Nereo Villa
- d e d i c a t o a 3nto2013 -
GENESI DEL FENOMENO MERKOZY
Dal tempo della sua unità, l'Italia, è una colonia economica tedesca
L'ITALIA È UN'ORGANIZZAZIONE ECONOMICA DELLA GERMANIA
L'odierna questione di disonestà istituzionale della banca MPS è la dimostrazione del fatto che il diritto forzoso, che non è nient'altro che arroganza, distrugge l'economia, nonché il diritto alla vita degli individui, i quali sono condannati ai lavori forzati per mantenere banchieri e politici, leccapiedi dei banchieri. In tale contesto il diritto della persona fisica dell'individuo umano dell'organismo sociale, è eliminato in nome della cosiddetta "persona giuridica" o "Stato", fatto credere società italiana.
Un minimo di storia da sapere è necessario.
Colgo l'occasione per rispondere a coloro (3nto2013 e altri) che mi dicono che io parlo troppo difficile. Ciò che vi sembra troppo difficile, saltatelo. Significa che per voi ciò non è essenziale. In fin dei conti, ciò che conta davvero siete voi individualmente. L'unica cosa che c'è da sapere oggi per avere un giusto parametro di comprensione per ciò che sta avvenendo fuori di voi è ciò che è dentro di voi come fisiologia. Avete tutti un corpo unitario avente tre principali sistemi: sistema nervoso, sistema cardiocircolatorio e sistema metabolico. Se questi tre sistemi volessero ognuno comandare nell'altro morireste in quanto se per esempio il cuore volesse battere in testa avreste un'emicrania o una cefalea impossibile da sopportare; lo stesso se i nervi del sistema nervoso centrale volessero regolare i battiti del cuore, o se il metabolismo volesse distruggere il cervello in luogo dell'ATP. Il tradimento dello Stato è sostanzialmente questo: l'arroganza dell'organo centrale, il cuore, nella pretesa di dirigere tutto, accentrare tutto in sé, dalla cultura di Stato all'economia di Stato. Tutto qui!
All'epoca dell'unificazione del Regno d'Italia (1861) esistevano nel Paese sei banche di emissione (Banca Nazionale, Banca Nazionale Toscana, Banca Toscana di Credito, Banca Romana, Banco di Napoli e Banco di Sicilia) che svolgevano anche la normale attività bancaria. La crisi del 1889-1893, che coinvolse la Banca Romana, impose un riordinamento del sistema bancario italiano. Nel 1893 le funzioni di emissione vennero concentrate nella Banca d'Italia, nata, con la Legge n. 449 del 10 agosto 1893, dalla fusione degli istituti di emissione dell'Italia centrosettentrionale, mentre si limitò il ruolo del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia (1).
Nel 1926 si arrivò al completo monopolio
dell'emissione, affidato esclusivamente alla Banca d'Italia. Infine, nel 1936 la
Banca d'Italia si autoproclamò istituto di diritto
pubblico e suddivise il suo capitale tra numerosi partecipanti (casse di
risparmio, istituti di credito di diritto pubblico, istituti di previdenza e di
assicurazione), escludendo i finanziamenti diretti all'economia privata.
Per quanto concerne l'esistenza attuale di una qualche differenza operativa e
finalistica tra enti creditizi pubblici e privati, la stessa Banca d'Italia nel
documento "Ordinamenti degli enti creditizi. Analisi e prospettive" del giugno
1981, toglie al proposito ogni dubbio: "gli enti pubblici creditizi (...) sono
pubblici per "l'esserci" [qui siamo nell'alienazione
essenziale!], non potendosi individuare un nesso di strumentalità delle
operazioni bancarie con specifiche e contingenti finalità pubbliche perseguite
dall'ente. L'attività bancaria di un ente pubblico è del tutto identica a quella
di una banca privata" (2).
L'eliminazione dell'importanza dell'individuo rispetto a quella dello Stato, e/o della Banca d'Italia fu definitivamente compiuta, grazie alle manfrine di Giuliano Amato, tramite il quale il "diritto" stesso della Banca d'Italia, società per azioni privata, con ovvio scopo di lucro, fatta credere pubblica attraverso le scuole di Stato (ho posto qui la parola diritto fra virgolette perché questo "diritto", essendo "diritto forzoso", basato sulla manipolazione concettuale, non lo considero vero diritto, ma arroganza che si arroga, appunto, surrettizia forza giuridica di imporre bugie alla cultura del cittadino, col solo scopo di inserirsi nell'economia, manipolandola), continua a distruggere l'economia, insegnandola!
