I 96 seg., 98: influenza dell'agricoltura sulla tendenza dei prezzi

I 97 seg.: partecipazione degli artigiani alla formazione dei prezzi

I 98: agricoltori autosufficienti

I 99: capitale di prestito

 

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[...] Il prezzo dei terreni non ha affatto origine dalle condizioni di un complesso economico già formato. Per dare un esempio molto radicale, basta considerare che le tetre sono giunte in possesso di certe persone per conquista, cioè sono state acquisite con la violenza. Anche qui si potrà forse trovare alla base qualche rapporto di scambio; chi nella conquista ha avuto un alleato, gli avrà forse ceduto singole parti del terreno conquistato. Ad ogni modo, al punto iniziale di un complesso economico non si ha in verità nulla di veramente economico. Ciò che vi si svolge non è affatto economico, ma è tale che vi si può applicare la parola "forza" o "diritto". Mediante la forza vengono acquistati diritti, diritti su date terre. Vediamo così l'economia confinare in effetti da un lato con rapporti di diritto e di forza.

 

Ma che cosa avviene sotto l'influsso di tali rapporti di forza e di diritto? Avviene sempre che chi possiede il diritto di disporre liberamente delle terre, provveda a se stesso assai meglio che non ad altri che costui chiama al lavoro e che gli forniscono i prodotti del lavoro (non parlo di lavoro ma dei prodotti del lavoro, dato che sono i prodotti del lavoro che importano): per semplice conseguenza del diritto ottenuto tramite conquista, al conquistatore è dato sempre più di quel che egli non dia agli altri . Ma cos'è quel "di più" che egli esige e per cui viene falsata la formazione del prezzo? Null'altro che una donazione forzata [il grassetto è mio - ndc]. Qui entra realmente in gioco la "donazione" della quale avevamo già parlato, solo che in questo caso chi ha da donare non dona per sua volontà, ma per forza. Questo accade riguardo alle terre. Ma la donazione forzata determina in sostanza il rialzo del prezzo di scambio che i prodotti ottenuti dalle terre dovrebbero avere in realtà.
 

Da qui deriva che il prezzo di tutto ciò che è soggetto a tali rapporti di diritto ha la tendenza a salire oltre il livello

 

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rispondente alla realtà. Perciò dove dei boscaioli, dei cacciatori, vivono fra agricoltori, i primi se la cavano meglio di questi ultimi. Gli agricoltori che vivono fra i boscaioli devono pagare a costoro, per i loro prodotti, prezzi superiori a quelli che sarebbero i veri prezzi di scambio tra i prodotti forestali e quelli agricoli, per la semplice ragione che l'economia forestale, più d'ogni altra, può per soli rapporti di diritto essere assoggettata alle disposizioni di chi ne stabilisce i prezzi. Nell'agricoltura è già richiesta l'esecuzione di un lavoro reale; nell'economia forestale, ci troviamo ancora assai prossimi a una valutazione che prescinde dal lavoro, e che appunto è determinata esclusivamente da rapporti di diritto e di forza. Se poi fra gli agricoltori vivono artigiani, i prezzi agricoli hanno la tendenza a salire oltre il livello giusto, mentre quelli artigianali hanno la tendenza a contrarsi al di sotto del livello giusto. Per gli artigiani che vivono fra gli agricoltori la vita è più cara; mentre per gli agricoltori che vivono fra gli operai, quando si tratta dunque di una minoranza, la vita è proporzionalmente più a buon mercato. Gli operai fra gli agricoltori vivono pagando in proporzione prezzi più alti. Nella graduatoria di tale tendenza dei prezzi a salire o a discendere oltre il giusto limite reale, si verifica quindi un massimo nell'economia forestale, poi viene l'agricoltura, poi l'artigianato, e infine l'attività pienamente libera. In questa graduatoria dobbiamo vedere la formazione dei prezzi nel processo economico.

 

Nel processo economico esiste la tendenza spontanea a creare la rendita fondiaria, vale a dire la tendenza spontanea ad assoggettarsi alla costrizione di pagare il prodotto agrario più caro del resto. Questa tendenza regna là, dove vige la divisione del lavoro, ricordando che tutte le nostre spiegazioni si riferiscono all'organismo sociale nel quale vige appunto la divisione del lavoro. Questa tendenza è provocata dal fatto che nell'agricoltura non può verificarsi ciò che ebbi a dire già due volte in questi giorni (con non poco

 

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sforzo di pensiero da parte dei miei ascoltatori), e cioè che chi provvede a se stesso spende effettivamente di più, e deve quindi esigere per i propri prodotti un prezzo più alto di chi invece se li procaccia dalla collettività in libero commercio. Nei riguardi delle arti e dei mestieri questo fatto ha una certa importanza, benché forse la si possa afferrare appieno solo dopo lunga riflessione. Ma nei riguardi dell'agricoltura e dell'economia forestale non ha senso. Si deve appunto sapere riguardo alle vere realtà dell'economia che i concetti valgono sempre solo per un dato campo e si modificano in un campo diverso. Ed è così dappertutto nella realtà: un farmaco utile per la testa è dannoso per lo stomaco e viceversa; ed è certo così anche nell'organismo economico. Se mai potesse darsi il caso che l'agricoltore non si provvedesse da sé di quel che gli occorre, varrebbero anche per lui le regole che si devono stabilire per la circolazione delle merci. Ma egli non può fare a meno di provvedersi da sé, perché nel processo economico tutta l'agricoltura di un dato organismo sociale si compone da sé in un unità, anche se esistono singoli proprietari. Un agricoltore deve comunque trattenere, dalla massa totale dei suoi prodotti, ciò che serve al proprio mantenimento. Lo trattiene anche se lo preleva da altri. In realtà egli si provvede da sé, e deve dunque rincarare le sue merci; per conseguenza da questo lato i prezzi devono salire.
 

