I 56-64: espressione di valori economici
I 57 seg.: mezzo per lo spirito d'inserirsi nell'organismo economico
I 61: lo spirito determina il valore del denaro
I 62-64: rapporto fra merce e valore
[...] nello svolgersi del capitalismo vediamo, già molto presto, sorgere l'economia monetaria. Rispetto ai fattori economici particolari, il denaro è un quid totalmente astratto. Col denaro che si ha in tasca si può acquistare del cibo, oppure un capo di abbigliamento o altro. Per il carattere del denaro è indifferente con che cosa esso venga scambiato nel processo economico o che cosa venga con esso acquistato. Per i singoli fattori economici, in quanto subiscono ancora l'influenza della natura, il denaro è l'elemento assolutamente neutro, indifferente. Ma appunto perciò esso è l'espressione, lo strumento, il mezzo di cui si serve lo spirito [leggi: l'io umano - ndc] per intervenire nell'organismo economico basato sulla divisione del lavoro.
Dal momento in cui si parla di divisione del lavoro, non è assolutamente
possibile che lo spirito intervenga nell'organismo economico senza che si crei
il denaro. Quindi possiamo dire: le funzioni che nello stato naturale
dell'economia erano unite, perché ciascuno faceva da sé tutti i lavori in un
isolamento egoistico, ora sono distribuite nella collettività. Così avviene
appunto nella divisione del lavoro. Nel capitale i fattori particolari vengono
di nuovo accentrati in un processo di portata generale. La formazione del
capitale è una sintesi, è assolutamente una sintesi. Chi ha formato un capitale
nel modo che abbiamo visto, lo può trasformare in denaro, dopo che il denaro è
diventato una necessità economica, e lo presta a chi non può fornire altro che
il suo ingegno. Questi riceve il denaro. Il denaro è il vero rappresentante
dei valori economici, prodotti mediante lo spirito [il
grassetto è mio - ndc].
Dobbiamo osservare tutto ciò in senso strettamente economico. Sia pure il denaro una pessima cosa, in una prospettiva etica o religiosa, in senso economico esso è lo spirito che opera nell'organismo economico, null'altro. Nel processo economico dev'essere dunque creato il denaro affinché lo spirito, dal punto iniziale in cui è ancora rivolto alla sola natura, possa procedere nel proprio svolgimento. Si fermerebbe a condizioni primitive se restasse rivolto alla sola natura; affinché possa nuovamente riversare nel processo economico le conquiste dello spirito, esso deve realizzarsi come denaro. Il denaro è spirito realizzato; entra però subito nel concreto. In un primo tempo esso è un quid astratto di cui si può dire: per il denaro è indifferente se, per una certa somma, mi compro un oggetto, oppure se una o più volte mi faccio tagliare i capelli. Ma nel momento in cui diventa disponibile per una persona e quindi è posto al servizio del suo spirito, il denaro ridiventa un fatto concreto che opera nell'economia. Vale a dire: lo spirito esplica un'attività economica nel denaro.
Ora però sorge un nesso speciale. Chi per primo ha guadagnato il denaro, lo
presta, e quindi diventa creditore. L'altro che riceve il denaro, che ha
soltanto lo spirito, diventa debitore. Abbiamo qui una relazione fra due
singole persone; ma si può stabilire la stessa relazione anche se i prestatori
sono molti e danno appunto il superfluo dei loro proventi a chi, mediante il suo
spirito, operi una sintesi ancora più alta, pur rimanendo debitore. Ora
questi lavora senz'altro sopra una base che si è andata totalmente emancipando
da quella naturale, poiché nemmeno ciò ch'egli riceve dai primi capitalisti è
una sua proprietà; egli non possiede nulla, perché quanto gli fu dato deve
restituirlo in seguito.
In realtà, economicamente, egli lavora da un lato come debitore, mentre dall'altro è economicamente impegnato come creatore spirituale. È anzi uno dei rapporti più sani (nel problema sociale, questo punto va considerato in modo particolare) quando un lavoratore spirituale lavora per la collettività grazie al fatto che essa (poiché per lui è appunto la "collettività") gli fornisce il denaro necessario. Vedremo più tardi quale parte abbiano qui il possesso e la proprietà; per ora si tratta soltanto di seguire il processo economico. È del tutto indifferente considerare il prestatore come proprietario o no, e considerare il debitore come lo considera il diritto. Per noi ora importa come si svolge il processo economico.