Mi riferisco alla Legge Amato del 30/07/1990, n. 218, che "regolò" le modalità per la trasformazione degli enti creditizi pubblici in società per azioni. Questa "nuova" concezione delle banche trovò di fatto, prima nel decreto legislativo del 14/12/1992, n. 481, di attuazione della direttiva 89/646/CEE, e poi nel testo unico del 1994, anche la "regola" della "necessaria" [a chi?] innovazione lessicale, sostituendo il termine "banca" al termine "ente creditizio" ancora utilizzato nel D.L. 481/92, "che poteva richiamare la ormai superata [da chi?] concezione dell'attività bancaria collegata all'ente e non all'impresa", in quanto il termine "ente" poteva richiamare una funzione di pubblica utilità e non finalizzata esclusivamente al profitto. Non è roba da matti?
"Fatta l'Italia bisogna fare gli italiani"!!!
Questa famosa frase, attribuita a Massimo d'Azeglio e/o a Ferdinando Martini nel 1886, cioè nella fase di crisi attuativa dell'unità d'Italia, era già - se lo si fosse visto - il sintomo di un morbo mai curato, che oggi è diventato tumore e metastasi dell'attuale catastrofe economica in cui ognuno sta male senza avere altro rimedio che quello di recarsi alle urne per delegare un nuovo manipolatore di capitali a mangiare in rappresentanza del popolo...
Tale sintomo avrebbe potuto indicare come cura l'inversione del processo del "magna magna" e cioè di questo mondo malmondato in cui ci si arroga il diritto di costruire prima una società e poi il socio di essa, quando nella realtà dei fatti è esattamente vero il contrario: prima c'è l'individuo e poi c'è il rapporto fra gli individui esprimente la natura sociale presente nella natura umana stessa.
Evidentemente la realtà dei fatti portava poca soddisfazione al "magna magna" dei politici, i quali allora incominciarono a rapinare sottomettendo i "soci", cioè i sudditi, attraverso scuole di Stato in cui si insegnò e si insegna che l'istituto del diritto è la banca, e che la moneta è fattispecie giuridica.
In tal modo si incominciò a rubare, partendo dall'essenza stessa dei contenuti concettuali, per cui ciò che riguarda l'economia diventò ed è diventato ciò che riguarda la legge, e ciò che riguarda la legge riguardò e riguarda l'economia, che si chiamò poi "economia politica" o politica economica" (Keynes, colui che diceva che anche le guerre e le catastrofi servivano all'economia, è il maestro di questi concetti forzati; la forzatura sta nel fatto che la logica economica e quella politica hanno natura diversa: la logica economica ritiene giusto distruggere per esempio le arance per farne alzare il prezzo; ed in senso meramente economico è giusto; ma in senso giuridico ciò è una bestemmia, dato che vi è ancora la fame nel mondo e non solo nel terzo mondo... Eppure le politiche della Comunità Europea non fanno altro che attuare in un modo o nell'altro tali bestemmie, tant'è vero che Giovanni Falcone scriveva nel 1991: "Come è noto la Comunità Europea concede un indennizzo per la distruzione degli agrumi in eccesso" (Giovanni Falcone, "Cose di Cosa Nostra", Ed. Rizzoli, Milano 1991, p. 144). Siamo fuori dalla grazia di Dio? Sì. Siamo fuori, proprio fuori di testa... e continuamente manipolati...
Attraverso tali manipolazioni di concetti (trasformismo concettuale) si occultò ai nativi della nazione che la "persona giuridica" detta "Italia" non è altro che - e lo è dal tempo della sua unità, cioè da sempre - una colonia economica del potere più forte: la Germania.
La realtà vuole però che la base portante di ogni società sia sempre il socio e non viceversa.
Questo dovrebbero imparare a riconoscere gli italiani dalla memoria corta, oltre al fatto che l'economia è economia, e cioè che lo scambio di servizi e prodotti creati dai talenti umani - un tempo la moneta si chiamava "talento" - È la vera essenza dell'economia, la quale, attraverso l'articolazione della cultura genera l'amministrazione giuridica a servizio del patto sociale fra individuo ed individuo.
