nell’organismo sociale
riguarda la vita culturale in cui vigono la libertà e l’iniziativa. È proprio a
questo carattere di iniziativa libera che si richiama l’economia liberale
occidentale.
È invece notorio che quanto dovrebbe essere libero campo d’azione per gli
imprenditori a cui si richiama questo sistema è poi trasformato dal
corporativismo, dall’interventismo statali, e delle banche centrali di Stato
volute dallo Stato, in qualcosa di totalmente altro, che assomiglia più che ad
un’armonia di intenti, ad una gara egoistica ed immorale per il denaro e il
potere, o ad una lotta all’ultimo sangue per il successo, o perfino
all’applicazione arbitraria alla società del principio materialistico darwinista
di selezione naturale.
Col corporativismo e con l’interventismo, la libera impresa non è più libera
impresa in quanto ai fattori di competenza individuale si mescolano quelli del
potere (gruppi di influenza dei partiti) e del denaro (gruppi di influenza delle
banche centrali), ignorando, di conseguenza, i valori di fiducia sociale, di
partecipazione organica, di delega democratica del controllo e del potere, che
possono e devono emanare da un polo giuridico-sociale sano.
Tutto questo incominciò a vedersi all’Est ma oggi è così anche all’Ovest per chi
sa aprire gli occhi su ciò che da noi è ancora occultato: l’economia dirigista
di Stato che mescola continuamente interessi economici con interessi politici,
finendo per trascurare del tutto la libera iniziativa individuale, e portando
come conseguenza l’eliminazione della possibilità di un vero polo sociale.
Se si continuerà in questa direzione ciò non potrà che portare ad altri crolli
del muro di Berlino, cioè al crollo del muro di Maastricht, ed ai muri di ogni
Stato. Questo però non deve in alcun modo spaventare. Perché? Perché non sarà
altro che l’attuarsi della triarticolazione sociale, purtroppo in senso karmico,
cioè con immani batoste per tutti, guerre, terrorismo, ecc. C’è ovviamente da
sperare che non sia così, vale a dire che ci si svegli dal torpore della
coscienza, per non essere svegliati dalle batoste, appunto.
Di fronte alla realtà che caratterizzano l’inumana situazione sociale attuale, è
della massima importanza che si sviluppi ovunque un polo giuridico-sociale
realmente "mediano", non più come espressione diretta della volontà e della
“ragion di Stato”, ma come espressione diretta di tutti coloro che fanno parte
di un’istituzione o di un’impresa. In questo modo la designazione dei dirigenti
è un affare che riguarda tutti coloro che lavorano nell’impresa. Spetta dunque a
tutti i lavoratori di qualsiasi impresa - e non allo Stato - darsi le proprie
regole e i propri organi che permettano di procedere in modo democratico. Lo
Stato ha solo il compito di garantire questo procedere.
Nella consapevolezza della triarticolazione sociale sono gioco due criteri: da
un lato il criterio culturale del libero impegno di persone dotate delle
competenze necessarie (principio di libera iniziativa della vita culturale);
dall’altro il criterio sociale-giuridico dell’espressione della fiducia sociale
(principio di uguaglianza democratica della vita giuridica). Si tratta di due
principi necessariamente in contraddizione tra di loro. Si può uscire da questo
dualismo solo considerando un terzo fattore: la necessità di collegare il
micro-sociale al macro-sociale, che corrisponde a quanto caratterizzato sopra
come secondo aspetto fondamentale della triarticolazione: la comprensione della
società in quanto organismo sociale.
Da questo punto di vista la risurrezione di Cristo non è altro che risurrezione
di viventi forze conoscitive, possibile solo se l’io umano feconda il pensiero
mediante la coerenza, cioè mediante forze di volontà, le sole in grado di
metamorfosarlo a partire dall’io stesso.
Questa nuova coscienza, anche se molto lentamente, si sta già sviluppando,
proprio a partire da istanze associative che hanno raggruppano consumatori,
produttori e distributori, e che percorrono consapevolmente ogni settore
dell’organismo sociale.
Un’economia di questo tipo ovviamente non potrà più essere quella “a breve
termine” del “voglio tutto subito”, in quanto dovrà essere liberata dal
principio limitativo ed egoistico del corporativismo interventista (Keynes). Il
capitalismo consapevolmente fraterno non significa di certo il non tenere conto
ovunque dell’integrazione organica del tutto e della parte, o il non considerare
prioritario l’ambiente sociale, umano e naturale. Anzi! Le necessità di
protezione della natura e dell’ambiente non deriveranno dal diritto, né dalla
vita culturale. Deriveranno dalla vita economica stessa, fondata su basi
proprie. Perché, da sé, essa saprà servire da supporto ad una coscienza
universale dei rapporti tra il tutto e le parti, tra l’universale e il
particolare.