Vediamo dunque alla fine la parte del processo economico in cui il lavoro
procede ormai soltanto da ciò che è stato conquistato spiritualmente e che ha
già raggiunto un'autonomia. Ma questa conquista spirituale è figlia
dell'organizzazione del lavoro. Ora siamo alla seconda tappa. Giunti a
questa seconda tappa, nella quale un lavoratore spirituale lavora essendo
debitore, volendo ancora dire che il denaro ricevuto in prestito è lavoro
cristallizzato, in una prospettiva economica si direbbe un'enorme assurdità; per
il processo economico, non ha infatti nessuna importanza il modo in cui è sorto
il capitale prestato al lavoratore spirituale, ma sono importanti le facoltà
dello spirito di chi ora ha il denaro, il modo in cui egli è capace di farlo
fruttare nel processo economico. Il primo lavoro, attraverso il quale il
capitale è sorto, non ha ormai più nessun valore economico; ha valore
economico solamente lo spirito che chi dispone del capitale mette in
attività per far fruttare il denaro. Per quanto grande sia la somma di lavoro
accumulata nel capitale, se capita in mano a un imbecille
[come dal seguente video
http://youtu.be/5J_iCd2fU_Q
- ndc]
che polverizzi ogni
cosa, il risultato sarà ben differente che non se capita in mano a un uomo abile
che con esso inizi un processo fecondo.
Giunti dunque a questa seconda tappa in cui abbiamo a che fare con prestatori
e debitori, ci troviamo di fronte a un capitale dal quale il lavoro è già
scomparso.
In che consiste l'importanza economica di questo capitale? Consiste in primo
luogo nella possibilità che si è creata di raccoglierlo, di averlo messo
insieme; secondariamente nel fatto ch'esso si possa utilizzare spiritualmente.
In questo consiste l'importanza economica del capitale.
La realtà che ne scaturisce è il rapporto fra il debitore e i suoi finanziatori.
Nel processo economico che viene iniziato dal debitore, egli sta proprio nel
mezzo. Da un lato abbiamo a che fare con una corrente che va verso il debitore,
e dall'altro con una corrente che muove dal debitore, dal produttore spirituale.
Possiamo dunque dire: in questo caso il capitale dato in prestito, per il
fatto che diventa capitale di debito, inizia la seconda tappa del processo
economico.
In tutto ciò non abbiamo altro che una circolazione del capitale: ma essa si
trova inserita in un attività organica sociale, così come è inserito in
un'attività organica umana o animale il sangue quando scorre attraverso la testa
e viene utilizzato per ciò che la testa produce.
Ora vorrei chiedere: che cosa consegue dal fatto che abbiamo di fronte prestatori e debitori? Consegue qualcosa di molto simile a ciò che ci si presenta in fisica come dislivello. L'acqua tende a defluire dall'alto verso il basso, a causa del dislivello. Così vi è semplicemente un dislivello sociale fra la prima posizione del capitale e la seconda, cioè tra quella del prestatore che nulla saprebbe organizzare con esso e quella del debitore che sa utilizzarlo. Questo determina la differenza di livello.
Ma quale è l'elemento attivo in questo dislivello? Non è tanto
l'intelligenza che si esprime nel processo, quanto le varie disposizioni
e attitudini umane. Se il capitale è posseduto da uno
stupido [cfr.
http://youtu.be/5J_iCd2fU_Q
- ndc], in un sano
processo economico lo stupido è in alto e l'intelligente è sotto. Ciò fa sorgere
un dislivello. Il capitale scorre giù verso l'intelligente. Appunto grazie
al dislivello tra le varie disposizioni e capacità umane, il capitale è in
movimento. Non sono tanto le diverse attività quanto le diverse qualità degli
uomini, collegati fra loro nell'organismo sociale quelle che producono il
dislivello, e in seguito portano avanti il processo economico.