Il 16 dicembre del 1916, durante la prima guerra mondiale, rispondendo ad alcuni ascoltatori che lo pregavano di fare un po' di chiarezza su ciò che di catastrofico stava avvenendo, Rudolf Steiner spiegava come segue la questione della guerra, chiarendo anche come la nostra amata Italia altro non è se non un'organizzazione economica della Germania.
La mania di creare prima la società e poi i soci è un'aberrazione simile a quella di voler costruire una casa incominciando dal tetto anziché dalle fondamenta.
In verità i soci di una società si riconoscono tali nella misura in cui tale società NON sia una mera astrazione priva di fondamenta come è attualmente l'"Unione Europea", ma si riveli organismo sociale in cui OGNI socio sia pietra essenziale a tale fondamento.
Questo può avvenire solo là, in cui il diritto non sia imposto come dovere forzoso (come attualmente è) ma viva di sé in quanto epicheia in ogni suo atto (sul concetto di epicheia credo di avere parlato sufficientemente in questi ultimi dieci anni, ma purtroppo solo come "voce di colui che grida nel deserto"... Comunque per l'interessato, basta cercare "epicheia" o "epikeia" con qualsiasi motore di ricerca). Ciao animali!
Rudolf Steiner
Libertà e determinismo
conferenza di Dornach del 16/12/1916
dal ciclo "Riscatto dai poteri",
Ed. Archiati, Cumiana, Torino, 2010, pagg. 186-197
Se gettiamo uno
sguardo d'insieme all'Europa attuale, escludendone la parte orientale (in quanto
abitata da Slavi), troviamo che una grossa fetta di questa Europa è uscita da
quella compagine che nel 7° e 8° secolo si chiamava il Regno di Carlo Magno.
Non vogliamo descrivere ulteriormente questo Regno, e nemmeno aver riguardo al
fallo che oggi gli uomini più diversi si contendono l'eredità di Carlo Magno.
Questa contesa intorno a Carlo Magno ha veramente quasi tanto senso quanto una
disputa fra tre figli sul loro padre. Se tre figli litigano fra loro, il motivo
della lite di solito è da ricondursi al fatto che tutti e tre hanno il diritto
di chiamare padre quell'unico padre. Tre persone non litigherebbero tra di loro,
se non avessero lo stesso padre, perché allora verrebbe probabilmente meno
l'oggetto del contendere - cioè l'eredità.
Dal regno di Carlo Magno si sono diramate essenzialmente tre parti fondamentali:
- la prima, la parte occidentale, che dopo varie vicissitudini è divenuta
l'odierna Francia;
- la parte orientale, che ha portato essenzialmente alla Germania e all'Austria
di oggi - con l'eccezione dei territori magiari e slavi;
- e una parte di mezzo, che essenzialmente è divenuta l'attuale Italia.
A ben vedere tutte e tre queste parti hanno in misura uguale il diritto di richiamarsi a Carlo Magno. E talvolta può dipendere da strani sentimenti, se gli uomini oggi vogliono proclamarsi eredi di Carlo Magno o meno. Se a qualcuno viene in mente quanti Sassoni ha fatto trucidare, potrebbe non tenerci più tanto ad essere un suo erede. Comunque, questi tre territori sono scaturiti dal Regno di Carlo Magno.
Se vogliamo capire molto di quanto accade oggi, dobbiamo aver presente che tra
il territorio di mezzo e il territorio orientale durante tutto il Medioevo
esistevano relazioni di natura ideale, relazioni come oggi in certe zone non si
conoscono più - a meno che non si vogliano prendere sul serio certe frasi fatte.
Il Sacro Romano Impero si fondava in gran parte su motivi ideali. E chi, sulla
base di altre fonti, si rifiuta di crederlo, provi a leggere gli scritti di
Dante "Sulla monarchia" o si informi in un altro modo su quel che Dante pensava
in proposito. E tenga bene in conto che fu Dante, per esempio, a rimproverare a
Rodolfo d'Asburgo di non occuparsi abbastanza dell'Italia, il più bel giardino
dell'Impero. Almeno nel periodo decisivo della sua vita,
Dante fu un sostenitore
assoluto di quella comunità ideale che si era costituita, e che si chiamava Germania-Italia.