In altre parole nel processo economico esiste senz'altro la tendenza a generare rendita fondiaria. Si tratta solo di far sì che essa non sia nociva nel processo economico. Tuttavia è necessario sapere che esiste la tendenza a prodursi rendita fondiaria; la si potrà sopprimere, ma in una forma o nell'altra si riprodurrà sempre, per la semplice ragione or ora esposta.
 

Per la medesima ragione per cui nel processo economico esiste la tendenza a generare rendita fondiaria, esiste dall'altro lato la tendenza degli imprenditori a svalutare il capitale, a ridurne sempre più il prezzo. Per comprendere

 

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questa tendenza bisogna rendersi conto che il capitale non si può comprare. Certo, si negozia il capitale; sembra che lo si "acquisti"; ma ogni acquisto di capitale non è a sua volta che un rapporto nascosto, mascherato. In realtà il capitale non viene acquistato, ma prestato; anche quando apparentemente il rapporto sembri diverso, si potrà sempre riscontrare il carattere di prestito del capitale d'impresa. Dico esplicitamente "del capitale d'impresa" perché se si estende il concetto al credito fondiario il caso non è più lo stesso;

 

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ma per il capitale d'impresa è proprio così, per la semplice ragione che esiste stabilmente la tendenza a svalutare ciò che dipende dal volere umano (lavoro manuale e attività libera), a svalutare tutto ciò di fronte al resto. Il capitale d'impresa è tutto intessuto nell'attività libera, e viene di continuo svalutato; possiamo quindi dire: da un lato (vedi disegno) abbiamo nel processo economico la tendenza, mentre produciamo la rendita fondiaria, ad abbassare di continuo il capitale d'impresa, a valutarlo sempre meno. Mentre dunque dal lato del credito fondiario il capitale subisce un continuo rincaro, dall'altro lato (in quanto capitale d'impresa) ribassa sempre più. Il capitale ha la tendenza a diminuire continuamente il suo valore economico, cioè il suo prezzo; il credito fondiario invece ha la tendenza ad aumentare incessantemente di prezzo.

 

Vi è ancora un'altra ragione dalla quale si rileverà che il capitale d'impresa deve contrarsi. Se ci si rende chiaro conto che nell'agricoltura si può solo provvedere per sé, e che proprio da tale "autoprovvedersi" viene generato il rialzo nella valutazione dei prodotti agricoli, si potrà constatare come per il capitale d'impresa, in cui domina il principio di prestito, non ci si possa provvedere da sé. Non è infatti possibile fornire se stessi di capitale. L'autofinanziamento va oggi calcolato nel bilancio altrettanto esattamente di quanto si riceve da altri, se si vuoi fare un bilancio veritiero. Siccome in questo campo non ci si può dunque provvedere da sé, deve naturalmente regnare qui la tendenza op-posta a quella dell'altro campo, vale a dire la tendenza al ribasso.
 

Quel che importa è che tali rapporti inerenti al processo economico diventino per noi proprio trasparenti, perché in tal modo dovremo riconoscere che lo stabilire prezzi giusti non è poi cosa tanto semplice. Lo stabilire prezzi giusti è di continuo ostacolato dal fatto che da un lato affluiscono sul mercato prodotti che vorrebbero, per così dire, raggiungere prezzi troppo alti, dall'altro prodotti che vogliono essere

 

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troppo a buon mercato. E poiché il prezzo è determinato dallo scambio, anche ciò che si trova frammezzo è di continuo esposto a perturbazioni. Si può infatti osservare nel processo economico che nella stessa misura in cui i prodotti agricoli e forestali rincarano, quelli forniti dalla libera attività umana ribassano. Appunto così sorgono le condizioni di tensione che generano il malcontento sociale e portano poi a disordini. Quindi il problema più importante per la formazione del prezzo è il seguente: come arrivare a equilibrare la tensione che esiste nella formazione dei prezzi, tra la valutazione delle merci prodotte dal libero volere umano, e la valutazione delle merci alle quali coopera la natura? come influire su questa tensione? come equilibrare la tendenza discendente con quella ascendente?


In regime di divisione del lavoro si producono generi sempre più differenziati. Basta rammentare come siano semplici i generi prodotti, diciamo, in mezzo a un popolo di cacciatori che vive interamente dell'economia forestale. Qui le difficoltà della formazione dei prezzi non sono ancora molte. Ma se all'economia forestale si aggiunge l'agricoltura cominciano le difficoltà, poiché esse nascono appunto dalla differenziazione. Quanto più la divisione del lavoro si estende e si generano nuovi bisogni, tanto più si accresce la differenziazione dei prodotti e si accumulano le difficoltà nella formazione dei prezzi; quanto infatti più diversi fra loro sono i prodotti, tanto più difficile diventa il conguagliarne il prezzo (conguaglio che può essere solo reciproco). Lo possiamo desumere dal fatto che esiste realmente un conguaglio di prezzi tra prodotti non molto differenziati, diciamo per esempio, tra grano, segale e altri prodotti agricoli [continua: I 102].