Se consideriamo ora
concretamente questo processo economico dovremo dirci: abbiamo preso le mosse
dalla natura che non ha ancora alcun valore; che non abbia alcun valore
economico appare dal fatto che il passero non paga nulla, quando prende dalla
natura ciò che gli occorre per soddisfare i suoi bisogni. Dunque la natura come
tale non ha ancora alcun valore economico, come appare dalla contrapposizione
fra l'economia dei passeri e quella umana. Il valore economico comincia
quando il lavoro umano si collega con la natura. La continuazione del
processo economico avviene poi per il fatto che il lavoro si organizza, si
divide. Chiamiamo per ora questo concetto, ancora abbastanza vago, lavoro
applicato alla natura, ed esprimiamolo con la sigla: NL = natura trasformata
dal lavoro. Che cosa è, in senso economico? Come abbiamo visto, è valore;
in economia è valore. Dunque: la natura afferrata dal lavoro umano,
diventa valore: vNL.
Ora viene la divisione del lavoro. Ma che cosa significa in questo senso divisione del lavoro? Significa separare l'uno dall'altro i processi che prima si compivano come lavoro intorno alla natura, e che poi continuano. Per esempio: se prima costruivo per intero una stufa, eseguivo i più svariati processi di lavoro; ora invece io divido il lavoro, scevero l'uno dall'altro quei processi, li divido. Se vNL è prodotto naturale trasformato dal lavoro, divenuto valore, ciò che sorge dalla divisione del lavoro, in quanto il vNL viene smembrato, sarà: vNL¹, vNL², ecc. (naturalmente potrei anche scriverlo in altro modo).
Se ora tutto ciò si svolge in un processo proprio reale, come dovremo esprimerlo
quando interviene la divisione del lavoro? Dovremo esprimerlo con un
quoziente, con una frazione. Quel che esiste nella realtà deve in qualche
modo venir diviso, quando il valore vNL passa alla divisione del lavoro. Il
problema è: per che cosa deve venir diviso? quale sarà il divisore? che
cosa suddivide questo processo? Qui dobbiamo rivolgerci all'altro lato. Se si
trattasse di matematica pura, basterebbe prendere i numeri dati; ma quando i
processi da calcolare si trovano nella realtà stessa, bisogna cercare ciò che
divide veramente. Avevamo trovato una seconda fonte di valore: il lavoro
afferrato dallo spirito; possiamo così contrapporre al vNL (natura afferrata dal
lavoro umano), l'altro valore vLS (lavoro organizzato dallo spirito) e lo
scriveremo sotto la linea della frazione:
vNL
-------
vLS
Così siamo arrivati a intendere un poco il lavoro afferrato dallo spirito. Se
esso deve agire ulteriormente nel processo economico, se il vNL viene diviso
e il capitale prosegue a operare, abbiamo visto che cosa subentri a
rappresentare il vLS (lavoro organizzato dallo spirito, divenuto valore):
subentra il denaro. Ma qui non è denaro in tutta la sua astrazione. Da prima
è astratto, vorrei dire, come sostanza generica a cui si applica lo spirito;
diventa invece molto individualizzato, quando lo spirito lo afferra per
impiegarlo in un modo o nell'altro. In quanto fa questo, è lo spirito come tale
che determina il valore del denaro. Qui il denaro comincia ad avere un valore
determinato, concreto, perché il fatto che esso vada in mano a uno stupido che
lo spreca malamente o a qualcuno che lo impiega in modo fruttuoso, si manifesta
ora come valore reale nel processo economico. Avremo quindi come denominatore
qualcosa che ha a che fare col denaro, e come numeratore, evidentemente, non
potremo avere altro che qualcosa in cui sia stata trasformata la sostanza
naturale. Ma cosa è una sostanza naturale trasformata dal lavoro umano e quindi
inserita nel processo economico? È merce. (Scriviamo, sopra la linea
orizzontale della frazione, merce); e ciò che qui è lavoro organizzato, che
cos'è? Denaro (nella formula, lo collochiamo sotto la linea della frazione):
vNL merce
-------- = ----------
vLS
denaro
Ecco che ci sono
apparsi ora due nuovi valori: il valore merce e il valore denaro. Dobbiamo
riconoscere che, in un processo economico fondato sulla divisione del lavoro,
il quoziente fra merce esistente nell'organismo economico e denaro esistente
nell'organismo economico (il denaro considerato però non come dormiente
nelle casseforti, bensì come utilizzato dallo spirito umano), rappresenta una
collaborazione
[il maiuscolo è mio - ndc]
nella quale il denaro è il divisore. In questa
collaborazione
(tale però da non
dover essere rappresentata con una
sottrazione,
ma appunto solo con una
divisione)
consiste veramente la sanità
del processo economico. Per giungere a poco a poco a comprendere la
sanità del processo economico, dovremo intendere anzitutto che cosa operi
veramente nel numeratore e nel denominatore; in che cosa consista da un lato la
vera natura della merce, e dall'altro la vera natura del mezzo circolante, del
denaro. Le più importanti questioni economiche non possono venir risolte se non
si penetri nelle cose in questo modo preciso, e se al tempo stesso non si
riconosca chiaramente che qualsiasi manifestazione ci appaia nell'economia dovrà
essere sempre qualcosa di fluttuante. Non appena della merce venga semplicemente
trasportata da un luogo a un altro, il numeratore varierà, e così via. Dovremo
sempre di nuovo riconoscere come nel processo economico tutto sia fluttuante.