Dal 13°, 14° secolo in poi vediamo che la Repubblica di Venezia si ribella in
certo modo contro tutto quello che viene dal nord. Dapprima la Repubblica di
Venezia si mangia il Patriarcato di Aquileia, ma soprattutto le interessa
insediarsi stabilmente nell'Adriatico, sulle coste dell'Adriatico. La Repubblica
di Venezia ebbe un gran successo all'epoca, e vediamo come proprio sotto la sua
influenza viene respinto tutto ciò che veniva dal nord.
Poi arriva quell'epoca, che ho descritto qui in un'altra occasione, nota ai più
come Rinascimento, che crebbe anche in Italia sotto l'impronta del fiorire delle
libere città. Dopo viene però anche la Controriforma, la politica che parte dal
Papa e dalla Spagna. E vediamo che solo a partire dal 17° secolo in Italia si
può pensare a riprendersi da dolori e sofferenze secolari.
Non c'è bisogno che io spieghi - lo si può leggere in ogni manuale di storia -
come, tra gli applausi di tutto il mondo, l'Italia trovò la sua unità. E chi sa
come stanno le cose, sa che l'unità d'Italia ha suscitato più entusiasmo nei
territori tedeschi che altrove, per lo meno tanto entusiasmo quanto ce n'è stato
altrove.
Ma adesso chiediamoci: come si è prodotta l'unità dell'Italia moderna?
Dobbiamo vedere questo processo, miei cari amici, come un esempio molto
importante del modo in cui si formano gli Stati unitari. Allo stesso tempo
dobbiamo comprendere il nesso tra quello che vi ho raccontato otto giorni fa o
anche domenica scorsa sugli avvenimenti in Serbia e gli avvenimenti in Italia,
perché ci sono dei nessi estremamente importanti per la comprensione di tutta la
situazione. Bisogna per prima cosa guardare un po' a come sia avvenuta la
formazione dello Stato italiano, uno Stato che va riconosciuto sicuramente senza
invidia.
È sufficiente risalire solo fino alla battaglia di Solferino, in cui la Francia
era al fianco dell'Italia e dove fu fatto il primo passo per la successiva
formazione del moderno Stato italiano. Eccoci dunque negli anni '50 del 19°
secolo.
E ci possiamo domandare: che cosa lo ha reso possibile - perché l'impresa era
davvero molto incerta - cos'è che lo ha reso possibile? Leggete la storia e
vedrete che quel che dico è assolutamente vero. Come fu dunque possibile che il
primo passo sulla via dell'Italia moderna sia stato fatto dall'Italia e dalla
Francia a Solferino? Dal fatto che la Prussia e l'Austria - l'Austria da sola
non poteva che perdere - non si poterono unificare!
Gli avvenimenti successivi si sono verificati perché l'Italia aveva in Camillo
Cavour uno statista veramente grande, e perché nell'anima di questo statista
nacque l'idea che da questo primo passo in poi in Italia sarebbe iniziato un
processo che avrebbe potuto sfociare in una specie di risorgimento dell'antica
grandezza romana. Ma le cose andarono diversamente.
E vorrei dire che qualcosa di simile, anche se forse con una nota del tutto
diversa da quella che abbiamo colto nel passaggio dal nobile principe serbo
Michele Obrenowicz ai suoi successori, lo troviamo nel passaggio dalla grande
anima di Camillo Cavour alle anime dei politici successivi. Si potrebbe definire
un passaggio dall'idealismo a un realismo del tutto esteriore. Io posso certo
solo delineare questi processi. L'Italia percorse diverse tappe.
Nell'estate del 1871 il Re Vittorio Emanuele poté fare ingresso a Roma. Chi
glielo consentì? Le vittorie tedesche sulla Francia! L'ha detto lo stesso
Francesco Crispi (presidente del consiglio italiano dal 1887 al 1891, e dal 1893
al 1896), che fu statista in un periodo successivo. Infatti, è sua la frase:
l'Italia entrò a Roma grazie alle vittorie tedesche. La Francia ha fatto il
primo passo a Solferino; che Roma sia diventata la capitale del Regno d'Italia
deriva dalle vittorie tedesche.