Lo stesso accadrà per la soluzione dei gravi problemi odierni di disoccupazione
e di inflazione, attraverso l’auto-regolazione associativa dei processi
economici. Solo in questa comprensione l’economia può diventare realmente
fraterna: nel senso della solidarietà tra il tutto e la parte! Una solidarietà
poggiante sulla consapevolezza della divisione del lavoro, dunque scientifica,
non buonistica…
E la questione banche?
Le banche saranno solo tipografie, così dovranno chiamarsi perché è questo che
devono essere, e nulla di più. Apparterranno a tutti i soci dell'organismo
sociale, e l'attuale sistema antisociale sparirà progressivamente.
In tale nuovo contesto ogni impresa sarà associata ad una o più tipografie,
collegate a loro volta ad altre imprese. Queste tipografie potranno farsi carico
della compatibilità delle imprese ed assicurare la circolazione del denaro che
dal consumo rifluisce verso la produzione. Tali tipografie saranno, appunto, il
legame associativo tra numerose imprese e permetteranno il passaggio dal
micro-sociale al macro-sociale. Di conseguenza non potranno che agevolare la
circolazione dal polo dell’economia di scambio al polo della produzione. Queste
tipografie associative, così come quelle di credito (emissione), e come le
imprese stesse, costituiranno il polo economico produttivo. Il "collettivo di
lavoro" di ciascuno di questi organi costituirà il polo giuridico nella sfera
economica e ogni lavoratore ne sarà parte di diritto, quale che sia il suo ruolo
e la sua importanza nella produzione.
Ogni "collettivo di lavoro" designerà democraticamente, sia direttamente sia
attraverso commissioni di rappresentanti, i membri del consiglio di
amministrazione dell’impresa, cioè il "polo culturale" della stessa ("consiglio"
è inteso qui nel senso di essere in grado di dare consigli competenti). Questi
"consigli di amministrazione" dovranno necessariamente includere responsabili
che definiscano i compiti e gli orientamenti dell’impresa e dirigenti delle
tipografie e delle imprese associate. Vi si aggiungeranno coloro che verranno
designati democraticamente, cioè i rappresentanti di categorie professionali, di
settori di impresa, esperti, ricercatori, rappresentanti dei consumatori, delle
collettività locali, della vita culturale propriamente detta, e così via.
Ciascuna delle tre funzioni micro-sociali dell’impresa (capitale, lavoro, merce)
si ricollega direttamente, nella triarticolazione sociale, ad un organo aperto
verso l’esterno che ne costituisce un prolungamento sul piano macro-sociale.
Ovviamente, occorre però andare oltre questo mio prospetto schematico. Ed
apportare ognuno le proprie idee costruttive e correttive a seconda dei propri
talenti e della propria esperienza di vita. Perché la triarticolazione sociale è
un'idea di tutti. E nessuno ne ha il monopolio. Si tratta solo di capire.
Se si riuscirà ad avere una visione veramente organico-dinamica di queste forme
sociali si riuscirà davvero a scongiurare il problema delle batoste sopra
citato.
All’occorrenza sarà il polo giuridico, cioè il "collettivo di lavoro"
dell’impresa ad esercitare democraticamente la propria sovranità, designando il
o i responsabili dell’impresa. Tuttavia una vera scelta presuppone la
partecipazione anche degli altri due poli, quello economico e quello culturale.
Da un lato, una struttura economica del genere, ed il suo tessuto associativo,
permetteranno a tutti di farsi più facilmente l’idea di organismo sociale, cioè
dell’interazione tra il micro e il macro-sociale. Dall’altro, prima di decidere,
il polo giuridico o “collettivo di lavoro” sarà tenuto ad ascoltare le proposte
del “consiglio di amministrazione”, in altre parole ad informarsi sui consigli
dati dal polo culturale sulla base di criteri di libertà e di responsabilità.
Questa è, in senso organico e funzionale, l’attuazione dell'idea della
triarticolazione di Rudolf Steiner, come l'ho immaginata dal 1972 ad oggi.
Si tratta di un'idea che attuandosi non può che rispettare tre criteri
contraddittori: il principio di individualità e libertà, quello di uguaglianza
dei diritti, e quello di “associativismo” tra il tutto e la parte (fraternità
sociale).
A mo’ di esercizio, ognuno può tentare di utilizzare queste forme per risolvere
gli altri due problemi pratici che deve affrontare il polo giuridico
dell’impresa, e cioè la definizione delle condizioni di remunerazione, e quella
delle condizioni di lavoro.
Si constaterà allora che la pratica di questo pensiero immaginativo e dinamico,
mette in moto la metamorfosi del pensiero in volontà (coerenza) e della volontà
in pensiero. In altre parole, sarà dato il via ad un processo plastico
dell’universalità del pensare che, da solo, consente di conciliare l’individuale
col sociale, e di rendere i pensieri efficaci, portandoli incontro ai processi
storici e cosmici reali.