Vi è una differenza notevolissima tra una somma di denaro che ha in tasca Tizio, e la stessa somma che ha in tasca un altro. Non è indifferente che una somma sia nell'una o nell'altra tasca, perché tutto deve assolutamente venir afferrato nel processo economico reale; altrimenti non avremo mai altro che qualche concetto astratto, campato in aria, di prezzo, valore, merce, produzione, consumo, ecc., ma non avremo le realtà che conducono alla vera comprensione del processo economico.
La tragedia del momento attuale è che, appunto perché da secoli l'umanità
si è abituata a concetti rigidi che non si possono applicare a un processo vivo,
noi non siamo in grado di soddisfare le impellenti necessità che oggi ci si
presentano, di mettere in movimento i nostri concetti per poter penetrare nei
processi economici [la tragedia del 1922, tempo in cui
furono pronunciate queste parole, e quella di oggi 2012, sono sostanzialmente
identiche; e forse oggi è ancora maggiormente degenerata -
ndc]. Ecco ciò
che va conquistato: la mobilità del pensiero atta a pensare un processo
come tale, interiormente, fino in fondo. Certo, anche nelle scienze naturali
si pensano dei processi, ma si pensano come sono visibili dall'esterno. Qui però
non serve a nulla. Sarebbe come salire molto in alto in un pallone, per
contemplare il processo economico da fuori, come fa il chimico quando contempla
da fuori i suoi processi. Quel che distingue i processi economici è che noi
ci troviamo dentro di essi; dobbiamo dunque osservarli dall'interno.
Dobbiamo sentirci inseriti nei processi economici, come un essere che si trovi
dentro la storta del chimico dove si elabora una sostanza sotto l'azione del
calore. Questo individuo che immagino dentro la storta, che voglio confrontare
con noi, non può essere il chimico stesso; dovrebbe poter sperimentare egli
stesso il calore, la liquefazione. Il chimico non lo può; per lui è tutto un
processo esterno. Nella scienza naturale noi siamo estromessi. Il chimico non
può sperimentare di persona ciò che avviene quando si sviluppa una temperatura
di 150 gradi. Invece il processo economico lo sperimentiamo da dentro, e da
dentro dobbiamo anche comprenderlo. Perciò un matematico potrebbe dirci: "Avete
scritto qui una specie di formula; ma noi non siamo abituati a veder costruire
formule matematiche in tal modo". Certamente, perché siamo abituati a veder
costruire formule matematiche solo quando si guardano i processi da fuori!
Dobbiamo infatti sviluppare un tipo di comprensione, se vogliamo ottenere un
numeratore e un denominatore, e capire che occorre
fare una
divisione
e non una
sottrazione.
Dobbiamo tentare di entrare col pensiero nel processo economico. Anche per
questo ho scelto ieri quell'esempio drastico, nel quale dobbiamo rappresentarci
interiormente tutta la somma dei processi che si svolgono tra il sarto e gli
effetti che economicamente derivano dal suo operato, e non vi h prospettato quel
sarto e quel negoziante considerandoli da fuori, come fa lo scienziato di fronte
alla natura, poiché il questo modo non si potrebbe mai arrivare all'essenziale
in questo campo.
Non sarei veritiero rispetto a quello che mi è stato chiesto, se presentassi i
problemi in modo diverso da come ho fatto, anche se così però l'argomento può
sembrare un po' più difficile.