Ora, tra Francia e Italia si sviluppa uno strano rapporto. È interessante vedere
come l'Italia, nella misura in cui consolidava la propria unità, cominciava ad
avere uno strano rapporto con la Francia. Divenne allo stesso tempo avversaria
ed alleata. C'è da considerare che l'Italia aveva politici - è un dato di fatto
puro e semplice - che davano molto peso al fatto che l'Italia, come compagine
statale, fosse stata messa insieme dall'esterno, e che il grande balzo finale
verso la propria unità l'Italia lo doveva alla Germania. Questi politici
c'erano.
Videro anche che per loro una possibile alleanza con la Francia non sarebbe
stata fruttuosa. Ma questa corrente era contrastata da un'altra, che si formò e
si rafforzò dal 1876 in poi. Era la corrente dei francofili, cioè del partito
della sinistra. Ora questo Stato oscillava, oscillava tra la sua inclinazione,
direi, sentimentale per la Francia e quella più pragmatica verso l'Europa
centrale. Ma la cosa notevole era che in tutto quello che succedeva laggiù,
risultava che l'orientamento pragmatico verso l'Europa centrale era quello
decisivo - quello che esisteva realmente.
Tutta questa storia prese una nuova piega quando la Francia iniziò la sua
espansione verso la Tunisia. La Tunisia era sempre stata considerata come un
posto che ovviamente apparteneva all'Italia. La Francia cominciò ad espandersi
nell'Africa del nord, e a questo punto in Italia prese il sopravvento la
corrente pragmatica, che si appoggiava all'Europa centrale. Per esempio è
interessante che al Congresso di Berlino il delegato italiano chiese perché
Bismarck avesse fatto tranquillamente l'offerta alla Francia di espandersi in
Nordafrica, e se avesse intenzione di far scoppiare una guerra tra Francia e
Italia!
In ogni caso, secondo i suoi politici più eminenti, l'Italia dipendeva dalla
Germania. E siccome Bismarck aveva pronunciato la famosa frase: "La via per la
Germania passa per Vienna", l'Italia dipendeva anche dall'Austria. Ne discendeva
che doveva venir archiviata l'inimicizia secolare che l'Austria aveva preso su
di sé come, si può dire, suo tragico destino. Perché con tutto quello che la
Repubblica di Venezia aveva fatto, in fondo dall'Italia era stato espulso
l'elemento orientato verso la Germania. Fu così che l'Austria dovette assumere
questo ruolo, dovette impersonare la corrente che viene dal nord.
Ma sotto l'influsso del comportamento della Francia nell'Africa del nord, il
gruppo francofilo dovette tirarsi indietro e allora per l'Italia l'alleanza con
l'Europa Centrale divenne ovvia e fu realizzata. Rammento queste cose solo per
sommi capi, perché non è compito mio far politica, ma certe cose bisogna pur
saperle, e oggi, purtroppo, sono troppo poco conosciute. Voi sapete che nel 1882
fu realizzata la cosiddetta Triplice Alleanza. E determinate persone, che non
riescono ad abituarsi ad applicare concetti validi a queste vicende,
giudicheranno la Triplice sempre in modo sbagliato.
C'è gente che attribuisce la dolorosa guerra attuale alla Triplice Alleanza, e
non alla cosiddetta Triplice Intesa o Intesa cordiale, come la si chiama. Ma,
vedete, a cose come queste non si applicano sempre concetti validi. Perché
altrimenti di una certa cosa ci si deve sempre chiedere dove ci porta, e se ci
porta là per davvero, e quanto tempo dura.
Gli Stati che formavano la Triplice Alleanza hanno sempre detto che quest'alleanza
era stata fatta per mantenere la pace. Ed è stata in grado di mantenere la pace
per molti decenni, ha servito per decenni allo scopo per cui si sosteneva fosse
destinata. Poi fu creata anche la Triplice intesa, anch'essa allo scopo di
mantenere la pace, come si disse. Ma non è passato neanche un decennio, e la
pace non c'è più!
Qualunque altra cosa al mondo, miei cari amici, verrebbe giudicata per i suoi
frutti. Proprio in queste cose, però, non si è disposti a dare un giudizio
obiettivo. Solo cinque anni dopo fu imbastita quella azione segreta che può
portarci a studiare con maggiore precisione l'alchimia delle pallottole che,
come vi ho detto di recente in occasioni diverse, furono usate a Sarajevo per
portare a termine il ben noto attentato.
L'attentato del giugno 1914 non sarebbe fallito in nessun caso, perché se quelle
pallottole avessero fallito il bersaglio, altre lo avrebbero centrato. Ci si era
ben premuniti, in modo che, se un tiro avesse sgarrato, un altro avrebbe fatto
centro. Fu un attentato concepito così bene che, si potrebbe dire, è stato un
attentato pensato in grande come nessun altro al mondo.
Bisogna che almeno un po', studiando in certo modo l'alchimia di queste
pallottole, si veda cosa c'è dietro a questi fatti che stiamo esponendo proprio
per desiderio di alcuni nostri amici. E su questo punto tornerò ancora.
Già dopo cinque anni in tutta la Triplice Alleanza dell'Europa centrale fu
introdotto un elemento che potremmo definire così: la creazione di un
determinato nesso tra ogni avvenimento che aveva luogo in Italia e ogni
avvenimento che aveva luogo nei Balcani. Si decise di fare in modo che niente
potesse accadere nei Balcani, senza che qualcosa di corrispondente accadesse in
Italia. Le passioni del popolo dovevano interagire in modo che non ci potesse
mai essere un'azione unilaterale dall'una o dall'altra parte, ma che invece si
sentisse e si pensasse parallelamente. Per tutti questi decenni c'è stato un
nesso intimo tra i diversi impulsi nella penisola appenninica e in quella
balcanica.
Talvolta una cosa del genere ci si presenta in modo particolarmente simbolico,
in modo simbolicamente molto bello - bello in rapporto all'insegnamento, come il
medico definisce "un bel caso" un caso clinico, anche se particolarmente grave,
in quanto gli permette di fare una buona operazione. Non serve, per questo, che
sia "bello" davvero.
Siamo stati una volta in Italia e siamo andati a far visita ad un uomo che era
una persona veramente cara e squisita e un cordiale padrone di casa - adesso è
già morto. Ci condusse nel salone di casa sua, dove trovammo, bene in vista,
entrambi i ritratti di Draga Maschin e di Alessandro Obrenowicz con le loro
dediche autografe! L'uomo di cui qui si tratta non era solo un noto professore,
ma anche l'organizzatore della cosiddetta Lega Latina che si occupava di
inscenare il distacco dell'Alto Adige e di Trieste dell'Austria e la loro
annessione all'Italia.
Miei cari amici, naturalmente non voglio trarre deduzioni di gran peso da
un'esperienza così poco significativa. Ma dico: era certamente significativo,
come sintomo, che lo stesso uomo che organizza una Lega Latina - non giudico
affatto, racconto soltanto - e con questa Lega Latina vuol sobillare anche gli
studenti dell'università di Innsbruck, tenga appesi nel suo salone, in un posto
dove tutti devono vederli, i quadri con le dediche autografe di Draga Maschin e
di Alexander Obrenowicz!
Poiché il fatto è avvenuto nel periodo in cui mi erano ben noti i fili segreti
che esistevano tra Roma e Belgrado, la cosa mi è parsa un sintomo interessante.
Perché è proprio il nostro karma, miei cari amici, a ricongiungerci nel mondo
con quello che per noi è importante. E se si riesce a guardare alle cose, e al
di là di esse, nel modo giusto, allora si vede che il nostro karma ci conduce
nel posto dove c'è da "fiutare" quello che ci serve per arrivare a comprendere.
Nel 1888, uno degli anni che avrebbe potuto condurre ad una guerra mondiale,
proprio come il 1914, nel 1888 la crisi fu evitata perché Crispi rimase fedele
alla Triplice Alleanza. La crisi fu evitata perché Crispi, il presidente del
consiglio italiano, rimase nella Triplice perché la Francia stava avanzando ed
espandendosi in Nordafrica.
Allora la Francia praticò una politica che mirava a prendere per fame l'Italia,
che si stava allontanando dalla sua influenza; è stata la stessa Francia a
descrivere questa politica così. In parole povere si tentò di fare una guerra
commerciale con l'Italia, la famosa guerra commerciale che all'epoca giocò
davvero un grande ruolo. La conseguenza fu che per l'Italia i legami pragmatici
con le potenze dell'Europa centrale divennero ancora più stretti.
Forse faccio bene a citare in proposito non un'opinione proveniente dalla
Germania, ma quella di un francese, che affermò che l'Italia moderna è
un'organizzazione economica della Germania; fatto che è stato sottolineato
spesso non solo dai tedeschi, ma anche da altri. L'Italia tu salvata dal rischio
di venir presa per fame dalla Francia - un'eventualità questa non proprio
allettante - poiché strinse intensi rapporti commerciali con la Germania.
Tutto ciò ebbe nell'insieme l'effetto di risolvere pacificamente la crisi della
fine degli anni '80.
Miei cari amici, studiare in dettaglio questa crisi è molto interessante. E lo è
perché lo studio dei dettagli rivela qualcosa di speciale proprio a chi sia
disposto a considerare i nessi e a non farsi abbagliare. Nel 1888 accaddero
fatti rispetto ai quali si può fare quanto segue.
Ho fatto questo esperimento e devo dire che è veramente interessante farlo. Per
ogni fatto avvenuto allora, nel l888, mi sono messo a sostituire l'anno 1888 col
1914. Viene fuori la stessa cosa! È accaduto esattamente lo stesso, miei cari
amici.
Proprio come nel 1914, iniziò nel 1888 una vasta campagna di stampa, di cui
tirava le fila Pietroburgo e che arrivò fino in Germania. Come nel 1914, anche
nel 1888 doveva essere provocato un conflitto tra Germania e Austria. In breve,
tanti singoli fatti sono gli stessi. Ed è anche interessante che io abbia potuto
leggere a diverse persone un discorso che è stato tenuto allora , nel 1888, e in
cui ho inserito per finta la data 1914 al posto di 1888. Tutti hanno creduto che
quello che è stato detto allora, nel 1888, si riferisse al 1914!
Miei cari amici, se cose simili sono possibili non si potrà parlare di
coincidenze, ma si dovrà dire che sono all'opera determinate forze, e che queste
forze lavorano con un certo metodo. Ora nel 1888 la crisi si risolse per i
motivi che ho detto.
Poi la situazione si complicò. E si complicò soprattutto perché nel suo
complesso il rapporto della penisola appenninica nei confronti dell'Europa
centrale, proprio da parte dell'Italia, assunse questo carattere: l'Italia, o
meglio i politici italiani, dovettero venir trattati come certe signore
isteriche - le signore presenti mi perdonino, mi riferisco unicamente alle
"isteriche". È certo interessante, psicologicamente interessante proprio per il
ricercatore dello spirito studiare questi fenomeni.
Sono cose incredibili, che si svilupparono specialmente perché in Europa si
affermò e venne propagata sempre di più l'idea che l'Austria era destinata a
disgregarsi. Non faccio alcuna critica, sto solo riferendo. In quale maniera
quest'idea fu propagata in tutta l'Europa potete accertarlo leggendo
pubblicazioni come quelle di Loiseau (la stampa del manoscritto del 1948, "Zeitgeschichtliche
Betrachtungen. Das Karma der Unwahrhaftigkeit" ("Considerazioni su eventi del
presente. Il karma della non veracità) 1. Vol., p. 274 riporta la nota: "Loiseau?
Più probabilmente Labouchère". Questo esempio mostra come per gli stessi
stenografi possa essere difficile decifrare il proprio stenogramma - figuriamoci
per altri!) e Chéradame e altri, libri che trattano come nel prossimo futuro
l'Austria sarà smembrata.
Opinioni incendiarie come quelle dì Loiseau e Chéradame furono buttate sui
carboni che ardevano laggiù a sud. A fronte di questi fatti non era facile
portare avanti quella che suole chiamarsi "politica".
Non voglio portare alcuna critica, non intendo parlare pro o contro, voglio solo
raccontare - in Italia vennero tributati grandi onori addirittura ad Oberdan che
ha condotto l'attentato contro il Kaiser Francesco Giuseppe. Quando il Duca
degli Abruzzi visitò una mostra a Vienna, il quadro della battaglia di Lissa che
era stata vinta dall'Austria non poteva intitolarsi "La battaglia navale di
Lissa", ma soltanto "Una battaglia navale", per non offendere il Duca degli
Abruzzi. Questo è solo uno degli innumerevoli esempi di quello che succedeva.
Non mi interessa criticare ma porre la questione della reciprocità. Domando se
qualcuno in Italia avrebbe avuto il riguardo di nascondere il nome di una
battaglia vinta, mentre a Vienna questo fu fatto. Da un certo punto di vista si
può anche pensare che sia stato un errore. Ma a me interessa la reciprocità. E
questo va detto per descrivere gli stati d'animo e l'atmosfera che c'erano.
Determinati stati d'animo sono decisivi quando deve intervenire una corrente
come quella che è partita dal Grande Oriente di Francia e quando si fanno
entrare in gioco forze occulte.
Miei cari amici, determinate cose di cui gli uomini non si sono occupati
diventeranno tali da far sì che gli uomini se ne occupino. Infatti la Massoneria
e le altre confraternite altrettanto segrete non sono così sprovvedute da non
vedere come stanno le cose, al contrario, si impegnano a impiegare le forze che
ci sono in gioco. Esse sanno dove sono queste forze, da usare in questo modo. Se
da una parte, nella penisola appenninica, c'è una determinata corrente e nella
penisola Balcanica ce n'è un'altra, allora queste correnti devono venire
utilizzate come torna più utile. Al momento giusto, cioè al momento giusto per
loro, si tratta di fare una cosa oppure un'altra.
Considerate tutto ciò come preparazione all'analisi alchimistica delle
pallottole di cui vi ho parlato, e che poi ci condurrà un po' più avanti. Vi
prego di tenere ben presente che, per soddisfare la richiesta dei nostri amici,
io non posso far altro che menzionare alcuni fatti che accadono nel presente,
collegandoli a determinate realtà esistenti, anche se forse non tutti sono
d'accordo che certe cose vengano ad affiorare.
Miei cari amici, sono convinto che uno dei motivi principali per cui una
tragedia come quella che accade oggi può
abbattersi sul mondo, sta nel chiudere gli occhi davanti a queste realtà e nel
parlare di quello che accade su basi del tutto inadeguate. Infatti anche di
fronte ad eventi così grandi ognuno dovrebbe iniziare dalla conoscenza di sé.
E un frammento di conoscenza di sé è anche sapere che, nel momento in cui si
dice: "Cose simili non ci riguardano, vogliamo solo sentir parlare di fenomeni
occulti", in questo momento si rafforzano, anche se in piccolo, quelle forze
che, articolandosi in tutte le loro diramazioni e assommandosi, portano a
catastrofi come quella che viviamo oggi.
"Occulto", miei cari amici, non è solo ciò che riguarda i mondi superiori -
inizialmente questi sono certo nascosti, occulti per tutti gli uomini. Ma per
molti uomini è già occulto anche quello che avviene nel mondo fisico! E vogliamo
augurarci che molto di ciò che è nascosto qui da noi diventi visibile! Che così
tanti fatti rimangano nascosti a così tanta gente, costituisce una delle fonti
della miseria in cui viviamo.
Se nessuno ha niente in contrario, ci ritroviamo qui domani pomeriggio alle
cinque.
NOTE
(1) Le prime origini della Banca d'Italia risalgono alla Banca di Genova, fondata da privati nel marzo del 1844; lo scopo sociale era l'esercizio del credito a favore del commercio e della produzione. La Banca di Genova incorporava pochi anni dopo la Banca di Torino e assumeva il nome di Banca Nazionale. Nel 1850 veniva emanata la prima legge bancaria del Regno di Sardegna. La materia monetaria cessava di far capo al Re e al Governo e diveniva competenza del parlamento. Con la Legge del 1893 si stabilì che i vertici degli istituti di emissione fossero eletti dai rispettivi organi di amministrazione e che il governo si limitasse ad approvare le nomine; si sancì l'incompatibilità con i mandati parlamentari. Iniziava così il processo di autonomizzazione della Banca centrale.
(2) Citato in: Rossignoli B., "Il Testo Unico delle leggi in materia creditizia: alcune considerazioni retrospettive" ("Il pensiero economico moderno", n.3, 1995, pag. 20.